mercoledì 9 gennaio 2013

COSTITUZIONI DEMOCRATICHE E "INTERNAZIONALISMO FINANZIARIO" A CACCIA DI SOVRANITA': LA MISTIFICAZIONE DELL'ANTI-NAZIONALISMO PER NASCONDERE IL NEO-IMPERIALISMO ANTI-COSTITUZIONI.

1. Il "dibattito" e le riflessioni che emergono dai vari blog(s), ormai sempre più oggettivamente connessi - muovendo, va detto, da un 'analisi economica innescata dal grande lavoro svolto sul blog "goofynomics"- segnalano dei "passaggi fondamentali" che spingono sempre più a chiarire dei "presupposti essenziali" di tutta la vicenda che assume il segno semantico di "crisi dell'Europa".
Su questo blog abbiamo chiarito sia le origini e le implicazioni economico-giuridiche della radice di tale crisi, che è poi il "modo" in cui si è voluta realizzare la moneta unica, ("Per chi non guardasse solo Google e fosse interessato all'artiglieria pesante"), sia le prospettive politiche che tale scenario, "inspiegabilmente" assente da un serio dibattito "mediatico", innesca sulla scena politica italiana ("Lettera aperta a Bersani").
Ma si tratta pur sempre di proiezioni applicative del "problema", laddove le segnalate "emergenze" di bloggers e commentatori, rinviano in una simultanea e significativa direzione, e quindi a problemi ancora più "in apice", cioè, si direbbe, "pregiudiziali", rispetto alle implicazioni finora analizzate.
2. Prendo spunto dall'ultimo post pubblicato su "Voci dall'estero", che riporta un articolo dove la crisi europea viene sì, correttamente, collegata a una processo causale che coinvolge, per le sue indubbie dimensioni, l'intera economia mondiale, ma sulla base  di una presunta timidezza europea, cioè dei vari paesi membri componenti dell'Unione, nel non sfruttare fino in fondo le presunte "opportunità" che sarebbero offerte dai trattati, bloccandosi a vicenda laddove sarebbero, viceversa, possibili diversi equilibri dinamici. Proposizione indimostrata, che non a caso non menziona mai l'euro e le sue scontate e inevitabili, anzi esplicitamente "volute", conseguenze (quali evidenziate dalla più attenta dottrina economica, anche in tempi diversi ma in coerenza tra loro).
La implicita e insinuante premessa dell'articolo in questione non è solo indimostrata, ma è altresì "indimostrabile", come segnalato anche da questo post di Umanesimo48.
L'articolo, segnalato alla "preziosa" Carmen da Giorgio DM, che ha aperto un suo interessantissimo blog, mi ha spinto a questo commento, ove le parti in neretto sono state ora aggiunte per una più approfondita "illustrazione":
"L'articolo non mi convince.
Fa la consueta implicita equazione europa=euro (senza affrontarne il problema).
Come più volte abbiamo cercato di spiegare..la realtà europea può trovare un accettabile equilibrio ove assuma la forma giuridica della "confederazione" (+mercato unico, ovviamente, con le sue regole), ma senza infilarsi nel tunnel dell'area valutaria (o dello stesso "vincolo monetario") che addirittura "anticipi" maldestramente la troppo impegnativa "federazione": l'AVO- e la stessa federazione- sono una forzatura "prematura" e innaturale per le condizioni storiche, geomorfologiche, linguistico-culturali, dei paesi europei.
C'è una plateale ipocrisia nel volere così "tanto" IN PRESENZA DI COSI' GRANDI OSTACOLI: l'ipocrisia di chi in realtà non è affatto interessato alla "integrazione " economica, in senso democratico e redistributivo, (cioè "costituzionale" nel senso, contemporaneo e nascente dal travaglio di due guerre mondiali eurocentrich, di "volto al benessere dei popoli"), ma solo a creare occulte condizioni di riassetto finanziario-oligarchico (capisaldi: liberalizzazione capitali e lotta all'inflazione), in modo da aggirare, semmai, le costituzioni democratiche con un principio superiore, "sovranazionale" che dà luogo e "necessità emergenziali" (quella che Sil-viar, più volte ha richiamato col termine "shock-economy).
Si ha così una sorta di posizione "pighiana", affetta dagli stessi "shortfalls", di errata (o non voluta) conoscenza della realtà storica, geografica e culturale: neppure il Brasile si unisce monetariamente in AVO a Argentina e Venezuela. Così come il Canada, per non parlare del Mexico, non si unisce monetariamente agli USA.
Se ci si rapporta all'Europa, come innegabile matrice culturale "pluralista" (derivante dal colonialismo e dall'esportazione linguistica e culturale di diverse realtà storico-nazionali), l'euro, e ben vedere, è tanto praticabile quanto un'unione monetaria dell'intero continente delle Americhe del sud e del nord...più Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda (laddove gli stessi USA per diventare un'AVO "sostenibile" hanno dovuto soffrire per oltre un secolo, fino all'assetto roosveltiano, passando per una guerra civile).
Insomma, se la si butta sul piano politico, l'equazione implicita euro=europa mostra essenzialmente un difetto di cultura in chi formula tale analisi. E, ovviamente, il nazionalismo non c'entra nulla.

Non c'è un fallimento politico dell'europa: c'è un fallimento economico dell'euro, scontato, nonchè il fallimento dell'ideologia oligarchica che gli sta dietro. Fallimento che è duro ad emergere e ad essere "confessato" dai suoi irresponsabili "costruttori".
Stessa ideologia "fanatica" (come dice anche l'intervento di Galbraith citato in "Lettera aperta a Bersani") che affligge anche gli USA, con l'ossessione della repressione di spesa e debito pubblico, il mito della "lotta all'inflazione" e della libera circolazione dei capitali, che si compendia in quello della "indipendenza delle banche centrali...dai govrni democraticamente eletti.
"

3. Questo primo aspetto ci porta poi a un secondo e collegato tipo di problema: quello segnalato da Domenico, in un suo commento "notturno", che esordisce ponendo questo problema: "In effetti mi sono sempre domandato in base a quale criterio il FMI presta soldi obbligando i paesi a fare le privatizzazioni,aprire ai capitali esteri, ridurre le spese sociali..." e aggiungendo "Un'altro concetto che trovo contrastante è la creazione di valore aziendale senza riferimenti, esempio: se io sono un cittadino Italiano che possiede azioni FIAT non conosco Marchionne ma marchionne conosce la costituzione Italiana, l'unico legame valoriale che lui può attribuirmi si deve rifare ad essa. Ora chi dice che lui faccia l'interesse dell'azionista creando valore aziendale andando in Romania e pagando i lavoratori 200 euro al mese? in conclusione non è che quando compriamo delle azioni firmiamo anche una carta di valori a cui aderiamo e che fa da guida morale a Marchionne".
Impostazione problematica "pregnante", (se non altro perchè "solletica" un diffuso senso comune, figlio di 30 anni di ideologie che trovano il loro antecedente italiano nella dichiarazione di Andreatta riportata sempre nella "lettera aperta e Bersani"), che ha condotto (per chi non l'avesse già letta) a questa mia risposta (sempre con aggiunta di neretto esplicativo):
"Interessante approccio di "teoria generale".
No, quando compriamo azioni non firmiamo (in apparenza) una carta di valori condivisa dall'a.d. della impresa di cui diventiamo azionisti (di investimento).
Ma noi non avremmo neanche un sistema giuridico (fonti di diritto, enforcement e giudici) che consenta l'operatività dell'acquisto, della intestazione proprietaria e, prima ancora della formazione del risparmio necessario all'investimento(che presuppone operatività giuridica di una serie di contratti a monte), se non ci fosse un "patto fondante" che stabilizza questo stesso sistema giuridico.
E perchè chi non ha accesso al lavoro, al risparmio e alla proprietà di beni "funzionalmente" vitali (in un concetto di esistenza libera e dignitosa), dovrebbe stabilizzare, si dice "legittimare", questo sistema giuridico se esso stesso lo escludesse programmaticamente dai suoi oggetti-rapporti regolati (problema che portò alla rivoluzione d'ottobre e prima ancora al marxismo e che il capitalismo risolse con la redistribuzione e, appunto, le Costituzioni democratiche)?Vedi bene, che pensare che qualcuno si possa unilateralmente "svincolare" da quella carta di valori, porta dritti alle legge del più forte e quindi al conflitto permanente come in un branco di lupi (tralasciamo le conseguenze evoluzionistiche e etologiche di tale modello, ma di ciò si accorsero, alla nascita degli Stati moderni, Hobbes e Locke).
Le Costituzioni moderne, col loro tanto deprecato welfare, a questo stadio dell'evoluzione umana (secondo
Konrad Lorenz lasciata solo al drive "culturale" e pure, ormai, in modo ristretto), evitano questa piega social-darwinista (e il bagno di sangue permanente che ne conseguirebbe).
WTO e FMI, invece, consentono di aggirare questo limite, in modo "inavvertito", sfruttando pesudovalori para-logici e "quasi-giuridici" (di cui inconsapevolmente hai fatto uso) che non devono fare i conti con le Costituzioni, proprio perchè si inseriscono in un sistema sovranazionale. Questo per sua natura autoqualificatoria, che si aggancia alla ben diversa serie di esigenze che portarono alla nascita prima della Società delle Nazioni e poi dell'ONU, "appare", per un innuendo forzatamente amplificato dai media, come sempre e comunque portatore di quelle esigenze: ma, oggi allo stato attuale dei rapporti economici "globali", cosa ha a che fare con la "reazione al terribile shock umano e sociale" delle due guerre mondiali del secolo scorso? Domanda retorica: nulla.
Quindi, "organizzazione sovranazionale" non significa proprio, automaticamente, finalità di pace tra i popoli.
E questo vale anche per i trattati di Maastricht e Lisbona, infarciti di deflazionismo, circolazione di capitali e...Von Hayek, che sono, infatti, "intessuti" esattamente del simmetrico contrario del cooperativismo pragmatico che diede origine a SdN e ONU (riuscite o meno che siano tali esperienze).

E come la mafia non potrebbe esistere e prosperare senza lo Stato (nazionale, che controlla il consenso sul territorio "reale" mediante il "bene comune" delle Costituzioni democratiche), così le "forze sovranazionali economiche organizzate", non potrebbero agire senza impadronirsi delle istituzioni nazionali (indispensabili strumenti per far digerire logiche capitalistico-finanziarie in una cornice di "apparenza" democratica). Cioè istituzioni senza le quali il gioco social-darwinista sarebbe "scoperto" e porterebbe alle reazione delle masse "parassitate" (esattamente come accade per la mafia, che mira costantemente all'infiltrazione istituzionale in difetto della quale perderebbe l'effettività e il "controllo" sociale)
."

4. Il discorso, ancora, si completa con quanto, sempre con grande sensibilità alla moderna deriva della "democrazia sociale" (cioè che si compendia in Costituzioni che riconoscono i diritti sociali), con il commento fatto, sempre allo stesso post, dall'amico Carlo P, che segnala questo commento dal "luogocomunista"per eccellenza blog del FQ: "Ripeto: se c'è qualcuno che può spiegarmi perchè massacrare lo stato sociale di un Paese dovrebbe poi farlo stare meglio lo faccia, perchè oggettivamente tutto questo mi sembra un delirio schizofrenico.
Oppure una rapina a mano armata.
"
Poco prima Carlo aveva posto il problema della "misurabilità" di qualsiasi valutazione o "giudizio di valore" circa il fallimento, o "non attendibilità" delle politiche perseguite, nella liberalizzazione dei capitali, dai vari organismi sovranazionali (FMI e le stesse BCE e commissione UE).
E anche qui mi ha dato modo di trovare una replica che affronta dei "grossi" problemi di democrazia costituzionale e di "correlazioni" con le "varie" (e sottolineo varie) visioni economiche concorrenti nella "politica" contemporanea europea:
"...Hai sollevato, ponendo il problema di confronto e di dati a supporto, un'implicazione interessantissima. Qual'è la soglia obiettiva oltre la quale un diritto "sociale" deve considerarsi "massacrato"?
Puoi misurare grandezze che hanno un senso ("dato", cioè accettato come presupposto metodologico e descrittivo di un "certo" metodo di analisi economica, sebbene, appunto, "variabile" a seconda delle "teorie" o "scuole"), dentro al linguaggio che descrive la fenomenologia economicistica.
Ma non altrettanto puoi fare per quanto riguarda il contenuto "minimo" o "inderogabile" di un diritto sociale in senso giuridico (che è poi quello che veramente conta politicamente).

"Diritto sociale" che è una creazione delle Costituzioni e quindi ha un'univocità che è solo "contestuale": cioè mutevole col contesto storico e ideologico. Appunto il problema della precomprensione.
E' così, infatti, in base ad asserzioni storicamente e ideologicamente emergenti, che Andreatta (come citato nel post "lettera a Bersani) e oggi, Draghi e Fornero, possono permettersi di affermare che lo "stato sociale" è un qualcosa di eccessivo, a cui dobbiamo rinunciare.

NdR. Anzi: su questo punto voglio aggiungere il tenore, puntuale, di un altro commento di Sil-viar: "Visto che spulciavo wikileaks ho trovato questo Draghi 2006. Che già si raccomanda su pensioni, riforma del lavoro e non solo:
"...Governor Draghi highlighted several issues on which the Bank of Italy had not provided leadership in the past, including rationalized public spending, competitiveness, labor market issues, service-sector liberalization, legal system reform, and education.
" L'ambasciatore USA nota:
"... Almost unique among industrial world central banks, the BOI is a private institution with a Board of Governors and stockholders" 
Il che fa il paio, notavo, con le analoghe "sorprendenti" anticipazioni, del Bruegel Brief, redatto da Monti sempre nello stesso anno: in entrambi i casi, prima che la crisi insorgesse, quindi "a prescindere", si invocavano quelli che sarebbero stati poi presentati come rimedi a una crisi che ancora non si era manifestata (provenendo dai sub-prime USA e quindi non endogena UEM), rimedi che la crisi, come constatiamo oggi, l'hanno in realtà acuita.
Che capacità "profetica" di "self-fulfilling" shock-policies? No? E il primo che mi parla di "complottismo" gli propongo tre rounds di Kickboxing Mhuai-Thai, che me so' un pò stufato di cagasotto che non sanno fare 2+2 se non sta già scritto su qualche libro, scritto da..."altri":-)...
5. Ma proseguiamo con la risposta a Carlo P. e sulla questione di come, con evidenza clamorosa, senza alcuna conoscenza della funzione e della sistematica costituzionale (democratica. bisogna sempre aggingerlo), illustri e stimati personaggi, "liquidino" a cuor leggero il "welfare" e i diritti "sociali".
"...si sbagliano. Fanno affermazioni che violano la Costituzione: e perchè?
Ma perchè la Costituzione ha un'assiologia graduata, logica, nella sua struttura. Cioè una gerarchia di valori non derogabile e risultante non solo dalla lettura "estrapolata" delle singole disposizioni", cioè "asistematica": che per una Costituzione è un gravissimo vizio metodologico!, come sempre evidenzia Mortati (post ormai "famoso"). Esattamente ciò che molti costituzionalisti, al pari degli economisti "di regime", tendono a porre in ombra. Cioè, afferma qualcosa che, in base all'art.3, comma 2, (grund-norm, basic, secondo Mortati), "deve" esserci in un certo modo.
Mi spiego: se considerano il diritto al "lavoro", Draghi, Andreatta e Fornero, affermeranno che non c'è alcun obbligo preciso in Costituzione nonostante gli art.1 (fondamento "lavorista della Cost.) e 4 Cost (dir. al lavoro). E in effetti, non c'è una formulazione che metta in rapporto preciso il singolo con un'istituzione-competenza dello Stato e determini ciò che questo "debba" fare.
Ma l'art.3, comma 2, invece, ci dice che TUTTA LA REPUBBLICA è obbligata a "promuovere" la uguaglianza sostanziale, "rimuovendo gli ostacoli...": se ne desume che, poichè i principi fondamentali sono inderogabili e non revisionabili (art.139 correttamente inteso), TUTTA LA REPUBBLICA DEVE AGIRE PERCHE' IL LAVORO -FONDAMENTO DEL PATTO SOCIALE- "NON DIMINUISCA" E SIA ADDIRITTURA SEMPRE MEGLIO RETRIBUITO (art.36 Cost. in relazione all'art.3).
E quindi, per gli artt.11 e 139 Cost, come ho detto in un "lettissimo" post, nessun obbligo europeo può giungere a imporci obblighi che contraggano livello di occupazione e delle retribuzioni.
Ma questa risposta merita un approfondimento, che spero di poter presto fare (se mi sono finora spiegato)
...

6. E così l'abbiamo fatto "l'approfondimento".
Ma non finisce qui: abbiamo visto che "la Costituzione ha un'assiologia graduata, logica, nella sua struttura. Cioè una gerarchia di valori non derogabile e risultante non solo dalla lettura "estrapolata" delle singole disposizioni, cioè "asistematica": che per una Costituzione è un gravissimo vizio metodologico!, come sempre evidenzia Mortati...Esattamente ciò che molti costituzionalisti, al pari degli economisti "di regime", tendono a porre in ombra.
 Voglio farvi un esempio di come l'attacco alle Costituzioni democratiche del "lavoro" passi sempre per questo (singolare) grave errore metodologico: cioè la lettura estrapolata, parcellizzata e, quindi, asistematica del testo.
In un suo intervento, Giuliano Cazzola ("Per "cambiare" lavoro cacciamo dalla Costituzione il fantasma di Stalin"), sostiene che la Costituzione economica (Tit. III) sarebbe "assolutamente" datata, incentrata sul lavoro "dipendente", e demonizzerebbe l'iniziativa economica privata, attaccando l'art.41 Cost. nella sua formulazione, e imputandogli ogni genere di "male" economico italiano (diciamo un pò apoditticamente e sbrigativamente), per una presunta ideologia "stalinista" che avrebbe offuscato i Costituenti.
Ora leggere la Costituzione economica come incentrata sul "lavoro dipendente" è, anche in termini "asistematici" un'operazione un pò "eccessiva".
A parte che, i principi degli artt. 1 e 4 paiono proprio volere questo, cioè fondare il patto sociale sul "merito" costituito dal condurre un'esistenza libera e dignitosa, partecipando con la propria attività lavorativa al "progresso" del paese (diciamo qualsiasi attività lavorativa vocazionale e non "semplicemente" ereditata. Ma sul punto di fermiamo qui).
Cosa ci sia di stalinista in questo (Mortati era tra l'altro un democristiano), non si comprende bene, perchè presupporebbe che, non so, soviet di lavoratori decidessero la politica economica, al di là di libere elezioni pluraliste, affidassero la loro rappresentanza a un partito unico dei lavoratori, pianificando costantemente ogni possibile esplicazione dell'iniziativa economica e sempre sulla base del fatto che la proprietà dei beni produttivi fosse ESCLUSIVAMENTE IN MANO ALLO STATO-PARTITO. Ah, per arrivare allo stalinismo (e non al semplice "socialismo reale"), occorrerebbe pure che i soviet controllassero una polizia politica capace di eseguire condanne e torture, in nome del proletariato, senza l'interferenza di alcun sistema giudiziario.
"L'è diura" scorgere tutto questo nella nostra Costituzione, anche solo economica.
Ma Cazzola è riportato essere un "economista e politico": anche se poi risulta essere "laureato in giurisprudenza" e, per di più, docente, a contratto, di "diritto della previdenza sociale".
Sommessamente ci permettiamo di rammentare alcuni passaggi ermeneutici, "sistematici", che consentono di meglio comprendere l'art.41 Cost., (e tutta la Costituzione economica di cui abbiamo parlato in questo post di Sofia dove è detto, come esempio di corretta interpretazione sistematica: "La tutela del risparmio in quanto tale, come valore economicamente e socialmente rilevante, sta a significare che non solo uno dei precisi compiti della “Repubblica” è di difendere come valore in sè la moneta, che è l’elemento in cui si traduce la liquidità, ma anche il reddito cioè il flusso di ricchezza che dà orgine alla stessa formazione del risparmio (il che è proprio un corollario dei principi degli artt. 1 e 4 Cost. ndr)....Ciò anche per il fatto che non si tratta di un valore costituzionale isolato e da perseguire astrattamente (cioè mediante intepretazione estrapolante e asistematica ndr.),  ma è la sintesi della costituzionalizzazione di una serie poteri concatenati...Le connessioni con altre norme costituzionali rilevanti sono facilmente deducibili (interpretazione sistematica, che è poi quella che usa la "stalinista" Corte costituzionale):  ...MA ANZITUTTO, LA REPUBBLICA GARANTISCE CHE LA POSSIBILITA’ STESSA DEL RISPARMIO CI SIA, NON CHE IL RISPARMIO NAZIONALE DIVENGA ADDIRITTURA NEGATIVO COME IMPLICA IL FISCAL COMPACT").
7. Tornando all'art.41 Cost., mi limiterò ad alcuni cenni (su questo poderoso problema che deve trovare, scientificamente, sempre soluzioni sistematiche e senza precomprensioni "estrapolatrici): non è vero che il nostro sistema disconosca e collettivizzi l'attività imprenditoriale e la figura dell'imprenditore.

Le eccezioni degli art.42 e seguenti, non sono tanto, come sostiene Cazzola, in "desuetudine", ma proprio "eccezioni" (principi pienamente riespandibili, una volta chiarito il "bilanciamento" con gli invadenti e "fallimentari" principi di Maastricht): cioè riaffermano la regola eccettuandola solo per ragioni di interesse generale superiore, negando il quale la Storia ci insegna che si sono avuti, e si stanno avendo!, ben gravi problemi economici e sociali.
Sulla libertà di impresa, basta leggersi una fonte primaria che si occupa proprio di ciò: il codice civile.
L'art. 2082 c.c. recita: "E' imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi".
Ora i massimi civilisti italiani (Rescigno, Galgano, Lipari) ci dicono che questa norma riconosce la figura come diritto, "certo", di poterla.."incarnare", un diritto civile ed ecomico, caratterizzato da "iniziativa" e "rischio" (l'organizzazione e il fatto di farlo professionalmente, cioè per viverne). E tralasciamo la tutela e il riconoscimento riconosciuti dal codice civile all'attività economica professionale (2062 c.c.) e al lavoro (2060 c.c. e seguenti). Il codice civile del 1942: non certo stalinista, no?
I costituenti nel dire all'art.41 Cost. "1. L'iniziativa economica privata e' libera.
2. Non puo' svolgersi in contrasto con l'utilita' sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla liberta', alla dignita' umana.
3. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perche' l'attivita' economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali", non hanno disconosciuto alcuna libertà.
Avevano piuttosto presente un problema attualissimo: l'iniziativa è "libera" (più chiaro di così), ma altrettanto lo è il rischio.
Tra l'altro per tutti gli imprenditori; mica solo "devono "rischiare" i piccoli imprenditori, di cui è riconosciuta la funzione sociale (art.2083 c.c., non contraddetta in alcuna parte della Costituzione).
8. Ma insomma, il dettato costituzionale, pur riconoscendo una libertà (comma 1) pone dei limiti essenzialmente affinchè non si trasferisca il "rischio" su chi non beneficia dei profitti della "iniziativa". Quello che si chiama "privatizzazione degli utili e pubblicizzazione delle perdite" (e dei costi, ad es; ambientali). Vi pare stalinismo?
Il problema della "privatizzazione degli utili e pubblicizzazione delle perdite" è stranamente attuale proprio col capitalismo finanziario, cioè con l'attività di chi, rischiando molto, coi risparmi degli altri, vuol fare soldi-profitti tramite i...soldi stessi. E ha una grande rilevanza europea. Proprio per come il problema è affrontato in UEM e proprio dalla BCE che tanto detesta le Costituzioni "sociali" (avendo concesso liquidità per 5000 miliardi di euro a favore dei salvataggi bancari)
Insomma, come vedete la Costituzione non è così anacronistica e superata: e solo una lettura "bizzarramente" asistematica e, peraltro, anche scollata dalla realtà attuale, giunge fino al punto di vederla tale.
E proprio nel momento in cui la tutela che la Costituzione potrebbe apprestare, diviene l'estremo baluardo contro "moral hazard" e trasferimenti di ricchezza collettiva verso chi, di questo benedetto "rischio", non vuol proprio assumersi la "responsabilità".


13 commenti:

  1. Mi viene in mente un articolo di Giavazzi su bloomberg:
    http://www.bloomberg.com/news/2012-12-21/mario-monti-was-a-bubble-now-he-can-lead-italy.html#disqus_thread

    mi ricordo che ero appena uscita dal "coma" ma non sono riuscita a fermarmi e ho scritto una mail all'editor resposible (di getto per cui in un inglese non propriamente oxfordiano) :

    Dear Mr Champion,

    I'm writing you , editor responsible, for the article in the object.

    I'm astonished for the absurdity wrote in this article!

    I'll be concise.

    Concerning the italian crisis, I don't think that the authors can be called "expert" , this is not my opinion (sorry for them) but what is written In text books for the Italian University, and every student of first year Knows.

    The publications of Stiglitz , Krugman and Roubini (Do you mind if there are some Nobel Prize? I'm just a little bit choosy.), show the real probelm of Italy : is not the PUBLIC DEBIT (this remain a problem ça va sans dire) BUT THE WRONG CURRENCY (EURO); besides it's not correct say public debit: better say foreign debit (private and public).

    I would like remind you just two or three "details":

    Avo Theory (R. Mundell)
    Philips curve
    Laws of supply and demand

    At the end... I have two questions easy easy.

    Why the authors called a "State dependence" a scenario where citizens saved a privates Banks (not only italian...), is a contradiction in terms? To be honest...

    Why to solve situation we "must" denationalize if the failure is substantially private ? In case, we must nationalize Banks ...

    Thanks for your attention.

    Kind Regards

    Mi ha risposto PURE: thanks for the note...

    Ps. non ho citato Bagnai solo perchè temevo di aver detto qualche stronzata sotto effetto farmacologico.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A parte "debit" (debt) e "easy easy" (way too easy) :-) te le sei cavata egregiamente...Solo che, questo post parla di altro: non è che volevi postare altrove?

      Elimina
    2. No qui volevo postarlo, perchè nell'articolo parlano di "State dependence", relativamente all' Agenda smemoranda di Monti : e loro ovviamente si aspettavano privatizzazioni a pioggia ... (a carico nostro: obviously) quindi mi riallacciavo al discorso sulla Costituzione "leninista"... poi nei commenti di quel post c'era un idiota che parlava di Costituzione Italiana improntata sullo statalalismo per via del particolare clima post bellico...
      Posso esse' ancora un po' furious....? Era Natale...

      P.s. il primo è un errore di battitura, il secondo è voluto tipo stay in the bell little brown:)

      Elimina
    3. Ah beh, quand'è così....certo che bloomberg sull'euro (o meglio sul controintuitivo austerity espnsiva) è, digiamolo, ambiguamente cerchiobosttista

      Elimina
    4. And "privatisation" doesn't mean "Pubblic goods" for sale, bailing out "moral hazard" of foreign bankers

      Elimina
  2. Caro Quarantotto,
    In relazione alle sperequazioni tra i paesi membri dell'eurozona, cui tutti sembrano ingenuamente sorvolare, volevo segnalarti il seguente articolo sulla situazione del Portogallo tra privatizzazioni e tasse:
    http://www.economy2050.it/portogallo-privatizza-troppe-tasse-crisi-istituzionale/
    Il dramma dell'eurozona può forse paragonarsi, a mio avviso, con il dramma dell'arretratezza del sud Italia rispetto al nord "operoso", con l'aggravante che in Europa non è previsto alcun meccanismo di compensazione che tenti, almeno di facciata, una qualsivoglia procedura di "sostegno" delle aree più "depresse", fragili o volutamente messe in difficoltà.
    Ma questa è cosa ormai nota per chi voglia esercitare un minimo di spirito critico.
    Un saluto,
    Elmoamf Massimo Paglia

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Massimo, l'articolo l'avevo visto. Lo sgomento per questa ottusità non passa mai. Usque tandem? Devo "rinverdire" l'ipotesi frattalica con nuovi elementi :-)

      Elimina
  3. L'articolo "Europe in 2013: A Year of Decision" è stato segnalato su goofynomics da Chicco DM, non da me... ma siamo quasi omonimi :) Mi fa molto piacere che tu abbia trovato interessante il mio blog. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E pensa che inizialmente avevo citato Chicco...DM (perdonami Chicco!:-)...); però gli avevo attribuito anche il blog che invece è tuo...così ho ricorretto, sbagliando comunque.
      Poi l'articolo l'ho tratto dalla traduzione di vocidall'estero. Vabbè...
      Sulla quasi "omonimia" dovreste raggiungere un gentlemen agreement. oppure unificarvi in un'entità collettiva tipo "Q." :-) I "DM"...
      Scherzi a parte, il solo aver tradotto Winne Godley ti rende un merito intramontabile...su questo "orizzonte". Keep in touch :-)

      Elimina
  4. Quarantotto ha scritto:Devo "rinverdire" l'ipotesi frattalica con nuovi elementi :-)

    Ciao Quarantotto anche sul mercato italiano , c'è da rivedere l'ipotesi frattalica.Avendo rotto già da gennaio il massimo del 2012 è altamente probabile che il 2013 sarà un anno positivo, o perlomeno almeno nel suo primo semestre. Personalmente ho sempre associato il minimo secolare con il breakout dell'euro, però tieni presente anche questa ipotesi: minimo storico con inizio delle svendite del Patrimonio Italiano e dei suoi Asset più pregiati.

    Per quanto concerne i tuoi articoli leggo, studio e cerco di assimilare.
    Un piccolissimo pensiero personale, la Democrazia di un Paese è direttamente proporzionale al grado di consapevolezza della sua Popolazione. Secondo me in IV e V superiore dovrebbe essere obbligatorio studiare sia la nostra Costituzione, che un minimo di Diritto Privato oltre ad un buon manuale di macroeconomia. Ma qui siamo nel mondo dei sogni.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ah Mauro, proprio te cercavo :-)
      Puoi contattare Sil-viar, per cortesia, per la possibile soluzione del problema delle..."immagini" relative alla tua ipotesi borsistica?
      E, a proposito di quello che mi dici qui: intendi forse aggiornarla?
      Infine: la liquidità si dice "in eccesso" creata dalle BC, potrebbe reincastrarci in una situazione di "bolla" stile 2008, sia perchè non sono smaltiti nei bilanci i vecchi "junk-OTC" sia perchè la ripuliturà potrebbe finire in eccessi di investimenti azionari (sai, alla fine le provano tutte, tanto non sanno nè gli interessa cosa sia l'economia reale: pensano solo alle "aspettative"...e intanto che aspettano shortano o switchano :-))

      Elimina
  5. il problema di tutti questi bei post è che.. toglierebbero spazio alla proposta del mio articolo! ahahaha
    battute a parte, spesso scrivo che trovo analogie di questo processo con quello della mafia.
    seppure bisogna dire che nel caso dell'unità d'Italia la mafia era pure quella piemontese (quindi coesistevano due mafie, una che è diventata Stato da noi e un'altra para stato).
    Mi piacerebbe studiare meglio quel periodo per comprendere quali altre analogie si possano ricavare (a parte quelle economiche che sono davanti agli occhi di tutto... ci hanno asfaltato).

    Oh, una tattica della mafia che mi ridere quando si cita Milton Friedman.. a belli, qua si fa da sempre!
    si appicca l'incendio
    Ci si presenta il giorno dopo
    Si offre aiuto e protezione
    si chiedono piccioli per la protezione

    toh, si creano le crisi per piazzare le riforme.. che geni!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ok, Val, ma 'sto articolo quando me lo mandi? Mica ti sarai messo a passare le vacanze tra "magnate" e mercanti in fiera?

      Elimina