lunedì 25 febbraio 2013

OSSERVATORIO "PUDE" 2. CRONACHE DI UN CETRIOLO ANNUNCIATO-2

Prosegue la rassegna del pensiero economico degli "Homini novi nec novique" che governeranno il post-elezioni o ne influenzeranno le politiche economiche.

Offriamo ai lettori una sorta di dibattito al quale in televisione non assisterebbero mai: il pensiero dell'homo novus è irrevocabilmente già fissato e c'è lo spazio-tempo per fare le obiezioni che nessun giornalista-moderatore solleverebbe mai. E' una magra consolazione dato che il potere rimane dove sta. Ma almeno avremo capito con esattezza il destino che ci attende e le responsabilità che lo avranno provocato.

Ma PER CAPIRE IL NOSTRO DESTINO, mi preme anche dirvi che "loro" sono comunque insoddisfatti: la "linea" c'è, la soluzione finale è a portata di mano, però l'Italia ancora non ha capitolato. URGE RIFORMA COSTITUZIONALE "per accelerare l'efficacia delle riforme strutturali"!!! VOTATA DA TUTTO IL FUTURO PARLAMENTO E, NATURALMENTE, "CONTRO LA CORRUZZZIONE" E GLI "SPRECHI"!

 

From a vicious to a virtuous circle in the Eurozone - the time is ripe

Marco Buti, Pier Carlo Padoan, 27 March 2012

The economic and financial crisis in the Eurozone is in its fourth year. In late 2011, it had evolved dangerously into a vicious circle of sluggish growth, tensions in sovereign debt markets and banking sector fragility. Investor confidence in the Eurozone seemed on the verge of collapse, many sovereigns and banks struggled to access market funding and the future of the Eurozone was widely questioned in financial markets and the policy debate.

Partenza standard. Si descrivono fenomeni in corso, ma già si tende a orientare in modo fuorviante l'analisi secondo un tipico approccio: i fenomeni elencati, in una corretta analisi macroeconomica, sono solo EFFETTI. Neanche una menzione delle cause della crisi dell'eurozona quali indicate da tutti i più grandi economisti europei e mondiali. Il solo fatto di portare l'attenzione solo sugli effetti, crea nell'ascoltatore, già in partenza, l'idea che QUESTI E SOLO QUESTI siano i problemi da affrontare, in modo che nessuno si preoccupi del fatto che, anche risolvendone momentaneamente gli "effetti", la crisi in realtà tenderà a manifestarsi ancora, (riproducendo gli effetti stessi), NON ESSENDO ENUNCIATE E AFFRONTATE LE CAUSE. Il "circolo vizioso" c'è, ma non è fra gli effetti, bensì proprio derivato dalla rimozione costante della cause.

Need to focus on a strategic response to the crisis.

While tensions have eased recently, the Eurozone is still in a situation in which multiple equilibria can materialise. In a vicious circle, confidence falls and financial market conditions deteriorate, jeopardising debt sustainability, more so in an environment of low growth. A bad equilibrium can establish itself (Padoan et al. 2012).
To move from a vicious to a virtuous circle requires time, while markets tend to be impatient. By providing a confidence bridge, decisive and credible policy action can turn the economy around and bring it towards a good equilibrium of debt sustainability and sustainable growth. Securing a good equilibrium for the Eurozone is possible.
Developments since the beginning of this year have surprised on the upside. The ECB’s provision of longer-term bank funding has had a powerful effect in boosting confidence. The fear of an imminent bank failure and the risk of a credit crunch have receded. Despite the downturn towards the end of 2011, there are signs of stabilisation and an increasingly likely recovery in the second half of 2012. Sovereign debt markets have improved, as reflected in successful bond auctions and declining yields.

Si sviluppa l'analisi sempre nei limiti subito indicati: sia il deterioramento delle condizioni dei mercati finanziari, sia la dubbia sostenibilità dei debiti pubblici nell'eurozona (ammesso che abbia mai coinvolto l'Italia, secondo la stessa Commissione), sia la "bassa crescita", sono dovute a una sola causa.
E questa è l'euro: più precisamente i meccanismi inevitabili dell'area valutaria "unitaria" NON ottimale, cioè le "asimmetrie" determinate dai tassi di cambio reale, quindi dai differenziali di inflazione, che, cumulandosi nel tempo, determinano la spaccatura, all'interno dell'UEM e a causa della sua adozione, tra paesi con inflazione più bassa (persino del limite del 2%), grazie a una preventiva e decisiva compressione salariale, e paesi con inflazione più alta.  
In questi ultimi affluiscono capitali, data la maggior convenienza dei tassi di rendimento in assenza di rischio di cambio, acuendone l'inflazione e quindi il differenziale di competitività e stimolando consumi e investimenti tramutatisi in bolle speculative.
Fino al punto che questi 2 tipi di appartenenti alla stessa area valutaria, si dividono permanentemente in "creditori" e corrispondenti "debitori", suddivisione stabilizzata dalla mancanza di strumenti fiscali "federali" di trasferimento compensativo.
Tale situazione è acuita dalla imposizione di una correzione dei livelli salariali posta esclusivamente a carico dei "debitori" (verso il basso), proprio ciò su cui "si aggira", auspicandolo, l'articolo: questa correzione "unidirezionale", come pare sfuggire a Padoan, non consente un riallineamento dei tassi di cambio reale, data l'eccessiva caduta della domanda indotta nei paesi debitori e il conseguente peggioramento dei conti pubblici (deficit e rapporto debito/PIL), su cui si intendeva irragionevolmente intervenire, con inasprimenti tributari e tagli alla spesa pubblica, in paesi già con crescita stagnante o negativa.
L'"equilibrio multiplo" esiste, ma il suo esito negativo non è stato certo scongiurato, come si pensa nell'articolo (del marzo 2012), dai LTRO BCE, espressione di una politica monetaria centralizzata (quindi non differenziata come i predetti "trasferimenti federali" tipici di unAVO) e comunque per definizione inidonea a curare la causa suddetta (differenziali di inflazione e consolidamento di bilancio operato in senso pro-ciclico).
Piuttosto, l'equilibrio "multiplo" porta al famoso "trilemma" dell'euro quale enunciato da Bibow, del tutto ignorato nell'articolo stesso: "Sostituendo i prestiti con i trasferimenti, una corretta unione fiscale potrebbe salvare l’euro. Al contrario, la liquidità della BCE non può correggere gli squilibri di competitività e i corrispondenti flussi di debito, neanche se i debiti infami ora si accumulano nel bilancio dell’eurosistema. Così questo è l’euro trilemma: la Germania non può avere tutte e tre le cose: perpetue eccedenze nelle esportazioni, un’unione monetaria senza trasferimenti o senza salvataggi, e una banca centrale “pulita” e indipendente. Secondo i bisogni della Germania".

These favourable trends cannot be a cause for relaxing Europe's efforts, but offer the opportunity to focus on a more strategic response. It is essential that this opportunity is not squandered. Further measures are required to address unfinished business and avoid the establishment of a bad equilibrium. In the near term, contagion must be blocked and reverted. This would create space for strengthening the banking system without engendering a credit crunch – implementing structural reforms to strengthen growth and to address competitiveness problems, fiscal consolidation to restore the sustainability of public finances, adequate firewalls to prevent contagion, and Eurozone governance reforms so as to prevent future crises. These policies need to be implemented as a coherent package – because of the systemic nature of the problem a partial solution is bound to be not effective and to lack credibility.

Qui è inutile continuare a sottolineare l'abbaglio macroscopico degli autori dell'articolo: il "trend" determinato dai LTRO BCE non era affatto "favorevole" ma una mera incisione temporanea su taluni effetti, un fuoco di paglia a favore del sistema bancario. Quindi, e con certezza, come hanno dimostrato i fatti successivi, facendo emergere i LTRO la decisiva incidenza delle asimmetrie, non era e non è certo il caso di insistere negli "efforts" intrapresi con riforme strutturali e consolidamenti fiscali.
Ci sarebbe da attendersi che gli autori (o "l'autore" più rinomato)abbiano ora cambiato idea, come vedremo, ma non è così: risulta che tutt'ora insista su questa linea e la consigli al prossimo governo italiano, persino in presenza del mutamento delle condizioni "valutarie" determinate dalla rinuncia alle politiche di aggiustamento deflazionistico dei più importanti paesi del mondo.

A five-point strategy to ensure a good equilibrium

A strategic response that will bring the Eurozone towards a good equilibrium is based on five mutually reinforcing points (European Commission 2011)1:
  • Undertake credible economic adjustment in vulnerable member states.
  • Establish an adequate firewall against contagion in sovereign-debt markets.
  • Ensure that EU banks are sufficiently capitalised.
  • Reform the framework for economic governance in the Eurozone.
  • Implement policies to boost growth and address imbalances.
Substantial progress is being made on all five elements, with a decisive breakthrough achieved in the past three months. However, the pace of implementation is not uniform and failure to make sufficient progress on any single element – possibly motivated by complacency over recent developments - would undermine the overall strategy. The possibility of falling back towards a bad equilibrium is still uncomfortably high and requires strong determination at the national level and high vigilance by EU institutions.

Se le premesse sono così errate, le conseguenze non possono che essere altrettanto sbagliate: nessuno dei 5 punti elencati, con evidenza, incide sulle cause della crisi.
- I "credibili aggiustamenti economici" sono l'austerity fiscale e le "riforme strutturali", essenzialmente tese a flessibilizzare il lavoro con la diminuzione dei salari (acuendo la caduta della domanda interna fino alla deindustralizzazione e vanificazione della ragione stessa della pretesa "riforma risanatrice"..."desertificante");
- il "firewall" è la politica concordata (ESM) che addossando ulteriore indebitamento a carico di TUTTI INDIFFERENZIATAMENTE  i paesi dell'euro zona, acuirebbe il debito di "partecipanti" già indebitati e interverrebbe comunque solo sugli effetti, lasciando in piedi i differenziali di competitività-inflazione;
- la "sufficiente capitalizzazione delle banche" è una "petizione di principio": non si dice da dove potrebbe sorgere la "fiducia" per i sottoscrittori delle ricapitalizzazioni, che, rispetto ai paesi debitori UEM, sarebbero dunque necessariamente "esteri" data la corrente crisi di insolvenza-liquidità; mentre farebbe ricadere, nei paesi creditori UEM (il cui sistema bancario certamente non ride), l'onere sugli stessi governi, aumentando, contraddittoriamente alle premesse, il relativo debito pubblico;
- la riforma della "governance" è un vago modo di dire che "forse", "un poco", "quando ci sarà un accordo"...con la Germania (cioè MAI),  si dovrebbe provvedere a rendere operativo un sistema di "trasferimenti";
- la "spinta per la crescita" in questa visione, appare essenzialmente una visione di "supply side" (sussidi alle imprese, ma senza soldi per i paesi che ne veramente avrebbero bisogno, Moavero docet, e, al più, aumenti sistematici dell'IVA per cercare di tamponare le importazioni). Inutile anche dire che "nessun progresso" sostanziale è stato fatto, e non è provocabile da  nessuna di queste misure, tanto che ormai il contaggio recessivo è arrivato, com'era inevitabile, anche alla Francia.

Weak economic growth remains the key challenge

Of the five components of the strategy, in this column we concentrate on the need to boost growth. The unsatisfactory growth performance of, and imbalances in, the Eurozone over the past decade originated in poor structural settings that discouraged productive investments in some sectors, contributed to the instability of the housing market, and failed to keep wage and price developments in line with productivity. A credible and ambitious strategy of structural reforms that can address these weaknesses would have a tangible impact on economic growth and debt sustainability, in particular in vulnerable countries.
Often the fruits of reform efforts are visible only over the medium term. However, a credible reform package can also generate positive effects in the short term in terms of confidence and performance, while short-term costs can be vastly overstated (OECD 2012).
Economic growth in the Eurozone remains subdued at best. The potential growth rate of the Eurozone is estimated to be around 1.25%, with markedly lower rates in some of the countries facing intense market pressure. Stronger growth would restore confidence, improve debt dynamics and facilitate an exit from the crisis, particularly in countries with high accumulated debts.
Growth-enhancing policies must go hand in hand with appropriately paced fiscal consolidation. There are obvious reasons for this:
  • The extraordinary pre-crisis build-up of debt to largely unsustainable levels has left most Eurozone economies with the task of redressing imbalances and embarking on an unavoidable deleveraging. High debt permanently weakens economic growth.
  • Risk aversion and, with it, risk premia, have spiked since the financial crisis in 2008 and ended a long period of high risk appetite and compressed premia. Current heightened risk aversion makes deleveraging even more necessary and, at the same time, more painful in the short term.
  • Low interest rates and the excessive lending and borrowing prior to the crisis had not only led to growing debt levels, but also to an allocation of resources that has proven unsustainable and that must be corrected.
  • In a situation of multiple equilibria, where confidence plays a crucial role, the distinction between short-term and long-term measures (suggesting the possibility of postponing action) is misleading and could be possibly dangerous. Short-term measures that weaken confidence would push the medium-term dynamics towards a bad equilibrium (Padoan et al. 2012).
This legacy defines and limits the role of active demand management and calls for sound fiscal policies. Clearly, the scope, pace and approach to fiscal consolidation should not be uniform across member states but, rather, reflect the specific features of each country, its fiscal position and the strength of its economic conditions. In all cases, fiscal adjustment should be growth-friendly.
The reinforced governance framework of the Eurozone will help member states stay on track towards these goals. Experience shows that fiscal discipline is especially at risk in countries where policies are more short-sighted, possibly driven by the electoral cycle. In such a setting, a strong external anchor, as provided by the recently reinforced fiscal governance rules in the Eurozone, can help keeping up necessary reforms (Buti et al. 2009). Available evidence points, remarkably, to the fact that structural reform efforts during the current crisis appear positively correlated with fiscal consolidation efforts. Moreover, reforms are taking place in countries which most require a boost in growth potential and adjustment within the Eurozone (OECD 2012).

Dunque: per capire come si pervenga a indicare le sopra elencate cause della crisi e i conseguenti fattori da eliminare/correggere, bisogna prima capire il "paradigma" economico che tale analisi presuppone. Per illuminare questa cornice diamo la parola a un professore di economia, Giancarlo Bertocco (e qui viene il bello):
"...Friedman quindi propone di superare la teoria keynesiana e di accettare una nuova versione della teoria neoclassica, basata sul concetto di tasso naturale di disoccupazione, sull‟introduzione delle aspettative adattive, che sarà definita monetarismo.
L‟opera di Friedman ha avuto un impatto enorme sulla evoluzione della teoria macroeconomica; a partire dagli anni ‟70 diminuisce il consenso nei confronti della teoria keynesiana. Negli anni 80-90 il monetarismo subisce una significativa evoluzione grazie all‟introduzione del concetto di aspettative razionali; Robert Lucas è il principale artefice di questa nuova versione del monetarismo che è definita
nuova macroeconomia classica e che diventa la teoria mainstream cioè la teoria generalmente accettata dagli economisti, mentre la teoria keynesiana diventa una teoria minoritaria. C‟è un aspetto paradossale in questa evoluzione della teoria macroeconomica: l'abbandono della teoria keynesiana e l'affermazione del monetarismo e della nuova macroeconomia classica.
Dobbiamo ricordare infatti che la teoria di Keynes si basa su due punti fondamentali:
i) una spiegazione delle ragioni per cui una economia di mercato è soggetta a crisi, a fluttuazioni del reddito e dell‟occupazione;
ii) la specificazione di strumenti, politica fiscale e monetaria, che possono essere usati per spingere il sistema verso la piena occupazione.
La critica di Friedman (in tale parte "trasmessa" alla NMC di Lucas), si concentra sul secondo punto; egli ha dimostrato che le politiche keynesiane possono funzionare soltanto in certe condizioni; e ha dimostrato che:
i) in un mondo in cui i lavoratori chiedono aumenti dei salari monetari proporzionali all‟incremento del reddito (PIL), cioè non sono disposti ad accettare incrementi di reddito (PIL) e di occupazione a salari monetari costanti,
ii) non è possibile attraverso politiche keynesiane espandere in modo permanente il livello di occupazione oltre a quello naturale che corrisponde alla situazione in cui l‟errore di previsione (aspettativa di inflazione dei lavoratori) è pari a zero.
L‟aspetto paradossale della reazione degli economisti alla critica di Friedman sta nel fatto che questa critica non affronta il primo punto della teoria di Keynes, cioè non mette in discussione la spiegazione della crisi e della instabilità del sistema economico.
Infatti il problema che Keynes poneva non era quello di espandere il livello dell‟occupazione oltre la piena occupazione; Keynes affermava che anche nel caso in cui il salario reale desiderato dai lavoratori fosse pari a W/P
E, fosse cioè coerente con la piena occupazione ciò non è sufficiente per garantire la piena occupazione poiché è necessario che si creino le condizioni affinchè le imprese riescano a vendere ciò che producono. Questo aspetto della teoria Keynesian, il primo punto, è stato completamente dimenticato. Si tratta di una reazione paradossale; sarebbe come se, facendo un esempio che riguarda la medicina, di fronte alla dimostrazione dell‟inefficacia di una certa medicina nel curare una determinata malattia, i ricercatori invece di concludere che è necessario trovare un farmaco più efficace concludessero che la malattia non esiste".
Si comprende allora come il primo punto indicato nel paragrafo in commento, faccia riferimento al debito "indifferenziato" creatosi "prima" della crisi, continuando a ipotizzare al più meccanismi di aggiustamento degli squilibri determinati dalla presenza di un "eccessivo" indebitamento.
Ma, con ciò, da un lato, si continua a ignorare che la crisi è ormai, con sempre maggiore chiarezza, localizzata nell'area UEM, dall'altro che il debito "critico", alla base della crisi all'interno di tale area, non è quello pubblico, bensì quello privato, determinatosi proprio per le asimmetrie di competitività sopra evidenziate (cosa su cui non conviene soltanto De Grauwe, ma ormai anche il FMI, cioè, a livello scientifico, Blanchard).
Un cosa deve essere ribadita (mai abbastanza, a quanto pare), rispetto a soluzioni che, come si fa nel secondo punto del paragrafo, si incentrano sulla "risk aversion" come causa della crisi, predicando il "doloroso deleveraging", cioè la riduzione forzata del debito (indistintamente pubblico e privato): l'eccessivo "fare credito e prendere in prestito" (punto 3) è del tutto generico come indice causale della crisi, una volta che questa si sia localizzata all'area UEM, tanto più se le politiche economiche dei paesi più importanti del mondo siano orientate piuttosto al rilancio dell'economia "reale" mediante sostegno pubblico e cioè tralasciando di tagliare il deficit per fare, invece, spesa pubblica.
E quindi, abbandonando il mito della "neutralità della politica monetaria" e della connessa esigenza di fare soltanto politiche "credibili" di stabilità dei prezzi, cioè anti-inflazionistiche, in attesa che l'occupazione raggiunga il suol livello "naturale", una volta piegata la rigidità dei salari. Questa è concepita, ovviamente, come rigidità del livello occupazionale: finchè sono legato a un contratto a tempo indeterminato e all'applicazione di retribuzioni sindacali nel periodo di vigenza, non potrò rapidamente correggere il livello salariale. E questo è l'unico senso effettivo delle riforme strutturali.

Dunque non sono queste soluzioni di "lungo termine" tese a: 1) eliminazione delle rigidità retributive; 2) consolidamento fiscale, che potranno mai promuovere la crescita.
I "tempi migliori", in questa direzione, non arriveranno mai.
Rispetto al primo obiettivo, abbiamo visto che la curva di Philips basta sulle "aspettative razionali" si rivela, ogni giorno di più, contraddetta dai dati che indicano come, in situazioni di scarsa crescita o recessive, aumenti salariali portino piuttosto alla riduzione della disoccupazione che al contrario. Rispetto al secondo obiettivo, si continua a ignorare che l'ammontare del debito pubblico (e quindi, a monte, dell'indebitamento annuale), non ha alcuna evidente e comprovata influenza negativa sulla crescita, come hanno dimostrato Panizza e Presbitero in uno studio recepito dallo stresso FMI. 
Riassuntivamente: "gli studi empirici che "dimostrano" che debitopubblicobrutto è il principale se non unico responsabile dei nostri mali, di solito non tengono conto di un dato elementare: purtroppo non è solo la crescita a dipendere dal debito, ma anche, spesso e volentieri, il debito a dipendere dalla crescita. Ad esempio, se l'economia va in recessione il gettito fiscale cala e il debito quindi cresce più in fretta: la relazione negativa osservata (più debito=meno crescita) in questo caso dipenderebbe non dal fatto che il (troppo) debito danneggia la crescita, ma dal fatto che la (poca) crescita peggiora il debito". 
Insomma, in situazione recessiva (sempre più) diffusa, e determinata da squilibri commerciali indotti dal cambio fisso non compensato da trasferimenti "centralizzati" UEM, non c'è modo di sostenere realisticamente che la soluzione risieda in "sound fiscal policies" orientate alla "fiscal consolidation", in particolare al taglio della spesa pubblica (oltre che a maggior pressione fiscale).
Ignorare Keynes può essere giustificato da un'intera vita di studi dediti alla sua demolizione (sulla base di riscontri empirici mai condotti fino in fondo e anzi smentiti dalla realtà): ignorare De Grauwe, Stiglitz, Panizza, e se vogliamo, persino Blanchard, porterà a ulteriore recessione e, nella migliore delle ipotesi, alla "strutturazione" della debole crescita all'interno di un'unione monetaria semplicemente insostenibile.   

References

Buti, M., and Padoan, P.C. (2012), "From a Vicious to a Virtuous Cycle: A Five-Points Strategy for the Eurozone", CEPR Policy Insight No. 61..
Buti, M., Röger, W., Turrini, A. (2009), "Is Lisbon Far From Maastricht? Trade-offs and Complementarities between Fiscal Discipline and Structural Reforms", CESifo Economic Studies 55(1).
European Commission (2011), "A roadmap to stability and growth", COM(2011) 669 final, 12 October.
European Council (2011),
Euro summit statement, 26 October 2011,
OECD (2012), Going for Growth, Paris.
Padoan, P. C., Sila, U., van den Noord, P. (2012), A Dual Equilibrium Model for Public Debt and Growth, forthcoming.

11 commenti:

  1. Scusate l'OT, ma questa mi pare di un certo rilievo costituzionale.
    Ieri, nel consueto sermone domenicale, Scalfari scriveva:
    (nell'ipotesi di una decisiva affermazione di Grillo)..."l'Unione europea ci imporrebbe un commissariamento che ci obblighi al rispetto del pareggio fiscale, pena l'intervento della Corte europea che commina in questi casi elevatissime sanzioni."
    Tranquillo e liscio, ormai l'UE può (e deve) "commissariarci" se le elezioni danno risultati non graditi.
    La nuova "costituzione reale", suppongo.
    Per chi vuole soffrire, ecco il link:
    http://www.repubblica.it/politica/2013/02/24/news/scalfari_elezioni-53282050/

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    1. Ottima osservazione, niente affatto OT. Il problema è che piano piano stanno buttando giù la maschera (della colonizzazione autoritaria): approfittate prima che chiudano il web...

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    2. Scalfari resterà nella Storia per questo ed altri endorsement ai colonizzatori del Paese, e non sarà un bel ruolo il suo.

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    3. Mi sembra che i "risultati non graditi" ci siano (parzialmente?) stati. Con buona pace di Scalfari.....

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  2. Non a caso Krugaman da una lettura un po' diversa di queste elezioni, parla di una referendum sull'austerity : è in linea con la tua ipotesi frattalica, e con il ruolo che molto probabilmente svolgeranno gli Stati Uniti?

    http://www.nytimes.com/2013/02/25/opinion/krugman-austerity-italian-style.html?_r=1&

    Krugman , tra le righe, indica anche una quali siano le vere "paure" (il dover ammattere il fallimento di politiche imposte ai paesi debitori) nascoste dietro l'incessante terrorismo delle Pravde:

    http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/da-mafiosi-a-clown-e-gia-un-passo-in-avanti-la-stampa-estera-terrorizzata-51455.htm

    Sembra che il premio Nobel voglia evidenziare un voto di protesta (che poi sia raccolto o meno è da vedere, considerata l'enorme e ingombrante presenza del Pude che la nitida analisi svolta in questo Post svela ancor più chiaramente)contro l'austerity più che contro la corruzione (il ritorno di Berlusconi riguardo quest'ultima sembrerebbe una contraddizione in termini).

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    1. Corruzione=versione inquisitoria, (caccia alle streghe del neo-Sant'Uffizio dei banchieri...loro!!!!), della cosmesi dei diritti (versante benevolente del dominio UEM).
      Krugman si aggira intorno alla verità, non sapendo che, sul terreno, il terrore dei paesi UEM (oligarchie di creditori e deflazionisti) potrebbe persino traformarsi in sollievo, se prevarrà la linea "debitopubblicocorruzionebrutto" della paventata neo-opposizione

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    2. Non dirmelo... sto cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno, e cerco di cogliere segnali positivi malgrado l'amara realtà.

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  3. Ma 48, sfatiamo anche qualche altro mito:
    - di Monti che fa calare lo spread. Non è Monti a far calare lo spread, o l'austerità o il mercato a fare il tasso. A farlo è SOLO ed esclusivamente la Banca Centrale che lo DECIDE, intervenendo, in base alle esigenze statali. Se una banca centrale lascia che a farlo siano i mercati, e non lei stessa, è connivente. Ergo, DEVE sparire perchè contraria ai fini precipui dello Stato nazione: il benessere dei propri cittadini.
    - dei capitani d'industria preoccupati della "crescita"...secondo Kalecki non è proprio così..."Ogni allargamento dell’ambito dell’attività economica dello Stato è visto con sospetto dai capitalisti; ma l’accrescimento dell’occupazione tramite le spese statali ha un aspetto particolare che rende la loro opposizione particolarmente intensa. Nel sistema del laissez faire il livello dell’occupazione dipende in larga misura dalla così detta atmosfera di fiducia. Quando questa si deteriora, gli investimenti si riducono, cosa che porta a un declino della produzione e dell’occupazione (direttamente, o indirettamente, tramite l’effetto di una riduzione dei redditi sul consumo e sugli investimenti). Questo assicura ai capitalisti un controllo automatico sulla politica governativa. Il governo deve evitare tutto quello che può turbare l’ “atmosfera di fiducia”, in quanto ciò può produrre una crisi economica. Ma una volta che il governo abbia imparato ad accrescere artificialmente l’occupazione tramite le proprie spese, allora tale “apparato di controllo” perde la sua efficacia. Anche per questo il deficit del bilancio, necessario per condurre l’intervento statale, deve venir considerato come pericoloso. La funzione sociale della dottrina della “finanza sana” si fonda sulla dipendenza del livello dell’occupazione dalla “atmosfera di fiducia" inoltre "La sovvenzione e i consumi di massa incontrano un’avversione ancora più aspra...Ci imbattiamo qui infatti in un principio “morale” della più grande importanza: le basi dell’etica capitalistica richiedono che “ti guadagnerai il pane col sudore della tua fronte” (a meno che tu non viva dei redditi del capitale)." ed aggiungiamo "il mantenimento del pieno impiego porterebbe a trasformazioni politiche e sociali che darebbero nuova forza all’opposizione dei “capitani d’industria”. Infatti, in un regime di continuo pieno impiego il licenziamento cesserebbe di agire come misura disciplinare. La posizione sociale del “principale” sarebbe scossa, si accrescerebbe la sicurezza di sé e la coscienza di classe dei lavoratori" and so on...
    - il mito dell'austerità che porta alla crescita
    - il mito della spesa pubblica americana accresciuta dalle spese sociali e dalla vulgata (europea) "avete vissuto al di sopra delle Vostre possibilità"...je pozzino!! (si scrive così?)

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    1. Grandissimo Kalecky (pensa che questo brano l'avevo perduto e tu me l'hai ritrovato!).
      Un'obiezione da "caporedattore" rompipalle: ma queste preziose fonti non ti figuravano alla grande nel "romanzo epistolare"? :-)

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    2. E chi l'ha detto che non le inserisca e che il mio non sia un vaglio preventivo sottoposto al "caporedattore"!?!?! ;) così:
      1) automaticamente ho la certezza di reperire le "giuste" fonti
      2) mettiamo un po' di pepe ai lettori ;)

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    3. Vabbè, ma io mi fido di te e i lettori ti apprezzano talmente (lo attestano i numeri)che non hai bisogno di anticipare troppo i "colpi ad effetto"...

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