lunedì 11 marzo 2013

LA CORRUZIONE, IL SOGNO EUROPEO, E LO "STRANO" CASO MPS.

"Chiunque di noi (segue indicazione di un partito ma, come vedremo, è un sistema "europeo" applicabile teoricamente, ancora adesso, a qualunque formazione politica ndr.) avesse responsabilità amministrative, negli enti locali o nelle partecipate, dove ci sono voragini vere e proprie, sapeva di potersi rivolgere a Mps per le questioni più spinose. Esempio: c`era una azienda di un comune in crisi? I sindacati facevano casino e i lavoratori rischiavano il posto? Mps concedeva un finanziamento e la situazione si calmava. In campagna elettorale si dovevano effettuare 300-400 assunzioni in una partecipata? Mps concedeva il mutuo e il consenso lievitava. Ovviamente, la maggior parte di questi crediti non verranno mai incassati per assenza o inadeguatezza di garanzie. Quanti? Sarebbe interessante saperlo con precisione. Lo sanno tutti. Se spunta fuori l`elenco, è la fine..."

Questa eloquente sintesi di un meccanismo era stata abbondantemente anticipata in questo blog e, anzi, costituisce una sorta di bandiera, con la descrizione in dettaglio del fenomeno, nel post di gran lunga più letto. Ma anche altrove (in tema di costosità delle società pubbliche o "miste"), e più volte (in tema di crisi finanziaria e governance del sistema).
La sintesi, cioè, proprio perchè tale, richiede una premessa: capire ciò che è stato fatto "in nome dell'Europa". 
E ciò significa che qualcosa di non dissimile accade anche negli altri paesi europei.
Solo che in quelli "core" - poichè hanno attivo della bilancia dei pagamenti, PIL non gravato da pesanti "output-gap"  o peggio da recessione via austerity, entrate statali non erose da ciò-, il dividendo dell'euro, (a favore della politica...del business), non si è trasformato in insolvenza e crisi del sistema bancario (il che non esclude che là la crisi bancaria possa verificarsi per motivi differenti).
I meccanismi, con precise premesse e esemplificazioni, sono esattamente quelli che vi abbiamo illustrati e qui sotto riprodotti per comodità.
Ma alla fine il problema è l'insolvenza. Causata, però, dal vincolo monetario, così virtuoso e credIbile, che ha provocato crisi di liquidità, drenata dai deficit con l'estero, disoccupazione e...insolvenza. Il tutto, acuito dalla "austerità espansiva", cioè sempre dall'euro!.
Il paradosso è che l'austerità, e l'euro, sono tutt'ora sostenuti (quand'anche, di recente, in forme "misteriosamente" attenuate) dagli stessi che ora si trovano a fronteggiare la responsabilità del sistema di cui credevano di potersi avvantaggiare (all'infinito).
Insomma, pare che abbiano sbagliato i calcoli. E siano incorsi in una nemesi della Storia.
Non è bastato creare il grande spazio informale (ed europeo) di connubio tra imprese "di area" e enti locali, in sè penalmente irrilevante, e dotarlo di un'assistenza finanziaria privilegiata da parte di un sistema bancario controllato da entrambi (politica e business di area).
Ora il punto è (chissà perchè batto sempre su questo argomento): a chi interessa veramente FARE QUALCOSA PERCHE' "TUTTO QUESTO NON SI RIPETA PIU'?
Cioè quale proposta politica intende agire concretamente sui presuppolti legali, normativi, stratificati essendone anche minimamente cosciente?
Anche perchè la risposta a tutto ciò si compendia nella reintroduzione delle forme pubblicistiche della "azienda speciale"e nel recupero della sovranità fiscale e monetaria: quindi, uscendo dall'euro e riportando la politica monetaria alle decisioni dei governi democratici, con la reintroduzione di controlli preventivi di legittimità, ovviamente rafforzati (ma erano stati aboliti).
Problemi del tutto assenti dall'intero dibattito politico incentrato sula "casta" intesa come Parlamento. Cioè su un dettaglio che le norme costituzionali già ora consentirebbero di riportare in condizioni di democrazia fisiologica. Ma è l'enorme contorno "in nome dell'Europa" che si è sovrapposto alla Costituzione e che, senza una precisa identificazione del problema, risulta difficilissimo smontare.
Ad  ogni modo (tratto dal mitico post), questo è quello che hanno "montato" i sognatori dell'Europa:
a) si è deciso di introdurre la società di capitali come forma prevalente di gestione dei servizi pubblici, specie locali (ma non solo, e non solo servizi).
b) si è introdotta l'idea che ciò avrebbe evitato (non si sa perché) ulteriore corruzione, specialmente se si fosse sviluppato il partenariato pubblico-privato: il privato porterebbe, sempre, non si sa bene perché, un'esperienza “vincente” che avrebbe fatto abbassare i costi e le tariffe;
c) per agevolare la "efficienza", dando la colpa della corruzione (che in sé non è detto che sia legata alla inefficienza, in termini di rapidità decisionale, anzi) alla burocrazia, si sono aboliti i controlli preventivi di legittimità sugli atti principali che comportano una spesa (svolti dalla Corte dei conti, nonché dai co.re.co e dagli organi statali che la esercitavano sugli atti regionali). Così, costituzione di queste società, capitalizzazioni, scelte dei soci e metodi relativi, decisioni di spesa, tipo bandi di gara e susseguenti procedure, sono stati sottratti a controllo preventivo, proprio quando irrompeva la super-regolazione di derivazione UE in materia (regolazione a ondate, sempre più stratificata), cioè quando più forte si poneva l'esigenza di verificare il rispetto delle più complesse regole;
d) tale disciplina europea, anche se in crescente finalizzazione "apparente" alla logica concorrenziale, in realtà, ponendo una serie inestricabile e sempre più complicata di parametri, requisiti, standard, certificazioni legittimanti, forme associative tra imprese, si risolve in generale nel privilegiare le imprese più "grandi" e quelle che già godevano di rapporti pre-instaurati con la pubblica amministrazione (imprese spesso coincidenti tra loro);
e) si è privatizzato il sistema bancario, rigorosamente in nome dell'Europa e dello Stato-cattivo, ma al tempo stesso si è creata una componente fondamentale e spesso decisiva di controllo azionario-bancario mediante il sistema delle fondazioni, “influenzate” a loro volta, in intrecci solidali tra le fondazioni stesse, dagli enti pubblici territoriali mediante i soggetti amministratori da questi nominati; ciò, in aggiunta, senza alcun controllo sulle relative nomine, non solo preventivo, come s'è visto abolito, ma anche sul rispetto di labili parametri legali di individuazione dei "nominati" da parte della politica;
f) si è proceduto (tradendo le roboanti affermazioni iniziali post-tangentopoli) a rendere fortemente dipendenti dalla politica i dirigenti pubblici in posizione decidente della spesa pubblica, e ciò con incidenza, principalmente, a livello locale, per le spesa conseguente a scelte di pianificazione territoriale e di politica industriale, area decisionale che, a sua volta, conduce a costituzione di società, a scelta dei soci, ed all'aggiudicazione di un sistema di appalti proiettati su fronti crescenti di attività in precedenza pubbliche (dalla gestione delle ex aziende pubbliche di servizi, alla "esternalizzazione" di segmenti di attività amministrativa, affidata a "privati" come diretti erogatori di servizi “interni” alla p.a.: informatizzazione, contabilità e gestione del personale, servizi di pulizia ecc.);
g) si è, contemporaneamente, provveduto a amplificare, prima a livello legislativo, poi costituzionale, la sfera operativa e funzionale di regioni e enti locali, trasferendo ad essi il potere di spesa e di assunzione del personale relativo (il tutto sempre nella simultanea abolizione dei controlli preventivi di legittimità sugli atti corrispondenti).

“Il meccanismo è perfetto. Si vuole creare una società per gestire lo studio delle problematiche tecniche di certe opere pubbliche, a livello regionale o di grande comune; si trova il dirigente (politicamente scelto a ampissima discrezionalità) che ne approva lo schema tecnico, la giunta che lo delibera, i capitali forniti dalla banca vicina alla fondazione a sua volta "vicina" alla maggioranza che delibera...e induce nei tecnici pubblici dipendenti le scelte a valle, et voilà...
Avrò capitali, controlli limitatissimi (al massimo a posteriori e in termini di efficienza, ma sprovvisti di vera sanzione ostativa del disegno), libertà di aggiustare – spesso con trattative private determinate da urgenze divenute insindacabili, ovvero con bandi su misura- la scelta dei soci privati, dei destinatari degli appalti (dato che la società tenderà a calibrare studi di fattibilità e bandi sulle caratteristiche, politicamente e inevitabilmente "volute", del soggetto creato ad hoc tra imprese amiche e prestanome dei politici).
I politici saranno soci (azionisti), mediante prestanome o colleghi di secondo piano, o "tecnici" di area (senza selezione che non sia la vicinanza politica) dello stesso ente che forma la società. Soci espressione di grandi imprese diverranno anch'essi parte della compagine e sosterranno quella parte politica: se l'andamento della società è in deficit, gli stessi soci potranno liquidare a condizioni vantaggiose le loro partecipazioni, lasciando ai bilanci, incontrollati nelle forme pubbliche ormai abolite, di aggiustare valori e stime degli assets e delle prospettive di redditività.
I debiti contratti per capitalizzare e i deficit saranno ripianati, indirettamente o direttamente, prima o poi, dal centro (lo Stato), -sotto la pressione del ricatto sul "paventato collasso" dei servizi per anziani e infanzia-, da amministratori centrali parte della stessa cricca politica che controlla le nomine nella società, o a cui viene dato il potere di farne per partecipare alla spartizione, garantendosi comunque anche la continuità del credito effettuato dagli amici banchieri in cordata con le fondazioni bancarie (controllate dalla stessa politica locale e centrale).
Il meccanismo ha applicazioni multiple e variate. L'abilità sta proprio nella convergenza delle leggi verso questo obiettivo di sistema. La corruzione diviene un fatto conforme alle regole: solo gli sprovveduti e gli arroganti incorrono negli strali della magistratura.
I più abili giungono a controllare, tramite profitti da aggiudicazione di appalti e di servizi pubblici locali, vere e proprie holding. Solo la Corte dei conti ogni anno lamenta l'andazzo fallimentare per i soldi pubblici (strutture e finanziamenti immessi nel circuito, ripianamenti delle perdite) e per l'aumento delle tariffe. Intanto, decine di migliaia di consiglieri di amministrazione, direttori generali e figure varie costituiscono una classe paraprivata di gestori e fruitori di emolumenti e potere decisionale che si esprime in pilotaggi di appalti e assunzioni senza concorso nelle strutture di nuova creazione.
La rendita da monopolio "locale" e i patti di liquidazione, soddisfano gruppi privati "partner", e li legano sempre più alla complicità con le parti politiche autrici del disegno.
La commistione di forme private e pubbliche, la demenziale complicazione delle regole di scelta europee, consente una facciata impenetrabile di "regolarità" al tutto e le vecchie mazzette vanno in pensione, trasformandosi in decisioni di scambio di favori: il figlio del tizio-dirigente o assessore (in consonanza tra loro) viene assunto di qua, o fa carriera (magari universitaria ) di là, dato che magari un tizio ulteriore, che controlla le decisioni di carriera, è stato nominato nel cda della società stessa in quota "x".
Le holdings, al riparo dalla concorrenza sostanziale, e sotto l'egida della "aggiustata" concorrenza europea, prosperano e si rafforzano; le imprese tagliate fuori vanno sempre più in difficoltà, rimanendo in crescente difficoltà creditizia sia per...l'Europa (euro) sia perché non facenti parte del cerchio magico...delle linee di credito erogate dalle banche (con dentro le fondazioni). Le applicazioni, una volta consolidate le posizioni, sono infinite; soggetti di questo tipo, anche se le gare vengono rese formalmente più rigorose, hanno un vantaggio schiacciante in termini di requisiti di qualificazione e di standards di legittimazione professionale e finanziaria richiesti dai successivi bandi.”
Insomma, se da una parte politica si chiude un occhio su tutto questo, evitando di smontarlo e anzi votandolo quando si presenta in parlamento, dall'altra, si contraccambia lasciando all'altra parte, che so, una situazione di monopolio nel settore dell'informazione televisiva e non.

Fin qui quello che avevamo già detto: questo sistema, lo constatiamo, sta crollando sotto il peso della sua insostenibilità. Ma è un "crollo" delle persone che lo hanno finora incarnato, non dell'indirizzo politico generale sottostante: manca in tutte indistintamente le forze politiche. lo ripetiamo, la stessa enunciazione di introdurre una disciplina correttiva che agisca veramente sulle storture (che includono aspetti anche introdotti nello sciagurato nuovo Titolo V della Costituzione). Al più si prospettano ambigui pateracchi in nome della lotta a "casta-corruzione": cioè "cosmesi" da dare in pasto al "popolo" per tacitarne la protesta, ma senza eliminare la funzionalità essenziale del meccanismo.
E questa totale mancanza di "offerta politica" sulle vere cause della crisi si riflette anche su aspetti strutturali che, contrariamente a quanto afferma la comune, persistente, "vulgata" anti-Stato, richiederebbero, specialmente e proprio in caso di euro-exitinterventi legislativi ancora più importanti: il ruolo della banca centrale e l'assetto del mercato del lavoro.

27 commenti:

  1. Temo, ahimè, che la strategia seguita dal sistema sia proprio quella metterci una pezza cercando di sminuire la protesta anti-austerità proveniente dal voto (correttamente individuata come tale da più di un commentatore estero), per evitare il cambiamento sostanziale che ormai, possiamo dirlo, la Storia richiede.

    In particolare, l'anti-politica serve a "neutralizzare" il dissenso popolare in due modi:

    a) dandogli periodicamente, in pasto qualche manciata di dipendenti pubblici o di pubblici scandali (la formula "meno Vespa, più Gabbanelli");

    b) mortificando e delegittimando, materialmente e moralmente, le istituzioni della democrazia costituzionale dicendo che il tutto sarebbe niente poco di meno che nel suo interesse.

    Naturalmente, in questo gioco al massacro della democrazia, un bersaglio eccellente non può che essere il Parlamento.
    Già colpito dall'uso sempre più sistematico del decreto-legge, se la è dovuta vedere anche -secondo me- con una sempre più invadente procedura di delegificazione, che conferisce, nei fatti, un eccessivo margine di discrezionalità per l'Esecutivo con la controparte parlamentare coinvolta, al massimo, nell'espressione di un parere obbligatorio ma non vincolante e con un vulnus sempre più marcato dei principi della divisione dei poteri e della gerarchia delle fonti.
    Alla fine del 2011 si riproduce, addirittura, un sinistro assetto "diarchico" tra il Presidente del Consiglio ed il Capo dello Stato che non sarebbe azzardato definire come pericolosa reminiscenza del ventennio fascista. Tra i due giganti vi è, oggi come allora, l'istituzione parlamentare, ormai mortificata, con una funzione meramente "certificativa" della volontà dell'Esecutivo e resa politicamente docile da una maggioranza bulgara imposta dallo stato di necessità.

    Oggi come oggi, ahimè, non si vedono, a mio personale avviso, segni di cambiamento tali da far sperare. E la cosa grave è che non si vedono innanzitutto dove sarebbe lecito attenderli, ossia nella novità politica venuta alla ribalta dalle ultime elezioni. Il movimento "rinnovatore" di Grillo, infatti:
    a) fa proprie le stesse premesse ideologiche della politica che vorrebbe combattere, sintetizzate nelle retoriche delle aule sorde e grigie e della sostanziale inutilità ed improduttività dell'apparato Statale (meno Stato, più mercato), incanalando e "neutralizzando" nel binario morto dell'anti-politica la forte "domanda di (nuova) politica" scaturita dalle recenti elezioni;
    b) sposa pienamente l'ideologia liberista, come dimostrato dalla proposta del "reddito di cittadinanza". Tale istituto, infatti, non appartiene alla "democrazia del lavoro" prefigurata dagli articoli 1 e 3 della costituzione ma sembra più tipico di uno stato ultra-liberista fondato sulla società 20 e 80, che legittima gli status derivanti dalle diseguaglianze economiche e si limita a concedere alle grandi masse escluse dalla distribuzione della ricchezza il palliativo del "sussidio" senza tendere a nessuna politica di piena occupazione;
    c) rimane limitato, al pari dei partiti da cui dice di distanziarsi, ad una politica appiattita sul marketing, senza avere il coraggio di un vero programma di rottura con il sistema che lo ha preceduto. Si dice tutto ed il contrario di tutto come se si fosse ancora in campagna elettorale e la strategia di rifiutare "a priori" qualsiasi accordo in Parlamento (per carità, con gli 8 evanescenti "punti" Bersani ci ha messo del suo.... non sono un PDino!), sembra figlia di mere valutazioni "tattiche" (scaricare sulle controparti la responsabilità politica del cosiddetto "inciucio" in vista delle nuove elezioni).
    Insomma, dovunque si giri lo sguardo, è PUD€ da tutte le parti. Ognuno recita il suo copione per condurre "spontaneamente" l'elettorato ad una "scelta responsabile" sulla falsariga greca.
    Spero vivamente di sbagliarmi!!!!!

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    1. No, non ti sbagli. E non solo è così: la sottolineatura sul reddito di cittadinanza dimostra che sei nella minoranza consapevole che non trova, neanche in rete, se non qui, alcun ascolto; cfr;http://orizzonte48.blogspot.it/2013/02/lart36-cost-e-lo-svuotamento-uem-del.html).
      Ma può essere anche PEGGIO di così: specie se abili vernissage di communication technology, andranno oltre la trita formula dell'antipolitica e daranno luogo ad una NUOVA POLITICA, OLTRE IL PUDE, nel nome del "descrescismo felice", che tacita le coscienze e gli fa accettare soluzioni come il "reddito di cittadinanza" (e quindi unove forme di neo-colonialismo).
      Tanto più che, DI QUI A QUALCHE MESE ASPETTATEVI NOVITA' IN TALE DIREZIONE DA PARTE DI TUTTO IL FRONTE DELLA POLITICA. Il PUDE diverrà recessivo con la rinascita di un nuovo paradigma bipartisan (o multipartisan) di slogan e parole d'ordine anti-Stato costituzionale.
      Ma proprio di questo riparleremo: questo è solo l'inizio di un'opera di denunzi e vigilanza che condurrà a una serie di post "OLTRE IL PUD€"

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    2. Non posso che concordare. In fondo, il decrescismo è una variante sul tema del celebre slogan (pudino) del "abbiamovissutoaldisopradeinostrimezzi".

      Se la formula "abbiamovissutoaldisopradeinostrimezzi" perche "spendevamo soldi che non ci eravamo guadagnati", non funziona più, la si ripropone con "abbiamovissutoaldisopradeinostrimezzi" perchè "il pianeta non può sopportare il nostro benessere" (però, il benessere del 20% dell'umanità che rimarrà ricca, assorbendo i redditi degli altri? Eh no! Quello sarà -invece. perfettamente "green"!!!).

      In pillole: il decrescismo è un modo gentile per tornare dalla fabbrica al latifondo e all'albero degli zoccoli. Comunque sia, invertendo l'ordine dei fattori il prodotto non cambia: pochi ricchi, e molti poveri.....

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    3. "Oggi" è ricco il 20% della popolazione terrestre: la strategia della nuova politica è quella di ridurre tale percentuale a un uniforme 1% medio mondiale

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    4. E a proposito di "decrescismo (in)felice", occorre tenere presente che è in questo momento la minaccia più insidiosa. Infatti basta osservare ad esempio il video di Perotti apparso su Byoblu (e io che ancora non gli ho perdonato il lampredotto).

      A parte le argomentazioni che spingono verso l'individualismo (come se non fossimo già abbastanza polverizzati socialmente) cui fa seguito la solita colpevolizzazione del "chiunque può farlo" quindi se non vuoi decrescere sei un fannullone (che richiama il mantra della disoccupazione volontaria).

      La cosa più pericolosa è il seguito che queste argomentazioni trovano fra le anime belle, i commenti sono infatti tutti favorevoli. Persone che evidentemente non conoscendo la fatica di dover lavorare la terra (ma del resto non la conosco neppure io, per mia fortuna) idealizzano la decrescita magari paragonandola a qualche scampagnata. E' pericoloso perché ormai quando il Manasse di turno parla i commentatori se lo "magnano", ma quando parla un decrescista no. La battaglia sta rapidamente volgendo su questo fronte.

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    5. Giovanni,
      sei ufficialmente nominato portavoce del "movimento" antimovimento-decrescista.:-)
      A parte la sintesi felice su come siamo completamente scoperti su questo fronte di evoluzione della battaglia, il parallelismo tra attivismo morale decrescista e visione neo-classica della disoccupazione volontaria, mi pare particolarmente azzeccato.
      E' proprio vero che lo stalinismo (se visto da lontano e in teoria) riesce a fare ciò che era precluso al nazismo, impossessandosi di un'aura positiva etico-purificatrice.

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    6. Addirittura portavoce :-), grazie. Il fatto è che temi come lo sviluppo ecosostenibile o un diverso modello di società più solidale, difficili da attuare senza investimenti, sono importanti e fanno facilmente presa di questi tempi di recessione. Proprio per questo si prestano a pericolose strumentalizzazioni, come quella descrescista, di chi ti vuole mandare a scaricare le cassette al mercato come disse Brunetta ma, al contrario di lui, ti fa la faccia dispiaciuta ed un bel discorZetto come se fosse antani. Quella stessa faccia dispiaciuta che la sinistra fa da anni ad ogni giro di vite.

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    7. Io la terra l'ho lavorata e la lavoro assieme a mio padre, e si fa una fatica boia. Come dicono da certe parti:"son tutti finocchi col culo degli altri"...infatti quelli che parlano di "decrescita felice" sono per lo più inquadrati in quell'un per cento della popolazione che, dal sudore della NOSTRA fronte, traggono i LORO lauti profitti. A tutti questi qui li manderei un giorno, uno solo, ad arare ore ed ore la terra col trattore sgangherato di 40anni fa (perchè non c'hai i soldi per comprartene uno decente) che beve un disastro di gasolio (che poco non costa), a concimare la terra con il concime che i consorzi agrari dei vari comuni o paesi (che fanno cartello) vendono tutti allo stesso prezzo (al rialzo) alla pari delle sementi (mais, orzo, grano). Li manderei una sola notte ad irrigare i campi di mais, a creare i canali per far arrivare l'acqua alle piante che devi assolutamente dissetare ogni 7 giorni, a raccogliere le messi e portarle dagli stessi consorzi agrari che ti fregano sull'umidità (più un cereale è umido, meno te lo pagano)...pregando Iddio che quell'anno ci sia stata una catastrofe da qualche parte (siccità o inondazioni in Usa o Russia o Ucraina) per strappare un prezzo che ti permetta di rientrare da tutte le spese (acqua, concimi, sementi, lavoro dei contadini "pro" che seminano e raccolgono per te non avendo tu i macchinari appositi) ed avere un piccolo guadagno...questo vorrei che i famosi decresciti provassero...provassero ad andare a fare legna d'inverno per il camino e la stufa, che coltivassero l'orto per avere un minimo di "autarchia" verde, o allevassero qualche gallina o bestiola per avere un po' di uova e carne...ma tant'è, non avrebbero poi tempo per l'Iphone...e desisterebbero dopo una settimana dai loro propositi...ci scommetto.

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    8. Ecco appunto, bravo Flavio: per questo sarebbe meglio, invece di caricare gli intellettualoidi di illusioni che si scontrano con realtà che non sarebbero capaci di fronteggiare, incentivare, col sostegno pubblico mirato e consapevolmente programmato, il rafforzamento dei punti di forza del nostro sistema basato sul valore aggiunto, LA VERA ENERGIA PULITA ITALIANA

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    9. "Nell' Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora. Ma dev' essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l' individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità. Cento, cinquanta anni fa il lavoro era necessità; la buona salute, dono del Signore; la cura del vecchio, atto di pietà familiare; la promozione in ufficio, riconoscimento di un merito; il titolo di studio o l' apprendistato di mestiere, costoso investimento. Il confronto dell' uomo con le difficoltà della vita era sentito, come da antichissimo tempo, quale prova di abilità e di fortuna. È sempre più divenuto il campo della solidarietà dei concittadini verso l' individuo bisognoso, e qui sta la grandezza del modello europeo. Ma è anche degenerato a campo dei diritti che un accidioso individuo, senza più meriti né doveri, rivendica dallo Stato." di Tommaso Padoa Schioppa . Eccoli qui i decrescisti al governo. Ci sono già stati, ora basta no, altri non ne vogliamo. Vero?

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    10. E' proprio qui il busillis: non avendo capito cme sono andate le cose, i "decrescisti" non si rendono conto di essere amici di Padoa Schioppa e a lui allineati nello stesso moralismo svincolato dai dati. Che ci dicono che la spesa pubblica primaria è compressa (rispetto al suo trend naturale di crescita che innesca, poi, la crescita del PIL) da circa 30 anni e che ciò esclude che si sia verificata mai questa deriva di eccesso di diritti accidiosi (forse PS fa riferimento ai figli dei suoi amici di classe economica privilegiata, sostentati dalle famiglie nella bella vita, viaggi, skipper e St. Moritz).
      Confondere poi la crescita del PIL consentita dalla redistribuzione-intervento pubblico, con la insostenibilità ambientale è altro slogan svincolato dai fatti: che ci dicono che il progresso tecnologico, consentito in apice alla ricerca pubblica e dall'incentivazione pubblica di quella privata, diminuisce la materialità ddei beni-servizi prodotti (spostandosi il valore aggiunto sull'immateriale) e diminuisce i consumi energetici. Crescendo: non distruggendo la capacità e l'innovazione industriali italiane.

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    11. Infatti i "decrescisti" me fanno ride: possibile che uno non capisca che se io ieri producevo auto a kerosene, oggi invece "ad aria compressa" (magari!!), aumento comunque il PIL e inquino meno? Progresso tecnologico = investimenti+ricerca. Questo è il connubio fondamentale per "vivere meglio"...e chi fa queste cose senza le logiche del profitto? Non di certo il privato...e chi ha a disposizione le Università pubbliche per farlo...lo Stato.

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    12. LA PROVA DECRESCITA

      Ricollegandomi alle argomentazioni di Giovanni e Flavio volevo solo apportare la mia modestissima esperienza di "prova decrescita", che mi fece sostenere mio padre (operaio e figlio di contadino) in piena adolescenza.
      Si è trattato di un modesto tentativo di "imbracciare la zappa". Ebbene, non sono riuscito nemmeno a sfilarla dal terreno dopo il primo colpo senza dover far perno sui talloni per ritirla su.
      Questo mi ha definitivamente convinto a desistere dalle pratiche di autoproduzione e ad impegnarmi negli studi.
      Questa episodio mi fortifica nella convinzione che almeno il 98,76% di coloro i quali sono in grado di mettere per iscritto teorie di decrescita non hanno mai sostenuto nemmeno la prova del primo "colpo di zappa" o sono in evidente malafede.

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    13. Un intervento il Tuo estremamente ineressante ed apprezzabile, pur magari a mio avviso, non sempre conciliabile con le mie personali analisi della realtà.
      Poni questioni e temi che però danno uno spunto per riflettere sulla reale sostanza delle questioni poste sul tavolo d'esame.
      Ciò che da un lato "contesto" (tra virgolette naturalmente) è il "pregiudizio" velatamente espresso sugli eletti del M5S. Parlo da outsider, da non appartenente a nessuna "Scuola" o "Ideologia" o "Movimento" catalogabile essendo io stesso un un umile operaio di idee che cerca d'interpretare la realtà per come si espone e non per come vorrebbe imporre che sia.
      Noto, sovente, un esame simbiotico delle idee e delle opinioni in base all'accostamento del singolo individuo al suo raggruppamento di appartenenza tralasciando il libero arbitrio dello stesso mosso da spinte interiori di opportunismo o giustizia che nessuno mai potrà essere in grado di quantificare.
      Detto questo, ritengo che non si possano identificare le persone in base alla loro appartenenza politica o di qual si voglia altra natura ma in base alle idee da loro espresse e dalla volontà o capacità sostanziale di metterle in pratica.
      Ho, nel mio piccolo, studiato il fenomeno dei "portavoce" del movimento 5 Stelle e, se non altro, ne ho ricavato la conclusione che, come ogni altra persona dotata di buona volontà, siano individui a cui spetti quantomeno il beneficio del dubbio sulle loro reali intenzioni.
      Nulla togliendo agli interrogativi qui esposti.
      Ritengo altresì ed infatti che una maggiore capacità critica e competente sull'analisi dei fatti sia suscettibile di una più proficua valutazione ed elaborazione di diagnosi, terapie e procedure d'intervento per la cura e la risoluzione di problemi endogeni ed esogeni.
      Quello che mi preme in tale contesto è però non sparar "mazzate" a priori contro qualsiasi promotore di un tentativo salto di paradigma nell'interpretazione troppo affettata della realtà.
      Per indole, non sono pro o contro nessuno ma sicuramente mi sento avverso ad ogni forma di opportunismo od ipocrisia ed in tal senso tento di analizzare e valutare me stesso come il mio prossimo nella speranza, ognuno da par suo, di non incorrere in quello che ritengo essere il peccato originale: mentire a se stessi per non dover affrontare la realtà, facile o difficile essa si presenti!
      Un caro e proficuo saluto,
      Elmoamf Massimo Paglia

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  2. Grazie per l'analisi sulle "strette connessioni " fra questa Europa ed un sistema di corruzione talmente ben costruito e radicato (favorito appunto dalle regole introdotte dai trattati)da poter sopravvivere anche alla fine dei suoi ideatori.

    Il rischio che preoccuopa non poco te, e tutti noi, è quello che si possa neutralizzare il dissenso popolare per spostarlo su diritti cosmetici : una patetica opera di maquillage atto a nascondere il cedimento strutturale.

    Il periodo è particolarmente caotico, anche per l'incertezza provocata dall'esito del voto.
    Tuttavia come diceva il filosofo "Bisogna avere il caos dentro di sè per generare una stella danzante".

    http://www.investireoggi.it/economia/quelle-surprise-i-tecnocrati-cercano-di-sventare-il-voto-contro-lausterita-in-italia/#ixzz2N90sAe5X
    http://www.investireoggi.it/economia/quelle-surprise-i-tecnocrati-cercano-di-sventare-il-voto-contro-lausterita-in-italia/#ixzz2N90sAe5X

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    1. Come ho già detto a Lorenzo, il timore è che l'austerity fiscale sia sostituita dal "decrescismo eco-sostenibile" e che l'antipolitica, categoria dialettica e mediatica resa inutile dal precipitare degli eventi, sia resa inutile dalla NUOVA POLITICA, SEMPRE ANTISTATO COSTITUZIONALE, in nuove frontiere della colonizzazione che si sostituiscano all'euro.
      Prevedo un assestamento che si colorerà di COSMESI RINNOVATRICE E DI REVISIONE DELLA COSTITUZIONE (una volta che il crollo del'euro avrà reso inservibili i trattati UE)

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    2. Ok ti seguo, ma noi continuiamo a fare controinformazione, hai visto mai che qualcuno si svegli.

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  3. Svuotando di funzioni lo Stato è "difficile" avere crescita. Trovo irritante (secondo me rappresenta l'insieme vuoto) il concetto di "sostenibilità" : l'analisi costi benefici basta e avanza (se ci metti dentro quel che ci dovrebbe stare). E qui va anche meno bene perché si richiede ricerca svolta a livello adeguato per ottenere i risultati che servono (e da noi ormai è, quasi, un deserto).
    Invece per fare denaro con il denaro qualunque economia reale va bene tanto la leva può essere ampia quanto si vuole (spread sulle obbligazioni e OTC) e quando funziona a rovescio qualcuno che paga si trova ...
    A che serve lo Stato se si fa decrescita (per l'economia reale)?

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    1. Esattamente di questo parleremo a Roma il 16 febbraio. Non solo non si può ulteriormente svuotare di funzioni lo Stato, ma in una inevitabile prospettiva di ritorno ai cambi flessibili occorre proprio riespanderle, dato che la fase di assestamento, in assenza di sostegno pubblico, e dopo 20 anni di tagli degli investimenti pubblici e di delocalizzazioni, rischia di incorrere in rigidità da c.d. "strozzatura" (cioè incapacità di riespanzione della produzione interna a livelli competitivi e nonostante il vantaggio da deprezzamento della moneta)

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  4. insomma secondo te 48 noi siamo tutti comunque fregati. comunque vada a finire. ho capito bene? :-(

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    1. Eh no :-) CI saremo fregati con le nostre mani se NON riportiamo l'economia ai parametri di tutela dell'interesse generale previsti dalla Costituzione. CI saremo fregati se non lo diremo e non difenderemo questa impostazione sull'utilità dell'intervento pubblico PERMETTENDO CHE LA POLITICA PARLI DI ALTRO E INCARTI TUTTI QUANTI IN FALSI PROBLEMI (peraltro risolvibili, questi ultimi, in modi abbastanza agevoli: e qui abbiamo anche fatto varie proposte)

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  5. dai allora siamo ottimisti. dobbiamo esserlo, se no ci viene a mancare la forza.

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    1. "Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
      sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
      Codesto solo oggi possiamo dirti,
      ciò che non siamo, ciò che non vogliamo"

      Diritto alla resistenza come "garanzia costituzionale"

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  6. TIREM INNANZ !!
    (Amatore Sciesa, 1851)

    Prometeo che instilla memorie e intelligenze che, sornione, invita Zeus alla scelta dell' "osso" celato dal "grasso" lucido.
    "Polpe" donate con la gentilezza dei "titani" alle tante "argille" private del fuoco e, ancora non pago, corre a rubare ancora qualche "favilla" di speranza rimasta sul fondo del vaso "di tutti i doni".

    Il 16, un istante prima del 17, sarà un bel giorno "luminoso", ne sono certo.

    Epimeteo l'ha saputo, dopo.

    That's all, folks!

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    1. Dici? Vuoi dire che sarà aperto il vaso di Pandora e rimarrà soltanto la speranza?
      http://it.wikipedia.org/wiki/Epimeteo_(mitologia)

      Mi accontenterei di vedere concretizzarsi il processo che porterà al 25 luglio...Sempre che poi ci sia modo di liberarsi dei neo-badogliani

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  7. Due concetti mi appaiono degni di attenta riflessione in quest'articolo.
    Il primo è quello relativo alla modifica del Titolo V della costituzione ed il secondo quello relativo all'esautorazione, non solo formale ma sostanziale, del "Parlamento" dal suo costituzionale ruolo legislativo.
    Partendo dalle seconda questione, ricordo, già a partire dalla fine degli anni ottanta ma ancor più nei primi anni novanta, la biasimevole pratica della reiterazione dei DL, successivamente arginata nell'impossibilità di reiterazione oltre i 60gg previsti (ma qui mi aspetto rettifiche anche più sostanziali nel merito). Una forma di legiferazione, ad ogni modo, dettata dalle singolari e periodiche urgenze della politica italiana, sempre alla rincorsa di una qualsivoglia emergenza. Una forma di legiferazione dettata dalla precarietà strutturale della capacità di governo espressa dall'italico stivale e figlia di una posizione geopolitica sempre in bilico tra l'essere ed il volere, almeno dal declino imperiale romano in poi, volendo provare ad essere un minimo storicamente onesti. Una precarietà, quindi, che ha sottoposto le volontà parlamentari alle continue contingenze nazionali od internazionali, senza riuscire a dar respiro ad una visione originale ed originariamente indipendente della propria visione di realtà, stretta tra la pressione contigua ed ambivalente di forze colonizzatrici del pensiero: da occidente come da oriente!
    Prendendo spunto da quest'ultima riflessione, passerei all'analisi della modifica del Titolo V della Costituzione, effettuata sotto un abile governo di transizione d'ispirazione "moderata" (poi chissà se di centro sinistra o meno... ma la memoria colpevolmente mi inganna) che portò o comportò commistioni di ogni genere sulle "competenze" facilitando quella prassi di "connivenze" che tutt'ora vige sullo scarico di responsabilità dei "cosi detti" costi della politica.
    Nei primi anni novanta ricordo, però, con lucidità inaudita, un fervore europeo, liberista, oltranzista ma soprattutto "deregolamentatorio" che nulla lasciava allo spazio su di un'analisi degli eventi e.o conseguenziali futuri scenari.
    Tutti in quegli anni si era prede della deregolamentazione e dei grandi accorpampenti figli della globalizzazione.
    Nacquero pertanto colossi in ogni settore, non ultimo quello bancario.
    Io personalmente ho vissuto quello farmaceutico con la nascità e lo sviluppo di enormi corporation nel campo del "farmaco".
    Quello era il futuro e la politica come l'approccio sindacale e corporativo vi si doveva adeguare, pena la totale "cancellazione".
    Non voglio difendere nessun corporativismo o sindacalismo di maniera ma mi preme constatare che sotto l'egida del cambiamento "epocale" si sia dato spazio a strutture che hanno cancellato ogni sorta di reazione dal basso ed ogni sorta di contrapposizione nel merito: territoriale, settoriale, sociale!
    LA deregolamentazione dei primi anni novanta a portato allo sciacallaggio dell'Euro ed alla sua inutile difesa come baluardo della sostenibilità sociale.
    In questo siamo tutti vittime: chi dell'ingoranza nella comprensione della realtà chi dell'opportunismo nell'interpretazione della stessa!
    Un saluto,
    Elmoamf Massimo Paglia

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