lunedì 29 aprile 2013

UOMINI E NO


Il problema è che non sentiamo parole. Parole che siano "pensiero", nobile come può esserlo ciò che è giusto, e giusto come può esserlo ciò che tiene conto, sopra ad ogni cosa, delle aspirazioni umane immutabili e del benessere dei propri simili.
E, invece, udiamo solo parole che altro non sono che squallide eco di pensieri imposti da tessitori dal volto sconosciuto; parole di "padroni" che sono, a loro volta, schiavi guidati dall'ignobile e dal meschino, servili, fino al fanatismo, nei confronti degli oscuri "tessitori".
E guidati così dalla vanità e dall'avidità personali, senza timore alcuno di contraddire la coscienza e, ancor più, la verità..
Non ci sono uomini, ci sono solo contabili votati al conformismo di un potere ottuso, come poche volte nella storia umana.
E non avremo speranza finchè non udremo le "parole" che esprimano il pensiero di chi sente, vede e intuisce, e studia, sapendo che deve servire gli altri esseri umani per il benessere comune. Parole di "uomini".
Questo silenzio è assordante e avvilente. Un ossimoro grigio: il silenzio delle parole degli "uomini", sostituito dal fragoroso sbraitare delle disumane marionette senza coscienza.

Vi riporto queste parole di John Maynard Keynes, tratte da un più ampio brano del 1933 (che molti conosceranno), perchè sono un esempio di quello che intendo. Notate come nello stigmatizzare la follia del suo tempo, si trovasse a confutare esattamente i luoghi comuni, le parole d'ordine dei "padroni-schiavi" degli oscuri tessitori, sempre gli stessi a quel tempo, e che oggi sono di nuovo al potere:
"...C'è un'altra spiegazione, io credo, di questo nuovo orientamento delle nostre menti. Il secolo XIX aveva esagerato sino alla stravaganza quel criterio che si può chiamare brevemente dei risultati finanziari, quale segno della opportunità di una azione qualsiasi, di iniziativa privata o collettiva. Tutta la condotta della vita era stata ridotta a una specie di parodia dell'incubo di un contabile.
Invece di usare le loro moltiplicate riserve materiali e tecniche per costruire la città delle meraviglie, gli uomini dell'ottocento costruirono dei sobborghi di catapecchie; ed erano d'opinione che fosse giusto ed opportuno di costruire delle catapecchie perché le catapecchie, alla prova dell'iniziativa privata, «rendevano», mentre la città delle meraviglie, pensavano, sarebbe stata una folle stravaganza che, per esprimerci nell'idioma imbecille della moda finanziaria, avrebbe «ipotecato il futuro», sebbene non si riesca a vedere, a meno che non si abbia la mente obnubilata da false analogie tratte da una inapplicabile contabilità, come la costruzione oggi di opere grandiose e magnifiche possa impoverire il futuro.
Ancor oggi io spendo il mio tempo, - in parte vanamente, ma in parte anche, lo devo ammettere, con qualche successo, a convincere i miei compatrioti che la nazione nel suo insieme sarebbe senza dubbio più ricca se gli uomini e le macchine disoccupate fossero adoperate per costruire le case di cui si ha tanto bisogno, che non se essi sono mantenuti nell'ozio.
Ma le menti di questa generazione sono così offuscate da calcoli sofisticati, che esse diffidano di conclusioni che dovrebbero essere ovvie, e questo ancora per la cieca fiducia che hanno in un sistema di contabilità finanziaria che mette in dubbio se un'operazione del genere «renderebbe».

Noi dobbiamo restare poveri perché essere ricchi non « rende ». Noi dobbiamo vivere in tuguri, non perché non possiamo costruire dei palazzi, ma perché non ce li possiamo «permettere».

La stessa norma, tratta da un calcolo finanziario suicida, regola ogni passo della vita. Noi distruggiamo le bellezze della campagna perché gli splendori della natura, accessibili a tutti, non hanno valore economico. Noi siamo capaci di chiudere la porta in faccia al sole e alle stelle, perché non pagano dividendo. Londra è una delle città più ricche che ricordi la storia della civiltà, ma non si può «permettere» i massimi livelli di civiltà di cui sono capaci i suoi cittadini, perché non «rendono».
Se io oggi avessi il potere, mi metterei decisamente a dotare le nostre capitali di tutte le raffinatezze dell'arte e della civiltà, ognuna della più alta e perfetta qualità, di cui fossero individualmente capaci i cittadini, nella persuasione che potrei permettermi tutto quello che potessi creare, - e nella fiducia che il denaro così speso non solo sarebbe preferibile ad ogni sussidio di disoccupazione, ma renderebbe i sussidi di disoccupazione superflui.
Con quello che abbiamo speso in Inghilterra, dalla guerra in poi, in sussidi di disoccupazione, avremmo potuto fare delle nostre città, i maggiori monumenti dell'opera dell'uomo.
O anche, per fare un altro esempio, sino a poco tempo fa, abbiamo considerato come un dovere morale di rovinare i lavoratori della terra e di distruggere le secolari tradizioni collegate all'agricoltura, solo che potessimo ottenere un filo di pane mezzo centesimo più a buon mercato. Non c'era più niente che non fosse nostro dovere di sacrificare a quest'idolo, Moloch e Mammone insieme; perché noi fiduciosamente credevamo che l'adorazione di questi mostri avrebbe vinto i mali della povertà e condotto la prossima generazione, sicuramente e comodamente, in sella agli interessi intrecciati, verso la pace economica.
Oggi noi soffriamo una delusione, non perché siamo più poveri di quello che eravamo, - al contrario, anche oggi, in Inghilterra almeno, noi godiamo di un tenore di vita più elevato che in ogni altra epoca, - ma perché ci pare che altri valori siano stati sacrificati e perché ci sembra che siano stati sacrificati senza necessità. Infatti, il nostro sistema economico non ci permette davvero  di sfruttare al massimo le possibilità di ricchezza economica offerteci dai progressi della tecnica, resta anzi ben lontano da questo ideale, e ci fa sentire come se avessimo potuto benissimo usare tutto il margine disponibile in tanti altri modi più soddisfacenti.
Ma, una volta che ci siamo permessi di disubbidire al criterio dell'utile contabile, noi abbiamo cominciato a cambiare la nostra civiltà. E noi dobbiamo farlo molto prudentemente, cautamente e coscientemente
(si riferisce alla Russia stalinista di cui parla in altra parte dello stesso scritto, ndr.).
Perché c'è un ampio campo dell'attività umana in cui sarà bene che conserviamo i consueti criteri pecuniari. È lo Stato, piuttosto che l'individuo, che bisogna cambi i suoi criteri. È la concezione del Ministro delle Finanze, come del Presidente di una specie di società anonima, che deve essere respinta.
Ora, se le funzioni e gli scopi dello Stato devono essere di tanto allargati, le decisioni riguardo a ciò che, parlando grossolanamente, dovrà essere prodotto nel paese e ciò che dovrà essere ottenuto in cambio dall'estero, dovranno essere tra le più importanti della politica."

E vi riporto le parole di un imperatore romano, Tito Elio Antonino Augusto, detto il "Pio", il padre adottivo di Marco Aurelio.
Parole con cui affronta quella che chiameremmo la "questione sociale", con una visione che tradusse in atti di governo, e che travalica di gran lunga le successive pretese del cristianesimo di "portare conforto" a servi che, per volere divino, dovevano rimanere tali, senza altra pretesa che l'ubbidienza; in cambio di una vita ultraterrena che quasi tutte le loro umane necessità istintive, però, gli avrebbero negato, sanzionate dalla "colpa", dall'inflizione del senso del peccato.
Antonino Pio, pur nella diversità inconciliabile di organizzazioni sociali e istituzionali distanti tra loro millenni, ci restituisce il vero significato immutabile della "dignità umana" e  della "responsabilità" che ognuno ha sempre, a prescindere dalla sua collocazione nella società:
"Liberi coloni e schiavi per me sono uguali. Sono loro a procurarci e a prepararci il mangiare. Perciò dobbiamo avere cura della loro salute e vegliare sulla loro soddisfazione nel lavoro. E' necessario costruire per loro abitazioni decenti con i maggiori accorgimenti igienici possibili.
Puoi conoscere il comportamento dei padroni osservando chi lavora per loro. Se vedi che hanno denti neri o sono sdentati, che puzzano di selvatico, che hanno capelli incolti, piaghe, cicatrici, significa che servono signori tra i peggiori del mondo. Se gli schiavi agricoli parlano in modo poco comprensibile, con un volume di voce troppo alto e storpiano la parole, non devi ridere. Indignati piuttosto con il loro padrone...Se si accovacciano più che sedersi e si siedono sembrando sacchi vuoti, puoi capire il livello di crudeltà ma anche di stupidità dei padroni".

E i "non-uomini" asserviti a Moloch e Mammone, gli sprezzanti fautori della nuova (e antichissima) logica del "rendimento", del governo come c.d.a di un'azienda, coloro che perdono la loro dignità per favorire gli "oscuri tessitori", sono anche degli irresponsabili.
Ma non lo capiscono perchè il loro male è la stupidità. E la stupidità è la madre dell'intolleranza.
Ed infatti Keynes ci dice, riferendosi ai totalitarsimi della sua epoca, con parole sinistramente attuali in riferimento alle attuali insinuanti forme di tecno-autoritarismo:
"Il terzo rischio, che è il peggiore dei tre, è l'Intolleranza e il soffocamento della critica. Ordinariamente le nuove correnti sono giunte al potere attraverso una fase di violenza o di quasi-violenza. Esse non hanno convinto gli oppositori; li hanno domati. Il metodo moderno è quello di fare affidamento sulla propaganda e controllare gli organi dell'opinione pubblica; si crede che sia cosa molto furba e molto utile fossilizzare il pensiero ed adoperare tutte le forze dell'autorità per paralizzare il gioco di interazione di una mente sull'altra. Per quelli che hanno trovato necessario adoperare qualsiasi metodo pur di conquistare il potere, la tentazione è forte di continuare ad adoperare per il compito costruttivo quegli stessi pericolosi strumenti che sono serviti preliminarmente a forzare la porta d'ingresso".


22 commenti:

  1. Leggendo questi eccezionali stralci che con "certosina puntualità" ci "linki" dal passato:

    Ma come caxxo abbiamo fatto a finire come siamo?
    Come è possibile che la inerrarbile miseria dei Marchionne, dei Draghi, dei Padoa Schioppa, degli Scalfari (per stare in Italia) abbia preso le redini dell' organizzazione sociale (reale)?

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    1. I tempi bui sono la norma. Il più alto Spirito dell'uomo raramente trova espressione. Ma almeno si può tentare di ricordare che esiste. E lotta insieme a noi :-)

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    2. Caro 48, dopo avere seguito da diversi mesi i tuoi post - sempre puntuali e ricchi di spunti di riflessione - mi sono imbattuto in quest'ultimo che mi ha ricordato ciò che Alberto Bagnai dice da tempo nei riguardi dei mistificatori di professione ovvero "che il mondo è cambiato, la Storia non ha più nulla da insegnarci, oggi c'è la Cina" e via sproloquiando. E' tutto già successo, tutto è già scritto nei libri, cause e soluzioni. Sono gli uomini, quelli con la U maiuscola, a cui spetta il compito di portarci fuori dai perigliosi approdi che ci prospettano rendersi conto di questa ineluttabile verità. Ne esistono in Italia? Temo di no. Con stima

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  2. Ho capito : da oggi si vola. Mi piace!

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    1. Ogni tanto nutrire lo Spirito dell'Uomo fa bene...Magari non serve, ma come dici tu, fa volare chi possiede la consapevolezza

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    2. Macché non serve!
      Ci tiene vivi.

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    3. Vero. Ci possono massacrare ma non mi prendono per il culo. Grazie a voi so distinguere e non sono tra quelli che non hanno capito un caxxo. E non c'è gusto vivere da burattino, grazie.
      PS. Non parliamo poi delle cose che ci fate leggere... che si sa fa bene al ciriveddu.

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  3. 'A LIVELLA

    .. Ognuno ll'adda fà chesta crianza;
    ognuno adda tené chistu penziero.
    ..
    Ma chi te cride d'essere...nu ddio?
    Ccà dinto,'o vvuo capi, ca simmo eguale?...
    ...Muorto si'tu e muorto so' pur'io;
    ognuno comme a 'na'ato é tale e quale
    ..
    Perciò,stamme a ssenti...nun fa''o restivo,
    suppuorteme vicino-che te 'mporta?
    Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive:
    nuje simmo serie...appartenimmo à morte!

    (Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno di Bisanzio De Curtis Gagliardi, in arte Totò)

    Tanto per dare un "senzo" al significato del "pellegrinaggio" dei Quisling nostrani di domani e, domani l'altro, sulle rive di "quel ramo del lago" nelle tempeste annunciata da Hans
    (http://www.faz.net/aktuell/wirtschaft/europas-schuldenkrise/hans-werner-sinn-im-gespraech-es-lohnt-sich-den-euro-zu-verteidigen-12164644.html)



    (http://www.faz.net/aktuell/wirtschaft/europas-schuldenkrise/hans-werner-sinn-im-gespraech-es-lohnt-sich-den-euro-zu-verteidigen2164644.html)




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    1. Sarà estremamente divertente vedere come i tedeschi rideranno sotto i baffi, mentre dicono "sì come no, andate avanti basta che rispettiate la vostra costituzione col pareggio di bilancio...poi vedete voi"

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  4. Molto bella la citazione di Keynes.

    Sulla seconda parte invece sono in difficoltà: è vero che il cristianesimo non si è posto come obiettivo primario di debellare la schiavitù. Ma quando il cristianesimo è sbarcato a Roma, la schiavitù c'era già, oppure è stata portata/istituita dai cristiani? E se c'era già, in che rapporti era col diritto romano?

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    1. Il problema è che la schiavitù rimase e si accompagnò, col cristianesimo, al servaggio della gleba. La prima rimase non solo per il diritto romano ma anche per il diritto della generalità dei popoli che l'ammettevano. Ma la vera condizione di "non libero" e la creazione di status praticamente immutabili fu opera del "diritto" proprio del medioevo cristiano (e fu in diritto e di fatto abolita solo dalla rivoluzione francese e come prima ancora teorizzato dal pensiero del 600 e del 700, da pensatori come Spinoza, Giordano Bruno, Locke ecc.). Esistono trattati storici amplissimi al riguardo. Ma nel contesto diamo per (molto) nota questa vicenda.
      Il punto qui, in verità, è che Uomini, responsabili delle istituzioni del proprio tempo, con il senso del giusto esistono raramente: ma questo non deve impedirci di perseguire questa armonia tra gli uomini, ogni volta che l'assetto della società sia condizionato da forze che perdono completamente il contatto con il senso profondo di ogni legittimazione all'autorità

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  5. Grazie per questo bellissimo post
    Ma grazie di tutto il tuo impego e la passione
    Spero che questi semi producano alberi possenti
    B

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  6. Credo sia importante (anche se spudoratamente OT e me ne dolgo, visto il livello alto di questo post) riportare quanto linkato dall'amico Luca Olivetti sul blog Goofynomics. E'una deposizione (parere) della Bundesbank alla Corte Costituzionale tedesca circa la legittimità delle politiche fiscali della BCE. In essa si nota (secondo l'interpretazione del curatore dell'articolo) una certa pressione affinchè la Corte tedesca si pronunci negativamente sulle politiche BCE, spianando la strada (politicamente parlando) alla dissoluzione della moneta unica.
    Interessanti anche i commenti. qui

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    1. Visto. Ma devo rilevare un aspetto che sfugge del tutto al commentatore e ache a tutti gli altri. E che ho già evidenziato a un commentatore in questa sede.
      I quesiti posti alla corte tedesca sono relativi ad azioni della BCE rientranti nella sfera d'applicazione di SPECIFICHE norme dei trattati (e allegati al TFUE in materia di BCE).
      L'interpretazione della legittimità dei comportamenti BCE alla stregua di questi parametri è riservata alla corte di giustizia europea.
      Il punto è cruciale.
      Il solo fatto di porre questi quesiti e che la corte tedesca li prenda in esame, senza rilevare questo punto preliminare, significa disapplicazione de facto di norme fondamentali dei trattati.
      Qualunque sia la successiva pronuncia poi il "danno" è fatto. L'affermazione cioè di una prassi (che nel diritto internazionale è fondamentale) che riporta la Costituzione tedesca e la sua corte al di fuori del quadro delle competenze UEM e quindi respinge, a piacimento della germania, la vincolatività dei trattati.
      Si tratta di una gross violation che instaura un processo, sempre de facto, di fuoriuscita della germania, ad libitum, dai trattati stessi, RAFFORZATA DALLA MANCATA REAZIONE DI COMMISSIONE E ALTRI STATI MEMBRI, che accettano questa prassi senza denunciare la violazione.
      Il solo modo di agganciare alle competenze della Corte interna questi quesiti è indicare precisi parametri della Cost. tedesca che siano violati IN QUANTO PRINCIPI GENERALI INDEROGABILI DAI TRATTATI, PREFIGURANDO NON LA MODIFICABILITA' UNILATERALE DEGLI STESSI, GIURIDICAMENTE IMPOSSIBILE, MA PROPRIO LA LORO INCOSTITUZIONALIA' PER LA GERMANIA, E QUINDI LA LORO INEFFICACIA.

      Analoga procedure potrebbero, in base ai rispettivi principi generali COSTITUZIONALI inderogabili, attivare tutti gli Stati UEM, Italia in testa come ho cercato di mostrare più volte su questo blog.
      Il Portogallo ha fatto una cosa a metà; si è limitato a sindacare norme interne recettive di memorandum UEM, senza intaccare il fondamento vincolante di questi ultimi. Ma la Commissione ha stigmatizzato il Portogallo e tace sulla germania.

      Inutile dire che, in base al principio superiore di diritto internazionle consuetidinario, della "reciprocità" a fronte del continuo ricorso dei tedeschi a questo tipo di pronunce, sarebbe dovere (fondato sui noti artt. 11 e 139 Cost.) del nostro governo-parlamento attivare parallele procedure di censura costituzionale davanti alla nostra Corte, sollevando un conflitto di poteri strategico tra governo che cerca di chiarire l'attualità degli obblighi e parlamento che lo negasse, rilevando questo pervicace atteggiamento tedesco, appellandosi ai principi generali della Costituzione italiana (prima ancora che cercare una inutile pronuncia della CGE).

      Da notare che già l'ELA irlandese aggiustato dalla sua BC, il caso Cipro, e la creazione di liquidità fuori controllo da parte della BC francese tramite i titoli STEP e Euroclear, indicano quello che sta accadendo: LA DESUETUDO PROGRESSIVO DE FACTO DEL TRATTATO UEM. Solo noi lo consideriamo acriticamente intangibile e subiamo senza obiettare vincoli assurdi (come il pareggio di bilancio in Costituzione!").

      SE LO RITIENI UTILE DIFFONDI DOVE RITIENI QUESTA RISPOSTA...

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  7. OT ma mi ha migliorato l'umore!
    Riporto (link sotto) un commento di Giorgio DM circa un recentissimo sondaggio euro si/no/boh. Leggete la domanda, bella no? A me è piaciuto leggerla in originale nel sito del governo (dove i vari sondaggi vengono depositati)pensando alla Spinelli e al suo 2%. Le risposte non sorprendono e sono in linea con le percentuali del Pew research center (2012) che avevamo già visto (return to lira si/no/boh: 40%/52%/7%).

    Domanda:
    "Sarebbe favorevole alla reintroduzione di una valuta nazionale al posto dell'Euro, affiancando questo processo con il ripristino della Banca d'Italia come prestatore d'ultima istanza, al fine di calmierare i tassi d'interesse sui titoli del debito pubblico italiano?"

    Risposte:
    Si: 44,2%
    No: 48,0%
    Non so, non rispondo: 7,8%

    Un link diretto non c'è ma lo si trova qui:
    http://www.sondaggipoliticoelettorali.it
    Inserito il 27/04/2013 Realizzato da Scenaripolitici.com
    Domanda numero 7 (nella seconda pagina).

    http://goofynomics.blogspot.it/2013/04/maria-cristina-jesi.html?showComment=1367265371855#c4561287524203971805

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    1. Sai qual'è il problema? Se un sondaggio dà risultati del genere, dopo decenni di rincoglionimento, non è perchè hanno capito Keynes, Feldstein e Godley. Ma perchè i badogliani hanno iniziato la loro campagna preparatoria dietro a B.
      Quindi questo non toglie di una virgola il pericolo per la democrazia costituzionale: prova a fare il sondaggio: "Lo Stato è inefficiente e va reso più leggero?" e vedrai cosa viene fuori.
      Ovviamente questo significa italian tea party alla riscossa e nessuna revisione delle toerie neo-classiche del crowding-out alla base delle politiche monetarie credibili della BC indipedente. Pensioni e sanità in mano alla finanza!
      Non voglio fare il guastafeste, ma cadere dalla padella nella brace, per fare solo supply side policies in regime di cambio flessibile, come sanno bene in UK, non è una prospettiva allettante!

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  8. Hai ragione, non è allettante, però c'è qualche speranza se almeno il dibattito torna dentro i confini. Non siamo definitivamente condannati ai tea-party:
    Vedi tab A6 (pag25)
    http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/quest_ecofin_2/QF_115/QEF_115.pdf
    alla domanda "lo stato dovrebbe limitare la disuguaglianza?" troviamo punteggi molto alti indipendentemente dal reddito!

    Poi piuttosto che finire come rana eurobollita è meglio la brace di un tea-party purché a viso scoperto.

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    1. Stefano me fai morì: lo sai, dopo decenni di propaganda anti-Stato, cosa intendono per "disuguaglianza" gli interpellati? Che gli impiegati pubblici siano pagati meno (ma nessuno sa dire quali siano le eque corrispondenze a parità di livello comparabile), licenziati e messi in mobilità con la frequenza dei dipendenti privati e...che le tasse siano tagliate, che non ci sta mai male.
      Certo per il manifatturiero italiano (cui B. potrebbe dare un occhio di riguardo per consenso elettorale, ma, attenzione, non i suoi trombonici accoliti) uscire dall'euro è meglio della morte; ma non a caso ti citavo lo UK, indove so' riusciti ad andare in recessione con i british tea-party, nonostante BOE compri da due anni tutti i titoli pubblici del deficit annuale: a forza di tagli alla spesa e spinta a ulteriore privatizzazione e deflazione salariale. Il problema è che senza l'intervento pubblico la liquidità non arriva al sistema delle imprese e togliendo spazio allo Stato, e demonizzando il lavoro pubblico, si acuisce questo problema. (Ma lo sai bene: si chiama crisi da domanda aggregata)

      L'euro è lo strumento più efficace per fare certe politiche, e avvantaggia la germania. Ha il pregio di essere stato spendibile per la sua etichetta di "fogno" a sinistra.
      Ma ci sono anche altri mezzi che non avvantaggiano la germania e sono egualmente demenziali per ottenere quell'assetto sociale: e la reazione di rigetto alla euro-sinistra (in nome dell'anti-tasse-anti Stato) lo potrebbe persino rendere accettabile.
      E il m5s da questo punto di vista non aiuta...O signur!

      In questo senso non è tanto B. in sè da temere, quanto il B. in "loro", nei gerarchi sgomitanti per la successione...

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    2. Noo nun me dì così... è terrificante. Se per disuguaglianza intendono prevalentemente "quello" e se le idee distorte sono sedimentate così in fondo, ci metteremo decenni a liberarci da queste politiche!
      Mi posso consolare coi punteggi bassi alla domanda: "Le persone povere sono pigre?"?
      Ok lo so, dicono di no solo perché pensano valga l'identità pigri=dipendenti pubblici strapagati
      8^(

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  9. Ma si può dire che Keynes è fondamentalmente Marxista e anzi ne fornisce una rielaborazione più accurata in termini economici? (mi riallaccio a altra tua recente chicca su Keynes che critica Marx-Ricardiano).

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