giovedì 11 luglio 2013

ABBATTIMENTO DEL DEBITO E PAREGGIO "IMMEDIATO" DI BILANCIO: LE DIFFICOLTA' IN AGGUATO

Dal "Corriere della sera" apprendiamo di una proposta del prof. Savona intesa all'abbattimento di una quota di circa 400 miliardi del debito pubblico, con contemporaneo suo consolidamento per tale misura.
Cerchiamo di riassumere, se abbiamo capito, i termini dell'operazione:
- l'operazione prevede che circa 400 miliardi di debito siano consolidati a un termine di rimborso di 7 anni, prescindendo quindi dalla scadenza di rimborso prevista con l'originaria emissione (si potrebbe trattare sia del prolungamento di titoli a scadenze inferiori, sia di altri a scadenze di gran lunga superiori ma emessi in epoca in cui i rendimenti, a prescindere dagli spread, erano legati a un livello di inflazione più alta);
- colui che aderisce si vedrebbe corrisposto (oltre che naturalmente il rimborso del capitale nominale sottoscritto, a tale nuova scadenza) sia un interesse pari al tasso di inflazione aumentato del 20% della (possibile) crescita del PIL sia un warrant rappresentativo della garanzia, ovverosia vendita, del sottostante, che verrebbe formato da un paniere di beni immobiliari e azioni (di società industriali) di proprietà dello Stato, previamente individuato dai tecnici del tesoro;
- il vantaggio, che spingerebbe il detentore attuale dei titoli da consolidare ad aderire all'operazione, sarebbe, oltre ad una ragionevole certezza di tutela "reale" del rendimento (almeno pari all'inflazione), la commerciabilità e liquidabilità del warrant ovvero la sua trasformazione (proprio in quanto il warrant è un'opzione, cioè un diritto di vendere o acquistare), appunto, nell'acquisto del bene sottostante posto a garanzia;
- il warrant verrebbe emesso, almeno si deve ragionevolmente supporre, dalla stessa società "privata" creata ad hoc come immediata cessionaria degli assets patrimoniali pubblici, e questo perchè altrimenti continuerebbe ad essere una "passività" gravante sul debito pubblico, e perchè, comunque, l'emittente dovrebbe giuridicamente coincidere col nuovo "proprietario" del bene sottostante offerto in garanzia (in senso ampio, trattandosi di un diritto di acquisto);
- questo complessivo meccanismo, potrebbe garantire un abbattimento immediato dell'onere degli interessi sul debito pari a circa 30 miliardi, quindi grosso modo 2 punti di PIL, ma, esplicitamente, "a condizione che" si accompagni all'immediato pareggio di bilancio, cioè che il tesoro non debba, per il periodo di consolidamento, finanziarsi sul mercato aggiungendo nuovi ovvii oneri di interesse passivo;
- infine i 30 miliardi di risparmio, praticamente immediato, di interessi passivi potrebbero essere utilizzati per attenuare, in misura corrispondente, il cuneo fiscale sul lavoro.

Speriamo di aver schematizzato il tutto senza farci sfuggire qualcosa.
Alcune osservazioni su quello che, però, rimane non del tutto chiaro:
a) non è chiaro come su 400 miliardi di debito si arrivi a un risparmio di 30 miliardi, tanto più che un interesse, sebbene inferiore, si continuerebbe comunque a corrisponderlo (almeno pari ad un'inflazione che, sebbene oggi pari a circa 1,3-1,4 punti, è pur sempre da sottrarre al risparmio relativo ai rendimenti oggi corrisposti, in media, su tale ammontare di debito). Si può supporre un risparmio netto di rendimento “medio” pari a circa 300 punti: lo spread sui titoli a breve in realtà è più basso, ma la quota di debito consolidato parrebbe sostituire sia titoli a breve termine a loro volta emessi per rimborsare titoli medio-lunghi, sia, comunque, e in aggiunta a ciò, i circa 110 miliardi di titoli trentennali, emessi alla fine degli anni ’90 a tassi tra il 6 ed il 9%. Il minor onere per interessi sarebbe prevedibilmente pari a circa 12 miliardi. Perché, ci sfugge, il risparmio dovrebbe estendersi ai rendimenti del resto del debito, non soggetto al consolidamento volontario? Può essere che questo accada, ma non vediamo con immediatezza il perché.

b) facciamo un calcolo del risparmio complessivo: su 400 miliardi pagherei, in un'ipotesi”media” (che sconti la riconversione sia dei titoli a lunghissimo termine anzidetti sia di altri di tipologia diversa), 12 miliardi in meno; sui restanti 1600 miliardi avrei da corrispondere ai livelli attuali di rendimento "medio" complessivo, circa 68 miliardi, a cui va aggiunto il rendimento pari all'inflazione della parte consolidata, cioè 400x0,013=5,2 miliardi. Il tutto conferma che l'onere degli interessi direttamente risparmiato sarebbe non superiore agli indicati 12 miliardi (qualcosa in meno). Ovviamente, ma ci mancano i dettagli, potrebbe trattarsi, in una situazione "limite", di un intero blocco di titoli tutti omogeneamente emessi a interessi estremamente alti e non ancora scaduti: in tal caso sarebbero superate le obiezioni mostrate nei punti c) e d);

c) forse dovremmo conteggiare l'abbassamento degli spread realizzatosi in tempi recenti (ad es; sui titoli decennali, ad oggi, 11 luglio 2013, lo spread rispetto ai bund è di 275 punti), che verrebbe così "consolidato", quantomeno sul mercato secondario, dove continuerebbero ad essere scambiati i titoli "in corso" non soggetti all'operazione. Ma più che una diminuzione dei rendimenti si avrebbe, com'è noto, una rivalutazione dei corsi, con un indubbio vantaggio di bilancio per i detentori di tale parte dei titoli sovrani, cioè per le banche e i soggetti finanziari che ne sono possessori per oltre il 90%;

d) l'ipotesi che si fa è che questi spread, per effetto del concomitante pareggio di bilancio (e della conseguente cessazione della domanda di liquidità sul mercato) si avvicinerebbero al valore dei, ben più bassi, rendimenti al collocamento? Cioè che si avrebbe un ulteriore abbattimento complessivo di qualcosa in più di 100 punti (calcolando gli interessi all'emissione degli ultimi anni, tarati su un'inflazione più alta), pari, grosso modo, su 1600 miliardi, ad altri 18-19 miliardi?

e) questa ipotesi, però, presuppone in ogni caso, se finora abbiamo seguito attendibili criteri di stima, la realizzabilità immediata del pareggio di bilancio. Diciamo, che, scontando un risparmio di oneri per 30 miliardi, ciò significa:
1) perfetta simultaneità tra pareggio e attuazione dell'operazione (in effetti Savona lo dice, parlando dell'esigenza che l'abbattimento previsto sia realizzato con immediatezza), il che implica, però, l'immediato consolidamento “aggiuntivo” del bilancio per circa un punto di PIL, visto che sottraendo circa 2 punti di PIL all'onere degli interessi, avrei bisogno di un altro punto di avanzo primario, dato un deficit annuale più o meno accreditato al 3%;
2) è possibile compiere questa parallela operazione, evidentemente ulteriore rispetto alla cessione di assets patrimoniali, con tagli della spesa o nuove tasse, dando per scontato che le misure che il governo potrebbe adottare allo stato - e con tutte le difficoltà finora incontrate- sono tarate sul mantenimento del 3%? E dovendosi poi ragionevolmente prevedere che già ciò implica evidenti rischi di fallimento del target, dovuti al fatto che la recessione sarebbe comunque amplificata, per effetto del tanto negletto moltiplicatore?
3) misure aggiuntive a quelle che già risulta oggi difficile adottare, e per un punto di PIL, non rischiano di acuire la recessione e portarla, con una manovra complessivamente da quasi 2 punti di PIL (data la misura già attuale di intervento necessario per mantenere il tetto del 3%), a un livello tale che vanifichi il calcolo stesso di pareggio, per effetto della caduta della base imponibile-PIL, e i conseguenti riflessi incontrollabili sui conti pubblici?

Queste difficoltà di calcolo dei vantaggi effettivi attendibili dall'operazione, data la delicatezza dell'attuazione sequenziale dei vari interventi di cui implica il complesso coordinamento, poi, non sembra considerare la non certo auspicabile "privatizzazione" di un così rilevante pezzo del patrimonio pubblico, con prospettive quali: a) la perdita dei profitti realizzabili dalle società pubbliche (spesso "strategiche") messe in vendita; b) la estrema aleatorietà del realizzare prezzi di vendita non "fallimentari", e quindi, tali da indurre l'idea che il "premio implicito" del warrant risulti esoso, deprimendone il valore prevedibile, e rendendo inappetibile l'operazione, affidata, com'è, a basi volontarie.

26 commenti:

  1. Come hai mostrato le "insidie" sono molteplici.
    Io sono contraria alle privatizzazioni, non per ideologia, ma per puro buon senso. Se il mio paese dispone di un patrimonio che produce reddito (e nel caso di asset strategici si può parlare di valore aggiunto). Perché venderlo? Per rincorrere il pareggio di bilancio che è un assurdo? Per ristrutturare un debito che , come osservava, Flavio nel commento sul post precedente non determina lo spread? "anche se noi abbattiamo lo stock, non abbassiamo di certo lo spread".
    E perché in Francia questa ansia da debito non esiste? E neppure il vincolo del 3% che per noi è tassativo. Forse perché il loro peso politico supera i vincoli dei trattati? Forse perché lo spread da quelle parti , in virtù di una strana "moratoria ", non è mai aumentato?

    http://thewalkingdebt.wordpress.com/2013/02/19/debito-francese-piace-alla-gente-che-piace/

    Intendiamoci i francesi fanno benissimo a difendere il loro Paese...Quindi non vedo perché noi dovremmo svendere il nostro.

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    1. I francesi sono trattati meglio perchè sono coessenziali alla strategia tedesca: v. il caso Euroclear-STEP, ri-citato nel post dell'altro ieri. Noi siamo solo le vacche ma mungere e possibilmente macellare a cose fatte...

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    2. Si ho visto, ma non ho fatto in tempo a commentare anche lì:)
      Prima o poi speriamo li incorni un toro.
      Lo so, ci rimane l'ipotesi frattalica.

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  2. È come la mettiamo col Fiscal Compact?

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    1. Se si seguono le ultime prese di posizione della Commissione Ue (e dell'Eurogruppo) è un discorso rinviato praticamente all'esame del deficit per il 2015.

      La cosa di cui stiamo parlando ora esige invece l'immediata e contestuale realizzazione di tale obiettivo: dati i saldi settoriali attuali italiani, ciò condurrebbe a un immediato peggioramento della congiuntura, compensato da uno sperato miglioramento strutturale successivo...se l'operazione fosse realizzabile

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  3. E poi, come ha detto recentemente Dominick Salvatore, anche se i debiti sovrani venissero cancellati (cancellando di conseguenza la ricchezza privata corrispondente), i problemi di competitività reciproca rimarrebbero tali e quali.

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    1. Ma lo sai bene, che questi gli squilibri di competitività causati dall'euro "imperfetto" fanno finta che non esistano, mentre il recupero della competitività deflattivo occupazionale, a fini di presunta espansione commerciale alla "tedesca", ce lo propongono come cura indispensabile moralizzazione degli italiani fannulloni e corrotti.
      Per cui persino l'idea della svendita (perrchè in fondo, dati i prevedibili prezzi di realizzo del sottostante, di questo si tratta), riesce a passare come "spiazzamento" salvifico dagli eccessi del settore pubblico, a favore degli inevitabili...privati esteri.
      E noi che ne stamo pure a discute'... :-)

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  4. Dopo aver letto il post mi sorge un dubbio.
    Non è che il prof. Savona ha letto recentemente questo articolo, piuttosto vecchio, dello Spiegel?

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    1. Ora mi hai messo la curiosità: purtroppo non capisco il tedesco...Lo potresti riassumere?

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    2. Qualcosa del genere

      Jean-Claude Juncker ist ein pfiffiger Kopf. "Wir beschließen etwas, stellen das dann in den Raum und warten einige Zeit ab, was passiert", verrät der Premier des kleinen Luxemburg über die Tricks, zu denen er die Staats- und Regierungschefs der EU in der Europapolitik ermuntert. "Wenn es dann kein großes Geschrei gibt und keine Aufstände, weil die meisten gar nicht begreifen, was da beschlossen wurde, dann machen wir weiter - Schritt für Schritt, bis es kein Zurück mehr gibt."

      Jean-Claude Junker è una testa fina. "Noi decidiamo qualcosa e poi la mettiamo sul tavolo per vedere le reazioni. Se non ci sono rivolte di piazza o forti proteste, perché tanto nessuno ci ha capito nulla, allora andiamo avanti passo dopo passo finché non si può più tornare indietro"

      Jean-Claude Juncker politico lussemburghese. È stato Primo Ministro del Lussemburgo e presidente dell'Eurogruppo.

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    3. Ah, il celebre paralogismo paraculo.
      Credevo che l'articolo parlasse proprio di abbattimento del debito mediante privatizzazioni-svendite, paludate da operazione finanziaria risparmiosa

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  5. Sinceramente io non capisco, su twitter Rinaldi se ne era uscito con questa cosa: https://twitter.com/Rinaldi_euro/status/354649926388563968

    la mia perplessità nasce dal fatto che Rinaldi mi sembrava avesse capito quali fossero i veri problemi e cioè il debito PRIVATO. Perchè tutta questa necessità di ristrutturazione del debito pubblico?, ma poi il debito privato? i target 2? gli squilibri delle CA? non si cura la vera causa del male.

    Alla fine credo che sia una scusa per privatizzare.

    Mi sa che non ho capito io cosa abbia in testa Rinaldi... oppure sono io che sono confuso.
    Saluti

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    1. E' il "bello" di twitter; grandi pacche sulle spalle e grandi "pacchi"...definiti con etichette e "cappelli" ("come t'antitoli?"), su pensieri che non possono essere espressi (talora, per fortuna del meta-pensatore)ma che rinviano alla verità rivelatrice in altra sede...

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  6. Mah...a me sembra una supercazzola (con scappellamento a sinistra)...
    Paolo Savona delude (per quanto , con quel "pedigree"), Rinaldi, mi associo a Simone Re, ancora di piu'
    Secondo me non sanno manco loro cosa propongono, voglio essere particolarmente cattivo stasera, considerando questo pezzo dell' intervista:
    «L’operazione dovrebbe essere strutturata giuridicamente e finanziariamente da società specializzate a livello internazionale che, ovviamente dietro adeguate commissioni, ne garantirebbero però il successo»

    Ho come l' impressione che voglia(no) mettersi in "pole-position" con quelli che "contano" per la "grande svendita".
    Diciamo che ho come l' impressione che voglia(no) staccare un biglietto per la nuova crociera sul Britannia....

    Inoltre ancora il pareggio di bilancio....

    Ma siamo sicuri che a "preparare" sta roba non sia stato Oscar Giannino (il "programma" di "Fare" diceva esattamente le stesse cose), anziche' Rinaldi che fino a ieri (o stamattina) mi sembrava dire cose un "tantino" diverse?

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    1. Il pezzo delle "adeguate commissioni" lo avevo volutamente tralasciato.
      Ma potrai notare che ho sottolineato chi, da un sistema di abbassamento degli spread, trarrebbe un immediato sicuro vantaggio in termini di bilancio

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  7. AGGUATI DELLE "DIFICOLTA'"

    E' di "superflua" erinosità ritornare sull'origine delle "difficoltà" scientemente pianificate dai trattati euristici dopo che gli stessi "padri" ne hanno rilevato gli approdi strategici senza neppure usare cablogrammi cifrati , così come è "dolce il naufragar" in acque toscane sulle rotte maestre dei soliti armatori .
    Di nuovo è la messa in acque agitate di 70 triremi romani per operazioni di piccolo cabotaggio in fiduciosa attesa di veder sorgere l'alba sul Tirreno.


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  8. Io intanto propenderei per l'audit sul debito pubblico come viene richiesto in Francia.

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    1. Oh sì....ma la Francia è uno Stato sovrano democratico in cui si svolgono le elezioni (ovvero il PDU€ c'è lo stesso ma non è solo esterofilo ed è costretto a tenere in considerazione l'interesse generale)

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    2. Hai ragione, dimentico sempre che siamo una succursale e che da noi il mondo è rovesciato. La sinistra collaborazionista difende l'euronazismo e l'estrema destra fa la resistenza.

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    3. Ciao Barbara,
      prendo spunto dal tuo link "audio sul debito pubblico"
      Non sono gran ke con i link, ma ti copio/incollo un collegamento ad un articolo de "l'inkiesta" dal titolo "il debito pubblico italiano. Quando e chi lo ha formato". Da non perderai i commenti!! Si scatenò l'inferno...

      http://m.linkiesta.it/debito-pubblico-italiano

      Un saluto

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  9. Approfitto del riferimento di sandra moro (11 luglio 2013 18:37) alla situazione della Francia per porre due domande (compatibilmente con gli impegni di Quarantotto, il cui lavoro, qui sul blog, sta assumendo proporzioni enciclopediche) a cui non so dare risposta, partendo dalla premessa che per la BCE il mercato STEP «è un'occasione miliardaria. Qui vengono trattati titoli per un valore di 450 miliardi di Euro.
    [...]
    Anche la BCE non ne conosce i dettagli.
    [...]
    Di fatto le obbligazioni STEP rappresentano una licenza per la stampa di denaro per ogni banca che le detiene».

    Quindi: a) come è possibile che la Bce non conosca i dettagli di un meccanismo che di fatto permette alla Francia di affrancarsi dai soffocanti vincoli che invece per noi italiani sono indefettibili; b) non è possibile evidenziare questa anomalia sul piano legale per denunciare il trattamento di favore di cui gode la Francia, e quindi rivedere alla radice tutto l'impianto dei trattati Ue, e mettere di fronte alle loro responsabilità chi quei trattati ha sottoscritto?
    Perché, a mio modesto avviso, i casi sono due: o tutti fanno come la Francia – e quindi che ce ne facciamo della moneta unica? - oppure la Francia rientra nei ranghi e inizia anch'essa il suo calvario. Ovviamente io preferirei la prima ipotesi, perché qui di sofferenze ne abbiamo già patite abbastanza.

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    1. La BCE, nel "vuoto" politico deliberatamente creato con l'unione monetaria, è una istituzione di fatto fortemente politica.
      L'equilibrio politico generale dell'UEM, che in sostanza la BCE si trova in quasi solitudine a dover garantire, si fonda sulla prevalenza (crescente) della influenza economica della Germania, che rifiuta, al contempo, un ruolo di leadership che la porrebbe di fronte alle proprie responsabilità.
      Per rendere tollerabile (non certo funzionale) questo assetto, la Francia "deve" essere posta, come socio di "controllo" cofondatore, in una situazione di formale mantenimento della propria condizione di paese percettore dei "dividendi", quantomeno politici, della stessa UEM.
      Il resto viene da sè.
      L'omessa attivazione di precise verifiche di "scontabilità" relative ai titoli STEP (in funzione di un sottostante a dir poco oscuro), fa parte del ruolo politico che la BCE incarna ormai anche a fini di autoperpetuazione (per certi aspetti pure la BC irlandese è stata premiata in modo similare, per la fedeltà alla causa deflazionistica mostrata).

      La perseguibilità davanti alla Corte europea di giustizia di comportamenti del genere, per violazione, da parte di banche francesi e istituzioni europee, delle norme del trattato, come dimostra la sentenza sull'ESM, è pura utopia.
      Siamo nel campo del diritto internazionale, cioè dei rapporti di pura forza che si consolidano e suddividono automaticamente "ragioni e torti".

      Sul piano giuridico, la via di uscita è la denuncia dei trattati, come in un certo senso, grazie alla Sentenza Lisbona (e alle vicende ESM e OMT portate davanti alla loro corte), minacciano implicitamente i tedeschi di fare in continuazione, al minimo sospetto di danno economico sorgente da una visione monetarista, "troglodita", che noi non ci sogniamo neanche di porre in discussione.

      Insomma, la via della "denuncia" con recesso dai trattati, la più lineare, presuppone una decisione politica che la nostra classe PUDE, non puà abbracciare per difetto dei presupposti cognitivi più elementari...

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    2. 48, ma sai che forse ho capito perchè la Germania, che difatto tiene per le palle la BCE, non rompe le scatole alla Francia? Prova a dare uno sguardo al paper di Bibow, pagina 29, figura 22. La IIP tedesca nei confronti della Francia è debitoria. Verso tutti gli altri USA compresi, è creditoria.

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  10. Grazie per la cortesia. Tra l'altro mi è venuto in mente che avevi già fatto cenno in passato all'impossibilità di modificare via corti di giustizia l'attuale stato di cose.
    È assurdo, però. In pratica, pur essendo uno dei principali paesi fondatori di questa Europa, l'Italia è arbitrariamente relegata in un ruolo del tutto marginale.
    Ed è sommamente stupido pretendere di mantenere in piedi un'unione cercando al contempo di affossare una nazione che «è stata classificata come la 25esima nazione più sviluppata al mondo, e nel 2005 il suo indice di qualità delle vita era tra i primi dieci del mondo. Gli italiani godono di standard di vita molto avanzati, in parte grazie ad un alto reddito procapite, e hanno a disposizione un sistema educativo di alto livello. L'Italia è considerata uno dei paesi maggiormente globalizzati; [...] Dispone della terza riserva aurea del mondo, del nono pil in termini nominali, del decimo in termini reali, e il suo bilancio pubblico è il sesto più grande del mondo. Fa parte dell'OCSE, del WTO, e del Consiglio d'Europa.
    [...] L'Italia, tenendo conto della sua influenza politica, sociale, economica e militare in Europa, è considerata una potenza regionale, e una delle principali medie potenze».

    Ora, sappiamo che l'€ è stato ideato anche per contenere le potenzialità dell'industria italiana, che facevano ombra a quella tedesca, ma ciononostante non riesco a capacitarmi dell'assurdità della situazione. Nell'ultimo anno, pur rimanendo dell'idea che questo euro-manicomio crollerà sotto il peso della sua insipienza e dei disastri che ha causato, non posso però nascondermi che nella mia non breve vita non sono mai stato così timoroso del futuro che ci attende. Non è certo la prima volta
    che l'umanità si affretta imperterrita verso la catastrofe, incurante degli ammonimenti che la Storia fornisce.

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    1. La triste meditazione che esprimi in conclusione si riaffaccia continuamente, com'è naturale, nelle discussioni che facciamo nei commenti.
      A un certo punto, ci siamko attestati sulla "spiegazione" di Kalecky, con la precisazione che si tratta della "via" italiana della soluzione preferenziale di un "certo" capitalismo al potere
      http://triplecrisis.com/the-barriers-to-full-employment-are-political-not-economic/

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    2. Tutto questo dovrebbe far riflettere sulle politiche adottate dalla classe dirigente italiana negli ultimi 30 anni e sulla valutazione storica da dare a quella stessa classe dirigente.

      Il dubbio che mi assilla è se avessero presente di "vendere il loro paese", oppure, inconsapevolmente, non abbiano valutato tutte le controindicazioni della "politica del vincolismo" (=europeista), al momento di adottarla per concretare i loro disegni reazionari (per confindustria & co., ad esempio, appare chiaramente un boomerang, dato che il prezzo della "disciplina dei lavoratori" è il mantenimento di un sistema che va contro gli associati stessi dell'ente, che sono costretti a fallire!).

      Peraltro, anche se non condivido questa ideologia, reputo perfettamente legittimo che una società, un paese, possa attraversare una fase liberista nel corso della sua vita storica. L'importante è che l'esperienza storica non fuoriesca dal principio democratico, che postula la REVERSIBILITA' di qualsiasi scelta al mutare degli avvisi del popolo, cui spetta, in ultima analisi, la sovranità. Ossia proprio quel principio rispetto al quale il meccanismo europeo, connotato da una grave asimmetria, di fatto, si pone agli antipodi (ed il cui recepimento viola, de facto, la "democraticità della repubblica", ossia un tassello della nostra costituzione materiale)

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