venerdì 2 agosto 2013

AUTUNNO FRATTALICO. NON CI SONO PIU' LE ESTATI DI UNA VOLTA

Il 25 luglio è sempre più vicino.
Cerchiamo di spiegare: tale evento "frattalico" è da riferire a chi stia al governo nel momento in cui si esso verifica e, comunque, a quella parte delle intere forze politiche, presenti negli ultimi 20 anni in Parlamento, che hanno preso le decisioni che vedono la loro fonte omni-legittimante nel "ce lo chiede l'Europa" e la loro giustificazione e finalità ultima nella instaurazione del "vincolo esterno".

Ma si riferisce anche forze come quelle sindacali: queste ultime, hanno creduto che difendere il precedente diritto del lavoro (imperniato sullo Statuto dei lavoratori), si potesse limitare a coloro che in tale assetto economico-giuridico fossero già stabilmente inseriti. Si è cioè ritenuto che il "prezzo" accettabile di questa difesa fosse il cedimento su tutto il resto, in quanto riguardante il destino di persone che ancora dovevano inserirsi nel mondo lavorativo o, che, in vario modo, fossero al di fuori della realtà tutelata. In particolare i dipendenti della PMI.
Come in varie ottiche abbiamo spiegato su questo blog, questo calcolo è stato sbagliato, perchè ha condotto a una "resa" preventiva della intera tutela collettiva, rompendo il fronte di quel "contro-monopolio" del lavoro che lo stesso Popper indica come il principale limite al capitalismo "sfrenato", invocato da von Hayek, e realizzato dall'internazionalismo "antisovranista", sempre ispirato a von Hayek.

La creazione del (neo) "esercito di riserva dei precari", ha portato, com'era inevitabile di fronte a eventi congiunturali acuiti dalla struttura di governance orchestrata con Maastricht, al vero e proprio "esercito di riserva dei disoccupati", ed ha travolto le linee del resto del mondo del lavoro, che include i titolari delle PMI e lo stesso mondo libero-professionale.
A questo punto, ogni posizione di lavoro è finita in una situazione indifendibile: sia che risulti riconducibile agli artt. 1, 4 e 36 Cost. (cioè il "lavoro" dipendente), sia che sia tutelata con riguardo agli artt.35 ("lavoro in tutte le sue forme"), 44 (picola e media impresa agricola) e 45 (impresa cooperativa e artigianale), della medesima Costituzione.

Dunque il 25 luglio sarà una "presa di distanza" da questa linea ultreventennale di governo: che, come nel precedente storico cui si richiama, ciò si manifesti in modo "strumentale", cioè attuata (le "presa di distanza") in realtà per un regolamento di conti "interno" al sistema, perdurante appunto da almeno 20 anni, non importa.
Le dinamiche che ne emergeranno, nei prossimi mesi, dovranno poi condurre a delle più nette prese di posizione.
Ed infatti, al di là delle ragioni "interne" di scontro entro il gruppo di potere omogeneo che ha governato l'Italia in nome di Bruxelles(-Bundesbank), i risultati economici di ogni possibile azione di governo intrapresa da questo articolato gruppo di potere (il PUD€), non potranno che essere disastrosi ed aggravare la congiuntura cui ha condotto l'Italia.
Nel post di ieri si è visto come neppure il modello USA, spesso superficialmente additato a degenerazione liberista e antisociale, arrivi al grado di intenzionale abbandono di ogni scrupolo, nella derubricazione del lavoro a mera "merce".
Gli effetti di questa strategia, inarrestabile nelle intenzioni dichiarate, sono tali che le altre importanti aree economiche del mondo, esterne alla UEM, non potranno a lungo tollerarle. Più che l'autunno caldo delle possibili scissioni delle varie componenti del PUD€, è da attendersi l'impatto dell'autunno delle prossime riunioni del G8 e del G20.
E sarà 8 settembre (d'autunno...quando cadono le foglie di fico?)

22 commenti:

  1. Il "vincolo esterno" è forse una delle espressioni più fulgide della deriva antidemocratica assunta dal capitalismo "alla Von hayek" in Europa.
    Questo perché incide sull'essenza stessa del concetto di democrazia, che si riassume nel principio di reversibilità di qualsiasi scelta politica.

    L'essenza anti-democratica del progetto europeo qui si riassume ed è provata, nei fatti, dalla clamorosa asimmetria che si sta realizzando: tanto solerti nel paralizzare le costituzioni democratiche dei singoli Paesi membri, quanto lenti e svogliati nella costruzione di organismi realmente rappresentativi che ereditino, a livello europeo, questo principio. Ma, in barba al ripetuto mantra del "Più Europa", credo sia chiaro a tutti che la cosiddetta "Europa politica" nessuno la vuole (la avessero voluta davvero, oggi avremmo ben altra "costituzione europea", ratificata Paesi membri con ben altri sistemi).

    Nulla quaestio se l'Italia, in un dato momento storico, abbia seguito un percorso politicamente liberista. Questo se lo avesse seguito nel perimetro della democrazia, dove, nel riassumere i bilanci e gli effetti di una politica, nessun "vincolo" può essere opposto alla legittima revisione dei rapporti tra i gruppi che formano la società, che si traduce nell'espressione di una nuova maggioranza e nell'eventuale cambio di indirizzo di quella stessa politica.

    Ma se, al contrario, si invocano e si legittimano -anche costituzionalmente- elementi esogeni -sia di natura politica (invadenza dei trattati, ancorché non basati sul principio di parità ex art. 11 cost.), che economica (pareggio di bilancio)- al fine di impedire questo processo, l'essenza del principio democratico viene -puramente e semplicemente- negata: qui io personalmente ravvedo la nascita del fascismo, inteso in senso ampio come contestazione di fondo al principio di reversibilità delle scelte politiche proprio della democrazia (e ciò al di là delle molteplici estrinsecazioni concrete che può assumere).

    La cosa non dovrebbe stupire. Laddove la democrazia è "principio", il fascismo (inteso nel senso lato sopra descritto), si riduce essenzialmente a "metodo", proprio di chi, in un particolare momento, mira a perpetuare i propri interessi anche "oltre" le dure repliche della storia. Sotto questo aspetto, allora come oggi ritengo si assista allo stesso identico percorso basato sull'approccio cosiddetto "funzionale", che dovrebbe portare alla cosiddetta irreversibilità della scelta. Non credo sia un caso, infatti, che, come oggi si parla di "irreversibilità dell'Euro", analogamente qualcuno parlasse, sotto un profilo più squisitamente politico, di "decisioni irrevocabili", dal balcone di Palazzo Venezia, il 10 giugno 1940.

    Il 25 luglio e l'8 settembre 1943, la Storia impose a forza la revoca di quelle decisioni. Il prezzo pagato dal Paese è noto e sta scritto sui libri. Ma oggi, l'Italia dell'euro odia la Storia. La Storia non serve a trovare lavoro, ad essere produttivi......... Eppure, ancorché la si cerchi di riscrivere, rettificare o ignorare, puntualmente si presenta ad esigere il conto. E, alla fine, si fa sempre pagare.

    ("Per quanti tu ne uccida, non potrai uccidere il tuo successore" - avvertimento di Seneca a Nerone).

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    1. LImpida analisi circa la antidemocraticità delle scelte irreversibili.
      Ma più che un "fascismo" il meccanismo di governance instaurato è da definirsi "restauratore", cioè profondamente reazionario rispetto alle democrazie sociali.
      Il nazi-fascismo avevano la pretesa di imporre un "mondo nuovo", e di risolvere in esso il conflitto sociale mediante la tutela dello Stato totalitario.
      Questi qui invece, svuotano lo Stato costituzionale e lo sostituiscono col "mercato", ponendo l'individuo atomizzato direttamente in rapporto con esso. Le istituzioni sono così derubricate a mera istanza di regolazione della libertà del mercato (prima di tutto quello del lavoro: il resto si risoverebbe da solo nell'allargamento internazionalistico e federalistico).

      Ma il parallelismo è lo stesso possibile, perchè tutto ciò rimane in disegno autoritario, dissimulato su basi idealistiche e propagandistiche: questa è la parte strumentale (non i fini) che accomuna le due esperienze e consente l'ipotesi frattalica.
      Anche se, paradossalmente, il neo-liberismo avversa il totalitarismo per la sua "statualità", cioè perchè intereferisce sulla auspicata libera composizione del conflitto sociale. Cioè si attacca il nazi-fascismo perchè, sebbene su basi nazionalistiche deliranti, era troppo "solidale"!!!

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    2. Infatti io parlavo di fascismo in senso molto ampio. Proprio a voler sottolineare, come giustamente osservi, il parallelismo metodologico e strumentale

      E' vero: i regimi nazionalsocialisti tradizionali non potevano fare a meno dello Stato, proprio perché la loro base politica di natura storicistica, etnica e tradizionalistica esige comunque un organismo statuale "forte" che sintetizzi ed affermi questi valori.

      La restaurazione neo-liberista, invece, sembra addirittura risolversi, paradossalmente, nello stesso assioma in cui si risolveva l'anarchico Thoureau (il miglior governo è quello che non governa affatto), mirando a concretizzare un regime quasi semi anarchico, che conservi quel minimo di sovranità necessario a garantire il potere dei potentati economici esistenti.

      Non so se ho capito bene, ma sembrerebbe quasi una specie di "Sacro Romano Impero" dove il presunto titolare della sovranità, l'imperatore, ne era di fatto sprovvisto e dove i principati rimanevano sostanzialmente autonomi.....

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    3. Grande 48!
      Il progetto eurista è fascista, come dice Bagnai, perché antidemocratico e ammantato di un paternalismo tipico del fascismo, in effetti.

      Ma il termine più giusto è REAZIONARIO.

      Ed è verissimo anche che questi "cosmopoliti col culo degli altri" avversano il fascismo proprio principalmente per il carattere nazionalistico (non sia mai che si abbia una COLLETTIVITA' che si identifichi in comuni interessi SOLIDALI) e ancor più per il carattere SOCIALE di quel regime (che al di là di tutto, c' era).

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    4. Io direi quasi un "monopolismo" reazionario...

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    5. Una "omologazione" reazionaria sul lato della "domanda"?

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    6. Cioè? scusami ma credo di non aver capito, sono fuso...

      Marco, però anche il fascismo, seppur nazionalista (ma di facciata, e il cosiddetto ambito "sociale" era dovuto all'arretratezza strutturale dell'Italia rispetto ai vicini, colmata negli anni '30 con l'economia di "guerra" e le avventure "coloniali") da chi è stato "aiutato" nelle sue prime fasi dopo il "biennio rosso"? Quando c'era da difendere quota 90 ad esempio, e con la Carta sul lavoro o, addirittura, con il "mitico" pareggio di bilancio di De Stefani nel 1925, chi ha pagato? I lavoratori...

      Ci sono tanti miti, sul fascismo, che si dovrebbero sfatare... Ci tengo a precisare che non sono polemico, ci mancherebbe ;) non vorrei però si facesse il paio con quanto dicevamo tempo fa su Farage: nel senso che se costui dice "Euro schifo" noi si risponde "mitico Farage!!", poi vai a vedere il sito dell'UKIP e ci trovi dentro "Stato ladro"... anche sul Fascismo ci sono delle lacune, a livello storico-economico, veramente profonde sul main-stream che noi tutti abbiamo assimilato via tv, giornali ecc. Ti fan vedere Mussolini ne "La battaglia del grano", ti dicono ha fatto questo, quello, ma non spiegano le ripercussioni sui "sudditi" (al tempo).
      Poi siamo d'accordo, quelli erano altri tempi e altre storie. E sono state anche fatte cose buone. Ma chi c'ha guadagnato non è mai stato il popolo.
      Il mio carissimo zio non ha mai conosciuto il padre, al tempo 22enne, disperso in Ucraina. Mio pro-zio ha combattuto i tedeschi sulle colline della mia regione. Mio nonno materno è stato "salvato" dalla nefrite (che lo uccise tuttavia anni dopo ancora "giovane") in Grecia, poco prima di partire verso la Russia da dove, forse non sarebbe tornato e non avrebbe potuto dar luce alla mia cara mamma. Ragazzi come me. Che col fascismo non avevano nulla a che fare, ma che al regime fascista hanno dato tanto, troppo. Anche la vita.

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    7. Ma, carissimo Flavio, non avevo certo intenzione di fare una apologia del fascismo.
      E, su chi porto' al potere Mussolini, pochi dubbi vi sono.
      Anche allora i liberali (che prima di Keynes, almeno in Europa erano esclusivamente liberisti) si lagnavano della situazione di insopportabile instabilita' politica, di una classe politica inetta e corrotta. Molti invocavano qualcuno che "mettesse le cose posto", che"facesse un po' di pulizia" (nella "casta" del tempo)..Ricorda qualche cosa?
      E infatti, Mussolini, le elezioni le vinse col suo bel "listone" coi liberali.
      E finche' mandava a menare braccianti e operai, finche' tagliava i salari, finche' faceva il "rigore di bilancio" (pareggio di bilancio nel 1925), finche' inseguiva la quota 90 lire (ricorda qualche cosa?) Andava anche bene, no?
      Quando' invece mise in piedi l'Iri, concesse il sabato festivo (seppur a suo modo, diciamo), e fece, in definitva una politica keynesiana (quello era) con grandi piani di investimenti infrastrutturali pubblici, ecco, ecco che divenne un terribile oppressore delle sacre liberta' personali (di quelle dei poveri contadini di qualche anno prima fecero meno caso, chissa' come mai...).
      Idem per Hitler, anche lui approdo' al governo coi liberali.
      Su Farage sono completamente d' accordo

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    8. E' nota l'evoluzione della politica sociale fascista. Lo stesso corporativismo, per quanto poi aborrito e attinto dall'etichetta di ipocrisia, sanciva una sostanziale parità delle classi produttive che trascendeva la superiorità giuridica dei "proprietari" tipicamente liberale, ed era dunque inconcepibile per i nostalgici della democrazia censitaria (appunto). Tant'è che la Costituzione si preoccupò esplicitamente di rimuovere questa debolezza strutturale della democrazia "incompiuta"; al punto di essere tacciata, oggi, di essere "nipotina di Stalin"!.

      Ma il punto è un altro: una cosa, come evidenziano molti storici rispetto al nazifascismo, è teorizzare e attuare, con leggi e un'intera organizzazione della società, un "modello nuovo", proposto come "rivoluzionario"; altra cosa è fare, in nome della restaurazione del passato "mercatista" idealizzato, una "controrivoluzione".
      Come appunto l'europa di maastricht.

      Certo non è che un autoritarismo (a connotati fisicamente violenti) possa essere gradito solo perchè ha un'accezione sociale e solidaristica; ma mentre il fascismo si scagliò contro il comunismo e la sua versione sovietica, l'autoritarismo di maastricht si scaglia contro il "keynesianesimo", fonte di ogni male.
      Questo, lo rende farsesco ma, nei suoi effetti di inutile sofferenza inflitta da pochi a tanti, non meno odioso...

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  2. Scusate la banalità ma la revisione dei commenti nel post linkato mi sovrasta. Sarà il caldo o il solleone (credo quest'ultimo) ma credo di essere sulla buona strada per diventare razzista. Io ci combatto ma credo ne sarò vinto. Aiutatemi.
    Perché io non sono razzista : il fatto è che loro sono tedeschi.

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  3. Alcuni commenti di questo :
    http://english.pravda.ru/world/europe/18-05-2013/124598-europe_economy-0/

    In particolare :
    Mohsen Samii в 20:15 19 мая
    the germans have never put their objectives of controlling europe aside. two world wars and armed conflicts did not give the germans what they had in mind; this time around the war is economic and the poorer the countries in europe become the weaker they become and the weaker they become the easier they can be controlled to do their masters bidding. dont blame germany, blame your yourselves.

    Che pone particolarmente l'accento sulla colpa e sul senso di colpa che ne dovrebbe seguire (e questo a me pare un concetto assai "tedesco")

    E la risposta a tono (ancora più "tedesca"):
    Marcus Volke в 19:42 20
    You're a racist idiot Mohsen. Germany is trying to help the eurozone, they have contributed more money to countries hit by recession than any other country. Why would they engineer this disaster when it is costing them billions? No matter what Germany does to help the eurozone there will always be backward twats like you calling them nazis. And schnabel, how about you blame the entire privatized bank cartel instead of singling out Germany you ignorant twat?

    Nel mio aforisma tedesco non è virgolettato.

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    1. Livorosi disinformati (che non leggono vocidallagermania: a proposito chissà che fine ha fatto!...). Ma deve essere una maggioranza inevitabile, esattamente come quella che in Italia pensa che la soluzione geniale sia tagliare le tasse tagliando la spesa

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    2. Pure io mi chiedo che fine abbia fatto l'owner (o gli owners) di "Voci dalla Germania". Spero non si tratti dei primi effetti dell'azione dei droni di Bruxelles! :)

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  4. Cari knights,
    so' de' coccio e le steatosi "sistemiche", come le crisi, aggravano e acuiscono le "soluzioni" geniali con gli altrui sfinteri.
    Appare che l'avvento del fascismo trovi nella "perforabilità" dello Statuto Albertino la sua istituzionalizzazione senza particolari "colpi di mano" e, parimenti, ne permette la destituzione giuridica del 25 luglio.
    La configurazione costituzionale del '48 trova invece nel art. 138 il supremo baluardo democratico dell'impianto costituzionale, strenuamente richiesto dai tanti Mortati e Rossi e, credo, che sia il "tema" su quale avverrà la capitolazione dell'8 di settembre: un'ala del PUD€ che, come sagacemente riportato, intimamente dilaniata dai temi economici del "lavoro", dovrà necessariamente "confrontarsi" con i valori ultimi e con il progetto fondante della Costituzione.
    Saranno evidenti le sconfitte e rivelate le vessazioni operate dagli "sciacqui" giornalieri di igiene "intima", e dovranno essere motivate alla comunità degli "eserciti di riserva" le ragioni del tradimento e, almeno per me, non sarà divertente ricordare le responsabilità oggettive dei traditori.

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    1. Scissioni, scissioni in vista. Ormai la "narraffsione" alterata di ciò che è sinistra...cosmetica, inizia a vacillare nella sua stessa base anestetizzata da decenni.
      Forse sì, forse anche er dibbbattito sulla revisione costituzionale può portarli al dissidio più violento. Considerando che nè Renzi nè la vecchia guardia possono più abbandonare von Hayek senza perdere la faccia...

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    2. Questo è argomento molto interessante, sul quale mi permetto di sottoporre alla comunità delle "personalissime" riflessioni.

      E' vero che la "flessibilità" dello Statuto ha sicuramente favorito l'involuzione anti-democratica fascista. Vero anche che la "rigidità" della costituzione attuale, da sola, non è bastata ad evitare, ad esempio, l'inserimento del pareggio di bilancio (votato con una maggioranza "bulgara" che ha escluso proprio la garanzia referendaria contenuta nello stesso articolo 138), e che è stata ulteriormente vulnerata dal ddl Letta, che stravolge, sostanzialmente, il processo di revisione costituzionale.

      Il PUD€ si sta già "confrontando" con la costituzione e con il parlamentarismo. E da tempo, secondo me. A partire dalle progressive delegificazioni, fino all'assetto "diarchico" tra Governo e Presidenza della repubblica, passando per l'uso ed abuso della decretazione d'urgenza e concludendo con la violenta campagna anti-parlamentare aizzata dai media, appare chiara la tendenza, analogamente al ventennio, di esaltare il ruolo dell'esecutivo, ed in questo vedo una similitudine. Per lo meno, è chiaro che al PUD€ il parlamentarismo sta stretto (come a tutti gli afflati reazionari ed autoritari), e che per i suoi fini sarebbe preferibile un sistema molto più "governocentrico".

      Come giustamente osserva Poggio, il fascismo riuscì a "compenetrarsi" nel tessuto statutario, laddove il PUD€ deve comunque "vulnerare esplicitamente" certi principi per riuscire negli stessi intenti. E tuttavia, la "ferita" sembra sostanzialmente ignorata dall'opinione pubblica, ormai drogata dalla propaganda Pudista e che saluta il ddl Letta (che aggira l'articolo 138 ed impone tempi contingentati in quella che sostanzialmente è una fase costituente..... non è abbastanza "fascista" come mentalità e metodo?), come autenticamente riformatore.

      Nella ricostruzione del Paese, sarà secondo me necessario rafforzare il concetto di rigidità costituzionale. Ma se l'avversario si "impossessa" della coscienza civile di un paese, piegandola al suo servizio, la rigidità costituzionale da sola non basta, ed anche questo dovrà essere oggetto di dibattito.

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    3. Tecnicamente, più che la rigidità (mutabilità solo secondo praticolari procedure rafforzate), la proiezione che viene in rilievo è la "non emendabilità" o "non revisionabilità" di alcune sue parti considerate irrinunciabilmente costitutive. Cioè, il punto oltre il quale c'è "il non ritorno", come evidenzia Calamandrei, che al riguardo parla di "ritorno allo stato pregiuridico" della pura lotta politica.
      Cioè di un superamento abrogativo dell'originario potere costituente: il che è ipotesi di rottura dell'ordinamento che si verifica a seguito di rivoluzione o debellatio militare o eventi socialmente traumatici analoghi.

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  5. Quando si riunisce il "gran consiglio"???

    http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2013/08/02/Alfano-pronti-dimissioni-difenderci_9112143.html

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    1. Nel frattempo, a spaiare il " mazzo", entra a "gamba tesa" l'Osservatore Romano, "eletto" addetto stampa del campano.
      Son finiti le gite lacustri e gli sgabelli tirolesi, è ora di tornare alla funzione istituzionale che la Costituzione ne ha riservato privilegio e garanzia (ndr, garante è colui che garantisce?).
      Noti gli idiomi dal di esso conosciute, ho un "tremore" sulla scelta della lingua e del traduttore quando, domani tutto questo avrà una fine, sarà chiamato a deporre sulle, di esso, responsabilità.

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    2. Dico, caro amico.
      E' sulla riforma costituzionale del titolo IV, la Giustizia, sul comitato del 30 di marzo dei miglioristi "innominabili", "my favourite communist", sul falso ricatto del PDL nella trappola in cui è "caduto" Epifani che capitoleranno in quest'estate che non è più quella di una (s)volta ma come sempre quella all'ombra del solleone.
      Mandano avanti anche la Curia, ora francescana, ma essi, cioè esso che dichiara la "vacanza", devono scendere dal Colle.
      I richiami della passionaria Sofia che cita W H Auden “quando le parole perdono significato, la forza fisica prende sopravvento”.
      La metastasi è l'inquilino del Colle ed è ORA DEBBA SCENDERE PERCHE' NON E' MAI STATO GARANTE della nostra comunità.

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