venerdì 25 aprile 2014

CELEBRARE IL 25 APRILE NELLE PAROLE DEI COSTITUENTI. LA VERITA' DELLA LIBERAZIONE

 
 

La retorica che oggi circonda il 25 aprile ne tradisce gravemente le ragioni storiche e sociali più autentiche.
Non ha quasi più senso la ripetizione di formule sciatte, che rinviano a un passato descritto in modo da diventare privo di proiezione vitale sul presente, e questo per un preciso disegno di mistificazione
Arrivano persino a legare la Liberazione dal nazifascismo alla pace che sarebbe ora garantita dall'Europa (PACE, PER "LORO"=  "FORTE" COMPETIZIONE COMMERCIALE E FINANZIARIA TRA STATI, SENZA MECCANISMI DI SOLIDARIETA' FISCALE COMUNI E DEFLAZIONE "GOLD STANDARD" DEL LAVORO: NON VI PARE UNA CLAMOROSA PRESA IN GIRO?). 
Dunque una pace che viene fatta coincidere con l'euro! Cioè con la più colossale offensiva di rivincita delle oligarchie, contro lo Spirito democratico solidaristico e fondato sul lavoro, in ogni sua proiezione esistenziale, che mai sia apparsa sul Continente dai tempi delle stragi degli occupanti nazisti.
Per trovare parole degne di riportarci a quella "autenticità" e a quella VITTORIA della democrazia PER TUTTI, vi sottopongo l'intervento dell'on.Merighi (partito socialista) nella seduta del 7 maggio 1947, per sottolineare il profondo impegno civile ed il livello dell'etica che animavano la visione dell'Assemblea Costituente. 
Una cosa che oggi, a confrontarci con le pubbliche dichiarazioni dell'attuale politica, sarebbe semplicemente inconcepibile!
 
Mutatis mutandis, nelle sue parole ritroverete molti problemi attuali, quali quello del LIMITE FINANZIARIO, della proliferazione di centri di spesa non coordinati, della sovrapposizione di competenze ostativa all'efficienza nell'erogazione tecnica del servizio. 
Tutti problemi ricreati a posteriori, in nuove e più insidiose forme, nell'evoluzione dell'ordinamento degli ultimi 30 anni. Quelli della "sospensione" e del disprezzo per la legalità dei valori fondanti della Costituzione.
L'intervento fu svolto in sede di discussione dell'art.34, poi divenuto l'art.38 Cost. attuale, che vi riporto (è ancora scritto lì, fonte suprema, ma a richiamarlo oggi nel suo pieno senso di democrazia libera e solidale, pare fantascienza). 
Il finale del discorso ci dà la misura delle resistenze che albergavano, anche allora, nel cuore della rinascita democratica. Ma furono superate! A quel tempo...E ci chiediamo "com'è potuto accadere questo ritorno al passato sconfitto dalla Storia?". Chiediamocelo oggi:


Art. 38.
"Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti od integrati dallo Stato.
L'assistenza privata è libera."


E questo "spirito", questo intento di Liberazione dell'essere umano dalla miseria e dalla emarginazione, persino oggi moralisticamente legittimata dai suoi accigliati avversari - "fanulloni che vivono al di sopra delle loro possibilità", parole dell'oggi che parevano sconfitte dalla nostra Legge Suprema-  mi pare il miglior modo per celebrare il 25 aprile.

Merighi. [...] vengo direttamente alle questioni di cui più particolarmente mi interesso, e cioè alle questioni che sono conglobate nell'articolo 34. 
La Commissione ha redatto un articolo in questo senso: «Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari alla vita ha diritto al mantenimento ed all'assistenza sociale». Nessuna discussione in proposito.
Però a noi pare che questo comma primo dell'articolo 34 trovi la sua sede migliore o all'articolo 31 (divenuto poi l'art.36 Cost. sulla tutela del livello retributivo, che implica il perseguimento della PIENA OCCUPAZIONE da parte dello Stato) o all'articolo 32, in quanto che l'articolo 31 stabilisce il diritto ed il dovere al lavoro. 
Per converso, quindi, sembra conveniente stabilire anche quella che è la contropartita di questo diritto e di questo dovere. 
Quando un cittadino non può ottemperare a questo dovere e non può esercitare il diritto, interviene la società, che, qualora il cittadino sia inabile e sprovvisto dei mezzi, deve provvedere al suo mantenimento ed alla sua assistenza. 
Quindi non è per proporre una modifica che crediamo opportuno togliere questo comma, ma perché vorremmo piuttosto passarlo all'articolo 31, come sede più naturale
Dove noi ci differenziamo nel concepire l'assistenza che verrebbe sanzionata nei successivi commi dell'articolo 34, è nel punto ove si dice: «I lavoratori, in ragione del lavoro che prestano, hanno diritto che siano loro assicurati mezzi adeguati per vivere in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria».
Anzitutto, faremmo eccezione in questo. Cosa vuol dire «in ragione del lavoro che prestano, hanno diritto che siano loro assicurati mezzi adeguati?»
Se i mezzi devono essere adeguati per vivere, indubbiamente non si può tener conto del lavoro prestato; potrebbe essere il lavoro di un minorato e quindi minimo.
Ecco perché proporremmo che fosse soppresso l'inciso «in ragione del lavoro che prestano»; e proporremmo una formulazione in cui si dicesse che il lavoratore ha diritto ad avere assicurati i mezzi necessari alla vita e le cure sanitarie.

L'articolo 26 (ora divenuto l'art.32 Cost.) dice: «La Repubblica tutela la salute, promuove l'igiene e garantisce cure gratuite agli indigenti».
Se i colleghi ricordano, proprio io ho sostenuto che non si dovrebbe parlare di indigenti, perché la società deve assicurare le cure e la prevenzione a tutti i cittadini. Quindi, noi insistiamo su questo fatto: che, oltre ai mezzi per la vita, siano assicurate le cure sanitarie; se si parla di invalidità e vecchiaia, indubbiamente è necessario pensare anche alle cure di questi malanni.
Quindi, proporremmo quest'altra formulazione del comma:
«Il lavoratore ha diritto di avere assicurati i mezzi necessari alla vita e le cure sanitarie per sé e per la famiglia, nei casi di malattia, di disoccupazione involontaria, d'infortunio, d'invalidità, vecchiaia». Ed aggiungiamo un concetto, che forse farà rabbrividire qualcuno: «ed in caso di morte la famiglia ha diritto alla pensione».
Indubbiamente, questo diritto alla pensione riguarda la categoria di lavoratori che restano privati del sostegno e che si troverebbero quindi nella impossibilità di trovare i mezzi di sussistenza.
Sta bene che la parte prima dice che la società assicura al lavoratore i mezzi necessari alla vita, ma come faremmo ad estendere queste provvidenze ai familiari dei lavoratori morti o per malattia o per infortunio?
D'altra parte, una provvidenza del genere penso non inciderebbe fortemente sulle nostre finanze, ed a questo proposito torna opportuna la notizia che ho rilevata oggi dai giornali: che, cioè, la Confederazione generale del lavoro intende creare un fondo di solidarietà per gli assicurati dell'Istituto di previdenza sociale che non hanno diritto a pensione.
È un principio che dobbiamo accogliere immediatamente e che sono lieto di aver prevenuto ed esteso con la presentazione di questa aggiunta all'articolo in parola.
D'altra parte, faccio appello ai colleghi che ieri in quest'Aula, nella discussione di questo Titolo, hanno ricordato la convenienza e la necessità che ancora esista una carità. Questo noi facciamo, se stabiliamo il principio delle pensioni e della loro reversibilità alle vedove ed agli orfani.

Noi indubbiamente con queste pensioni reversibili verremo a sollevare tanti istituti, orfanotrofi, case di riposo e altre istituzioni che sono con grande difficoltà sostenute dagli enti pubblici e che debbono fare spesso appello alla carità. Noi non vogliamo discutere il concetto della carità, nobilissimo sentimento che troverà sempre in tutti i tempi la possibilità della sua esplicazione. Ma quanto meno dovremo fare appello alla carità per aver fatto appello alla solidarietà sociale, tanto più saremo profondamente lieti.
Poi noi avremmo aggiunto un altro comma che dice così: «I cittadini i quali per infermità congenita o acquisita sono inabili al lavoro ma possono con una rieducazione professionale adatta essere resi idonei a un particolare lavoro, hanno diritto a questa rieducazione e successiva immissione al lavoro». È un principio altamente sociale. 
Oggi credo che questa rieducazione al lavoro sia soltanto goduta dagli infortunati sul lavoro: ma vi sono tanti altri individui, tanti altri esseri, per usare una parola più generica, che si possono trovare minorati profondamente nella loro capacità lavorativa. Ricordiamo, per dare un esempio solo, i malati di poliomielite anteriore, che restano paralizzati o semi paralizzati ad un arto. Oggigiorno non trovano assistenza, oltre le cure mediche, spesse volte inutili, e non hanno possibilità di occuparsi perché è mancata una conveniente rieducazione e l'indirizzo ad un lavoro utile per loro e per la società. Chiediamo quindi il diritto alla rieducazione, pensando anche alle infermità congenite. Ci sono venuti in questi giorni appelli pressanti, profondamente commoventi, da parte dei ciechi. Non possiamo abbandonare questi disgraziati, anche quelli che sono ciechi nati. Noi sappiamo che possono, per l'acuirsi profondo, intensissimo di tutti gli altri loro sensi, essere utilizzati in lavori convenienti anche delicatissimi. La società deve facilitare questa immissione dei ciechi nelle forze produttive della Nazione rispondendo così, non solo all'appello dei ciechi stessi, ma ad un senso profondo di solidarietà umana. 

Onorevoli colleghi, ci siamo resi conto, noi medici e organizzatori sindacali, delle difficoltà finanziarie per applicare questi principî. Perciò siamo entrati in un concetto che non è nuovo, che fu ribadito molte volte e che è questo: dobbiamo riprendere, per risolvere i problemi dell'assistenza sociale, quella idea dell'assicurazione generale contro le malattie. Non è un concetto rivoluzionario.  
Io vi ricordo, egregi colleghi (mi dispiace che non sia qui presente l'onorevole Labriola allora Ministro del lavoro), che nel 1922 a seguito di un congresso delle Camere del Lavoro italiane tenuto a Trieste si reclamò, da parte degli operai organizzati, l'assicurazione generale obbligatoria contro le malattie. La Federazione degli ordini dei medici studiò allora un progetto di assicurazione contro le malattie, d'accordo con l'organizzazione sindacale e tutte le categorie mediche (e non fu una cosa facile mettere d'accordo le varie categorie dei medici); e questo progetto fu consegnato all'onorevole Labriola che lo accolse: lo stesso Presidente del Consiglio Giolitti lo approvò e se non fosse arrivato il fascismo probabilmente quel progetto sarebbe stato varato e sarebbe oggi una conquista su cui avremmo potuto contare.
L'assicurazione generale contro le malattie dal punto di vista economico inciderà grandemente sulle nostre finanze? 
Noi non lo crediamo. 
Se pensiamo alle spese enormi, che aumentano paurosamente giorno per giorno, sostenute, non dirò solo dagli istituti e dagli enti assicurativi che noi conosciamo, ma dai Comuni e dalle Congregazioni di carità per l'assistenza sanitaria, in fatto di spedalizzazioni, in fatto di sussidi per cure, in fatto di medicinali, troviamo cifre iperboliche, oserei dire pazzesche. Consolidando queste spese su un piano preciso e stabilendo una tassa proporzionale al reddito dei cittadini, noi potremmo risolvere, anzi risolveremmo senza dubbio, il problema dell'assistenza domiciliare ed il problema dell'assistenza ospedaliera e di ogni altra provvidenza. 
Anche il problema ospedaliero grava fortemente sulle nostre responsabilità civiche. Noi risolveremmo tanti problemi. 
E, badate, non è una semplice ipotesi che si faccia qui in questo momento, e per iniziativa di noi pochi. È da qualche giorno che il Gruppo medico parlamentare ha raccolto delle risposte ad un referendum proposto a tutte le categorie dei medici italiani. Vi assicuro che tutte le risposte sono concordi nello stabilire questo principio: che bisogna passare allo studio e all'applicazione di un sistema di assicurazioni contro le malattie, per cui naturalmente non vi siano più dispersioni, non vi siano più incongruenze, e vi sia una protezione maggiore, accanto all'assistenza medica, sanitaria e previdenziale attuale e che formi un tutto veramente completo ed organico.

Poi viene l'ultimo comma:
«All'assistenza ed alla previdenza provvedono istituti ed organi predisposti ed integrati dallo Stato». Siamo d'accordo. 
Ma qui permettete, egregi colleghi, e permettano i membri della Commissione, che io ritorni sopra un argomento che ho già trattato a proposito della discussione dell'articolo 26, argomento che era già stato sostenuto precedentemente dal collega Caronia, ma la cui proposta fu dallo stesso ritirata. Io avevo aderito alla proposta dell'onorevole Caronia e non potei quindi, ritirandola egli, riproporre la questione. La riprendiamo oggi. 
Noi sappiamo che questi istituti di assistenza e di previdenza — e io direi anche con una parola più generica: questi istituti di protezione sociale — sono molteplici. E infatti la Commissione stessa, ricordando quanto già esiste, ha detto: «provvedono istituti ed organi predisposti ed integrati dallo Stato». 
Noi riprendiamo la questione del coordinamento di questi istituti, tanto più che, se in realtà si dovesse applicare il principio dell'assicurazione generale obbligatoria contro le malattie, noi avremmo la necessità assoluta di un organo tecnico propulsore e coordinatore di queste istituzioni vecchie e nuove
Dal lato amministrativo siamo d'accordo che dovrebbero amministrarsi a parte. 
E badate che in questa concezione, di coordinamento dal lato tecnico e di separazione dei servizi tecnici da quelli amministrativi, sono entrati già anche molti di coloro che sono a capo delle attuali istituzioni mutualistiche, le quali oggi, per converso, subordinano purtroppo il lato tecnico, grandemente più importante, alle funzioni amministrative. 
Noi domandiamo — e insistiamo su questo punto — che tutti questi organi, privati o dello Stato, mutualistici, previdenziali, assicurativi a scopo sanitario siano coordinati dal lato tecnico da un unico organo autonomo indipendente.
Anche in questo punto troviamo consenziente la generalità delle categorie interessate, in prima linea i medici. Esse trovano che non si possono realizzare molte cose se non c'è un coordinamento nel campo dell'assistenza sociale, dell'igiene, della previdenza e della prevenzione. 
Al giorno d'oggi ad esempio non è assolutamente possibile organizzare o dar corso a provvedimenti sanitari senza passare attraverso la burocrazia delle Prefetture. Non si può dare corso a provvedimenti di carattere generale a favore della collettività, perché l'Alto Commissariato per l'igiene e la sanità pubblica urta ora contro l'uno ora contro l'altro organismo, dipendente da altra amministrazione statale.
In proposito posso citare questo fatto. Durante e dopo la guerra, mentre l'Alto Commissariato per la Sanità pubblica faceva tutto il possibile per disinfestare e per disinfettare — facilitato in questo compito anche dagli aiuti dell'U.N.R.R.A. e dell'America — ci si era accorti che i vagoni delle ferrovie erano infestati da cimici e pidocchi. 
Si voleva intervenire, ma la Direzione sanitaria delle ferrovie non lo permise perché voleva fare da sé, ed i vagoni continuarono a circolare con cimici e pidocchi. Se noi vogliamo costruire o rinnovare ad esempio un ospedale, non possiamo perché gli aiuti, i consensi, le approvazioni necessarie, sono divisi almeno in tre Ministeri; il Ministero dell'interno, innanzitutto, poi, se questo ospedale avesse funzione didattica, come potranno avere tutti gli ospedali di una certa entità, il Ministero della pubblica istruzione, ed infine il Ministero dei lavori pubblici. 
Mettete d'accordo tre Ministeri sulla approvazione del progetto e vedrete quando si costruirà l'ospedale! Per questo insistiamo sulla nostra proposta. 
Noi non vogliamo togliere a nessuno la facoltà di iniziativa sulle vie del miglioramento civile, ma intensificare l'opera e dare precise direttive tecniche per non avere dispersioni ed interferenze. 

Io vedo in questo momento, avanti a me, spuntare il sorriso ironico dell'onorevole Nitti. (Interruzione dell'onorevole Nitti). Mi perdoni, onorevole Nitti, ma oltre al sorriso che rivedo si rinnova nel mio animo, tristemente, il ricordo del suo nero scetticismo di fronte alle possibilità di questa nuova Repubblica: di fronte alle affermazioni di questo statuto che vogliamo dare alla nostra Repubblica in cui crediamo. Noi vogliamo pensare — e non saremmo socialisti se non lo facessimo — vogliamo pensare all'avvenire. 
Ci lasci, onorevole Nitti, e con lei tutti quelli che non credono, ci lasci illuminare questa Costituzione con un raggio di fede; che non sarà una gran fede nelle nostre modeste possibilità scientifiche, ma sarà però, ed è, una grande fede nella nostra missione di medici e di organizzatori socialisti. (Applausi).

17 commenti:

  1. IDENTICHE DISERSITA' & DIVERSE UGUAGLIANZE
    Vado di fretta, vado ad ascoltare le crepe nella "smuraglia" narrava stamane con a/punti differente dalla "pompa" magnae romana.
    Oggi è Memoria genovese, torinese e milanese del '48 .. ho BISOGNO di ascoltare la Memoria raccontata.
    Domani le somme e le differenze ...
    :-)


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  2. Grazie! Mi commuove l'altezza morale, la profonda umanita', il pragmatismo sorretto da una cornice etica e ideale. Questi erano loro, ma siamo e possiamo essere ancora noi italiani. Abbiamo tutti gli ingredienti per sollevare di nuovo la testa. Non dimentichiamo che son sempre pochi a trascinare i molti.
    Luciano, oggi mi sento speranzosa :-)

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  3. Grazie.
    Questo post arriva in un giorno di profondo sconforto.

    Leggerlo, mi ha fatto stare meglio.

    Un abbraccio a quanti stanno combattendo la nostra stessa battaglia, seppur con armi diverse e non sempre efficaci.
    Speriamo di poter creare (politicamente) qualcosa di incisivo... Prima possibile.
    Grazie, Luciano.

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    1. Cara Martina, una volta presa una decisione così impegnativa, non si ha tempo per lo sconforto.
      Ogni tanto posso indugiarvi io, nella registrazione critico-scientifica dell'evoluzione delle cose.
      Ma nella tua ottica è decisamente un costo...inutile.
      Ovviamente non è un rimprovero: è solo un richiamo all'idea di fondo che una visione creativa "deve" alimentarsi di un'incrollabile visione del percorso. Difficile, quasi impossibile, ma non di meno, incrollabile :-)

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  4. ANTIRUGGINE

    Un tempo era il minio, ossido “misto” di piombo, a proteggere il ferro lavorato dalla corrosione, poi zincatura e leghe metallurgiche a garantirne durata.
    Prima di esserne bandito dall’uso per conclamata tossicità, ebbe anche l’ingrato compito di marchiare un tempo le teste rasate di qualche collaborazionista alla fine del noto ventennio.
    Per non perdere Memoria di quel giorno, sono tornato a sedermi sul “basello” del nonno, di fianco ad Artemia e Mario che, attoniti e muti, guardavano allora quella giornata.
    Che strani nomi erano stati loro riservati dal caso e dalla necessità della Storia.
    Una, la “ben curata” e poco lunare “scimmia di mare” con la chioma rossa e efelidi vivaci sul viso, l’altro, un irruente “marziano” senza tessera, né dio, né patria, che di quella Storia ne avevano scritta e vissuta in pezzetto.
    Nomi di giovani ribelli per la libertà e democrazia scritti su tessere annonarie sottratte dalla casa del podestà che si divertiva con randello e mezzo di ricino - senza “far giustizia a Renzo Tramaglino, e a fare star a dovere don Rodrigo" - a tacciare l’altro, il Mario, che sulla lingua di peli ne ha avuti sempre pochi.
    Erano seduti attoniti e muti con un pensiero fisso scolpito nella pietra di quel gradino di base:
    QUELLO CHE S’E’ FATTO, NON E’ STATO FATTO PER VEDERE TUTTO QUESTO.

    Nel sole azzurro del pomeriggio di Milano tra gli “eroi della sesta”, c’era da ascoltare dal vivo il timido richiamo di una s/Muraglia rivolto alle “gnocche&fighetti della settima” che violentano e stuprano il Titolo V della Costituzione e di doman non v'è certezza.
    Poca cosa di fronte alle mutazioni civiche prodotte dal magnigico mondo nuovo di vH.
    Ma l’ascolto silenzioso di quei pochi attimi in una piazza che non cessava di manifestare il disagio di troppi giovani costretti all’emarginazione e alla distrazione, è stato come vedere quel “basello” allargarsi di consapevolezza necessitata prima che desiderata.
    Poca cosa, tirem innaz ..

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    1. Quel che tu vedi, e non tutti riescono più a scorgere, vale a testimonianza perenne e a futura memoria, perchè la strada non sia definitivamente perduta.
      Grazie

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    2. Grazie alle tante immaginifiche, umane consapevolezze, ciascuna secondo le proprie possibilità, che nutrono e alimentano il sapere e le verità di QUELLO CHE NON SIAMO E QUELLO CHE NON VOGLIAMO :-)



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    3. Attendo con pazienza il risveglio un pò più fuori di qui :-)

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  5. Fa profondamente orrore svegliarsi e scoprire che UE, NATO, persino la Chiesa (col suo stucchevole rinnovato messaggio di accettazione della povertà e dell'asfissia spirituale, mortificante degl'insegnamenti del Cristo) stanno pianificando, diffondendo e difendendo una nuova fase della guerra asimmetrica, ideologica, valutaria e militare. Il piano Von Hayek ha una dimensione sovraeuropea, con le oligarchie in abbraccio che cercano in ogni modo di farci subire il loro disastro sorto da difetti genetici. La Costituzione appare sempre di più come un baluardo di fiducia e amore per tutta un'attuale e futura società.

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    1. E' incredibile come si sia potuto avere un momento di espressione umanitaria così forte e vibrante. C'era bisogno di tanta morte perchè il meglio della società tentasse la fondazione di un ordinamento civile che sfidasse nel tempo l'indifferenza che copre gli assetti di un potere avido e incapace?
      MI chiedo sempre più se il prezzo da pagare per una lama di luce nel buio debba essere questo.
      E non mi resta che sperare che la Storia si ripeta in farsa; almeno la creudezza della sofferenza di un numero crescente di persone sarà tale che potranno, speriamo, assistere al ritorno della Ragione solidaristica. Al netto della "casta" (che speriamo si vada a nascondere, non potendo più servire da specchietto delle allodole pei suoi mandanti)

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    2. E con l'Italia, piddina e fiera, in prima linea....http://www.rischiocalcolato.it/2014/04/domani-27-aprile-cosi-per-ricordarlo.html

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  6. Grazie, carissimo e stimatissimo 48, di nome e di fatto.

    Non ho mai letto discorsi tanto emozionanti come quelli consegnati alla storia durante la Costituente.

    Come qualcuno ha già sottolineato sconvolge l' idealismo pragmatico.

    Da non confondere con il kalergiano "elitarismo programmatico e pacifismo della morte" cosmetizzato in neolingua.

    Sofferta umanità rivolta alla solidarietà sociale.

    Ho vissuto un intenso XXV Aprile: commosso nel leggere i nomi dei partigiani "vilmente trucidati" dai fascisti di ieri e piddocollaborazionisti di oggi. Lacrime di un popolo onesto e dignitoso commemorate dietro lo sguardo simpaticamente passionario di un barbuto Garibaldi.

    (Mia moglie che TV, radio e giornali non ascolta, ma che la dittatura l'ha vissuta, ha fatto agghiaccianti commenti sul presente italico. Certe sensazioni valgono più di qualsiasi profonda analisi)

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    1. Grazie a te.
      (Come al solito) se mi fai un post definitorio che faccia il punto su "idealismo pragmatico" e "elitarismo programmativo e pacifismo della morte" nella storia del pensiero, rapportandolo alle vicende attuali, sarà un servizio alla cultura democratica (che faticosamente perseguiamo su questo blog).

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  7. io , operaio metalmeccanico turnista il 25 ho lavorato e diversamante dal solito ho visto il panino che mangio in pausa per quello che e' . prima di mangiarlo mi lavavo le mani adesso no. ho visto lo squallore nel mio panino il 25 quello delle miei scarpe antinfortunistiche della mia tuta e di quelli che insieme a me condividono lo stesso lavoro e gli stessi diversamente squallidi panini con il sorriso di chi e' contento di essere arrivato a meta giornata. mi sono finalmente visto grazie a voi e mi viene in mente un quadro che raffigura uno che urla molto piu forte di qualunque urlo con suono e mi sembro io che non mi frega piu niente di lavarmi le mani . moltto pesante da portare e' una corretta visione d'insieme. grazie. luigi silvio

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    1. Tu urli per ricordare te stesso...."Loro" teorizzano che le sofferenze "pagano". E lo dicono da oltre 150 anni.
      A volte ritornano; ma resteremo ancora (uniti?), per difendere la luce in ogni uomo, per tutti

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  8. Grazie alle tante immaginifiche, umane consapevolezze, ciascuna secondo le proprie possibilità

    [url=http://www.remmtools.com/telwin/saldatrici-inverter.html]saldatrice inverter[/url]

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