lunedì 12 maggio 2014

FORTEZZA EUROPA 4- KOSOVO, LIBIA, SIRIA E...UCRAINA. UNA STORIA DI INVESTIMENTI (FINO AL MAR DELLA CINA)


Una mappa del Mar cinese meridionale che spiega le zone contese tra i paesi che vi si affacciano

























Puntata conclusiva dell'excursus di Riccardo Seremedi nel girone di difesa e finanza €uropee. E non solo. A lui indirizzo il mio personale applauso per un grande lavoro, che ci mette a disposizione con brillante e infaticabile passione civile.
Rating: per uomini liberi only.

Che in Europa si continuino a produrre ed esportare armi chimiche, in spregio alle Convenzioni, è acclarato da due scandali scoppiati recentemente; un'interrogazione al Governo da parte del gruppo parlamentare della Linke ha svelato che, tra il 2002 e il 2006, la Germania ha vendute 137 tonnellate di prodotti chimici alla Siria, imitata dal governo britannico che ha ammesso di avere venduto gas per armi chimiche a Damasco, tra il luglio 2004 e il maggio 2010.
Il paragrafo ML7 dedicato alle armi chimiche porta al punto “d”l'elenco degli “agenti antisommossa” (lacrimogeni), tra i quali troviamo il gas CS ; esso è chiamato il gas “anti-manifestanti” ed è usato ripetutamente dalla Polizia in Val di Susa e nei cortei: che non sia innocuo è certificato dalla stessa Convenzione di Parigi che ne proibisce l'uso in ogni scenario bellico, ma stranamente si continua a usarlo con noncuranza in ambito civile (il gas CS è in dotazione alla Polizia italiana dal 1991).
Del resto, dalla Conferenza di Bruxelles del 1874 fino alla Convenzionedi Parigi del 1993, la strada per arrivare al disarmo chimico in ambito bellico è stata sempre lastricata di lodevolissime intenzioni, costantemente disattese e piegate agli interessi particolaristici delle nazioni più forti – USA in primis – che sfruttano i vuoti normativi nascosti fra le pieghe dei trattati.
In proposito, un giurista viennese – Hersch Lauterpacht – osservò, negli anni Cinquanta, come il diritto internazionale sia l'anello debole del diritto in generale e – al tempo stesso – il diritto bellico costituisca l'anello debole del diritto internazionale; è quindi interesse degli Stati – soprattutto delle Grandi Potenze – lasciare che questo diritto resti generico e manipolabile.
Al riguardo è esecrabile l'atteggiamento degli Stati Uniti che continuano – nonostante abbiano firmato la Convenzione di Parigi - a tergiversare nella distruzione del loro arsenale, a studiare e sperimentare nuove sostanze inabilitanti e a negare persino i controlli presso i siti produttivi poiché, come disse Rumsfeld, ciò “danneggerà i diritti costituzionali dei cittadini americani chiedendo al governo USA di permettere ispezioni senza preavviso o motivo plausibile” : un'analisi approfondita ed esaustiva sulle violazioni statunitensi è quella redatta dal dott. Edoardo Magnone, chimico e ricercatore presso il Korea Institute Of Energy Research: qui il link.
 
Altro tema controverso è l'utilizzo di materiali radioattivi “adattati per essere utilizzati in guerra[...]” , come si legge nella Direttiva di cui sopra;  una descrizione del genere è certamente conforme alle caratteristiche delle armi con “uranio impoverito”.
L'uranio impoverito è un sottoprodotto dell'industria nucleare, un metallo con una densità altissima che incrementa notevolmente la capacità di penetrazione e sfondamento delle munizioni che lo contengono; è proprio durante il processo di penetrazione che si polverizza la maggior parte dell’uranio -  contenuto nel dardo o penetratore -  che esplode in frammenti incandescenti quando colpisce l’aria dall’altra parte della corazzatura perforata, aumentandone l’effetto dirompente;  tale proprietà è detta “piroforicità” e si abbina alla indeformabilità del proiettile che, rispetto a quello tradizionale di piombo, mantiene fino in fondo la propria forma affusolata.
Il primo uso intensivo dell'uranio impoverito si ebbe durante la Prima Guerra del Golfo nel 1991 dove, si stima,  ne furono impiegate tra le 315 e 350 tonnellate;  visto il “successo”, la NATO pensò di servirsene nei Balcani, nel 1995 in Bosnia-Erzegovina e – in particolar modo - nel 1999 in Serbia.
Il bombardamento di Belgrado e la campagna del Kosovo fu una delle pagine più buie e mendaci nella storia recente della Nato;  dopo che i conflitti interni portarono alla secessione di diverse Repubbliche causando l'inevitabile dissoluzione della nazione jugoslava , la situazione andò deteriorandosi anche in Serbia, nella provincia autonoma del Kosovo (a maggioranza albanese).
Dopo i primi infruttuosi, pacifici  tentativi di indipendenza promossi dal partito LDK e dal suo leader Ibrahim Rugova, il comando delle operazioni passò nelle mani dei separatisti albanesi dell'Uçk (Ushtria çlirimtare e Kosoves o KLA , Kosovo Liberation Army) -  un coacervo di terroristi ed ex veterani della guerra in Bosnia finanziati da traffici di stupefacenti e di armi -  che iniziarono una campagna di attentati terroristici e omicidi ai danni di cittadini serbi; di conseguenza il governo di Milosevic decise di intraprendere una forte azione repressiva nel tentativo di normalizzare la situazione.
Il 23 maggio 1997 si verificò l'evento che avrebbe cambiato le sorti della contesa: a Warren Christopher -  capo del Dipartimento di Stato americano  che aveva sempre considerato l'Uçk un'organizzazione terroristica – succedette Madeleine Albright e la strategia americana mutò rapidamente; nell'arco di pochi mesi, i separatisti albanesi assursero al rango di patrioti e i media occidentali diedero avvio ad una campagna mistificatoria contro Milosevic – definito un nuovo Hitler – e il popolo serbo, oggettivamente colpevole di aver scelto un feroce dittatore; la CNN – prima tra le TV occidentali – iniziò a trasmettere ogni giorno immagini di presunte stragi compiute dai serbi sui kosovari: si diede notizia di un genocidio in corso, presentando vari spezzoni di uno stesso filmato (fonte La Nazione)  in modo che la notizia ne venisse rafforzata e – di riflesso – tutti i serbi vennero additati all'opinione pubblica occidentale come responsabili di massacri, pulizia etnica, stupri e quant'altro. 
La pressione degli USA e della NATO portò all'avvio dei negoziati a Rambouillet che diedero l'impressione di aver ricomposte le divergenze tra le parti -  nonostante l'Uçk si mostrasse riluttante -  prevedendo l'autonomia della regione ma non la piena indipendenza.                                                                                                                     
Alla ripresa delle trattative a Parigi , la delegazione serba abbandonò – da subito – le trattative sentendosi presa in giro; era successo che gli accordi di massima già discussi erano stati cambiati unilateralmente dal Segretario di Stato USA  - Madeleine Albright – e adesso avrebbero garantito ai kosovari il distacco – entro 3 anni – dalla Federazione serba e – cosa assolutamente irricevibile – prevedevano un“Annex B” alla parte militare dell'Accordo che sanciva l'occupazione dell'intera Federazione serba da parte dell'esercito della NATO.                                                                                                                  
Significativo fu il commento di Henry Kissinger a tal proposito: “Il testo di Rambouillet, che chiedeva alla Serbia di ammettere truppe NATO in tutta la Jugoslavia era una provocazione, una scusa per iniziare il bombardamento. Rambouillet non è un documento che un Serbo angelico avrebbe potuto accettare. Era un pessimo documento diplomatico che non avrebbe dovuto essere presentato in quella  forma”; (Daily Telegraph, 28 giugno 1999), per non tacere della testimonianza recata da John William Gilbert – allora ministro della Difesa inglese - che dichiarò: “[...] Penso che i termini posti a Milosevic a Rambouillet fossero assolutamente intollerabili: come avrebbe potuto accettarli; fu (una cosa) piuttosto intenzionale [...]” ; (Questionn°1086).

Il 18 marzo tali “offerte” furono presentate al governo serbo che le rifiutò e il 24 dello stesso mese i caccia della Nato iniziarono a bombardare Belgrado con 600 raid giornalieri.                                                                                                          
Un rapporto della TV tedesca dei giornalisti Jo Angerer e Mathias Werth intitolato “Cominciò con una menzogna” confuta la versione ufficiale dell'intervento NATO che, come si ricorderà, venne deciso per ragioni umanitarie;  il 27 marzo 1999 Rudolf Scharping - Ministro della Difesa tedesco - dichiarò: "Non avremmo mai intrapreso l'azione militare se in Kosovo non vi fosse stata questa catastrofe umanitaria, con 250.000 profughi all'interno del Kosovo e molto più di 400.000 profughi in totale e con un numero di persone uccise che non siamo ancora in grado di calcolare".                                                                                                                                
Il rapporto dei giornalisti tedeschi smentisce questa dichiarazione con le conclusioni dell'epoca rilasciate dall'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE): i dati relativi a marzo 1999 dell'OSCE riferivano di “39 morti in tutto il Kosovo prima che arrivassero i bombardieri della NATO”; Heinz Loquai – ex generale tedesco assegnato all'OCSE –  dichiarò che il tipo di catastrofe  umanitaria che, come categoria di diritto internazionale, avrebbe giustificato l'entrata in guerra in Kosovo non esisteva prima della guerra” .                                                                                                                       Lo stesso generale di brigata tedesco denunciò in un libro alla fine del conflitto le responsabilità di Europa e USA nell'avere voluto la guerra a tutti i costi, trasformando propagandisticamente un “normale” scontro militare tra l'esercito serbo e il KLA nella valle della Drenica in un fantomatico piano di pulizia etnica -  denominato “Operazione Ferro di Cavallo” dagli stessi atlantisti che fu -  in realtà -  un ordine di evacuazione del villaggio di Randubrava dato dai  kosovari dopo il bombardamento NATO del 25 marzo. (http://www.uruknet.de/?p=s9649)                                                                                  

Perché fu “brandita la spada” per l'autodeterminazione dei kosovari e non si ebbe lo stesso metro di giudizio per Sarajevo?                                                                          
 Ancora una volta la soluzione del rebus arriva da considerazioni squisitamente geopolitiche ed economiche legate al petrolio e al controllo delle vie di trasporto: si chiama Ambo (Albanian Macedonian Bulgarian Oil), un progetto USA per la costruzione di un oleodotto, noto anche come Trans-balcanico, con un costo di 1,1 miliardi di dollari che doveva essere ultimato entro il 2011 e portare il petrolio dal Mar Caspio a un terminal in Georgia e, successivamente, trasportato via nave attraverso  il Mar Nero fino al porto bulgaro di Burgas per poi attraversare la Macedonia fino al porto albanese di Vlora.                                                                                                                                     
La guerra della Nato  - voluta dagli USA -  contro la Jugoslavia era funzionale alla dissoluzione della Federazione, per finalità politico/strategiche (in Kosovo vi è  Camp Bondsteel, la più grande base militare USA costruita all'estero dopo il conlittto del Vietnam) e al controllo di Vlora, dove il greggio deve essere imbarcato sulle petroliere dirette alle raffinerie statunitensi sulla West Coast.

Uno dei pochissimi, veri intellettuali italiani che denunciò questo scempio fu il compianto Costanzo Preve che nel suo libro “IL BOMBARDAMENTO ETICO” analizzò  il nuovo stadio del capitalismo moderno, caratterizzato da “un interventismo globalizzato a formale sostegno dei diritti umani”, denunciando con forza l'entusiastica adesione del governo D'Alema ad un'azione illegale, oltretutto priva del placet  delle Nazioni Unite, che arriverà solo dopo la fine dell'aggressione; inutile dire che questa sua coraggiosa presa di posizione gli attirò i velenosi strali di buona parte degli pseudo-intellettuali engagé  che brucano nei rassicuranti e lussureggianti pascoli del conformismo nostrano, e che – oggi come allora – sono accostumati a sonnacchiose dissertazioni da salotto sul sesso degli angeli, nelle quali il massimo slancio polemico-creativo  è dato dall'opportunità di mescolare lo zucchero nel tè, e se ciò sia meglio farlo in senso orario o antiorario.

Il retaggio che riceviamo da quella guerra - oggi, a 15 anni di distanza -  si chiama SINDROME DEI BALCANI, un'allarmante tendenza ad ammalarsi di varie forme di linfomi (Hodgkin e non-Hodgkin), tumori ed altre patologie non facili da classificare, che i soldati impegnati nella Guerra dei Balcani hanno mostrato, e  mostrano tuttora; altro fatto irrecusabile riguarda il numero insolitamente elevato di civili, residenti nelle zone dove la guerra si svolse, che mostrano problemi simili  -  in molti casi identici -  e che la stessa tendenza si osservi in chi sia stato impiegato in quei territori come componente di missioni umanitarie; il professor Eso Hasanbegovic della Clinica Pediatrica di Sarajevo ha denunciato un notevole aumento di casi di leucemia nei bambini di tutta la Federazione Jugoslava, ma soprattutto nelle città di Velika, Kladusa e Buzim presso il confine croato.
La dottoressa Antonietta Morena Gatti – fisico e bioingegnere – è la fondatrice, con il dott. Stefano Montanari, dell'istituto “Nanodiagnostics”, un laboratorio indipendente specializzato nello studio delle nanopatologie; gli studi della ricercatrice italiana portano a ritenere che l'estrema pericolosità dell'uranio impoverito sia dovuta – più che alla radioattività – alla creazione di nanoparticelle che si sviluppano al raggiungimento di altissime temperature all'atto della deflagrazione del proiettile; vediamo alcune conclusioni della dottoressa: “[...] La forma sferica, cava per gli esemplari più grossi , di gran parte delle particelle testimonia della loro formazione ad altissima temperatura, una condizione compatibile con quella dell'esplosione di un proiettile all'uranio impoverito.                                                                                     
Questi proiettili colpiscono bersagli disparati, ma in particolare edifici ed armamenti come, ad esempio, carri armati, e, quando lo fanno, la temperatura circostante in un “piccolo
intorno”  supera i 3.000°C, il che è più che sufficiente perché la materia solida sublimi e, in
alcuni casi, formi nuove leghe metalliche. Il gas si espande su grandi volumi di atmosfera,
poi la materia si risolidifica con rapidità assumendo la forma di palline quanto mai minuscole (fino ad un diametro di 10-8m), resta sospesa in aria ed è trasportata per distanze che dipendono dalle condizioni atmosferiche di vento, di precipitazioni e di pressione[...] Con il tempo, tutte le particelle sospese precipitano lentamente e si depositano sull'erba, sulle verdure, sulla frutta o sugli specchi d'acqua dove diventano inevitabilmente ospiti di cibi e bevande per animali ed uomini allo stesso modo[...] Le nostre ricerche hanno ampiamente dimostrato come una volta che i detriti compresi in quelle dimensioni (10-9 - 10-5 m) entrino nel corpo, sia attraverso l'apparato digerente sia attraverso quello respiratorio, attraversino con facilità i tessuti luminali e possano essere catturati da quegli stessi tessuti che si comportano come veri e propri filtri, ovvero possano essere portati via dal sangue o dalla linfa per terminare il loro tragitto in qualche organo (per esempio, reni e fegato). I linfonodi, per esempio, sono le strutture dove i linfomi hanno inizio e si sviluppano e nei quali, in tutti i casi patologici esaminati, abbiamo trovato la presenza di particelle inorganiche. Ma anche tutti gli altri tessuti patologici che ci è stato dato di osservare hanno mostrato chiaramente e senza eccezione la presenza di detriti[...]”. 
 
Nonostante i governi occidentali e la NATO cerchino di ridimensionarne la portata, ormai il numero dei soldati deceduti e ammalati è statisticamente troppo elevato per poter essere liquidato con ipotesi fantasiose come stress, ereditarietà, ecc.; a tutt'oggi, solo in Italia  - secondo i  dati forniti da Domenico Leggiero, portavoce dell'Osservatorio Militare – sono 307 i militari morti e oltre 3.700 quelli malati, con 17  sentenze di condanna  per l’amministrazione della Difesa  in vari ordini di giudizio, indicando l’uranio come colpevole delle malattie dei militari e condannando l’amministrazione perché sapeva ed aveva taciuto i pericoli.

La pericolosità dell'uranio impoverito era già nota dalla Guerra del Golfo del1991; a rivelarlo è una fonte assai autorevole, ovvero il professor Doug Rokke ex direttore del “Depleted Uranium Project” : "I numerosi rapporti del Dipartimento alla Difesa, che a partire dal 1991 affermano che le conseguenze dell'uranio impoverito non erano note, mentono: gli era stato detto. Erano stati avvertiti" ; Rokke, già professore alla Jacksonville University e colonnello dell'esercito Usa, fu incaricato dal Dipartimento alla Difesa di organizzare la bonifica di Kuwait e Arabia Saudita dopo la Guerra del Golfo; in tale occasione diede istruzioni precise al personale militare: "Posso confermare che i comandanti erano a conoscenza di tutti i pericoli".

E' sconcertante scoprire che - di fronte a molteplici evidenze medico/scientifiche, sentenze giudiziarie e testimonianze qualificate    nel marzo 2011 in Libia, l'uso criminoso dell'uranio impoverito sia proseguito con l'apporto degli A-10 Warthog e dei soliti missili Tomahawk; ( http://espresso.repubblica.it/internazionale/2011/03/29/news/libia-si-spara-uranio-impoverito-1.30504) del resto lo stesso prof. Rokke ne aveva già previsto -  anni prima -  il proseguimento nell'impiego bellico, quando affermava sconsolato che “queste armi sono efficienti, gli alti comandi continueranno a usarle”, senza contare la conseguente opportunità di smaltimento di queste scorie di derivazione nucleare, stoccate da anni nei depositi statunitensi. 
Anche gli ordigni nucleari veri e propri trovano in Europa un confortevole “luogo di villeggiatura”; lo scorso anno, il quotidiano britannico “The Guardian”  ha riferito che il Pentagono si appresterebbe a rimodernare 200 testate nucleari B61 in Europa; nel rapporto - datato 2005 - “US Nuclear weapons in Europe”, l'analista statunitense Hans Kristensen (Natural Resources Defence Council) parla di 90 testate nucleari custodite in Italia, nelle basi di Aviano e Ghedi di Torre.
Questo nonostante il Trattato di non proliferazione (TNP) preveda di “non ricevere il trasferimento […] di armi o il controllo su tali armi nucleari, direttamente o indirettamente” ; la notizia importante, comunque, è che il previsto ammodernamento consisterà nella possibilità di adattarle come armi teleguidate da installare sui nuovi cacciabombardieri F-35.
Il30 maggio 2013, dopo l'interrogazione parlamentare di Donatella Duranti (SEL) in
Commissione Difesa, il governo Letta ha ammesso l'indiscrezione giornalistica e questo ci porta a considerare la validità e l'onorabilità delle firme apposte in calce a questi trattati, nonché la desolante acquiescenza del governo italiano; sembra di capire che la Direttiva 2009/43 contempli tutte le tipologie di armamento proprie degli USA e della NATO, con l'Italia obbligata - da direttive comunitarie e accordi militari internazionali – a declamare ad libitum il motto “Usi obbedir tacendo e tacendo morir”.
Circa un mese dopo, il Ministro della Difesa Mario Mauro emette ilDecreto (pag. 9 nel link) con cui l'Italia recepisce la Direttiva di cui stiamoragionando – adesso mutata in 2012/47 a seguito di alcuni piccoli aggiornamenti all'elenco degli armamenti – con l'articolo 1 dello stesso Decreto che recita : “E' approvato il nuovo elenco dei materiali di armamento [...]” ; la presenza nell'elenco di materiali radioattivi e agenti per la guerra chimica fu notata anche nel 2003 durante il governo Berlusconi, dopo che il Ministro della Difesa di allora – Antonio Martino – firmò il Decreto del 13 giugno in cui si “ravvisava la necessità di approvare un testo aggiornato del predetto elenco, avuto anche riguardo alle intese internazionali intercorse.

Alcuni giornali, tra cui “Repubblica”, “Liberazione” e “Il Manifesto”, divulgarono la notizia provocando diverse reazioni; la querelle approdò alla Camera dei Deputati dove Elettra Deiana (Rifondazione Comunista) presentò la sua interpellanza nella seduta n°385 in cui si chiedeva quali fossero le finalità di utilizzazione dei materiali in oggetto.
La risposta all'interpellanza fu affidata al Sottosegretario alla Difesa, Filippo Berselli, le cui motivazioni sulla presenza di tali sostanze furono giudicate elusive e ambigue.
Nel resoconto stenografico della Camera, Berselli rispose che trattavasi “del nuovo elenco dei materiali d'armamento da sottoporre a controllo, a norma della legge n°185 del 1990 , e non l'elenco dei materiali di cui si doteranno le Forze Armate e i corpi di polizia italiani” ; questa era in effetti una non-risposta: è vero che l'elenco non ne presuppone necessariamente l'acquisto, ma allora che senso ha l'esistenza di una lista promiscua nella quale si trovano armi “convenzionali” acquistabili, e armi che -  secondo la legge succitata - non potrebbero nemmeno transitare sul suolo patrio?
Berselli poi continuava affermando che “[...] l'articolo 3 di tale legge (n°185 ndr) prevede l'elenco dei materiali d'armamento[...]” , quando - in realtà - l'articolo 3 si riferisce al Registro nazionale delle imprese che operano nel campo degli armamenti e men che meno ad un elenco di sistemi d'arma; il Sottosegretario poi chiudeva così: “Si sottolinea che l'elenco in questione viene redatto con l'evidente obiettivo di esercitare un rigoroso controllo sulla delicata materia, non ultimo quello di non permettere l'incondizionata circolazione di materiali pericolosi, costringendo quindi produttori e acquirenti a richiedere una esplicita licenza di esportazione” ; quando Berselli parlava di “materiali pericolosi” probabilmente si riferiva alla categoria 7: ma se questa classe di armamenti è illegale - in base ai relativi trattati - i produttori non dovrebbero proprio esserci e, ad ogni modo, sarà difficile costringere chicchessia a richiedere una licenza d'esportazione, anzi sarà interesse delle parti condurre le operazioni in maniera sotterranea.
Viene da domandarsi come mai le bombe a frammentazione (cluster bomb) e le famigerate mine anti-uomo, sottoposte anch'esse a moratoria, non appaiano negli elenchi comunitari; eppure secondo la forma mentis dei rodomonteschi tecnocrati europei, là dovrebbero stare: forse è più facile negare l'uso di armi chimiche – addossandone la responsabilità all'avversario – e l'impiego di uranio impoverito – dando la colpa a fantomatici stress – rispetto alle immagini di migliaia di persone che deambulano su stampelle a causa delle amputazioni subìte.
Fatto sta che, da allora, tutti gli elenchi continuano a riportare tali sostanze, e questo vorrà pur dire qualcosa.
Sia come sia, il 9 dicembre dello scorso anno, il Consiglio europeo ha adottato la Decisione 2013/726/PESC ; leggiamo all'articolo 1 che con tale atto formale “l'Unione sostiene le attività dell'OPCW (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche), contribuendo ai costi connessi alle ispezioni e alla verifica della distruzione delle armi chimiche siriane, come pure ai costi connessi alle attività complementari dei compiti fondamentali assegnati […]. Il progetto sostenuto tramite la presente decisione del Consiglio è volto a fornire prodotti […] relativi alla sicurezza […], compreso lo stato della rete stradale mediante la fornitura all'OPCW di immagini satellitari e altre informazioni utili prodotte dal Centro satellitare dell'Unione (CSUE) [...[“ ; dall'articolo 3 apprendiamo che l'Unione Europea finanzierà tali “progetti” con la modica cifra di € 2.311.842, e questo fa sorgere un piccolo sospetto: come mai l'Unione Europea mostra tutto questo attivismo per la bonifica del territorio siriano, così lontano dagli augusti possedimenti, tale da giustificare un rilevante esborso di denaro pubblico?
Ciò assomiglia tanto ad una sorta di vendita delle indulgenze, dove “quando cade il soldino nella cassetta, l'anima vola in Cielo benedetta” ; non si venga a raccontare che l'impulso a un'operazione di questo tipo nasca da un afflato umanitario:  è ipotesi assai verosimile che la cupidigia di Germania e Inghilterra abbia rotto il vasetto della marmellata in Siria e l'Unione Europea sia stata chiamata per contribuire a ripulire, con tedeschi e britannici che dovranno smaltire parte di quello che hanno venduto.
 
Che l'industria militare hi-tech sia una gallina dalle uova d'oro per le élites finanziarie lo si desume anche dagli investimenti miliardari che – di tanto in tanto – emergono dall'alone di riservatezza che li circonda.
Una ricerca sviluppata dalla IKV Pax Christi (Olanda) e dalla società di ricerche Profundo,  per conto della ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons), riporta ben 298 istituzioni finanziarie,  soprattutto banche, assicurazioni, fondi pensione, che nell'ultimo quadriennio hanno investito circa 314 miliardi di dollari in factories internazionali coinvolte nella produzione, manutenzione e modernizzazione delle armi nucleari;  le prime dieci entità finanziarie per prestiti alle industrie produttrici di sistemi nucleari hanno tutte sede negli Stati Uniti: si tratta di State Street (20,4 miliardi di dollari), Capital Group of Companies (19,5 miliardi), Blackrock (19,3 miliardi), Vanguard Group (13,7 miliardi), Bank of America (12,2 miliardi), JP Morgan Chase (11,9 miliardi), Evercore Partners (8,6 miliardi), Citi (8,2 miliardi), Goldman Sachs (6,6 miliardi) e Fidelity Investments (6,2 miliardi) ; tra le banche europee si distinguono, in particolar modo, il gruppo francese BNP Paribas che finanzia 20 ditte internazionali produttrici di armamenti nucleari per un valore complessivo di oltre 5,36 miliardi di dollari, e la tedesca Deutsche Bank  per oltre 4,76 miliardi di dollari.
Anche la neutrale e insospettabile Svizzera “investe” somme cospicue in attività assai poco commendevoli; il quotidiano zurighese “Tages Anzeiger” ha scoperto, attraverso i dati della SEC statunitense, che la Banca Centrale svizzera detiene 690 milioni di dollari in azioni di fabbriche specializzate nella costruzione di armi atomiche  – tra le quali figurano Lockheed Martin,  Alliant Techsystems e Babook & Wilcox  - ma anche in aziende, come l'americana Textron Inc. , che producono bombe a grappolo e mine anti-uomo; giova ricordare che gli Stati Uniti, del Nobel per la Pace Barack Obama, non hanno aderito a nessuna convenzione sulle armi antipersona e anzi stanno esercitando forti pressioni nell'intento di indebolire la Convenzione di Oslo. (http://www.famigliacristiana.it/articolo/le-bombe-a-grappolo-restano-al-bando_301111171311.aspx) 
                                                                  
Lo scorso 28 marzo - confermando le indiscrezioni dei giorni precedenti - è stato presentato ai media il nuovo segretario generale della NATO, il chiacchierato norvegese Jens Stoltenberg  ;  il 55enne leader del partito laburista ed ex-primo ministro – che sostituirà Rasmussen dal 1 ottobre - è il candidato di fiducia che la Casa Bianca ha posto a capo dell'Alleanza Atlantica, mostrando - ancora una volta - il significato che gli USA  attribuiscono all'enunciato  decisioni prese collegialmente”, nonché lo scarsissimo peso specifico posseduto dall'Unione Europea, che aveva identificato in Franco Frattini una candidatura abbastanza condivisa:  significativa è la rassegnazione che traspare dal commento rilasciato dal Ministro degli Affari Esteri italiano Mogherini: “Ho parlato con Frattini, comprende e condivide la scelta”. 
Nello stesso periodo, il “Lollapalooza” europeo di Barack Obama faceva tappa a Roma, dove il Nostro -  tra i vari incontri previsti dal protocollo e la rituale visita al Santo Padre – non si è fatto mancare una piccola e privatissima promenade all'Anfiteatro Flavio superblindato: “Il Colosseo è più grande degli stadi di baseball” , questo è il profondo giudizio estetico – un lascito di sapienza ad illuminare i posteri – che l'erudito filologo ha maturato durante la visita al monumento capitolino, onusto di storia e Patrimonio  dell'umanità UNESCO.                                                 
Nell'incontro bilaterale avuto con Renzi – contraddistinto da una vicendevole profusione di smorfiette e salamelecchi – Obama, con una notevole faccia tosta, ha continuato a sciorinare agli astanti la storiella sfiatata che vuole il “democratico e legittimo” governo di Kiev – e per estensione, tutto il “Mondo Libero” - minacciato dal “guerrafondaio” Putin.                                                                                                                        
In conclusione,  vale la pena leggere ciò che il giornalista australiano John Pilger scrive in proposito : “[...] Lo scorso mese di febbraio, gli USA hanno messo a punto uno dei loro favolosi 'colpi per procura' contro il governo dell'Ucraina, regolarmente eletto; le truppe d'assalto però, stavolta, erano fasciste […] Non c'è stato un solo leader dell'Europa occidentale che abbia condannato questa rinascita del fascismo sui confini della Russia[...] Il 24 aprile, il Presidente Obama inizierà un tour in Asia per promuovere il suo "Pivot in Cina" . L'obiettivo è quello di convincere i suoi 'alleati' nella regione, principalmente il Giappone , a riarmarsi e a prepararsi per una eventuale possibilità di guerra con la Cina. Entro il 2020, quasi i due terzi di tutte le forze navali statunitensi in tutto il mondo saranno trasferite nella zona Asia-Pacifico. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, questa è la più grande concentrazione militare in quella vasta regione[...] Il Segretario alla Difesa di Obama, Charles " Chuck" Hagel , è stato a Pechino la scorsa settimana per consegnare un avvertimento minaccioso: la Cina, come la Russia, potrebbero trovarsi isolate e in pericolo di guerra se non si piegheranno alle richieste degli Stati Uniti[...]”.                                                                                
Ma questa è un'altra storia...

27 commenti:

  1. Finché c'è guerra c'è speranza, dunque (come nel celebre film di Sordi)?
    In effetti, con l'Ucraina l'occidente a guida americana -questa è la mia personale sensazione- sta alzando il tiro, e di molto. L'Ucraina, sotto certi aspetti, è una specie di crisi di cuba al contrario: in nessun caso, credo, Putin può tollerare anche solo la potenziale presenza di dispositivi militari e di centri per la guerra elettronica e/o cibernetica alle cosiddette "porte di casa" allo stesso modo in cui non lo poteva tollerare Kennedy negli anni '60.
    Sotto questo aspetto, mi par di capire che l'amministrazione Obama si pone in una sostanziale continuità con gli otto anni di Bush, almeno per quanto concerne il principio espansionistico. Cambia, forse, il metodo: alla cosiddetta "esportazione della Democrazia" tipica della gestione Bush (vedi interventi in Iraq ed in Afghanistan), si segue una strategia più subdola basata sulla destabilizzazione interna del paese-obiettivo. Strategia sicuramente più efficace da un punto di vista politico (l'uso strumentale delle parole "democrazia" e "diritti umani" è molto più efficace se sorretto dalle immagini di "euromaidan" piuttosto che da quelle dei carri Abrhams per le strade di Baghdad e di Abu Ghraib), e meno costosa in termini militari e di vite umane.
    Questa introduzione mi porta a condividere due brevi considerazioni.
    a) L'Italia, dal 1991 è, comunque, sempre stata militarmente in prima linea a sostegno degli interessi occidentali, pagando anche molto in termini di vite umane (soprattutto in Iraq ed in Afghanistan). Questo contributo, rappresenta, nei confronti degli USA e dell'Europa, un credito politico che poteva e doveva essere messo sul tavolo per beneficiare di un trattamento di maggior riguardo nell'ambito della crisi economica. Non è stato -invece- fatto valere dai nostri governanti (e forse non sarebbe nemmeno stato riconosciuto.... ma se sei tu a non farlo valere...).
    b) Dato che la politica espansionistica sembra rimanere a matrice squisitamente americana, io non credo che la Difesa europea si evolverà in maniera così autonoma. Forse, e dico forse, potrebbe essere usata per "mascherare" la vecchia NATO al fine di inglobare al suo interno paesi storicamente "autonomisti" come la Francia. Però, non sarebbe un'europa autonoma, ma un modo della vecchia NATO di riproporsi in maniera "politicamente corretta" (e con una gestione americana forse più indiretta, ma non certo di minore peso specifico di quella attuale).

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    1. D'accordo su tutto, anche sulla astuta minor costosità della destabilizzazione unita ai "diritti umani" rivendicati dai dimostranti un tot al chilo (che poi come ora, pare che sian in perdita di consensi elettorali per la consueta imposizione del protocollo austerity FMI-Trojka).

      Sul tuo punto finale b), rammento l'agghiacciante finale di Fortezza Europa 1:

      "Nel paragrafo 3.5.4 (pagg. 76-77) lo studio olandese ci ragguaglia sulle strategie comunicative per ottenere “l'accettazione sociale alle operazioni militari” (nell'originale viene pervicacemente usato “defence”) ; sembra che l'ossessivo progetto occidentale di creare pericoli a ogni piè sospinto sia quello che garantisca i risultati migliori.

      Vi si legge, infatti, che l'accettazione sociale a operazioni di difesa potrebbe aumentare dall'accresciuta percezione di insicurezza o dalla retorica di una approvazione generale riguardo a successi in ambito militare; questi fattori porterebbero a un clima favorevole per un ulteriore rafforzamento del settore che consentirebbe budget più alti.

      Viceversa se l'attuale giudizio critico dovesse aumentare, i politici potrebbero sentirsi sotto pressione e attenuare il loro impegno per le operazioni di difesa, riducendo così i bilanci e spostando l'attenzione alle operazioni umanitarie.

      Assai inquietante è quello che si trova scritto poco più sotto, cito testualmente: “Se i cittadini sono scettici sulle operazioni di difesa, i bilanci sono destinati a contrarsi e il reclutamento di risorse umane diventerà più difficile. Comunque è chiaro che un nuovo attacco terroristico influenzerà fortemente l'approvazione dell'opinione pubblica per operazioni di sicurezza e difesa”.

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    2. Proseguo a questo punto nella mia personale analisi.
      La strategia USA, a questo punto, parrebbe muoversi su due binari paralleli.
      1) Il primo, è quello di riproporre la vecchia NATO in un contesto di "difesa europea", che postuli -perchè no?- anche un maggior coinvolgimento degli stati membri. Sotto questo aspetto, però, non basta seguire un approccio funzionalistico. Una "difesa comune", se non associata ad uno Stato comune (che secondo me gli americani non vogliono), deve avere alla base quanto meno una necessità politica comune "forte" (quale, ad esempio, la minaccia esterna russa);
      2) Via austerity UE-BCE-FMI, appoggiata dal gigante economico tedesco, si persegue, invece, il secondo obiettivo: una sostanziale "americanizzazione" delle costituzioni economico-sociali dei paesi europei di modo da armonizzare gli stessi con sistema che sarà implementato dal trattato transatlantico.

      Secondo me, tuttavia, potrebbe esistere un problema tecnico. La seconda direttrice, se attuata con il sistema deflazionistico alla tedesca, alimenta -politicamente- delle spinte centrifughe che potrebbero ostare alla realizzazione pratica della prima......
      Ritengo plausibile, allora, che l'Euro "rimanga in vita" quanto basti per costringere i paesi periferici e la francia all'interiorizzazione (se non alla costituzionalizzazione) della costituzione economica all'americana, per poi, però, essere gettato via quando gli effetti della sua insostenibilità siano talmente conclamati da compromettere l'appartenenza stessa di quegli stati alla nuova "comunità occidentale" riformata.
      Una comunità occidentale che si fonderà su una costituzione materiale sostanzialmente liberista -e quindi che accetta il ripetersi ciclico delle crisi- ma "attenuata" da politiche monetarie anticicliche circoscritte a specifici e particolari "casi-limite".

      Ovviamente, si tratta di personali ipotesi.

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    3. Stiglitz infatti stigmatizza autoprivazione della manovra monetaria e la rinuncia ad una vera armonizzazione fiscale (nel senso di tributaria). Tra l'altro.
      Forse in vista del Ttip.
      http://orizzonte48.blogspot.it/2014/01/2014-le-luci-della-verita-fra-le-ombre.html
      http://orizzonte48.blogspot.it/2013/12/lipotesi-frattalica-un-anno-dopo-lo.html

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    4. @ Lorenzo Carnimeo (12 maggio 2014 11:06)

      “L'Italia, dal 1991 è, comunque, sempre stata militarmente in prima linea a sostegno degli interessi occidentali, [...] Questo contributo, rappresenta, nei confronti degli USA e dell'Europa, un credito politico che poteva e doveva essere messo sul tavolo per beneficiare di un trattamento di maggior riguardo...”

      Mi scusi ma l'Italia è subordinata alle decisioni del Pentagono sin dall'immediato dopoguerra e non può vantare nessun credito per la partecipazione alle operazioni militari di Washington perché le basi Usa in Italia sono fuori dalla giurisdizione civile e militare italiana. Le basi sono degli Usa e solo loro decidono sulla loro attività.
      Ad esempio, il 9 febbraio 2013 sul sito di Grillo si leggeva che «Il MoVimento 5 Stelle brinda alla vittoria sulla questione MUOS».

      Prontamente il Consolato Usa di Napoli diramava un comunicato che confermava la volontà di proseguire con l'installazione degli impianti radar: «"Siamo nelle condizioni di poter assicurare che l'installazione Muos in Italia rispetterà gli stessi rigorosi standard in materia di sicurezza e salute applicati alle installazioni presenti negli Stati Uniti". […] Nei giorni scorsi i militari della base di Sigonella hanno rifiutato il plico del funzionario della Regione siciliana nel quale c'era il provvedimento di revoca della Giunta delle autorizzazioni per la realizzazione del sistema radar».
      L'ambasciatore, al di là del linguaggio diplomatico, non ha fatto altro che ribadire il concetto che è alla base del rapporto che Washington ha stabilito con i suoi “interlocutori privilegiati”: noi facciamo quello che dobbiamo fare, e chi tenterà di impedircelo sarà considerato come una minaccia alla sicurezza degli Usa. Con tutte le conseguenze del caso.
      Pare che il governatore della Sicilia, Crocetta, abbia recepito correttamente il messaggio, vista la sua rapida inversione a U sulla questione del Muos.

      All'epoca dell'aggressione alla Serbia D'Alema, dimostrando con ciò di non essere poi così intelligente come si vocifera, si atteggiò a mosca cocchiera, lasciando intendere di avere avuto voce in capitolo in un processo in cui le autorità italiane, di qualsiasi grado e livello, non possono interferire in alcun modo.
      Quando il Pentagono inizia un'aggressione ad una nazione sovrana, noi dobbiamo solo stare in silenzio e attendere ordini.
      Chi interferisce nella migliore delle ipotesi non fa carriera. Nella peggiore..

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    5. Vero è che non c'è giurisdizione sulle basi, e che dall'immediato dopoguerra l'Italia è nel sistema di alleanze occidentale.
      Tuttavia, a partire dal 1982 (Libano), passando per il 1991 (Golfo), e successivamente all'intervento in Kosovo (1999), l'Italia ha partecipato a numerose missioni internazionali, arrivando anche -a metà dello scorso decennio- a dislocare più di 10.000 uomini fuori area (con Afghanistan, Iraq e Libano a farla da padroni), di contingenti militari, con una spesa annuale non indifferente.
      E queste missioni internazionali, non rientrano -sic et simpliciter- nell'alveo dell'articolo 5 della carta atlantica, che obbliga ad intervenire a sostegno di un alleato attaccato. Si era ipotizzata la cosa per l'intervento in Afghanistan, ma anche in quel caso la norma è interpretata molto estensivamente, perchè non fu lo stato afghano a porre in essere l'atto di aggressione, ma un'organizzazione terroristica (indirettamente spalleggiata ed aiutata dal regime talebano, certo,).
      Ora, non rientrando tra gli obblighi giuridici che l'Italia ha nei confronti degli alleati, esisteva ed esiste, a mio avviso, un margine di discrezionalità italiano, sia in relazione alla partecipazione a queste operazioni, sia in relazione all'entità del contingente da inviare. Solo in Afghanistan, abbiamo mandato quasi 6000 uomini (nei periodi di punta). Potevamo limitarci ad una presenza più simbolica. Stessa cosa per l'Iraq.
      A partire dal 1991, ma forse dal 1999, la presenza internazionale italiana è aumentata. Certo, indubbio che ci fossero pressioni, ma altrettanto indubbio, a mio avviso, che i governi pro tempore abbiano optato per una precisa politica di proiezione estera a sostegno delle operazioni americane, con un impegno militare ed economico non indifferente. E questo, secondo me, poteva e doveva essere messo sul tavolo al momento opportuno.

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    6. @ Lorenzo Carnimeo (12 maggio 2014 14:59)

      “.... esisteva ed esiste, a mio avviso, un margine di discrezionalità italiano [...] E questo, secondo me, poteva e doveva essere messo sul tavolo al momento opportuno”

      Anche secondo me, ma purtroppo non è accaduto. Ricordo che all'epoca di Bush Berlusconi dichiarò di condividere “il punto di vista di Washington prima ancora di conoscere la sua posizione”. Temo che grosso modo questo sia l'orientamento generale del ceto politico italiano che da parecchi anni difetta di realismo e lungimiranza.
      Questa mattina ho ascoltato distrattamente il ministro della Difesa Mogherini parlare di “sanzioni alla Russia” proprio nelle stesse ore in cui il co-presidente della neonata Repubblica Popolare di Donetsk dichiarava che «Data la volontà del popolo della Repubblica popolare di Donetsk, e al fine di ristabilire la giustizia storica, chiediamo alla Russia di considerare la questione dell'adesione della nostra repubblica verso la Federazione Russa».
      Ora qualcuno dovrà avvertire Mogherini che l'Ucraina si sta restringendo. Ma ho l'impressione che tanto Mogherini che
      la Cnn non sappiano dove realmente sia l'Ucraina.

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    7. Complimenti a Riccardo.

      Visto che ormai ci tocca rovistare nella fogna dell'umanità (no, non sono i bassi fondi...), visto che la cloaca umana è tornata da tempo a scorrere nelle strade del fu (forse) mondo libero, compendierei con questi indimenticabili ricordi:

      Se questi son uomini

      Quando anni fa sentii alla radio un'intervista del mitico Aleksandar Đorđević che denunciava come il Kosovo fosse stato trasformato in una mega piattaforma internazionale per lo smercio di supefacenti (inspiegabile la differenza di QI che i giganti della pallacanestro dimostrano in confronto ai sub-uomini del soccer), non poterono non tornarmi alla mente angoscianti nottate a sfogliare i documenti della commissione stragi" e in particolare la drammatica inchiesta del (che fine a fatto?) giudice Palermo: Camp Bondsteel come Sigonella?

      Giusto per rinfrescare la memoria a chi non si ricorda cosa è stata la magistratura italiana e perché è finita presto nel mirino della "Grande Restaurazione" (copyleft by me), il magistrato portò a galla, tra le altre, come funzionasse la "cupola mondiale" e dove stia il più lucroso business conosciuto dalla razza sub-umana.

      Centrerà qualcosa la successiva guerra in Afghanistan? C'è qualche rapporto tra le armi chimiche, l'esplosione della coltivazioni dei papaveri afghani, e la IG FARBEN? I

      La Sicilia, come l'attuale Kosovo, è stata una piattaforma mondiale per il traffico di armi e per il narco-traffico che, guarda a caso, trova "segretissimo" percorso tra le basi keep-pacifiste della NATO (tutti sballati, tutti tranquilli, no?).

      Nel grande mercato liberale e liberista, ma così liberale e liberista che si chiama mercato nero, la cupola cosmopolita fa transizione senza distinguere razza, sesso e religione, in cui in "dare" ci sono "armamenti" a chi non ha dollari, mentre in "avere" ci stanno "quintali di oppio", pronti a sedare la forbice tra salari e produttività. Una centrifugata allo IOR e poi, santificati, sterline e dollaroni per le candide mani dei Padroni del mondo, rigorosamente oil&finance, che si ritrovano incappucciati nella City.

      Chi sgarra e fa affari con l'argentino in periodo di Folkland, su appeso al Ponte dei Frati Neri. (Capito? questi si sentono pure investiti di un mandato di rappresentanza spirituale... sono illuminati, no? Liberi ed illuminati nelle darkroom...)

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    8. La gioia della privatizzazione del pubblico e della privazione del privato.

      Anche il compagno socialista e attivista di San Francisco, ci ricorda che:
      «Short of the creation of utopia, there's a reason for nation-states in a dangerous world and respect for national borders -- without some rational system, chaos prevails. In my opinion that's what our masters have in mind -- everywhere.»

      Ma d'altronde il problema è la governabilità delle democrazie.

      Certo che Monti sta alla "Crisis of Democracy" come Gelli sta al "Piano di rinascia". Ancora non ho capito se ai Paperoni fa più paura il socialismo o Russia e Cina...

      Drugs, Oil, and War, buona la Coca Cola con tutte, quelle, quelle bollicine... come ci vorrebbe un nuovo Tribunale Russell!

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    9. "Ancora non ho capito se ai Paperoni fa più paura il socialismo o Russia e Cina..."
      Più di tutto? La perdita del potere istituzionale totalitario attuale, cui si sono tanto bene abituati...

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    10. Tra apostrofi che non c'entrano, simboli alchemici strani e transazioni che transitano, ripropongo un link (socialismo) che si è abortito nel cuore della notte: i salari USA nell'era della Grande Recessione.

      (L'Inghilterra non avrà invece più industrie ma conta la più grande concentrazione di miliardari del G8: pare che il "socialismo" sia rimasto solo nel web)

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  2. «Charles " Chuck" Hagel , è stato a Pechino la scorsa settimana per consegnare un avvertimento minaccioso»

    Immagino che a Pechino stiano ancora ridendo. Ricordo che il 1° aprile del 2001, un aereo-spia Ep3 dell’aviazione militare statunitense si scontrò con un caccia cinese sul mar della Cina e fu costretto ad atterrare sull’isola di Hainan, in territorio cinese, dove l’equipaggio fu arrestato. Immediatamente Bush ordinò alle autorità cinesi di liberare l’equipaggio e proibì di smontare l’aereo. Per nulla intimoriti, i cinesi trattennero l’equipaggio e smontarono l’Ep3 vite per vite. Bush apparve in tv e disse di aver perso la pazienza. Dal canto loro, i cinesi risposero che gli americani dovevano loro delle scuse per questa mania di spiarli. I giorni trascorsero senza che le minacce di Washington sortissero alcun effetto, e nel tentativo di non perdere la faccia di fronte al mondo, gli Stati uniti inviarono una delegazione in Cina, ma le immagini diffuse dalla tv cinese non contribuirono a rafforzare il prestigio di Washington. Per una volta la situazione si era rovesciata: i diplomatici americani, anziché presentarsi con le loro uniformi e l’aria sicura di sé, si presentarono in abbigliamento casual aggirandosi a capo più basso del solito, mentre i giornalisti cinesi li circondavano ponendo loro domande impertinenti e sghignazzando tra loro.

    Nel frattempo, in un'intervista con giornalisti televisivi americani, il direttore della Cia Brennan ha scoperto che "La Russia è una grande potenza. Questo Paese ha una grande influenza, soprattutto nella sua parte di mondo".
    «Analogamente il segretario della Difesa degli Stati Uniti Chuck Hagel ha dichiarato ai giornalisti che la Russia e gli Stati Uniti non sono in guerra, sebbene abbiano visioni diametralmente opposte riguardo la situazione in Ucraina».
    Ieri, per far fronte a questa contrapposizione, e porre un argine alle interferenze nei loro affari, gli ucraini dell'est hanno partecipato in massa ai referendum per l'indipendenza politica da Kiev. Quasi il 90% degli elettori a Donetsk ha votato in tal senso. Nella regione di Lugansk i risultati non sono ancora stati annunciati, ma il leader del "Fronte popolare" locale ha detto che solo il 5 % ha votato no. L'affluenza è stata del 74,87 % a Donetsk e del'81% a Lugansk.
    Questa mattina l'inviata di Rainews24 Lucia Goracci ha bollato come illegale il referendum e ha intervistato come se nulla fosse un miliziano di Pravý Sektor, le milizie naziste che in collaborazione con i mercenari Usa di Academi, ex Blackwater, sono responsabili della strage di Odessa e della maggior parte degli assassinii che sono stati commessi in Ucraina dal colpo di stato ad oggi. Ieri, ad esempio, hanno assassinato un giovane e ferito alcune persone nei pressi del seggio elettorale di Krasnoarmeysk e questa notte hanno attaccato il villaggio di Andreevka nei pressi di Slavyansk con l'artiglieria. Alcune case sono state distrutte, ma sembra non ci siano vittime.
    Immagino che Goracci avrebbe intervistato con il medesimo entusiasmo anche i componenti delle Einsatzgruppen che avevano il compito specifico di avviare lo sterminio degli ebrei e dei quadri dell'Armata rossa nell'ambito dell'"operazione Barbarossa".
    Fa un po' schifo, Goracci, ma tra non molto dovrà cercarsi un altro luogo da cui diramare i suoi bollettini propagandistici, perché dall'est Ucraina Yatsenyuk e gli amici suoi faranno meglio a stare alla larga.

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    1. Tragicamente esilarante al "this jazz"...

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    2. epperò io starei attenzione anche a valutare correttamente questo referendum.

      è stato tenuto in condizioni quantomeno dubbie. io non prenderei come oro colato i dati ufficiali diffusi. le file ai seggi c'erano senza dubbio ma....75% d'affluenza? l'affluenza reale potrebbe essere anche molto inferiore.

      io ho letto dei pezzi da cui pare che anche fra gli indipendentisti ci siano dei soggettini niente male quanto a trascorsi e legami con organizzazioni paramilitari e/o oligarchi vari.

      insomma mi limito a dire: se a pensar male spesso ci si azzecca, mi verrebbe da pensar male più di una volta....non solo quando penso all'occidente (di cui ora cmq penso malissimo).
      esiste secondo me anche l'opzione che il popolo ucraino sia proprio preso di mezzo in uno scontro tra forze esterne che non si merita e di cui magari avrebbe fatto volentieri a meno.

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    3. In Ucraina durante e dopo la 2a WW si massacrarono tra milizie filo-tedesche e filo-naziste (tutte comunque anti-polacche, etnia al tempo ampiamente presente in UKR...ora non più) , persino con rivolgimento di alleanze secondo il caso, finchè non arrivarono i carri stalinisti e stabilizzarono con la forza il tutto.

      Ora cos'è che ha riportato il clima etnico a questi livelli?I divergenti interessi tra industria pesante e "secondaria" dell'est, legata all'economia russa, e industria "nuova" dell'ovest, alimentata dagli IDE più o meno sotterranei.
      I secondi, da buoni neo-liberisti rampanti, vogliono internazionalizzazione e drastica riduzione dello Stato sociale (che sarebbe...corrotto!); e specialmente nell'ovest, dove le fabbriche dei gerarchi old style, per i neo-lib, andrebbero chiuse o privatizzate o cedute perchè non competitive; creando, classicamente, un nuovo mercato del lavoro in sovraofferta.

      In altri termini, non necessariamente ci sono dei BUONI, è vero.
      Ma è improbabile che dal referendum non sia rispecchiata una massiccia maggioranza dei residenti: sarebbero dei masochisti se pensassero altrimenti.

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    4. @ Luca Tonelli (13 maggio 2014 00:45)

      L'alta affluenza al voto è comprensibile perché laggiù, diversamente che da noi, la minaccia costituita dai nazisti di Pravý Sektor è più che tangibile: essi sparano sui civili per uccidere e seminare il terrore. In tali circostanze non è difficile scegliere da che parte stare e sui media russi sono innumerevoli i video che testimoniano della massiccia partecipazione al referendum. Su Russia24, ad esempio, si parla diffusamente di ciò che accade in Ucraina. È in russo, ma dando un'occhiata a Russia today (in inglese) o a La voce della Russia (italiano), che aggiorna continuamente sulla situazione, un'idea abbastanza precisa si riesce a farsela.

      Secondo Mark Sleboda, esperto di relazioni internazionali e docente presso l'Università Statale di Mosca, «si deve prestare attenzione a tre cose. "Uno, la grande affluenza, che è quasi impossibile negare. La vittoria schiacciante - dato che il voto è stato essenzialmente pubblico con le urne di vetro ed i giornalisti occidentali che hanno sostituito gli osservatori internazionali, e che hanno chiaramente preso atto sul terreno della forza del sostegno al voto per l'indipendenza". E dobbiamo ricordare che questa votazione si è effettivamente svolta sotto la canna di una pistola, ma non quella delle forze di autodifesa, ma di questo regime di Kiev che sta effettivamente uccidendo gli elettori che hanno cercato di votare il giorno del referendum"».

      Inoltre il golpe ha aperto scenari che fino a ieri non erano all'ordine de giorno. Secondo lo scrittore russo Maksim Kalashnikov, ad esempio, «è giunto il momento di iniziare il progetto “Nuova Rus’”. Perché Odessa, Cherson, Nikolaev, Mariupol'’, Tiraspol sono altrettanto russe, quanto la leggendaria penisola. Nel 1654 queste terre non erano in Ucraina, è stato l’Impero Russo a portarle via a turchi e tatari. Ai tempi dello zar queste terre si chiamavano Novorossija
      [..]
      Il nostro dovere è quello di appoggiare tutto ciò. Sottrarre le terre della Novorossija all’infernale caos neobanderista. Alla malata e povera “Maidania”. Così come le terre orientali, cioè la riva sinistra. Con Charkiv, Donec’k, Zaporozhye e Dnipropetrovs’k. Perché anche là ci vivono i russi. Anche là non ci sono mai stati banderisti».

      Insomma, abbiamo creato una situazione esplosiva e non si può certo dire che la Russia non stia facendo la sua parte.

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  3. Riflessione: ma se una potenza economica e nucleare come la Cina dichiarasse un giorno (non lontano) : abbiamo 20 sottomarini armati con missili nucleari nell'oceano atlantico (magari venduti dai Russi); e i russi rispondessero: pure noi! Che se ne fanno gli Usa delle basi Nato piazzate tutte intorno a questo potentissimo (Russia-Cina) blocco euroasiatico ? Con la guerra il premio ig-nobel della pace non puo' vincere, e finanziariamente puo' solo soccombere, e forse prima avverra', meglio sara'.

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    1. Che sia un bene che soccomba un paese come gli USA presuppone che si possa stimare come sarebbero i leader e l'influenza dei paesi che, inevitabilmente, ne prenderebbero il posto.
      Quello che ci si può augurare è che la cooperazione culturale, scientifica e anche artistica, prenda il posto del liberoscambismo, che si ripristini una proporzionata repressione finanziaria e che, infine, da ciò, ogni paese ritempri e migliori il proprio livello di democrazia interna.
      Comprendendo che scopo della vita sociale - e internazionale- non è andare in sovraproduzione a costi più contenuti per essere più competitivi sui mercati mondiali, ma innalzare il valore aggiunto riversato nella domanda interna, e con ciò il benessere e livello dei diritti fondamentali del rispettivo popolo.

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    2. E con questa, più dell'abbraccio a Roma, ti meritavi il bacio alla francese...

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    3. Non esageriamo co li complimenti...

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    4. @ Quarantotto (13 maggio 2014 00:05)

      In effetti, un indebolimento troppo repentino degli Usa avrebbe conseguenze devastanti in diverse aree del pianeta, specificamente in quelle dove la loro presenza militare è più marcata. In parole povere, molti regimi stanno in piedi solo grazie al supporto finanziario e militare di Washington, e se questo venisse meno si aprirebbe una stagione di vendette e rappresaglie di cui non si sente il bisogno.
      Del resto, gli Usa restano pur sempre un continente ed è difficile ipotizzare che un continente scompaia da un giorno all'altro. Certo è che comunque gli Usa dovranno abituarsi ad accettare il ridimensionamento del loro ruolo nel mondo, ed è auspicabile che “la cooperazione culturale, scientifica e anche artistica, prenda il posto del liberoscambismo, che si ripristini una proporzionata repressione finanziaria e che, infine, da ciò, ogni paese ritempri e migliori il proprio livello di democrazia interna”.

      A questo obiettivo dovrebbe tendere la classe dirigente internazionale, anziché proseguire sulla strada dell'“ingerenza umanitaria” che sinora ha fallito clamorosamente tutti i suoi obiettivi. Oggi un numero sempre maggiore di persone si è reso conto che nella parte di mondo che gli Usa hanno “aiutato" a liberarsi dalla tirannide morte e distruzione sono assicurati e la situazione peggiora di giorno in giorno, da anni.
      Giovedì scorso in Libia, ad esempio, il colonnello Ibrahim al Senussi Akila, capo dei servizi segreti della Libia orientale, è stato assassinato a colpi d'arma da fuoco nel centro di Bengasi, capoluogo della regione. Ed è solo l'ultimo di una ininterrotta catena di omicidi, aggressioni ed attentati che si susseguono sin dal giorno dopo la caduta di Gheddafi.

      Dobbiamo uscire da questo tunnel. Anche con il contributo di quella parte consistente di America che ha a cuore le sorti del proprio paese e non è in sintonia con la crescente aggressività del Pentagono.

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    5. @48....

      in tre righe canto pagine di programma politico....

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  4. Mi ero dimenticato di linkare questo vecchio, interessante articolo http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&cad=rja&uact=8&ved=0CDYQFjAA&url=http%3A%2F%2Faurorasito.wordpress.com%2F2012%2F11%2F09%2Faccerchiamento-militare-e-dominio-globale-la-russia-contrasta-dal-mare-lo-scudo-antimissile-degli-usa%2F&ei=zDZxU_C7EM370gWK_IDIBg&usg=AFQjCNGNnu_AtwYF65z7r3pdntHRYrfeqg&sig2=xP61CUcTGDBsrJut6aKe3Q&bvm=bv.66330100,d.d2k
    i Russi da tempo stanno prendendo contromisure.

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  5. @Riccardo
    Un semplice ringraziamento per la luce civica e civile cha hai voluto, saputo, potuto portare nel buio dei "bombardamenti etici".

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    1. mi unisco ai ringraziamenti per i post che ho letto con molto iinteresse.

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    2. Ti ringrazio caro Poggio; è un piacere leggere i tuoi post, sempre assai godibili e ricchi di citazioni nascoste.

      Colgo l'occasione per esprimere profonda riconoscenza a chi ha avuto la pazienza di leggermi e - non mi stancherò di ripeterlo - a Quarantotto per lo spazio che, con grande generosità, mi concede.

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    3. Moh basta co' li complimenti :-) Abbiamo ancora tanto lavoro da fare...e non sappiamo neppure se faremo in tempo. "ESSI" vanno ormai in automatico (verso l'ERF)...

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