lunedì 30 giugno 2014

PROPAGANDA E LIVORE: LA SUDDEN DEATH DELL'INCOMPETENZA AL POTERE?


 


La disoccupazione aumenta? Aumenta. 
L'ultimo bollettino Istat, del 27 giugno 2014, ci dà una serie di sintetiche e raggelanti notizie.

"Lavoro e retribuzioni nelle grandi imprese

Ad aprile 2014 l'occupazione nelle grandi imprese al lordo dei dipendenti in cassa integrazione guadagni (Cig) segna (in termini destagionalizzati) una flessione dello 0,1% rispetto a marzo. Al netto dei dipendenti in Cig si registra una variazione nulla.
Nel confronto con aprile 2013 l'occupazione nelle grandi imprese diminuisce dell'1,0% al lordo della Cig e dello 0,6% al netto dei dipendenti in Cig.
Al netto degli effetti di calendario, il numero di ore lavorate per dipendente (al netto dei dipendenti in Cig) diminuisce, rispetto ad aprile 2013, dell'1,8%.
L'incidenza delle ore di cassa integrazione guadagni utilizzate è pari a 29,2 ore ogni mille ore lavorate, in diminuzione di 4,8 ore ogni mille rispetto ad aprile 2013.
Ad aprile la retribuzione lorda per ora lavorata (dati destagionalizzati) registra una diminuzione dell'1,0% rispetto al mese precedente. In termini tendenziali l'indice grezzo diminuisce dello 0,6%.
Rispetto ad aprile 2013 la retribuzione lorda e il costo del lavoro per dipendente (al netto dei dipendenti in Cig) diminuiscono dell'1,6%.
Considerando la sola componente continuativa, la retribuzione lorda per dipendente aumenta, rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, dello 0,8%."

Al di là della minima variazione tra marzo e apirle 2014, il dato saliente è l'aumento dell'1% su base annua
Il numero delle ore lavorate, poi, diminuisce dell'1,8%: se ne deduce con immediatezza che prosegue e si amplifica, semmai, il metodo dei contratti di solidarietà, che consentono il mantenimento delle produzioni, in alternativa (laddove si può) alla cassa integrazione e all'arresto degli impianti (sempre più, ormai, definitivo), con una diminuzione delle ore e/o dei giorni lavorativi.
E ne avevamo parlato come la "via italiana" alla deflazione salariale, ovvero le Hartz striscianti: tant'è che le ore di cassa integrazione diminuiscono e, ciò nonostante, non si trova il consueto miliardo per rifinanziarla (o anche più), innescandosi il consueto balletto di "sorpresa", che ogni anno viene presentato come oggetto di una possibile manovra
Che in effetti, viene prima smentita, in uno stanco rituale, e poi si materializza immancabilmente con la impostazione estiva della legge di stabilità e i vari suoi collegati; il tutto, a quanto pare, quest'anno, dovrebbe anche portare al pareggio "tecnico" di bilancio previsto per il 2015 (visto che la "notificazione" di Padoan, di raggiungimento rinviato al 2016 non è stata recepita in sede UEM).
Da tutto questo, inevitabilmente, consegue che "rispetto ad aprile 2013, la retribuzione lorda e il costo del lavoro per dipendente diminuiscono dell'1,6%" (a parte l'imbarazzante riferimento all'aumento per la "componente continuativa", in via di estinzione, per imminente legge job act, Parte II).

E il publico impiego, odiatissimo, dalla cui deportazione di massa in luoghi non meglio precisati (Lampedusa e i vari "centri" sono attualmente overbooked), la grancassa mediatica e le schiere dei livorosi si attendono la "vera" soluzione della crisi italiana?
Beh, tra ventennale blocco del turn over e blocco contrattuale dal 2010 prolungato ormai al 2017, senza alcun recupero e neppure la corresponsione dell'indennità di vacanza contrattuale - la spesa per retribuzioni continua a diminuire persino in percentuale, cioè quand'anche calcolata rispetto al PIL, cioè rispetto a un denominatore in diminuzione (cioè in recessione),
Quindi ci si accorge che dal 2005 le retribuzioni pubbliche crescono meno di quelle private che già di loro crescono meno dell'inflazione. Per chi sia curioso di vedere un pò di dati, rinviamo a questo studio della Corte dei conti sul costo del lavoro pubblico ed ai grafici di pag.39, nonchè, alla interessante comparazione con gli altri paesi UE (pag.40), da cui emerge che paesi "virtuosi" e più liberisti" come UK e Olanda abbiano incrementato le retribuzioni pubbliche più dell'Italia. Persino in Germania sono aumentate più che in Italia. Naturalmente i PIGS, quelli veri, sono andati peggio di noi.

Ma per arrivare presto a livelli di diminuzione delle retribuzioni pubbliche allineati a quelli di Portogallo e Grecia, la nuova strategia consiste ora nell'abbassare l'età pensionabile, far fuori le unità di personale ai più alti livelli retributivi e sostituirle, neppure integralmente (basta ridisegnare status, numero e livello delle unità dirigenziali), con elementi più giovani; e questo, magari tra qualche anno, dovendo procedersi alle complesse procedure di assunzione dei vuoti che si saranno creati
E per di più in organici già depauperati da anni di blocco del turn over.  
Si veda, in questo studio Eurispes, come tali organici siano costantemente diminuiti e, con essi, la spesa relativa, ma pure, inevitabilmente, l'efficienza delle funzioni e dei servizi, considerando che gli investimenti in conto capitale sulle strutture sono stati ancor più drasticamente ridotti).

Ma un altro vantaggio deriva da questi prepensionamenti: quello della corresponsione, nell'immediato, di trattamenti pensionistici tendenzialmente inferiori rispetto a quelli fruibili col precedente regime di uscita dal servizio, e la presa "in carico" accelerata di personale integralmente soggetto al sistema pensionistico retributivo (a parità di onere contributivo assolto). 
Poi, più ancora, l'infoltimento dei ranghi di coloro che verranno inevitabilmente ridimensionati retroattivamente col ricalcolo del trattamento pensionistico goduto in base al sistema retributivo stesso, magari con l'aggiunta del tetto invalicabile che prescinde da ogni valutazione del differente ammontare dei contributi versati (per cui sempre alla stessa cifra massima si avrà accesso indipendentemente dal precedente versamento di contributi molto più alti, spesso più che doppi, rispetto ai pari trattamenti così erogati).

Questo insieme di provedimenti, approvati o chiaramente in via di adozione, si muove sulla spinta dell'ondata livorosa che pretende che facendo stare peggio alcuni, che hanno visto la (ormai parziale) applicazione di un precedente regime legale, starebbero meglio quelli che non ne avrebbero alcun vantaggio concreto (se non la soddisfazione di un sanguinario gioire della disgrazia altrui). 
E ciò in quanto i risparmi (illegittimamente) ottenuti saranno ovviamente destinati al raggiungimento del pareggio di bilancio, cioè all'incremento di un saldo primario pubblico che deve bilanciare il pagamento degli interessi sul debito (in buona parte a detentori esteri). 
Si mettano in testa, i livorosi-tea-party, che i modesti sgravi fiscali che, sbandierati per motivi propagandistici, potrebbero eventualmente ottenere, non possono nè modificare l'esigenza di arrivare a questo saldo primario record, nè il principio che la spesa corrente e lo stesso sgravio fiscale sono ormai soltanto finanziabili in pareggio di bilancio, cioè con un effetto che, nella migliore delle ipotesi, rende nullo il presunto vantaggio (progandistico) dello sgravio ottenuto.
Infine, ciò che i livorosi non colgono, è  che questo costante ridurre le basi imponibili fa diminuire le entrate dello Stato, sicchè, anche sotto questo profilo, si conferma ciò che sempre gli sfugge: uno sgravio fiscale finanziato con un taglio alla spesa pubblica porta, alla fine, ad altre tasse aggiuntive per colmare il "buco", (nelle ulteriori entrate) che si viene comunque a creare. 

Tutto questo quadro di deprimente inconsistenza delle immutabili politiche fiscali ed economiche risulta tragicamente ripetitivo, di Letta in Renzi: stessi temi e stesse periodiche alzate di ingegno, seguendo il format eterodiretto, fissato per l'Italia nell'estate del 2011-. 
Ne discende, come qualunque, persona dotata di senno può comprendere, che esse siano pro-cicliche e incidenti direttamente in termini di diminuzione del PIL: tutto, politiche del lavoro, della spesa pubblica e tributarie, non fanno che diminuire i redditi effettivamente disponibili - al di là degli effimeri inganni elettorali-, azzerare il risparmio, prolungare la diminuzione disastrosa dei consumi, intaccare la ricchezza patrimoniale riducendo i redditi-consumi ad essa connessi, e, insomma, riportarci in una recessione senza fine per gli anni a venire.
Ammesso che quest'anno si possa contare su una semplice crescita "zero" (ovvero 0,2), cosa che risulta ormai sempre più inverosimile.

Questo quadro, ormai, ci dice una cosa: chi non è in grado di capire la situazione non può gestire la crisi e avere la responsabilità del governo. Il consenso abilmente ottenuto, godendo del più grande, acritico ed incondizionato appoggio mediatico della storia italiana, e forse della storia delle democrazie occidentali (se ancora possiamo così chiamarle), potrebbe entro breve tempo dissolversi con la stessa velocità con cui si è innalzato
La dura realtà porterà ad un drammatico confronto degli italiani con l'insufficienza pratica delle terapie livorose: di disgrazie altrui non si vive e non ci si nutre fisicamente
Chi al governo (ma anche alla "falsa opposizione"), lo sta assecondando, non riuscirà, a un certo punto neppure più a nutrire il livore a livello psicologico di massa: una brutta bestia mutevole, come presto si renderanno conto anche gli "idoli" attuali ed anche gli "oppositori" della falsa opposizione, anch'essa irrimediabilmente livorosa....

venerdì 27 giugno 2014

CONTINUA LA TELENOVELA MEDIATICA DELLA "FLESSIBILITA'" UE


Continua la telenovela della "flessibilità"...sul patto di stabilità (suona un po' cacofonico ed anche ossimorico, eh?). Inutile cercare una valutazione seria ed attendibile sui media italiani. 
Un'indagine sui "fatti" sottostanti alle parole non può che procedere dalla versione che ne riportano gli organi ufficiali ordoliberisti post-moderni (per distinguerli dai retaggi, in dissoluzione, dell'ordoliberismo primigenio, stile Ballarò per capirsi, e dai media livorosi anti-spesa pubblica-tea-party, impegnati nella polemica tra fazioni, come evidenziato nel precedente post).
E dunque, che c'è di meglio dell'Huffington post
Il criterio di indagine si rivela fortunatamente corretto. In apposito articolo si ritrova, commentato (con malcelato entusiasmo), il testo in inglese della terza bozza del "documento Van Rompuy", in preparazione del Consiglio europeo di stasera (quello che dovrebbe por capo all'organigramma informale, ma politicamente vincolante, della nuova governance UE). 
Lo riproduciamo con annesso il commento comparativo con la seconda bozza, a testimonianza del presunto progresso delle trattative:

"E allora, sulla flessibilità, ecco quanto prevede la terza bozza di Van Rompuy. Rispetto alla seconda bozza, i termini sono più perentori: “Tutte le nostre economie hanno bisogno di continuare a perseguire le riforme strutturali. Molto semplicemente, la nostra forza comune dipende dal successo di ogni paese. Ecco perché l’Unione ha bisogno di passi importanti per aumentare gli investimenti, creare più posti di lavoro, un’occupazione migliore, incoraggiare le riforme per la competitività. Questo richiede un buon uso della flessibilità che è prevista nelle regole dell’attuale Patto di Stabilità e crescita."
Ecco il testo in inglese:
All our economies need to continue to pursue structural reforms. Very clearly, our common strength hinges upon each and every country's success. That is why the Union needs bold steps to increase investments, create more and better jobs and encourage reforms for competitiveness. This requires making good use of the flexibility that is built into the existing Stability and Growth Pact rules.
Il testo inoltre contiene un esplicito riferimento all’uso degli “strumenti della Banca Europea degli Investimenti (Bei)” per facilitare gli “investimenti di lungo termine”, laddove la seconda bozza si limitava ad un vago riferimento all’uso di “nuove capacità finanziarie”.
Invest and prepare our economies for the future: by addressing overdue investment needs in transport, energy and telecom infrastructure as well as in energy efficiency, innovation and research, skills, education and innovation; by mobilising to that end the right mix of private and public funding and facilitating long-term investments, for instance by developing capital markets and mobilising the European Investment Bank's means.
Anche sul tema dell’immigrazione, la terza bozza sottolinea in maniera più netta le responsabilità comuni dell’Unione nella gestione della frontiera sul Mediterraneo. Ecco il passaggio: “Un’altra sfida per gli anni a venire sarà la gestione dei flussi di immigrazione, che stanno crescendo per via dell’instabilità e della povertà in molte zone del mondo e per i trend demografici – una materia che richiede solidarietà e responsabilità equamente condivisa”. La prima versione parlava solo di “responsabilità”.
Another challenge in the years ahead will be managing migration flows, which are on the rise due to instability and poverty in large parts of the world and demographic trends – a matter which requires solidarity and fair sharing of responsibility.
E’ a questo documento che, insiste Renzi, la presidenza di Juncker dovrà attenersi. E’ per questo motivo che il premier spinge per ottenere quanto più possibile nella 'Strategic Agenda' e su questo ha l’appoggio pieno di tutto il Pse. Al vertice con i socialisti - di fatto condotto dal premier italiano, il vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel e l'ex (nonché futuro) presidente dell'Europarlamento Martin Schulz - Renzi l'ha messa in questi termini: "La proposta italiana per una maggiore flessibilità ha scalfito anche le certezze granitiche della Merkel. Ora, posso contare sul Pse o no? Sennò me la gioco io come governo..."

Ad un lettore smaliziato l'accordo non può non apparire fumoso, se non, addirittura, ingannevolmente  privo di contenuti negoziali concreti:
a) perchè il riferimento agli investimenti, con l'immancabile intervento della BEI, ed alla crescita, costantemente congiunto alle "riforme per la competitività" - che risolverebbero l'occupazione-, è la granitica e immutabile giustificazione di ogni risoluzione dell'UE-UEM a partire, e con le stesse identiche parole, dall'avvio dei negoziati che portarono al Six Pack nel 2010: e quindi è l'ombrello concettuale comune anche a pareggio di bilancio e riduzione del debito pubblico. Valore significativo di mutamento dell'assetto negoziale e normativo, quindi, pari a 0;

b) perchè la questione dell'immigrazione è stata costantemente affrontata, nelle sedi collegiali UE, almeno "ufficialmente", in questo modo e con queste parole, salvo poi smentirle con le successive e individuali esternazioni sprezzanti anti-italiane dei vari Olli, Van Rompuy, Barroso, e, ovviamente, delle massime gerarchie di fatto, cioè dei membri del governo tedesco. In assenza di una presa d'atto che superi le precedenti contestazioni, - peraltro pure legittimamente sostenibili alla luce dei trattati-, circa la necessità di riconoscere all'Italia maggiori trasferimenti di fondi UE per il fatto di sostenere  l'urto in entrata dell'intera (o quasi) migrazione dall'Africa e dal medio-oriente, e del connesso problema del flusso dei (veri e propri) rifugiati, con gli accertamenti che ne conseguono secondo il diritto internazionale, il valore normativo e negoziale è, altrettanto, pari a 0;

c) perchè, ritornando più in dettaglio al primo punto, il riferimento al "buon uso della flessibilità contenuta nell'esistente Patto di stabilità e crescita", è privo del riferimento esplicito all'applicazione della golden rule di cui all'art.126, par.3, del trattato (TFUE), che: 1) non ha MAI trovato finora applicazione ed in modo del tutto inspiegabile, anche in condizioni congiunturali a dir poco difficili; 2) è fonte superiore e quindi prevalente nel guidare l'interpretazione e l'applicazione dello stesso Patto. Va aggiunto che, in termini attuali, quest'ultimo deve essere fatto coincidere essenzialmente col fiscal compact: ne discende quindi che il testo si risolve nell'agganciarsi ad una meramente fantomatica flessibilità, rispetto all'obiettivo finale del pareggio di bilancio, dato che il FC non opera alcun rinvio alla regola dell'art.126, par.3, citato. Il riferimento alla flessibilità "già esistente" appare così, svincolato dal riferimento diretto al TFUE, una sorta di presa in giro;

d) perchè il richiamo al mix di investimenti privati e pubblici, che (si dice, in Italia) vorrebbe alludere al cofinanziamento con spesa statale dei progetti europei legati ai vari "Fondi", è non solo anch'esso slegato da un riferimento alla golden rule nei suoi espliciti termini normativi (e abbiamo visto che ciò non avrebbe portato ad alcuna violazione o forzatura del sistema delle fonti dei trattati, ma solo ad una esplicitazione indispensabile), ma soffre della segnalata difettosità del sistema dei Fondi UE: questi vincolano uno Stato a programmi e interventi "specializzati" e non coincidenti, per definizione, con l'ambito di intervento e le priorità previste dalle norme costituzionali dei singoli Paesi (come imparò Tremonti, che deviava le disponibilità dei Fondi dalla loro destinazione per programmi di fiscalità generale, e fu più volte richiamato all'ordine dalla Commissione). In assenza di tale armonizzabilità, la spesa cofinanziata rischia di essere una ridda scoordinata di supply side, prive di capacità di intervento commisurabili alle reali esigenze di ciascun Paese (tipicamente in tema di ricerca, innovazione e, in generale, di pubblica istruzione). E questo a tacere della risibilità dell'ammontare di tali fondi rispetto alle esigenze di "trasferimenti" all'interno dell'area;

e) perchè, ancora, il coinvolgimento della BEI esige un adeguato rifinanziamento se rapportato all'ambizioso progetto di rilanciare gli investimenti in tutta €uropa. Ancor più, poi, il congiunto riferimento allo "sviluppo del mercato dei capitali", fa semmai scattare un campanello di allarme,  dovendosi rammentare di intenzioni manifestate (alle chetichella e in termini oscuri, in puro stile Juncker, che sta tornando di moda: Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere che succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno”) in precedenti determinazioni della Commissione;

f) quest'ultimo punto ci riporta a questa prospettiva, già analizzata in questo post che vi consiglio di leggere (o rileggere). Ve ne riporto alcune conclusioni riassuntive che non fanno presagire nulla di buono (perlomeno per risparmiatori e pensionati italiani): 
«I risparmi dei 500 milioni di cittadini dell’Unione Europea saranno usati per finanziare investimenti a lungo termine per stimolare l’economia e contribuire a riempire il vuoto lasciato dalle banche dall’inizio della crisi finanziaria». Così si legge in un documento riservato della Commissione Europea, che però la Reuters ha potuto leggere. Tradotto dalla lingua di legno, significa questo: la confisca dei risparmi depositati in banca. Ossia la «cura» usata per Cipro a danno dei depositanti, estesa all’Europa. Ma non alla Germania, ovviamente: soltanto a quella parte dell’Europa dove i privati hanno tanti soldi da parte, eppure non li investono nelle loro economie reali (perché le banche preferiscono mettere i soldi in titoli di Stato senza rischio); Paesi che, inoltre, nonostante questo tesoro in cassa, sono in stato di indebitamento astronomico.
Indovinate a quali paesi si alluda...
Un giorno vi sveglierete scoprendo che dai vostri 70 mila euro di risparmi (se ne avete tanti) ve ne hanno presi 10 mila per finanziare il rilancio. Meglio, se ne avete, di spendervene adesso un po’, anche in spese pazze. Sempre meglio che darli al Fisco.  Per indorarci la pillola, la Commissione inventerà un «fondo risparmio UE aperto ad individui i cui fondi possono essere accomunati e investiti nelle piccole imprese». Suona bene, benissimo. Oltre al prelievo involontario (confisca) ci proporranno la partecipazione «volontaria» a questo fondo-risparmio: si tratta di aiutare le piccole imprese, può essere perfino un buon affare...
Adesso, la Commissione (o i suoi suggeritori banchieri) vogliono lanciare un altro giro di debiti subprime, da spacciare a vagonate a una nuova generazione di «vedove ed orfani» da fregare. Infatti, il documento segreto allude all’allentamento della definizione degli assets: significa, traduce Zero Hedge, che potranno essere venduti «titoli coperti dalla produzione di formaggio Feta» o altri solidi debitori del genere.
..Concludendo: i vecchi dovranno forzatamente farsi prelevare i risparmi per aiutare i «giovani» banchieri, i cartolarizzatori di ogni tipo di «certificato» dubbio, subprime o insolvente. Un altro giro di speculazione selvaggia, sotto forma di Piano Quinquennale.";

g) infine, l'Huffington, riporta anche della ipotizzata idoneità del testo a costituire una base per consentire all'Italia di effettuare il pagamento dei crediti delle imprese verso lo Stato, (per cui si è avviata una procedura di infrazione a nostro carico, con grandi strepiti della nostra politica), senza che ciò sia conteggiato nel deficit, in una sorta di applicazione estensiva della golden rule. Questa interpretazione appare a maggior ragione subire la stessa sorte di assoluta vaghezza e valore normativo pari a 0 dell'applicazione ortodossa della stessa "rule" (come abbiamo detto, mai applicata finora). Di più, occorre rammentare che il pagamento dei crediti delle imprese non porterà altro che ad un limitato sollievo di posizioni debitorie, aggravatesi nel tempo, sedando semmai le ansie delle banche creditrici delle imprese stesse e sempre rammentando, ai fini della "ripresa" dell'economia reale, che l'estinzione dei debiti estingue la corrispondente moneta e la sua conseguente circolazione.


Vedremo come si assesterà il documento finale in esito al Consiglio Europeo; Renzi mostra, nella narrazione dell'Huffington, una certa capacità politica di trattare, sfruttando la ventilata posizione di forza che gli deriverebbe dalla golden share nel PSE. 
Ma sono il contenuto dei presunti accordi e la competenza nel comprendere cosa si sta sottoscrivendo il problema dei politici italiani impegnati in €uropa.

mercoledì 25 giugno 2014

E IL POPOLO ACCLAMA I TEA-PARTY (anche se litigano tra loro e sopravviveranno all'euro)


Un articolo dai toni caustici su "Libero Quotidiano" ci racconta del parallelismo Monti-Renzi sul piano dello sperticato elogio da parte di una grancassa mediatica assuefatta a se stessa e priva di memoria a breve termine. (E ci sarà un triste perchè...).
Si può sintetizzare in questi passaggi:
"Generazioni e stili diversi, ma la prosa è quasi identica. I titoli oggi sono gli stessi del luglio 2012, quando il bocconiano ex commissario europeo illustrava alla Camera dei deputati il resoconto del Consiglio europeo di Bruxelles dove sembrava che con lui andasse sempre tutto benissimo. L’Italia non correva pericoli e potevamo stare tranquilli. «C’è un asse», scriveva allora Repubblica, tra la Germania della Merkel «e l’Italia di Monti, un feeling personale tra lei e “Mario”...
Anche per Monti c’è stato lo stesso clima ultra-favorevole sulla stampa italiana e straniera. C’erano i fuochi d’artificio, si è stappato lo champagne, ma poi a ben vedere i festeggiamenti sono durati abbastanza poco. I tecnici hanno fallito e il progetto politico montiano si è scontrato alla prima prova delle urne. Renzi ha i voti, ora l’attende la prova dell’Ue.
A distanza di due anni cambiano i soggetti, ma frasi sono le stesse. Renzi è il nuovo eroe. I suoi ministri tutti fuoriclasse...".
Peccato che non risulti, dallo stesso articolo, perchè "i tecnici hanno fallito" e come Renzi stia ripercorrendo le stesse identiche impostazioni di politica economica: solo paludate di roboanti propositi sulla lotta "anticasta-Stato-sprecone" e via corruzion-dicendo, propositi che, invece, Monti e Letta non avevano sufficientemente percorso. Naturalmente propositi viventi nella (mera) comunicazione, come attestano i fatti di cronaca e i conti dello Stato degli ultimi anni e...in prospettiva, se non altro perchè è il denominatore PIL che tradisce le previsioni (quanto a tagli e tasse sostanziali, in effetti, bastava e avanzava anche lo sfortunato Tremonti, che poteva benissimo cavarsela in UEM, non fosse stato per la questione della connection tra junks bond nelle banche tedesche e "serate eleganti" varie: chi non è in grado di vederla si rilegga un pò il blog).

Dell'inquietante parallelismo tra Monti e Renzi, da parte dei media sdilinquiti in chiave "cheek to cheek  with Angela", avevamo detto nel post di sabato scorso.
E vale quanto le lodi a Prandelli immediatamente dopo la vittoria sull'Inghilterra.
Ma in quel post avevamo anche specificato che la questione €uropea, agli effetti pratici, non si muoveva di una virgola; siamo sempre fermi al punto in cui, che si raggiunga o meno il pareggio di bilancio, la via è quella del consolidamento fiscale e le politiche relative verrebbero al più consentite mediante un'ambigua acquiescenza al rinvio al 2016 del pareggio stesso, condita da confusissime  concessioni verbali, mai seguite da determinazioni euro-istituzionali, sulla golden-rule (cioè la eccettuazione dal calcolo nell'indebitamento pubblico della spesa pubblica per investimenti).

Insomma, si può pure ironizzare sull'attuale governo, come sul suo inquietante accostamento a quello Monti, ma la consapevolezza mediatica non cresce; ci si appaga, al più, di lotte politiche intestine, mentre (basta vedere un Ballarò qualsiasi) la confusione e le discussioni relative a problemi malposti e, tra l'altro, peggio ancora risolti, campeggiano in un'orgia che può riassumersi nel triste spettacolo della disunità dell'italian tea-party .
Se ci pensate un paradosso che le stesse forze politiche totalitarie potrebbero risolvere facilmente, se non fosse che non avendo capito nulla, la ragion d'essere della politica si è ridotta alla corsa alla presa di distanza dalla corruzione e dalla pressione fiscale. Cioè i metodi più sicuri per non risolvere nulla ma per raggiungere un facile consenso che, al più, può portare a un reverente implorare all'Europa una flessibilità di facciata, ed in quanto, comunque, "a noi piace fare quello che stiamo facendo e non perchè ce lo chieda l'Europa".

Tutti sono dunque convinti di aver capito che il problema è tagliare la spesa pubblica e si rinfacciano, semmai, di non aver propinato dosi sufficienti di tale veleno.
Persino i 350 dipendenti delle società immobiliari che perderanno il posto a seguito della possibile disdetta degli affitti d'oro per conto della Camera dei deputati, non viene vista come ovvia conseguenza di tale atteggiamento, che, pure, fa capire con immediatezza che tagliare il reddito nazionale, cioè la spesa pubblica non è una soluzione che garantisca la crescita, semmai la disoccupazione (=deflazione salariale): perchè questa è l'unico strumento a disposizione per non finire di nuovo in crisi di indebitamento estero. Salvo poi rendere incorreggibile la posizione netta sull'estero, dato che l'euro è un processo inesorabile che deve ridisegnare, scatenando un conflitto generazionale dove tutti perderanno, la società italiana... possibilmente con il suo stesso plauso!

L'euro sta lì, senza legame cosciente con questa idea tea-party che probabilmente gli sopravviverebbe. Perchè non è pensabile che sia sradicabile dal senso comune degli italiani, tutti assorti nella rabbiosa indicazione della corruzione come il primo dei loro problemi.
E basta leggersi questo articolo sul Brasile per rendersi conto che i mali (coincidenti semmai con le politiche di correzione adottate da istituzioni neo-liberiste dalla facciata "progressista"), vengono sempre fatti ricadere su questo splendido format (corruzione-spesa pubblica improduttiva), che la World Bank e il FMI hanno messo a punto, con tanto di classifiche incredibili (ma molto credute), in base alle quali risultano meno corrotti i paesi più liberisti: quelli cioè in cui le lobbies dei poteri economico-finanziari sono talmente potenti da catturare totalmente il processo decisionale normativo, alienando lo Stato da ogni residua funzione democratica, e quindi minimizzando la deviazione di ciò che è conforme a legalità da quanto coincide con gli interessi affaristici dell'oligarchia economica.
In tali casi, infatti, si verifica in radice "il difetto di fattispecie sanzionatorie applicabili ai meccanismi di appropriazione disparitaria della ricchezza, che vengono simultaneamente legalizzati dalle norme".

Ieri a Ballarò, un ennesimo sondaggio, incurante della distinzione tra pubblico e privato, (tipica manifestazione dell'ordoliberismo, semmai qualcuno avesse nutrito qualche dubbio) presentava gli "imprenditori" (sic!) come la "istituzione" che riscuote la maggiore fiducia degli italiani!
E quando sento queste cose, e vedo che non c'è nessun accenno di stupore, o rimostranza, in NESSUNO dei politici, su questo panorama concettuale, mi chiedo se abbia senso ancora tenere questo blog e magari preparare un convegno per spiegare, che so, cosa significhi, in termini di democrazia fondata sul lavoro, l'art.41 della Costituzione:
"L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali."

Anche spiegando cosa significhi, essendo un meccanismo (doveroso, per governo e legislatore)  del tutto dimenticato, e anzi stigmatizzato, bisognerebbe sempre aggiungere che la norma, pur essendo un pochino più importante dei trattati europei, è ormai praticamente inapplicabile. Finchè c'è l'euro, di sicuro.

lunedì 23 giugno 2014

"L'INTERNAZIONALE" DEI TEA-PARTY E DEGLI ORDOLIBERISTI VA ALLA GUERRA....AI CORRENTISTI

 

 "In coda" ai commenti del post sulla "morsa istituzionale", Mauro Gosmin ci invia una riflessione che riprende simili commenti svolti anche nel precedente post sulla nascita di "Riscossa Italiana".

"Ciao Quarantotto, felicissimo per la nascita dell' Associazione RISCOSSA ITALIANA, di cui spero farne parte quanto prima.
Se devo dire la mia l'euro e gli architravi della costruzione europea saranno spazzati via da:

A) un cataclisma sui mercati finanziari; e la bonaccia di questi mesi è molto simile a quella che si respirava nel 2006/2007. A differenza di allora i prestatori di ultima istanza non saranno più le banche centrali ma gli azionisti/obbligazionisti/correntisti, contribuenti in generale.

B) Le elites europee sono consapevoli del fallimento del progetto euro e aspettano o cercano di provocare l'evento esogeno ( Geopolitico) per smantellare il tutto. Ucraina?

C) Il disposto combinato di questi due eventi.

Quando succederà, e non se accadrà , mi auguro che RISCOSSA ITALIANA possa essere il faro che porterà fuori dalle secche questo ns amato Paese.

Ci vediamo a Viareggio, un saluto a tutti.
"

Certo un nuovo cataclisma finanziario è immaginabile con probabile epicentro USA, immobilisti nell'intraprendere la correzione della "repressione finanziaria", ed in difficoltà persino nell'applicazione dell'aggirabile e "prolisso" Frank-Dodd Act, ed anche nei suoi riflessi di guerra guerreggiata in Africa (i famosi "minerali rari" che "non possunt olere").
Gli USA non hanno saputo far altro che politiche monetarie ("unconventional"?) dopo una timida spinta di welfare pro-banche, reiterando, più o meno coscientemente, la teoria di Irving Fisher, vagamente aggiornata, sulla soluzione della crisi del '29. 
Nell'attualità, un'azione di rivalsa per l'eccesso finanziario che si manifesti a spese dei correntisti (specialmente), nuovi esecutati di ultima istanza (sostanzialmente, come i lavoratori, i creditori deboli), significa una destabilizzazione sociale che farebbe impallidire il post Lehman&B., ed a cui non sopravviverà la governance bancario-speculativa del mondo.
Come abbiamo detto qui (parr.VII e VIII, in specie).

I Draghi, e i falsi opponenti Weidmann, impegnati a far finta di voler agire sul corso dell'euro e sulla fantomatica reflazione tedesca, avranno perso ogni possibilità di parlare.
Un caso geopolitico (stile intervento Nato "pacificatore" in Ucraina: anche solo manifestandone la decisione) sarebbe un diversivo non meno disastroso.
L'ossessione del deficit pubblico, unita al liberoscambismo, comprime bilanci pubblici e domande interne - viva la competitività del tutti contro tutti! Alla faccia dell'art.11 Cost....-, e, però, paralizza pure la capacità di spesa prolungata per interventi militari: con gli USA che chiedono all'UE di spendere soldi pubblici SOLO per riarmarsi e...partire (un miliardo è stato quantificato per i soli investimenti aggiuntivi, ma le operazioni sono comunque costosissime), sperando di provocare, con tale sola prospettiva, il collasso economico della Russia (ma, semmai, quello energetico europeo).
E' chiaro che la Germania sarebbe quantomeno riluttante e potrebbe cogliere la palla al balzo, mentre per i francesi sarebbe un ennesimo disastro di velleitarismo, stile il recente affondo fallito sulla Siria.

Già con l'Irak si vedrà quanto stiano pagando le ossessioni anti-inflattive e pro-cicliche, portate al livello di non poter più attivare, per il tempo delle operazioni militari di spiegamento e controllo di vasti territori, nemmeno la tollerata spesa pubblica militare. 
Quando lasci i tea-party di tutto il mondo, variamente denominati (in Italia praticamente in controllo totalitario), a smantellare gli Stati, e quindi il sostegno alla domanda interna, puntando sull'indebitamento privato, a tassi di interesse reali (passivi) positivi, per il presunto mantenimento del livello dei consumi, succede che i popoli "da controllare" (Stati-canaglia o semplici non allineati), esasperati e resi violenti, non credano più alla stessa sostenibilità delle minacce militari
Non c'è niente di peggio di un liberista, attaccato ai suoi neo-gold-standard e alla redistribuzione del reddito verso l'alto, per gestire una politica militare aggressiva: capra e cavoli a spese dei contribuenti possono salvarsi una volta, ma poi non si è più credibili.

L'occupazione militare, infatti, funziona, per ripagarsi delle spese militari (in definitiva aumento dell'indebitamento pubblico), solo laddove consenta un risparmio nazionale accresciuto, grazie a vantaggi immediati e tangibili sulle partite correnti (il che dovrebbe corrispondere alla vera e propria debellatio del paese occupato, cioè alla sua colonizzazione politico-economica totale e in gran parte anche alla sua distruzione demografica; come insegnava Ciro il Grande, uno dei pochi, insieme ai mongoli post Gengiz, a riuscire nella occupazione prolungata dello stesso Irak, Babilonesi o califfato, secondo i tempi).
Diversamente, questo tipo di operazioni costringono il "guerreggiante" all'inasprimento fiscale e/o alla conseguente insolvenza i contribuenti-consumatori, erodendo semplicemente la base imponibile ed innescando la rincorsa idiota del consolidamento fiscale
Cioè, i debiti degli Stati bellicosi (una storia vecchia) e dei loro pedissequi alleati economicamente interconnessi, devono poi essere ripagati ai "mercati" (finanziari e oligopolistici industriali), che spingono per la guerra e poi si atteggiano a creditori insolenti della collettività.
Per quanto questa analisi investa maggiormente gli USA, i suoi riflessi, come nel 2008, arriverebbero inevitabilmente nell'UEM, ossessionata dalle irrinunciabili regole del fiscal compact.
Certo non è una prospettiva allegra per nessuno; ma almeno fa venire il nodi al pettine di una governance occidentale che più ottusa non si può.
A quel punto, persino il controllo mediatico-demenziale oggi esercitato non potrà più nascondere il "vuoto" di comprensione e di possibilità di correzione, nell'interesse generale di popoli ormai stremati, delle attuali classi politiche €uropee.

sabato 21 giugno 2014

LA MORSA ISTITUZIONALE UEM E "INTERNA" TRA FALLIMENTI NASCOSTI E INCOSTITUZIONALITA' CONCLAMATE

 

1. Una delle cose più tristi della crisi italiana è che la stragrande maggioranza degli italiani non ne capisce gli eventi, limitandosi a subirne le conseguenze come un fatto ineluttabile. 
Tutto quel che i media consentono di "capire", attraverso un'attenta disseminazione di slogan e paralogismi di espertoni vari, è che le cose vanno male per via della corruzione e, in stretta connessione, dell'eccesso di spesa pubblica; questi "mali", ormai plebiscitariamente considerati incontestabili, confluiscono nell'indicare la causa dell'eccesso di prelievo fiscale, la cui attenuazione viene promessa, appunto, come conseguenza dell'abbattimento di corruzione e spesa pubblica (senza alcuno spiraglio di credibilità delle misure proposte, che non sia mero annuncio, che dico, bombardamento!, mediatico).

Mi potrete obiettare che queste cose ve le ho dette molte volte e con mille sfaccettature: ma la premessa serve a richiamare il "perchè", ora e in concreto, cioè nei fatti in preparazione per tutti noi, la situazione promette di virare dal male al peggio.
Siamo di fronte ad un accanimento che si avvale della saldatura di un duplice livello istituzionale: cioè di scelte politiche che si traducono in super-norme che realizzano lo schemino propagandistico riassunto in premessa, con l'effetto di acutizzare la crisi, operando in modo inutile ed anzi opposto rispetto all'obiettivo (immaginifico) della sua risoluzione.
Doppio livello istituzionale significa, come immaginerete, €uropeo e nazionale.
Cominciamo dal primo.

2. Da pag.9 de "Il Messaggero" di oggi, (fonte che trovo particolarmente esponenziale dell'orientamento dei media, proprio per la sua natura più "popolare" rispetto ai sentenziosi giornaloni...in caduta libera di lettori), ci troviamo questo titolo: "Padoan incassa l'ok dell'Eurogruppo: priorità alla crescita".
E' forse il contenuto dell'articolo coerente con un titolo di questo genere?
Certamente no. Ma occorre disporre di adeguate conoscenze, che, auspicabilmente, i lettori di questo blog dovrebbero aver acquisito (ed essere pronti a diffondere....).
L'OK asseritamente carpito da Padoan è invece fondato su decisioni che equivalgono, piuttosto, a una sconfitta, (di misura o con 3 goals di scarto, secondo il futuro dispeigarsi delle riforme strutturali, come vedremo), se mai fosse coinvolta la preoccupazione  per l'interesse nazionale.
Riassumendo: l'Ecofin (non l'Eurogruppo richiamato nel titolo, vabbè...) concorda che la disoccupazione sia un problema,- e d'altra parte lo aveva già (asseritamente) detto (e dibattuto da lungo tempo, fin dal 2011!)-, senza che occorresse alcuno sforzo diplomatico di Padoan; ammette che la disoccupazione si combatta con la crescita (e anche questo era stato già detto da tempo, negli stessi vani termini che implicano che la crescita equivalga alla "competitività" raggiunta attraverso la deflazione salariale).
Ma la soluzione che Padoan starebbe cercando di negoziare, come posizione comune Ecofin (cioè dei ministri economici UE-UEM) sarebbe (condizionale d'obbligo) quella di applicare la c.d. golden rule (stesso copione seguito da Monti e, per ora, stessi risultati solo "verbali" e, ovviamente, mediatici "interni").
In base a tale regola, la spesa pubblica per investimenti sarebbe calcolata, in qualche modo, al di fuori dell'indebitamento annuo (deficit) considerato ai fini del rispetto dei limiti UE (art.126 del TFUE, tante volte qui richiamato). 

Attenzione, nonostante i giornali e le TV italiani, l'art.126 parla proprio di "spesa pubblica per investimenti", ma nè i giornali nè Padoan si esprimono, per quanto risulta, usando queste "brutte parole" (e infatti, almeno nell'articolo in questione, non le trovate).
Se Padoan incassa un "OK" ci sarebbe da supporre che l'Ecofin abbia deliberato una risoluzione in questo senso: dai fatti esposti si ricava proprio il contrario
Padoan, invero, non parrebbe aver detto "(please) cari colleghi, eccettuate la spesa pubblica per investimenti dai limiti del deficit pubblico"; la sua "spiegazione" finale non fa riferimento a questa precisa proposta, ma dice "C'è sostegno alla linea presa dalla presidenza italiana" (del semestre che ancora deve cominciare! ndr.) "in particolare per "capire l'impatto delle riforme strutturali sul bilancio".
Questo "cercare di capire" è tutto quanto costituisce il clou della linea di Padoan per porre come priorità "crescita e occupazione".
Dunque sicuramente nessun OK su alcuna misura che promuova la crescita; ma, come si comprende dall'articolo, l'idea che "la presidenza italiana condurrà le trattative per valutare gli effetti di Six Pack e Two Pack", cioè di fiscal compact e monitoraggio sui risultati del consolidamento fiscale imposto con esso, affidato alla Commissione Ue, con criteri contabili che escludono l'individuazione di un plausibile moltiplicatore fiscale, e che può condurre al diretto comissariamento di governo-Parlamento nazionali impegnati a varare una legge di bilancio, finanziaria o di "stabilità" (che dir si voglia).

Insomma, l'ambizioso progetto di salvezza della nostra economia non è avallato da alcun OK a poter eccettuare la SPESA PUBBLICA per investimenti dal calcolo del deficit (che poi dovrà arrivare, come vedremo, al pareggio di bilancio, peralto già costituzionalizzato...con contraddizioni), ma partorisce solo il topolino di una futura intenzione di studiare gli effetti per capire, pensate un pò, cosa diavolo sia accaduto negli ultimi anni, via via che i feroci consolidamenti di bilancio sono stati applicati. 
E con risultati, in termini di miglioramento dei deficit e del debito pubblico dei vari paesi "debitori" assoggettati al Six Pack e al Two Pack, del tutto opposti agli scopi prefissati. 
Vale a dire, i deficit sono stati ben lontani dal limite del 3% per Spagna, Irlanda, Francia e, se vogliamo, Grecia; il pareggio di bilancio appare un miraggio, affastellato di procedure di infrazione sopite e troncate e proroghe più o meno plausibili per il rientro, non nell'agognato pareggio, ma nel 3%. TRANNE CHE PER L'ITALIA, l'unico grande malato che rispetta i patti e che se sgarra di qualche decimale viene coperto da vituperi razzisti, imputandogli la ulteriore crescita del suo debito pubblico.
Dimenticando che non solo intanto il debito privato intra-UEM è lievitato in tutti i paesi soggetti ad austerity, incrementandosi in proporzione più che in Italia, ma che lo stesso si può dire del debito pubblico in tutti quegli stessi paesi, performanti peggio dell'Italia.
gpg1 522 Copy Copy Copy Copy Copy Copy Il Debito Pubblico esplode nelle Periferie dell’Eurozona. In Italia 133,3% (+7,7%), Zona Euro 93,4% (+3,5%)


https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiaCLmdbMsAqwc4k6651aYoDCPALX_A61WE6cEYDSjjzrAAuLw9D0EFdLI6sSkP6jtjE4zEXEB3GakqRkgB-HD2-KXPreI_cyx5Broqz7AwODUxjpcWxujc5Td1Gp0zcmjNcyursqssvbta/s1600/fig.+2+indebitamento+in+tutta+europa.png

Producendosi, tra gli altri questo "effetto", su cui vorrebbero ancora "studiare":


Insomma di fronte a questa imponente dimostrazione, nei fatti, della demenzialità delle politiche seguite in Europa, l'Italia deve persino chiedere di cominciare a studiare gli effetti di queste politiche per trovare, mumble mumble, una spiegazione che tutto il resto del mondo ha già indicato, da anni, e che, forse, non si sa, pare in effetti di no, porterà, chissà quando, ad "ammorbidire" l'applicazione del consolidamento fiscale
Naturalmente, l'idea ribadita dallo stesso FMI, che occorra sostenere la domanda (non fare supply side policies)- e questo, secondo il FMI, attraverso investimenti pubblici, per poter rilanciare gli investimenti e i consumi privati, e persino reflazionare, risolvendo il problema dell'occupazione -, non sfiora nemmeno i ministri Ecofin, che al massimo accettano di "studiare" gli effetti delle politiche che...si affrettano a confermare dopo quattro anni di disastri.

E tanto Padoan non incassato nessun OK, tantomeno sulla golden rule, e tantomeno ancora sul riconoscimento della dannosità delle politiche UE finora seguite, che lo stesso, lungi da additarne l'erronea impostazione, "esclude una revisione del patto", lasciandone l'ammorbidimento a "misure specifiche nell'ambito di regole che ci sono e che sono sufficientemente flessibili".
Il che si risolve non in una critica ma in una difesa del fiscal compact-Six Pack e ogni altra pattuizione analoga (il solo fatto che esista questa moltitudine di patti, acronimi, formule, tutte belle sovrapposte e inestricabilmente connesse tra loro, la dice lunga su quanto il diritto europeo, lungi dall'essere semplice, sia solo una selva oscura in cui i cittadini non devono mai scorgere una luce e una comprensione, travolti da un mumbo-jumbo per super-tecnici che difficilmente, a loro volta, conoscono e sanno spiegare cosa diavolo mai abbiano escogitato).

Ma la dichiarazione di Padoan, a sostegno del Six-Pack-fiscal compact&co., porrebbe a qualsiasi osservatore "razionale" questo interrogativo: ma se le regole ci sono già, per rendere più flessibile questo inestricabile diritto sovranazionale, perchè mai non sono state ancora applicate? 
E come mai per applicarle occorre addirittura una trattativa anche solo sullo studio degli effetti della parte di regole che sono state applicate, senza rivendicare la parte di regole che non sono state, evidentemente, finora applicate?
Insomma, pacta sunt servanda, in toto, mica solo per la parte di essi che fa comodo al più forte. O no?
Sarà, forse, che essendo tutte le norme in questione incomprensibili e scritte in modo da consentire valutazioni discrezionali ed arbitrarie, l'arbitrio diviene naturalmente il campo di espressione dei rapporti di forza?
L'OK immaginario e la mera fase di "studio degli effetti", che viene data come contentino (francamente patetico) da spendere sul fronte interno italiano, confermano questa ipotesi.
Anzi, non ipotesi, certezza: infatti l'articolo conclude,- senza scomporsi troppo, contraddicendo il titolo e pure tutto il resto (delle dichiarazioni di Padoan...difensive del fiscal compact)- dicendo che "nell'immediato, però, l'Italia continua a ritroversi nel mirino del Patto di Stabilità. L'Ecofin ha approvato le raccomandazioni della Commissione, chiedendo al governo" italiano di "operare un sostanziale rafforzamento della strategia di bilancio per garantire il rispetto del requisito della riduzione del debito". Anzi, i ministri Ecofin "hanno rafforzato le raccomandazioni, chiedendo di raggiungere l'obiettivo di medio termine" (il pareggio di bilancio ndr.) entro il 2015".
Ohibò, se il redattore ha tradotto bene quanto richiesto dall'Ecofin, rafforzando le raccomandazioni della Commissione (altro che OK incassato su "la qualunque": una vera reprimenda!) Padoan, lungi dall'avere ottenuto qualcosa avrebbe addirittura ricevuto una (mezza o intera) umiliazione, attesa la bocciatura, esplicita ovvero implicita (ma desumibile da fatti concludenti), della lettera da lui inviata a metà aprile, dove preannunziava il rinvio al 2016 del "pareggio strutturale di bilancio", (e di cui abbiamo abbondantemente illustrato ammissioni e portata).
E non è "Il Messaggero" in sè che pare incorrere in questo difetto di..."comprensione", dato che il Sole24ore (articolo di Beda Romano a pag.8), grosso modo, riporta l'andamento dell'Ecofin negli stessi termini, evitando di far cenno alla questione della scadenza del 2015 per il "pareggio strutturale": 
Repubblica, a sua volta, ci parla di una trattativa notturna proprio su questo punto: "Dalle raccomandazioni per Paese, approvate oggi dal Collegio dei commissari, è stata tolta durante una trattativa notturna la frase in cui si chiudeva alla richiesta italiana di una deviazione del percorso concordato per l'aggiustamento dei conti pubblici".
Insomma, nessuna approvazione del pareggio strutturale al 2016, ma solo un compromesso che lascia la pistola carica sul tavolo della governance UEM contro l'Italia, tacendo ambiguamente sul punto, fintanto che l'Italia farà le "riforme strutturali" (del lavoro, anzitutto, mica PER l'occupazione, non potendosi, come sapete, confondere la flessibilità di licenziamento con l'incentivazione dell'occupazione, dato che la deflazione salariale, che la prima consente, implica esattamente l'opposto dell'aumento dell'occupazione).

Ora, se le cose stanno così, cioè se questo è l'esito dell'Ecofin, COME SI PUO' PENSARE DI ESSERE ANCORA IN UNA DEMOCRAZIA SE I MEDIA NON SONO IN GRADO O NON VOGLIONO CONNETTERE LE NOTIZIE CHE LORO STESSI HANNO DATO IN PRECEDENZA E IL LORO OGGETTIVO SIGNIFICATO?

3. E passiamo al fronte istituzionale interno.
Molte cose si potrebbero dire, ma vorrei focalizzarne una.
Perchè è veramente clamorosa.
Della riduzione del Senato a compartecipe secondario della funzione legislativa, limitando il suo intervento deliberativo alla revisione costituzionale (per ora e per non dover affrontare la spinosa questione della "revisione" dell'art.138 Cost., che è assai dubbio poter modificare), ed eliminando il suo intervento deliberativo in generale, ma, in particolare sulla legge finanziaria/di stabilità, e, (udite-udite!), sulla ratifica dei trattati UE e sull'assetto degli enti territoriali - prevedendosi in materia un suo vago e spuntato "potere di controllo"- abbiamo già detto.
Il tutto si fonda su questo meccanismo:

"Dunque, L'ANTIPARLAMENTARISMO (sarà contento Lorenzo che evidenzia ciò costantemente), che è fenomeno direttamente connesso al preventivo condizionamento mediatico ed al conseguente forte consenso sondaggistico di cui gode la riforma stessa. 
Una connessione che è una progressione:
a) si individua uno pseudo-rimedio - cioè la possibilità "monocameralista" di fare leggi, tante leggi "veloci", e possibilmente di taglio alla spesa pubblica- come risposta alla crisi;
b) la gente lo ingurgita come un veleno (che infatti porterà a soffrirne, senza più antidoti democratici);
c) quindi vota (solo) mediaticamente a sostegno di ciò che gli si abbatterà addosso, senza averne veramente compreso il significato.

Insomma il SONDAGGISMO arriva a sostituirsi al Potere Costituente primigenio, nato dalla Resistenza, rafforzando un "potere costituito" - cioè di revisione in via solo derivata della Costituzione, fortemente condizionato dall'attenersi necessariamente a interventi "puntuali"- il cui unico scopo è agevolare I TAGLI ALLA SPESA PUBBLICA".


Nell'attuale "accordo" si trova però un'autentica perla.
Si prevede, infatti, che "le leggi elettorali, sia per la Camera che per il Senato, possano essere sottoposte, in via preventiva, a un giudizio di legittimità costituzionale su ricorso presentato da almeno 2/5 di una Camera".

Questa previsione, noterà bene l'attento lettore del blog, è limitata alle sole leggi elettorali
E la cosa non si comprende molto bene: perchè solo queste, quando tutte le leggi, comprese quelle di ratifica dei trattati, sono utilmente suscettibili di tale sindacato preventivo?
Lo abbiamo argomentato fin dai primi post:
"La clausola di salvaguardia e di emendabilità solo "in melius" della Costituzione andrebbe accoppiata con la possibilità, subito dopo l'approvazione e prima della stessa promulgazione (lasciando un adeguato spazio temporale di "riflessione" a tal fine, es. 15 giorni, prima dei quali non può essere inviato al PdR per la promulgazione), di deferire alla Consulta, su iniziativa di una minoranza qualificata del parlamento, le leggi di ratifica dei trattati e quelle che incidono direttamente su diritti previsti in articoli non soggetti a revisione costituzionale (una volta riformulato l'art.139 Cost.). Ciò rafforzerebbe concretamente la rivalorizzazione del parlamento e la garanzia costituzionale democratica. 
Ricordiamoci di queste soluzioni, perchè se non le inserissimo in sede "(ri)costituente" rischiamo di azzerare ogni possibile vittoria..."
 
Ma poi: perchè tanta preoccupazione di evitare la illegittimità potenziale della composizione delle Camere, a seguito di legge elettorale incostituzionale, proprio da parte della stessa legislatura che è sicuramente affetta da questo vizio insanabile, il quale avrebbe dovuto condurre, se si fosse voluta comprendere correttamente la portata della sentenza della Corte costituzionale, alla sua legittimazione limitata a deliberare solo una nuova legge elettorale per andare poi ad immediate elezioni?
Cioè, le camere che potrebbero fare solo una legge elettorale, una volta inteso in modo lineare e non tortuoso l'effetto "conformativo" della sentenza della Corte, pongono mano alla più imponente riforma costituzionale della storia repubblicana e, per di più, cercando per il futuro un rimedio a ciò che esse stesse ritengono di ignorare?
E per finire: non ha molto senso, neppure per la sola (e incongruente) legislazione elettorale consentire il sindacato preventivo e poi prevedere una minoranza del 40% (cioè i 2/5) legittimata a richiederla. E' un modo di rendere praticamente inoperativo tale strumento, tanto più se la legge elettorale in precedenza vigente, come nel caso, porta a "grandi intese" che rendono praticamente impossibile il raggiungimento di tale quorum da parte dell'opposizione.
In questo ci pare di scorgere una furbizia che, peraltro, non è accompagnata, (nella stessa restrizione dello strumento), da altrettanta competenza...sul senso profondo dell'interesse democratico della Nazione.
 

venerdì 20 giugno 2014

RISCOSSA ITALIANA: OGGETTO E FINALITA'

Donna Araba Fenice

Come molti sapranno, ormai, nella giornata di ieri, giovedì 19 giugno 2014, è stata costituita l'Associazione "RISCOSSA ITALIANA- Diritto ed Economia per la democrazia costituzionale".
Al più presto verrà attivato un sito in cui saranno accessibili Atto costitutivo, Statuto, regolamento e ogni altra informazione utile, anche per la possibilità di associarsi on line.
Le informazioni rilevanti sull'attività di questa Associazione no-profit, di natura scientifica e non politica, saranno via via rese disponibili sia sul sito, sia nelle iniziative di divulgazione che verranno opportunamente intraprese.

In attesa di tali strumenti di conoscibilità circa natura, scopi e attività dell'Associazione stessa, riteniamo utile pubblicare l'estratto dell'art.2 dello Statuto, nel quale sono stabiliti l'oggetto e la finalità dell'Associazione
Inutile dire che l'aspirazione al perseguimento dei suoi scopi statutari sarà possibile grazie al livello di prestigio scientifico ed alla passione civile dei suoi associati, nonchè alla cooperazione fattiva di quelli che riterranno di aderire, condividendo tali "oggetto e finalità", anche nelle loro proiezioni comunicative.
Sarà un compito arduo perchè, oggi, l'Associazione è una piccola "voce" che proverà a farsi spazio in un mondo mediatico che, attualmente, è allineato su posizioni che non offrono ai cittadini un quadro completo e rispondente ai fatti, economici e giuridici, che pure ne coinvolgono pesantemente l'esistenza.
Ci auguriamo che il buon senso e la passione civile consentiranno di vincere queste difficoltà e rendere più "grande" questa voce.
Ecco la norma dello Statuto:


Articolo 2
(OGGETTO – FINALITÀ E ATTIVITÀ)
1.     L’Associazione svolge la sua attività di utilità sociale a favore degli associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati.
2.     L'Associazione si propone di realizzare e diffondere attività scientifica, anche a carattere editoriale, ponendo particolare attenzione alla capacità divulgativa dei suoi contenuti: a tal fine promuove una ricerca scientifica interdisciplinare, al più elevato livello culturale, che coniughi Diritto ed Economia, nel perseguimento dello scopo sociale della sensibilizzazione del pubblico sui valori fondamentali della Costituzione, evidenziando l’attualità e l’evoluzione del modello socio-economico solidaristico e democratico a cui Essa si ispira.
3.     L'Associazione, informata al pluralismo delle diverse correnti di pensiero nel campo del Diritto e dell’Economia, monitora l’attività scientifica e la comunicazione mediatica nel campo di tali scienze, promuovendo le opportune iniziative di divulgazione basate sull'analisi dei dati e sul rigore scientifico al fine di realizzare un’informazione completa ed attendibile come insostituibile espressione di democrazia.
4.     In particolare la collaborazione tra gli studiosi di materie giuridiche e materie economiche, si esprime nel valutare congiuntamente l’evoluzione dell’indirizzo normativo, sia di livello nazionale che nel quadro dei rapporti internazionali, stimandone l’impatto ed i riflessi sulla situazione economica  e sociale italiana, con il fine ultimo di verificare se tale indirizzo risulti compatibile con la piena realizzazione dei diritti e dei principi fondamentali sanciti dalla Costituzione della Repubblica Italiana.