domenica 6 luglio 2014

LE MANOVRE, LE PARTITE CORRENTI E LA CRESCITA 2014: SUL CRINALE DELLA RECESSIONE...

 

Nel 2011 l'avanzo primario di bilancio fu dell'1% del PIL; nel 2012 è stato del 2,5%, mentre nel 2013 del 2,4%
Per il 2014, stando al DEF, ed alla sua ipotesi di PIL nominale (in crescita, per quanto via via...imprecisata secondo lo stesso Padoan), dovrebbe assestarsi sul 2,6% del PIL (40 miliardi e 681 milioni). 
Sommando alla buona queste cifre, cioè calcolando che il primo valore si riferiva a un PIL nominale poi decresciuto, per effetto della doppia recessione 2012 e 2013 (complessivamente superiore all'inflazione cumulata nel periodo), si ottiene che lo stato attuale della finanza pubblica ha "inciso" con un risparmio, destinato al pagamento di debiti pregressi (cioè gli interessi sui titoli, essenzialmente nella quota destinata ai detentori esteri), per un ammontare che sicuramente supera 7,5 punti di PIL (>6 punti di PIL per il solo periodo fino al 2013).


Ora La Repubblica, riferendosi genericamente a un'economia italiana asfittica, parla di un outputgap italiano di 9.8 punti di PIL, quale misurato da un economista americano Laurence Ball
Questo outputgap non è, ovviamente, l'intera decrescita (cioè il diverso concetto di variazione negativa del PIL nominale rispetto all'anno precedente) registrata dall'inizio della crisi, dovendo al riguardo riscontrarsi valori diversi: la recessione verificatasi in double dip dal 2009, porta, secondo Bankitalia, a circa 7 punti di PIL persi rispetti al livello del 2008.
Tale recessione, cioè arretramento effettivo del PIL, è stata la più alta tra i paesi UEm ad eccezione, ovviamente, della Grecia. 

Invece, secondo lo studio di Ball, per l'Italia, la situazione è peggiore, anche rispetto all'outputgap, cioè al differenziale di crescita rispetto alla effettiva potenzialità produttiva, registrabile quindi anche in assenza di variazione negativa del PIL (esso può dunque manifestarsi anche come minor crescita in situazione non ufficialmente recessiva). 
Lo slittamento italiano è stato e sarà più marcato. "La perdita di prodotto potenziale era stata del 9,88 per cento al 2013, ma salirà oltre il 12 per cento nel 2015".
Al di là di specifiche misurazioni della esatta correlazione tra saldo primario e outputgap, dunque, il primo si correla senza dubbio al secondo, come ben sanno gli economisti che si sono trovati a studiare il problema.
Questo perchè il saldo primario corrisponde, in situazioni di recessione determinati da shock esogeni all'intervento fiscale, "ad un'errata politica prociclica".

Non ripeteremo come questo risparmio "pubblico" sia sostanzialmente e invariabilmente una quantità di risorse sottratte alla domanda (investimenti e consumi, proprio nel momento in cui occorrerebbe rilanciarli), nè che che esso consegue a quel famoso mix di tasse e tagli in surplus rispetto alla spesa corrente al netto degli interessi che dà luogo a un moltiplicatore che, grosso modo, è pari a 1,5: basta applicare questo moltiplicatore al saldo primario realizzato tra il 2011 e il 2013 per avere quasi l'esatta misura dell'output gap al 2013. 
Infatti, 6x1,5=9,00. 
Il resto ce lo mette la ovvia tendenza degli "operatori razionali" a contrarre investimenti e consumi in una fase di prolungata recessione fiscalmente indotta, allorchè l'attesa dell'ulteriore inasprimento fiscale porta alla naturale creazione di risparmio di riserva per fronteggiare pagamenti attesi come inevitabili. 
Vi risparmiamo le proiezioni confermative, in peggio, sull'output gap connesso agli avanzi primari 2014 e 2015: basti dire che 8,6x1,5=12,9, sicchè l'ouput gap al 2014 basterà e avanzerà per raggiungere il risultato che Ball colloca al 2015.

Ora noi abbiamo visto in precedenza che, per effetto della manovra di stabilità del 2013, l'Italia parte da una decrescita derivante dalla minor domanda interna, indotta in via fiscale, di circa -0,9 punti di PIL.
Giunti alla seconda metà dell'anno, è difficile calcolare gli effetti di incisione fiscale ulteriori, data la sovrapposizione con le misure già programmate nella suddetta manovra 2013. 
Di sicuro, però, possiamo dire che in parte i calcoli di gettito effettuati in quella sede si sono rivelati errati per difetto, dando luogo a diversi inasprimenti fiscali disposti nel corso del 2014 e non adeguatamente percepiti dagli italiani (parliamo del diverso regime di detrazioni e deduzioni dal reddito in sede IRE e dell'inasprimento sia di sovraimposte locali che di tassazione sulle rendite finanziarie, che di regime dell'imposta patrimoniale sugli immobili, tra l'altro assoggettati a raffiche di accertamenti in rettifica delle rendite catastali, che anticipano l'accelerazione della riforma del catasto chiesta perentoriamente dall'UEM e prontamente accettata dal governo).

Si può cercare di quantificare quanto avverrà nella seconda parte dell'anno e, stimatone l'impatto sul PIL azzardare una previsione sulla crescita (uno sport in questa sede abbastanza azzeccato, sia pur attenendosi a stime prudenti per difetto, e che, invece, "altre" autorevoli fonti tendono regolarmente a sbagliare, trovandosi senza alcuna difficoltà a ricorreggere in pejus le immancabili previsioni di "ripresa").
Diciamo subito che, rispetto a questa precedente stima, dobbiamo registrare un andamento del saldo delle partite correnti migliore di quello che (forse per un refuso nell'indicazione del dato, che intendeva 2,00 e non 0,2 punti di PIL) avevamo ipotizzato sulla base di altra fonte.

Ma andiamo con ordine: i famosi 80 euro verranno coperti, almeno nelle intenzioni, al di fuori delle misure di inasprimento fiscale già viste e derivanti dalla legge di stabilità 2013. Si dice che dovranno essere reperiti circa 7,7 miliardi: " Le risorse per finanziare il decreto legge Irpef, nel 2014, arrivano in misura maggiore della entrate tributarie (4,5 miliardi), mentre attraverso i tagli vengono reperiti 3,1 miliardi. Negli anni successivi le entrate extra ammontano a 3,3 e 4,4 miliardi, mentre i tagli sono pari a 3,4 e 3,2 miliardi".
Dunque, la copertura, come che sia, non può che consistere in poste aggiuntive, non previste anteriormente rispetto a quella simmetricamente subentrata nel corso del 2014 come maggior spesa (si tratterebbe teoricamente proprio di una maggior spesa per stipendi pubblici, in forma di mancate ritenute a partire dal maggio 2014).
In questa ottica, dunque, dovremmo a rigore considerare 3,1 miliardi di tagli di spesa e 4,5 miliardi di maggiori entrate tributarie che, in un modo o nell'altro, dovranno essere imputabili allo stesso periodo di circa 8 mesi (maggio-dicembre 2014). 
Quindi 3,1x1,7 (moltiplicatore FMI per la spesa pubblica) x8/12 +4,5x0,85 (moltiplicatore fiscale ridotto alla metà per la legge di Haavelmo)x8/12. Il totale, ci dice il calcolatore, è di circa 3,5+2,6, cioè un minor PIL di 6,1 miliardi, pari a quasi 0,4 punti di PIL.
Dunque, l'impatto fiscale sul 2014, sommando la manovra 2013 e gli aggiustamenti 2014 pro-rata, sarebbe di 1,3 punti di PIL.
Ma, attenzione, questo risultato non tiene conto che la spending review ha già in parte agito nella prima parte dell'anno, affidata a provvedimenti vari di cui è difficile dare quantificazione differenziale, rispetto a quanto previsto nella manovra 2013, ma che, comunque, c'è stata. 

Infatti, il complesso delle misure adottate e progettate, secondo Padoan e l'esito dei "25 tavoli" aperti da Cottarelli, è comunque in azione dai primi mesi del 2014, e dovrebbe portare a risparmi di spesa per 7/8 miliardi. Non è difficile immaginare, dunque, che la stretta in corso, anche solo in via amministrativa, sia superiore di qualche miliardo alla cifra indicata a copertura del pagamento degli 80 euro ("Cottarelli ha anche verificato che è possibile ridurre gli incentivi alle imprese ed eliminare abusi e sovrapposizioni, anche con controlli più severi, nelle prestazioni sociali e assistenziali, così come si può risparmiare riorganizzando e informatizzando la giustizia, tagliando enti inutili e accorpandone altri. È chiaro che non tutto si potrà fare subito, ma almeno 4 miliardi si dovrebbero ricavare già nel 2014, secondo il governo, fermo restando l’obiettivo di raggiungere un taglio della spesa di 32 miliardi nel 2016.Quattro miliardi dalla spending review quindi, ai quali si aggiungeranno 3 miliardi dal rientro dei capitali nascosti all’estero, secondo il provvedimento varato dal governo Letta, e 3 miliardi da minore spesa per interessi sul debito, grazie all’andamento favorevole dei mercati...").
Si può ragionevolmente ipotizzare, dunque, un effetto "depressivo" di almeno 1,5 punti di PIL.

Senonchè, tornando all'attivo delle partite correnti, l'ultimo dato disponibile, datoci da Bankitalia il 19 giugno, ci dice di un attivo delle partite correnti, ad aprile 2014 - realizzato quasi esclusivamente per contrazione delle importazioni e con volumi delle esportazioni sostanzialmente invariate rispetto allo stesso aprile 2013- di 22,761 miliardi pari a poco meno di 1,5 punti di PIL.

Davanti a questo dato, il risultato più probabile, sarà quello di una crescita da zero "fino" allo o,2 (calcolato da Confindustria), essendo sostanzialmente equivalenti il surplus con l'estero e il calo della domanda interna.
Questo avvalora quindi le molte previsioni, in cui, ormai con un certo ottimismo, si colloca la crescita del PIL 2014 tra 0,1 e 0,3 punti di PIL (quest'ultima attribuibile allo stesso Padoan).
Dico ottimistiche, perchè non tengono conto degli aggiustamenti sulla spesa effettuati in via amministrativa e presumibilmente non computati in tali previsioni (meno che mai applicando un moltiplicatore realistico) e perchè ci si basa sul mantenimento fino alla fine dell'anno di tale surplus: ma fermo restando che esso si basa sulla stabilizzazione di un calo delle importazioni -che tra l'altro prospera sulla deindustrializzazione, cioè sul calo della bolletta energetica-, non è neppure detto che si mantenga il livello assoluto delle esportazioni, ormai costante dal 2013.
Insomma, la domanda estera, per molteplici concomitanti ragioni, potrebbe non tenere fino alla fine dell'anno nella misura attuale.
Ogni decimale di scostamento dalla misura registrata attualmente, dunque, potrebbe innescare una, sia pur lieve, recessione.Di cui si avverte già qualche traccia, almeno nella "lotteria" Istat...
Poi subentrerebbe la manovra di stabilità per il 2015; se attuata nella misura prevista, come abbiamo visto, la recessione nel prossimo anno sarà praticamente cosa certa. 
E non si tratterà di decimali.

15 commenti:

  1. Ci sarebbe quasi da dire "e mentre il Titanic affondava, l'orchestra suonava".....

    "Ma in fondo che problema c'è?" -direbbe un piddino- "Ora aboliremo il Senato e ci sarà la crescita!"
    (Nemmeno Scalfari -al suo secondo editoriale- e Travaglio sembrano più esserne convinti..... ma tanto è. Il renzismo non è politica, è fede!)

    Mi rendo conto che è come parlare con quei nostalgici del ventennio secondo i quali la guerra era stata persa "per il disfattismo". E' un non parlare........

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    1. E ci sarà la "governabilità" in modo da fare tante meravigliose riforme per i "nostri figli" e non perchè ce lo chiede l'Europa...
      Scalfari e Travaglio iniziano a sospettare che diventeranno irrilevanti, esendo passata direttamente ai "duri" del liberismo la gestione del sostegno mediatico.
      E poi nuove ondate di "corruzionismo" spianeranno la strada alla tacitazione di ogni voce critica.

      In fondo, Renzi, se garantisce con la "governabilità", il taglio della spesa pubblica e la "riduzione del perimetro dello Stato" (a favore della nuova preparatissima classe drigente presa dagli enti locali di sua personale conoscenza), non incontrerà mai opposizione mediatica mainstream. Anzi...
      Il dissenso popolare, pio, è un'altra cosa: frammentato e non rappresentato pare solo un'informe onda livorosa che non sa più nemmeno dove infrangersi

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    2. Dissenso popolare.....
      Invero, la mia personale sensazione è che lo stiano gradualmente trasformando nella "folla oceanica" a favore di Renzi. Che problema c'è, del resto? E' "livore informe", può essere plasmato ed indirizzato come si vuole.

      Se questo è vero, l'unico modo è il crearsi di una situazione analoga al '43: con gli americani in Sicilia e S.Lorenzo ridotto in macerie, era difficile per chiunque non capire che le cose andavano male. E il livore tornò alla sua forma primigenia: tutti a rovesciare nella polvere i busti di chi prima era idolatrato, a buttare divise e camice nere e a sventolare nuovamente la bandiera con lo stemma dei Savoia.

      Certo: per arrivare a questo, servirà un paese massacrato........ possibile che dopo 90 anni di storia tutto quello che si possa fare è assistere al ripetersi del ciclo? E' questo, ciò che mi intristisce......

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  2. domanda: questa settimana rischia di approdare in aula la riforma del senato.

    se una maggioranza semplice potrebbe essere raggiungibile da Renzi, per i 2/3 si profila più dura.

    cosa succedere in caso di referendum conseguente? quali caratteristiche avrebbe quel referendum? si dovrebbe cmq raggiungere il 50%+1 per approvare la riforma oppure qualunque percentuale di votanti rende la consultazione valida?

    perchè se ci fosse un quorum si potrebbe forse anche scamparla....

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    1. Nessun quorum a norma dell'art.138. Conta la maggioranza dei (comunque) votanti.
      Per il resto, circa la pallida speranza che esista una reazione di dissenso popolare tra corruzionismo e antispesismo-pubblico, ti rinvio alla risposta a Lorenzo

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  3. "Quindi, per: immettere una valanga di liquidità da parte della Bce per portare rapidamente l’inflazione oltre il 2 per cento; finanziare attraverso euro-project bonds consistenti programmi di investimento (200 miliardi all’anno)", e quindi rimettere in moto il ciclo di Frenkel! Non ci siamo Fassina, non ci siamo.

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  4. A parte la trasparente ironia sul "pasticcino" :-), è chiaro come il sole che non solo non c'è spazio per alcuna trattativa coi tedeschi - che non sia una evidente resa "bofonchiata" con arretramento (specialità renziana abbastanza incipiente, allo stato dei fatti)-, ma che il piano B non ha dietro di sè, nell'area di governo, altro che personaggi recessivi...sempre di più, anzi

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  5. Il punto evidentemente debole nel discorso di Fassina è la "la dovuta attuazione di rilevanti riforme interne", dichiarate irrilevanti rispetto alla rotta europea, ma comunque dovute. Dovute secondo quale logica? Direi nazional - liberista, contrapposta a internazional - liberista; non provo ad approfondire il discorso di Fassina (ammesso che sia possibile), potrebbe essere invece un messaggio di settori economici nazionali che si sentono in pericolo ma non intendono (ancora?) rinunciare a certe "conquiste" acquisite.

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  6. E te credo che non ci vogliono rinunciare!
    Guarda questo (mi sa che ci farò un post perchè è veramente eloquente):
    http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2014/7/5/ITALIA-CONTRO-GERMANIA-Forte-solo-Marchionne-puo-salvare-Renzi-dalla-Merkel/512156/

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  7. Perfetto. Ma dal punto di vista di Forte la rotta europea va mantenuta, casomai concedendo quell'elasticità che riporterebbe in profondo rosso il CAB, mentre Fassina la dichiara inutile epperò sostiene ancora le "riforme" che, come cortesemente chiarisce Forte, possono solo essere il taglio dei salari. Che Fassina dice di paventare.
    Qualcuno forse ha le idee un po' confuse.

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  8. E' possibile avere qualche spiegazione che giustifichi quanto dice Bancaitalia secondo cui la recessione nel Mezzogiorno è sette volte peggio che nel Nord Ovest, visto che "dovrebbe" esistere nei trattati una riserva di parte italiana che le consentirebbe di non applicare politiche recessive a causa del dislivello esistente tra nord e sud mentre non si fà altro che insistere su politiche che aumentano questo dislivello ?

    Grazie

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    1. La spiegazione è molto semplice: l'atteggiamento negoziale italiano, prima, durante e dopo la stipulazione di ogni tipo di trattato "europeo", a partire dall'entrata nello SME, è totalmente prono all'influenza dell'ordoliberismo internazionalista.
      Cioè si privilegia il liberoscambismo, si usa come modello la sua degenerazione neo-mercantilista tedesca e si accettano e si intepretano i trattati contro l'interesse nazionale, non solo nell'equilibrio della coesione sociale ma nella stessa loro adattabilità al modello di specializzazione (di successo o ex tale) industriale italiano.

      Perchè l'hanno fatto? Perchè è una questione di potere politico: non si è tollerato più di avere un'economia democratica, cioè pluriclasse nella crescita del reddito e fondata su un capitalismo in cui il flusso della domanda fosse controllato dall'intervento dello Stato per la crescita e la prosperità generali.
      La finanziarizzazione delle imprese e la prevalenza dell'elemento bancario conducono a questo assetto e l'UE nè è il portato reale, come tutto questo blog cerca di mostrare fin dall'inizio.

      Sullo specifico problema delle politiche "correttive" per gli squilibri interni del mezzogiorno e delle isole -e sui suoi riflessi, in regime di moneta unica perdurante, su un'inevitabile squilibrio nazionale della bilancia dei pagamenti- ti suggerisco la lettura di questo post
      http://orizzonte48.blogspot.it/2014/03/ma-litalia-deve-veramente-battere-i.html

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    2. io agevolo questo. interessante la variazione a partire dal 2001 al 2014 regione per regione.

      http://scenarieconomici.it/i-dati-del-pil-tra-2001-e-2014-di-tutte-le-regioni-italiane/

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  9. Risultato: l'ordoliberismo coincide comunque, attualmente, esautorate le ultime propaggini dell'intervento statale a causa della prolungata applicazione della moneta unica, con i tea-party.
    Non c'è alternativa praticabile all'interno dell'UEM.
    Solo che Fassina vuole mediare ma poi si rende conto che occorra un vero piano B per reintrodurre i cambi flessibili, prima che la deflaziona salariale distrugga la domanda interna e con essa l'industria italiana.
    Forte è invece un entusiasta tea-party e vuole condurre il processo alle sue estreme conseguenze, credendo nell'economia neo-classica a matrice UE

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