martedì 16 settembre 2014

LE RADICI DEGLI ODIATORI DELL'UMANITA: IL "VINCOLO ESTERNO" CONTRO LA SOCIETA' IMPURA E CORROTTA


Orwell 1984

Questo post di Bazaar è disseminato di notizie, analisi e intuizioni. In un crescendo che culmina nella "requisitoria" finale, ci spiega la genesi stessa del concetto di vincolo esterno: non è una "cosa" italiana, only, è una categoria dello "spirito", puro ed incorrotto, della elite mercatista che, "disinteressatamente", cerca di emendare noi zotici dalla corruttibilità ed incapacità morale di cui siamo per definizione portatori.
Insomma, il vincolo esterno, intessuto di tecnocrazia "etica" che predica duro lavoro e più mercato per tutti, non ha nulla a che vedere con vili interessi materiali: è filantropiCa manifestazione di una trascendente spinta delle elites a far "progredire" la società.
Noterete che il "core" di questa visione, fin dal suo manifestarsi, è bipartisan: cioè si afferma al di là delle contrapposizioni formali che appaiono caratterizzare l'offerta partitico-elettorale. Perchè sono accomunate da questo "grande disegno" (di una "grande società"), che, al di là di piccole differenze sui diritti cosmetici, attesta la sottostante permanenza di GRANDI INTESE. 
Queste ultime possono essere dissimulate, in un'apparente contesa partitica sui diritti cosmetici (cito: tema “dell'immigrazione” ci impone di notare come quest'ultimo sia noto leitmotiv che sposta l'attenzione dell'elettorato dalla lotta tra classi per l'influenza politica - v. Kalecky - a quelle tra sottoclassi, che non ha reale impatto politico e funziona bensì da manipolatore del dissenso), oppure apertamente dichiarate
Proprio come oggi: in Italia e in €uropa.

Top Worldwide Think Tanks e l'ideologia bipartisan alla base del processo di mondializzazione.

(I) Introduzione
«La libertà non consiste nell'avere un buon padrone, ma nel non averne affatto»

Think tank: ma che sono? Ma quanti sono? Da dove arrivano? Che impatto hanno sull'opinione pubblica, sulle istituzioni e sul processo di rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini?

Un think tank, o serbatoio del pensiero, nato dal nome degli uffici dove gli strateghi discutevano i piani in tempo di guerra, consiste in un istituto di ricerca volto alla produzione di analisi strategiche di profilo politico, finalizzate alla consulenza a favore di istituzioni pubbliche o private.

Profilo politico” inteso in senso ampio, dove le ricerche sono mediamente volte a realizzare studi impattanti le scienze sociali: dalle tecnologie, alle questioni militari, dalla cultura, all'economia.

Già, l'economia.

Oikonomia, οἰκονομία...

Questi istituti possono essere sostenuti da governi, lobby o imprese, oppure si autofinanziano tramite le attività consulenziali e i lavori di ricerca. L'importante tradizione angloamericana vuole, almeno in USA e Canada, tali organizzazioni di ricerca considerate no-profit e, quindi, agevolate fiscalmente.

(II) Storia ed origini
Come antenati prototipi dei think tank, che hanno cominciato a diffondersi intorno alla seconda guerra mondiale, vengono considerati, ad esempio, l' Institute for Defence and Security Studies (RUSI), fondato nel 1831 a Londra e, sempre in Gran Bretagna la nota Fabian Society: mentre  negli USA, nel 1910, nasce la Carnegie Endowment for International Peace, chiaramente fondata da un filantropo, Andrew Carnegie, per «accelerare l'abolizione della guerra internazionale, la più ripugnante macchia sulla nostra civiltà».[1] Ma dai: il fil rouge pare sempre quello[2].

Chiaramente, da buon filantropo e pacifista, binomio aggettivale simbolo della neo-aristocrazia apolide[3], dichiarava di aver come maestro Herbert Spencer[4], «the single most famous European intellectual in the closing decades of the nineteenth century»[5].

Ma non mettiamo troppa carne al fuoco.

È nel corso del 1980 che inizia una una vera e propria proliferazione di think tank in tutto il mondo, in concomitanza con il fenomeno della globalizzazione, che potremmo definire come fase del mondialismo neoliberale filosoficamente e sociopoliticamente ispirata alla Grande Società di von Hayek: ovvero, con la fine della Guerra Fredda e l'emergere di problemi transnazionali. Infatti, due terzi di tutti i think tank che esistono oggi sono stati istituiti dopo il 1970, e più della metà sono stati istituiti a partire dal 1980[6].

Istituti di ricerca che inizialmente si trovavano localizzati quasi esclusivamente in America del nord,  Gran Bretagna ed Europa dell'est, con la globalization il processo mitotico colonizza Africa, Europa orientale, Asia centrale e Sudest asiatico, dove ci sarebbe stato “uno sforzo concertato da parte della comunità internazionale per sostenere la creazione di organizzazioni di ricerca di politica pubblica  indipendenti”... (da che?...). Una recente indagine effettuata dai think tank Foreign Policy Research Institute e Civil Societies Program sottolinea l'importanza di questo sforzo e documenta il fatto che la maggior parte dei think tank in queste regioni sono stati istituiti nel corso degli ultimi 10 anni. Attualmente ci sono più di 4.500 di queste istituzioni in tutto il mondo
La maggior parte dei think tank più affermati, con la motivazione di essere stati creati durante la guerra fredda, si concentrano su questioni internazionali, studi di sicurezza e politica estera.

(III) Istituti di ricerca d'oltreoceano: “de destra” e “de sinistra”.
Esemplificativi possono essere due recenti think tank, come il Center for American Progress, indiscutibilmente “progressista” come si evince dal nome, e la Heritage  Foundation, indiscutibilmente “conservatore”, sempre per lapalissianetà nominale.

(Gli spin doctor devono aver ben presente che “l'abito fa il monaco” come la cravatta fa il gentleman: la forma è sostanza e la sostanza è forma: sì certo, a sfogliare i rispettivi siti, uno è tipicamente “socialismo-liberal”, tutto diritti cosmetici, ecologia e distintivo, mentre nell'altro c'è solo il distintivo, probabilmente redatto da Clint Eastwood e John Wayne)

Mentre nel think tank repubblicano, come si legge dalle prime frasi dell'about, non ci sono dubbi sulla politica economica promossa: «mission is to formulate and promote conservative public policies based on the principles of free enterprise, limited government, individual freedom, traditional American values, and a strong national defense»: notare il neoliberismo dichiarato e l'antisocialismo direttamente richiamato dalla “strong national defence”; cioè, gli USA che sono considerati dagli analisti di fatto “inattaccabili” da nemici esterni, date la semplice geografia e l'incredibile potenza militare, dovrebbero avere i cittadini “terrorizzati” da eventuali aggressori quando verosimilmente la mancanza di stato sociale e la  disuguaglianza cagionano una decina di migliaia di lutti l'anno per violenza tra concittadini. Come da manuale neocon.

Estimated Global Gini Indices, 1820-2002[7]
Year Gini
1820 43.0
1850 53.2
1870 56.0
1913 61.0
1929 61.6
1950 64.0
1960 63.5
1980 65.7
2002 70.7
Source: Milanovic (2009)


Abbastanza esplicativa l'esplosione della disuguaglianza quando gli amici reagan-thatcheriani iniziano con T.I.N.A., it's time to globalization (notare la tabella 11, pag. 25, con attenzione agli USA).

La prima osservazione è che a quanto pare questi think tank “indipendenti” (...da che?) si son diffusi  al pari delle disuguaglianze sociali.

Ma torniamo a noi: quale contrapposto ideale ci riserverà un fondamentale consultant del “primo partito progressista” d'occidente?

Il Center for American Progress, nella sua mission, si dichiara come: «[...]un istituto educativo apartitico [ndt.: sarebbe interessante chiarire il senso di “apartitico” per un'organizzazione “progressista” quando esiste uno, e un solo, partito “progressista”]  e indipendente [ndt.: da che?] dedicato a migliorare la vita degli americani attraverso idee e azioni progressiste. Come progressisti, crediamo che l'America sia una terra di opportunità illimitate, dove le persone possono migliorare se stesse, i loro figli, le loro famiglie e le loro comunità attraverso l'educazione, il duro lavoro [ndt: perché, per un partito progressista, il lavoro deve essere e quindi – rimanere, se c'è - “duro”?], e la libertà di salire la scala della mobilità economico-sociale. [ndt: chiaramente godi di “mobilità” se, e solo se, ce la fai a vincere la sfida darwiniana – tramite il “duro” lavoro? - ; se non ce la fai sei benissimo libero di scivolare per terra e azzopparti per la vita: insomma, gli ammortizzatori sociali, limitando la libertà di caduta verso il basso, “non paiono una priorità per i progressisti che ci richiedono consulenze”]
Crediamo che un governo aperto ed efficace possa propugnare il bene comune sopra agli interessi particolari [ndt.: tipo gli interessi delle lobby?], sfruttare la forza della nostra diversità, e garantire i diritti e la sicurezza della sua gente [ndt: tema della sicurezza sempre ricorrente anche in the “left side”]. E crediamo che la nostra nazione debba essere sempre un faro di speranza e di forza per il resto del mondo [ndt: notare l'uso di “speranza”, “hope” in combinazione con “forza”, “strenght”: “il sogno americano” è messo in relazione al ruolo economico/militare nel globo]. I progressisti sono abbastanza idealisti da credere che il cambiamento sia possibile e sufficientemente praticabile per realizzarlo [ndt: chiaramente il progresso comporta cambiamento, deduzione tautologica: le proposizioni precedenti però, che non sembrano rilevare particolari tratti social-progressisti, vengono ricondotti al frame “de sinistra”, portando a quella logica programmatica che ispirò Tomasi da Lampedusa].
Sulla base dei risultati conseguiti da pionieri progressisti, come Teddy Roosevelt e Martin Luther King, il nostro lavoro affronta le sfide del 21 ° secolo, quali l'energia, la sicurezza nazionale [ndt: il solito tema dell'americano terrorizzato dal nemico esterno], la crescita economica e di opportunità, l'immigrazione, l'istruzione e la sanità. Sviluppiamo nuove idee politiche, critichiamo la politica che deriva da valori conservatori [ndt.: ovvio, l'antitesi di “conservatorismo” è “progressismo”: si “certifica” il frame, creando tesi e antitesi che, nell'immaginario pubblico, dovrebbe portare ad una qualche sintesi democratica e ad un nuovo “ottimo paretiano”], spingiamo i media a coprire le questioni che veramente importano [ndt.: sospetta antifrasi, a pensar male...], e modellare il dibattito nazionale. Fondata nel 2003 da John Podesta [ndt.: ovviamente potente lobbista di Chicago] per fornire una leadership a lungo termine e il sostegno al movimento progressista, il CAP è diretto da Neera Tanden e ha sede a Washington, DC [ndt.: dove ci stanno le “pubbliche hall” più famose al mondo]».

Insomma, si potrebbe già ipotizzare che, poiché non esiste nessun conflitto distributivo e, di conseguenza, nessun conflitto sociale, gli unici “conflitti” sono quelli causati da aggressioni dall'esterno: d'altronde, gli USA sono «faro di speranza e di forza per il resto del mondo».

(Mentre il tema della “sanità” può apparire a primo acchito un tema prettamente socialista, l'altrettanta evidenza data al tema “dell'immigrazione” ci impone di notare come quest'ultimo sia noto leitmotiv che sposta l'attenzione dell'elettorato dalla lotta tra classi per l'influenza politica - v. Kalecky - a quelle tra sottoclassi, che non ha reale impatto politico e funziona bensì da manipolatore del dissenso - v. Orwell, “I due minuti di odio” -, cioè puntella il sistema di gatekeeping)

La contrapposizione che si può quindi evincere, sembra proprio essere quella che abbiamo da vent'anni in Italia: diversa sensibilità sui diritti cosmetici, sui temi ecologici e su “lateralizzazioni” nominali.

(Temi assolutamente appassionanti se perde la propria squadra di baseball).

(IV) Sintesi e tentativo di ermeneutica dei principali tratti ideologici
Da due dei più importanti think tank che forniscono supporto agli spin doctor delle sinistre e delle destre delle nazioni occidentali, si apprende che la prima e più importante grande democrazia  moderna (ovvero, la cui “sovranità” dovrebbe appartenere a tutti i cittadini, indipendentemente da classe sociale, lingua, razza o religione), promuove un ordine sociale per cui “essere indipendenti” significa  proporre “tecnicamente” (la techné, πρᾶξις, è “strumentale” alla prassi politica, πρᾶξις)[8] soluzioni che non siano “condizionate dai partiti politici democraticamente eletti” (nonpartisan)  e siano indipendenti dalle istituzioni democratiche.

(Supercazzola ermeneutica: se ne deduce una visione per cui l'ethos, ἦθος, è un aspetto immanente della condizione sociale, esterno al locus dell'arbitrio umano, in quanto l'uomo è ontologicamente corruttibile e la società - somma di identici, non relazionati e inanimati individui che, essendo appunto disonesti e corrotti, sono inabili ad avere relazioni affettive ed effettive -  è intrinsecamente anch'essa corrotta e incapace di darsi – democraticamente – un ordine:  quindi l'entropia, la naturale tendenza al disordine - ovvero la condizione umana di “morte” - è l'unica etica che genera la “pace eterna”: il disordine diventa ordine. Il regno di Thanatos.

Libero il mercato di agire secondo le proprie leggi supreme, svincolandosi quindi dal nostro Art. 41 Cost., un “novus ordo seclorum” nascerà dal disordine.

«Requiem aeternam dona ei domine et lux perpetua thermodynamicae secundo principio luceat»

«Amen» 

In questa inversione causativa rispetto al comune sentire, il “mercato” è un'entità ontologica, incorruttibile indipendentemente dagli attori/agenti stessi che la compongono, dotata di leggi “naturali” – di tipo spenceriano/darwiniano – che in un'ottica evolutiva espunge, sterilizzando, l'infezione della dimensione umana: l'uomo stesso).

Mumble, mumble[9]...

Il bene della società è affidato, quindi, alle scelte dipendenti dalle lobby private: perché si sa, è il libero mercato che fa le migliori scelte per l'individuo: individuo che per antropologia o, meglio, per genoma, ha necessità di essere guidato e governato da una élite spirituale, nobile e pura, selezionata dalle leggi incorruttibili di oikonomia.

(A questa considerazione potrebbe essere interessante sottolineare il tema ricorrente della contrapposizione tra purezza e corruzione[10], strettamente correlato a nevrosi e a disturbi della personalità[11] che hanno la peculiarità dell'egosintonia e dell'adattamento alloplastico: insomma, si potrebbe individuare l'eziologia di un virulento focolaio di sociopatia politica)[12].   

Tutto ciò pare essere primario valore della società, almeno stando alle mission dei più grandi think tank degli unici due partiti politici del paese più influente al mondo...

p.s. una buona riflessione ed autocritica, per chi si propone come democratico e pluralista così come da Valori costituzionali, è provare a collocarsi come ivi suggerito.


(V) Addendum

Come ci fa notare il mitico poggiopoggiolini in I’AM A HUMANIST AGAINST THE POST-DEMOCRACY,  un esoterico Schaeuble afferma che per l'eurozona “il vero problema è l'essere umano”: quod erat demonstrandum.

Schaeuble candidamente esterna il tratto caratteristico dell'ideologia anti-socialista - e quindi anti-umana - che il problema non è la disumanità della techné al servizio di una distopica civiltà inumana: il problema è, appunto – come per inversione di causazione segnalata nella “supercazzola ermeneutica” - dell'Uomo stesso che, ontologicamente incapace di “fare la cosa giusta” posto di fronte al libero arbitrio (ovvero la possibilità di risolvere secondo coscienza una crisi, κρίσις)[13] – deve essere tecnicamente vincolato in un ordine che risponde a regole etiche “esterne”, “imparziali” e “supreme” in quanto individuate da una élite dello spirito, ad esse congeniale. Unica élite illuminata degna di occupare le parti alte dell'uomo post-democratico, quelle del logos: le ignominiose “parti basse” possono essere tranquillamente occupate dagli zotici, buoni solo di lavorare duramente e di riprodursi. Ovviamente se sono fortunati.

La nevrosi dell'Uomo.


[1]      Edmund Jan Osmanczyk and Anthony Mango, Encyclopedia of the United Nations and International Agreements. London: Routledge, 2004
[2]      «Se non fai le “riforme strutturali” si scatenano – o scateniamo, vedi tu... - una guerra sanguinosa; e ricorda: in battaglia tendono a morire quasi esclusivamente i “lavoratori”... pardon, i disoccupati...»
[3]      http://orizzonte48.blogspot.it/2014/05/la-grande-societa-pan-europeismo-per-la.html
[4]      http://orizzonte48.blogspot.it/2014/04/la-sofferenza-dei-pochi-che-decide-la.html
[5]      Thomas Eriksen and FinnNielsen, A history of anthropology (2001) p. 37
[6]      http://www.fpri.org
[7]      http://www.unicef.org/socialpolicy/files/Global_Inequality.pdf
[8]      WARNING: questa banale parentesi, è fondamentale per sottolineare che chi «mente sulla techné, anche semplicemente marginalizzandone l'importanza, mente implicitamente rispetto agli ideali che professa di perseguire.
[9]      Diego e Velo di Maya, se ci siete intervenite... e fermatemi... :-)
[10]     http://www.ascoltopsicologico.it/site/articolo.asp?id_area=27&id_rubrica=88&id_articolo=485
[11]     https://it.wikipedia.org/wiki/Disturbo_antisociale_di_personalit%C3%A0
[12]     In vulgaris: «poiché il malato non si riconosce tale, e tende ad avere un “locus of control esterno” - cioè “è sempre colpa degli altri” - pretende di alleviare le proprie sofferenze cambiando il mondo esterno, ovvero cambiando “gli altri”».
[13]     Vincolare un uomo e costringerlo “a fare la cosa  giusta“ tramite la sofferenza psico-fisica come quella “sociale” generata da una crisi economica, è puro distillato di ciò che G. Orwell descriveva come l'essenza del potere: la facoltà di infliggere dolore a terzi. (Con buona pace di Aldous Huxley che sosteneva fosse sufficiente “l'ipnosi delle masse”...)

21 commenti:

  1. Migliorare, o modellare, gli "zotici" col dolore, in modo eterodiretto attraverso uno o più vincoli esterni...
    Tema ricorrente, filo rosso della storia dell'umanità.
    Che sia attraverso la religione o le politiche economiche, fa lo stesso, c'è sempre una minoranza che vuole fottere il resto della comunità.
    Vengono perfezionati gli strumenti, articolati i fini, ma la sostanza resta immutata: la sopraffazione.
    Seguendo da tempo ciò che accade in quasta parte di mondi che è l'europa, conoscevo benissimo le parole di schaeuble, e le trovai abominevoli.
    Alla fin fine il male è una cosa banale.

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    1. E' peraltro interessante (eufemisticamente parlando) constatare come si sia sviluppata, storicamente e concettualmente, questa "rimonta" del pensiero liberista e di sottostante drawinismo (gerarchizzante ex post le posizioni economiche comunque acquisite): dagli anni '80, in particolare, parte l'ideologia del tecnicismo pop col suo contorno ossessivo di diritti cosmetici.
      L'importante, non finirò mai di sottolinearlo, è riprendere e vincere definitivamente il "conflitto distributivo", dissimulando la lotta di classe verso contrasti artificialmente creati di scontri tra "sottoclassi" opportunamente trasversali (incluso il dissidio sulla parità di genere, sulla identità sessuale, sulla cultura dell'integrazione razziale: tutte nozze coi fichi secchi, per tutti, e banchetti autocelebrativi per i molto pochi)

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  2. Notizie di ora...Renzi avrebbe detto alla camera che (wall streeet italia) banche straniere fallite e salvate con i soldi degli italiani si permettono di dare giudizi negativi dell'Italia....e poi ancora http://finanza-mercati.ilsole24ore.com/azioni/analisi-e-news/tutte-le-news/news-radiocor/news-radiocor.php?PNAC=nRC_16.09.2014_11.19_22250180
    sugli avvisi di garanzia....Renzi, bene le analisi e le parole , ma non servono senza trarne le URGENTI connseguenze politiche! Comunque vediamo i commenti degli organi di regime....

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    1. Conosco la tua propensione ad attribuirgli il 25 luglio: ma rimango scettico :-).
      Si tratta solo di fiuto politico in chiave di un possibile cimento elettorale. D'altra parte, occorrerebbe una esplicita "contemplazione" dell'euro e del modello economico ultraventennale dei trattati (e del vincolo esterno). Impensabile, da quel fronte e considerate le forze varie che lo sostengono.

      Prendere effettive decisioni di tipo istituzionale per por fine ad un assetto di governance in Italia, è tutt'altra cosa.
      Addirittura intraprendere passi sostanziali - e non meramente di composizione dei vertici- è lontanamente da venire da quella direzione: se non altro perchè, proprio sul piano elettorale, l'autocontraddizione della schiacciante maggioranza degli esponenti di tutte le formazioni politiche sarebbe "suicida; inclusa la "governance" del m5s, che segna obiettivamente il limite oltre il quale i media non potrebbero accettare una rimessa in discussione del modello di (sotto)sviluppo a cui i loro stessi slogan ci hanno condannato.

      Un riddle irrisolvibile per chiunque sia stato comunque coinvolto in politiche di governo negli ultimi 22 anni...

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    2. No, ma sono d'accordo che sono dichiarazioni interlocutorie ad uso politica interna piu' che estera....in pratica, cosi' rinnuova un po' di smalto e si mantiene ancora a galla...e tiene a bada iniziative come i forconi, che infatti sono spariti, l'hanno messo per quello...prima o poi pero' verra' il momento che parlare solamente non bastera' piu', e comunque dovra' spararle sempre piu' grosse....qualche conseguenza ci dovra' pur essere (speriamo)...



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  3. as I poveri parlano continuamente di denaro, gli altri badano a non farselo sottrarre.

    Cito: "... il problema non è la disumanità della techné al servizio di una distopica civiltà inumana: il problema è, appunto – come per inversione di causazione segnalata nella “supercazzola ermeneutica” - dell'Uomo stesso che, ontologicamente incapace di “fare la cosa giusta” posto di fronte al libero arbitrio (ovvero la possibilità di risolvere secondo coscienza una crisi, κρίσις)[13] – deve essere tecnicamente vincolato in un ordine che risponde a regole etiche “esterne”, “imparziali” e “supreme” in quanto individuate da una élite dello spirito, ad esse congeniale. Unica élite illuminata degna di occupare le parti alte dell'uomo post-democratico, quelle del logos ..."

    Poiché l'ottimo Bazaar non intende, palesemente, concorrere all'ambita pennanera di tranchant del giorno mi faccio avanti!

    La questione si risolve tutta nei seguenti grafici:

    1)- The Top Decile Income Share in the United States, 1917-2006 , (fonte)

    2)- Evolution of the Gini Index for the US, 1913-2009 (fonte nel grafico)

    3)- Average tax rate for each income group (fonte nel grafico).

    In unità con:

    4)- Growth of financial and nonfinancial profits relative to GDP (1970 = 100) fonte:Economic Report of the President, 2008 (ivi)

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    1. Ti ringrazio per il "supporto grafico" :-)

      Vedi, quando penso alla locuzione «affinché ciò non si ripeta mai più» - e al profondo e doloroso umano senso che ha fatto sì che in Europa, e non altrove, si siano sviluppate oltremodo le scienze sociali, fondamentalmente a sostegno della politica e, per gli umanisti, a sostegno della Democrazia e dell'uguaglianza sostanziale - penso di riflesso al motivo, alla causa, ad una eventuale scelta primigenia che può essere stata fatta dall'Uomo, per la quale il dolore e la sofferenza tornano a diventare l'archetipo vitale della stragrande maggioranza degli esseri umani.

      Quei grafici spiegano perché il mondo è così oggi: ma non spiegano "se stessi".

      Nel processo di "causazione circolare e cumulativa", un "tecnico" può essere appagato dall'aver identificato le variabili "difettose" della "macchina sociale".

      Un umanista, credo, dovrebbe invece chiedersi: "come mai" quei grafici? Cosa è successo nel '68? Perché, conveniamo o no che nel '68, ad iniziare dal Paese "spin doctor", successe qualcosa? Insieme a peace & love, buddismo e femminismo, Beatles & Rolling Stones e i radicalissimi (?) diritti di ennesima generazione?

      Si impone una scelta di "carattere culturale", una "idea" prima e un'ideologia dopo, per cui quei grafici che descrivono dei comportamenti sociali, sono condotti da un driver di carattere endogeno all'Uomo stesso? O sono variabili esogene, che possono essere semplicemente descritte dall'irrazionale esito di scoordinate scelte individuali? Scelte scorrelate di individui mossi solo dalla massimizzazione della loro ebbrezza o dalla immediata minimizzazione del loro dispiacere?

      Perché a ben vedere, se quelle variabili fossero "esogene", potrebbero anche aver ragione i neoliberali, e le distopiche conclusioni di Orwell essere corrette.

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    2. Esogene? In senso antropologico e filogenetico, certamente.
      In senso culturale, non necessariamente cosciente nel punto di vista delle scienze sociali, è un po' diverso. Bisognerebbe sempre chiedersi perchè per la maggior parte della sua storia evolutiva l'Homo Sapiens abbia vissuto senza questa cupa autodescrizione esistenziale, arrivando poi a riscrivere persino i propri drives fondamentali in pieno 800 (Spencer, Bentham ecc.), con una sicurezza pari alla debolezza dei presupposti cognitivi.
      In precedenza, questa legittimazione morale delle gerarchizzazioni umane, come tale inappellabile, era il connotato di tutto il periodo seguito alla furiosa cancellazione dell'universo "classico" (nel senso di ellenistico). NOn a caso la prima reazione a noi storicamente vicina fu chiamata "umanesimo".

      Il guaio è che in una società secolarizzata e WASP-led (per ora) nonchè a inclinazioni monoteiste bibliche individualizzate, è ancora più difficile denunciare la ipocrita mistificazione.
      Addirittura viene messo in contestazione l'illuminismo ovvero si cerca di inglobarlo nel fondamento liberista.
      Una vera imprecisione: la logica cartesiana e la fissazione del "metodo", escluderebbero per definizione un mondo in cui si proclamano, quali categorie classificatorie assolute, traendone granitiche convinzioni assiomatiche, mutevoli vicende di affermazione sociale, autorilevate da un numero ristretto di individui dediti con frequenza ad illeciti e comportamenti antisociali...

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    3. Stessa "frequenza d'onda": esattamente: "esogene" nel senso di "out of lucus of control", ovvero non oggetto di (libera) scelta dell'Uomo e, quindi, non esclusivamente connesse all'antropologia, alla "materia-genetica". "Genoma" che dovrebbe essere, per un umanista, neutrale al libero arbitrio.

      (Non vorrei - ulteriormente - sbilanciarmi ma, per come ho capito l'ultimo Hegel, «lo spirito dell'Uomo cerca nella Storia di "liberarsi" nonostante i vincoli naturali in cui è costretto»... e quindi la "dialettica", la coscienza di sé, ecc...
      Le mostruosità etiche che si evincono sembrano paradossalmente nascere contestualmente alle grandi rivoluzioni liberali (il primo UE/TTIP è del 1787): come se da quei "big bang" fossero nate come necessità storiche, sotto forma di tesi ed antitesi, due "ideologie formalmente contrapposte" che fino a Marx e, dopo il '68, marciano prepotentemente insieme facendo una "da guardiana" all'altra... vabbé, giusto per discettare...)


      Penso che questa considerazione sia fondamentale per poter aver le premesse etico-fondative della Dichiarazione universale dei diritti umani e, di conseguenza, costituzionalizzare l'uguaglianza sostanziale.

      (Guarda a caso, poi, la WASP-leadership si sostanzializza, si trasforma, ma MAI si riduce dal 1786/1787...)

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    4. @Bazaar
      Perché, conveniamo o no che nel '68, ad iniziare dal Paese "spin doctor", successe qualcosa?

      Certo che é successo qualcosa: i propugnatori di Utopia hanno preso il potere.

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    5. @ Bazaar 16 settembre 2014 14:20

      Cercherò di argomentare sulla metà che tu non citi a proposito del '68. E cioè: cosa è successo prima. Sul durante e dopo a cui facevi riferimento credo che potresti trovare qualche spunto dalla lettura di Costanzo Preve di cui accludo un primo link come contributo personale.

      Sarò schematico.

      Premessa
      Per tutti gli anni '50 del secolo scorso ci furono scontri tra cittadini e forze preposte al mantenimento dell'ordine pubblico (o come potrebbe venire in mente: per mantenere lo stato di fatto cristallizzato dopo la fine della guerra). Un sostanziale anche se precario equilibrio fu mantenuto per la comunione d'intenti fra cittadini e partiti e sindacati.
      Nel 1960 l'equilibrio si incrina (fine luglio a Genova): piazza De Ferrari è piena di cittadini tra cui moltissimi studenti allo loro prima uscita di massa.
      La rottura dell'equilibrio avviene più tardi.
      Su questo non so se potrò contare su vasti appoggi o reprimende stizzite perché non c'è unanimità.
      A Torino si dipanava il rinnovo dei contratti. E' ancora luglio, del 1962. In piazza Statuto e nei dintorni si combatte una vera e propria battaglia tra le forze preposte al mantenimento dell'ordine pubblico e i cittadini. Dopo il silenzio assordante degli anni '50 si presentano in piazza anche gli immigrati a Torino dal Sud Italia. Sono cittadini lavoratori dequalificati e spoliticizzati: operaiomassa è una delle definizioni coniate.

      Dico subito: a mio avviso. Tutto ciò che segue è tale.
      Ci sono parecchie analogie tra la quei prodromi e la situazione attuale. Ne indicherò alcune.
      Attenendosi al succo ristretto della questione, il punto di partenza del '68 è che lo scollamento tra la realtà e la narrazione dei media e delle organizzazioni sindacali e di partito è troppo evidente e deve per forza di cose schiantarsi contro la quotidianità .
      Nel momento in cui la disciplina di partito e di sindacato somigliano troppo al collaborazionismo, i cittadini vacillano nelle loro certezze politiche. L'intervento dei cittadini rimasti in silenzio a sopportare il peso della realtà (operaiomassa) o improvvisamente consci che la promessa della scuola di Gentile non basta più per restare a guardare aspettando i dividendi futuri (studenti), rovescia i piatti della bilancia: è il '68.

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    6. @Neri

      Ti ringrazio per il focus sull'Italia e per gli spunti: ti sottolineo però che la data "1968" che metto in evidenza come "milestone", è in riferimento ai grafici che tu stesso riporti sulla "disuguaglianza sociale". Grafici che credo tu abbia postato a supporto degli stessi studi che riporto nel post.

      Bene.

      Qual è il punto di minimo messo ben in evidenza da diversi dei grafici che anche tu stesso riporti? Di che nazione si tratta? Proprio quella che da dal dopo guerra lo spin economico-culturale all'Occidente?

      Credo che il "punto di minimo" in Italia sia intorno al 1975, con il PCI al 35%, mi pare: quindi la disuguaglianza torna a crescere anche da noi con le impennate delle milestones SME+divorzio fino ai giorni nostri...

      In Italia il '68, o meglio il '69, fu ben diverso a quello originale made in USA. Giusto? Noi lo celebrammo con Piazza Fontana, se ben ricordo... e lo chiudemmo, credo, nel '78 con via Fano, poco prima di votare per lo SME...

      Siamo d'accordo che il '68 europeo, ed in particolare quello italiano, fu ben diverso da quello americano? Lo stesso '68 parigino fu un po' diverso da quello "romano".

      Ma certi frame, certi slogan hanno poi etichettato e creato gli stessi "tag emotivi" nel resto del mondo. I gggiovani, la ddroga, l'ammòre, vietato vietare (lo slogan preferito di von freedom Hayek), ecc.

      Insomma, sembra che i grafici (ovvero, i dati!) che tu stesso riporti siano ben indicativi della "rivoluzione culturale" degli anni a cavallo tra i '60 e i '70, che parte dagli USA e, come da struttura, investe l'Europa.

      (Traiettoria culturale che, a differenza dei vari "rivoluzionari" che poi finirono a lavorare in banca, fu ben identificata da... Pasolini.)

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    7. Mi son perso un link.... a differenza dei vari "rivoluzionari" che poi finirono a lavorare in banca

      :-)

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    8. Un altro modo di definire il "punto di minimo" è la quota salari, e vedi che l'anno è lo stesso.
      Sono molto d'accordo su quanto dici "sul" '68: converrebbe perfino usare il plurale, tanto fu diverso nei vari paesi e tanto rapidamente cambiò molte pelli in dieci anni.
      Quando parli del maggio francese mi fai scattare un ricordo: aveva gli slogan più "creativi" e "poetici" (l'immaginazione al potere, sotto il selciato c'è la spiaggia...) che da noi attecchirono meno, ma piacevano tanto all'Espresso, e non capivo perché.

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    9. Im ITA partorì SdL e indicizzaz salariale, per dire (ancora nel 1976 la delibera CICCR sulla monetizzazione del deficit). Eravamo sfasati rispetto agli USA: e ora ce lo fanno pagare con gli interessi (in tutti i sensi)...

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    10. Caro Bazaar, interloquire con il tuo commento Bazaar 16 settembre 2014 14:20 comporta l'uso dell'artiglieria pesante. Infatti Quarantotto 16 settembre 2014 14:53 ne fa uso senza patemi ("Il guaio è che in una società secolarizzata e WASP-led (per ora) nonchè a inclinazioni monoteiste bibliche individualizzate, è ancora più difficile denunciare la ipocrita mistificazione") e di ciò non dubitavo.
      Dici che i grafici del mio commento precedente non spiegano se stessi? Io credo di sì e la spiegazione ti è ben nota dato che chiudi il post: "La nevrosi dell'Uomo."

      Mode IMHO on.

      Di questo, più o meno banalmente, si tratta.
      Chiedi: "Cosa è successo nel '68?". Non solo allora. La stragrande maggioranza (per non dire la totalità) degli eventi epocali iniziano in un modo e si attestano diversamente. La rivoluzione francese, quella d'ottobre, perfino al worldwideweb è toccato un tale destino.
      Considero il Freud storico-sociologo una specie di coltellino svizzero. A partire da "Totem e tabù" che fa specialmente al caso nostro ("... penso di riflesso al motivo, alla causa, ad una eventuale scelta primigenia che può essere stata fatta dall'Uomo ...").
      Non per nulla Freud non andava assolutamente a genio a vonH ("Freud, attraverso i suoi profondi effetti sull'istruzione (...) è forse diventato il maggiore distruttore culturale del nostro secolo"). Perché? Forse perché "non c'è modo di mostrare che il risultato generale delle analisi non potrebbe essere "inganno"" di quell'altro compagno di merende, nonché parente, di vonH: Wittgenstein. O forse perché "su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere", sfolgorante peeeeeerla del medesimo.
      Siamo tornati al punto di partenza. Quando è troppo evidente la differenza tra la narrazione dei media e la realtà si deve scendere a patti o aspettarsi l'inevitabile schianto. (non siamo tutti qui per cercare favorire la prima ipotesi vedendo che la seconda è assai probabile?)
      Pertanto, non c'è da stupire:
      "Ma certi frame, certi slogan hanno poi etichettato e creato gli stessi "tag emotivi" nel resto del mondo. I gggiovani, la ddroga, l'ammòre, vietato vietare (lo slogan preferito di von freedom Hayek), ecc."

      Mode IMHO off

      Sono invece in completo disaccordo con te a proposito di:
      "Perché a ben vedere, se quelle variabili fossero "esogene", potrebbero anche aver ragione i neoliberali, e le distopiche conclusioni di Orwell essere corrette."
      Il difetto maggiore della costruzione nevrotica (lato sensu) consiste nell'uso pressoché univoco di attività insostenibili: prima o poi è necessario venire a patti o aspettarsi lo schianto.

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    11. «[...]prima o poi è necessario venire a patti o aspettarsi lo schianto[...]»

      Speriamo che in caso di "patto" non sia compreso lo "schianto" stesso. Un patto con la realtà si chiama spesso "impatto con la realtà".

      In realtà - mode IMHO on - io "spero" che esista una lucida volontà di creare "schianti" nella Storia, magari in funzione di fini indicibili: perché se c'è una volontà verso il "male", ci può essere anche una volontà verso il "bene".

      Se esiste una "finalità", questa volontà non ci può non essere. Vedi Hegel come accennato sopra.

      Se così non fosse, e la Storia prosegue secondo leggi deterministiche che non lasciano scelte all'ecumene globale, è difficile trovare un senso alle libere scelte individuali e quindi trovare fondamenti valoriali che assolutizzino l'ethos.

      In quest'ultimo caso, se l'Uomo è destinato a "schiantarsi" - "irrimediabilmente" data l'attuale tecnologia - in quanto incapace di esercitare una libera scelta, poiché gli istinti passionali non possono portare ad un Ordine, una microscopica minoranza che si autoproclama "illuminata" potrebbe pretendere pari dignità etica nel momento in cui propone un'eugenetica che porti:

      1 - al dispotismo (illuminato) sulla moltitudine irresponsabile, immonda e indegna della libertà e dell'autodeterminazione

      2 - alla sopravvivenza e alla perpetuazione della (loro) specie (illuminata)

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  4. praticamente Schauble viene dal periodo medioevale o quanto meno preilluminista.

    è venuto qui dal passato per cambiare il futuro: per fare in modo che la società feudale non termini mai.

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    1. Non proprio feudale: tecnocratica neo-imperialista. Che poi, nei rapporti sociali di gerarchia, "mima" la concentrazione di ricchezza di un passato S.Romano Impero (basato però sul dominio ripartito del territorio, limitatore della sovranità indistinta delle comunità più tardi incarnate dai sovrani "unificatori"...Ma Westfalia di certo non rileva, oggi, solo per questo)

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  5. Be'...se pensiamo che, nel feudalesimo, la piramide feudale esistette solo nei testi giuridici (che tentavano una giustificazione "a posteriori"), ma i rapporti furono piuttosto di tipo reticolare, il neoimperialismo potrebbe essere neofeudale.
    Con tanto di possibilità per l' (auto)valvassore di ribellarsi al sovrano.

    Firmato: Yuridieffe

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  6. Mi permetto di segnalarti wuesto sito i cui articoli ho trovato assai interessanti http://aurorasito.wordpress.com/

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