mercoledì 18 febbraio 2015

GRECIA, LIBIA E...ITALIA. IL TIMING USA DELLA STRATEGIA PRESUNTIVA

Lew

http://dirtdiggersdigest.org/archives/3587 (link interessante)

PREMESSE


"Gli Stati Uniti scendono in campo nel tentativo di sbloccare lo stallo delle trattative sul rifinanziamento del debito greco. Il segretario del tesoro Jack Lew ha chiamato il ministro delle Finanze ellenico, Yanis Varoufakis, avvertendolo sul rischio di "immediate difficoltà" qualora non si trovi un accordo. "E' il momento di passare ai fatti", ha detto Lew al collega di Atene. Si deve "trovare un sentiero costruttivo in accordo con il Fmi e i ministri europei delle finanze", ha proseguito Lew nel corso della telefonata col ministro ellenico, durante la quale ha anche ricordato come "l'incertezza non sia una cosa buona per l'Europa". Il segretario del Tesoro ha quindi insistito con Varoufakis sul fatto che un accordo della Grecia con il Fondo monetario internazionale e con l'Europa deve basarsi sul fatto che esistono i margini per fare passi in avanti sia sul fronte della crescita sia su quello delle riforme. 
L'esponente americano ha infine assicurato il collega greco che fara' di tutto per incoraggiare i creditori internazionali della Grecia a raggiungere un accordo.
Una telefonata che il diretto interessato, Varoufakis, legge come un monito anche per l'Europa. "Il segretario del Tesoro Usa mi ha effettivamente detto che un mancato accordo danneggerebbe la Grecia", ma "ha aggiunto che danneggerebbe anche l'Europa. Un avvertimento a entrambe le parti", ha scritto l'esponente del governo ellenico su Twitter... "



"Che poi, con riferimento all'Ucraina ed alla Libia, mi domando se sia "una coincidenza" che, nel primo caso, Merkel ed Hollande abbiano sostanzialmente dribblato la Mogherini, e che, nel secondo, si sia provveduto a metterle accanto in fretta e furia Barnier, sostanzialmente commissariandola.




Insomma, ci sarebbe da domandarsi cosa altro deve fare "questa" europa per farci capire che ci disprezza...".


IN MEDIAS..,REM PUBLICAM



1. Il passare delle ore dimostra una cosa abbastanza evidente: la questione “Libia” rientra, come molti altri argomenti “sovra-mediatizzati”, in una strategia di gestione dell’opinione pubblica che, da un lato, alza la posta in gioco su un aspetto che vede il nostro governo sicuramente inadempiente, e cioè l’ordinaria difesa dei confini del territorio nazionale, dall’altro asseconda, senza rivelarla, la sussidiarietà delle nostre politiche sia estera che economica alla prevalente influenza degli Stati Uniti.
Capire ciò implica una certa freddezza, nel senso di non emotività, di giudizio: la “sparata” domenicale sull’intervento militare in Libia e sui prioritari interessi economici nazionali divenuti improvvisamente...una priorità, viene quasi subito contraddetta da un atteggiamento di recupero della via diplomatica che, nel contesto, non appare coerente con le notizie e i fatti addotti per giustificare lo stesso intervento militare.
Questi ultimi, nonostante le richieste di Obama al Congresso, variamente riportate dalla stampa, appaiono orientati a promuovere interventi limitati su territori selezionati, quali l’Irak e la Siria, dove ritengono sia effettivo il bisogno di un urgente contrasto all’offensiva dell’ISIS. Per “limitati”, poi, si intendono interventi compiuti da forze aeree, compresi i famosi “droni”, e, su terra, soltanto attraverso unità di truppe speciali. Cosa che lascia intendere, a sua volta, la selettività circoscritta (e in assunto chirurgica) di obiettivi e portata delle azioni su terra medesime.

2. A guardare bene, una volta che sia chiaro che, invece, sulla Libia, gli USA preferiscono la via diplomatica, - lasciando che le varie fazioni succedutesi alla violenta eliminazione di Gheddafi trovino un modus vivendi per la ricostruzione di uno Stato -, rimane l’inevitabilmente implicito “via libera” dato all’intervento aereo egiziano.
Dunque, tutto l’atteggiamento strategico, differenziato e comunque selettivo, adottato dagli USA, invia un chiaro messaggio agli europei, siano essi italiani, francesi o persino tedeschi, variamente coinvolti in consultazioni e ipotesi di intervento combinato, sotto l’egida di una risoluzione dell’ONU (che non sarebbe quella "sperata"...). 

E questo messaggio, ritraibile in “controluce” dal tipo di intervento prefigurato dagli USA, proprio perché paradigmatico e di fatto “esortativo”, può essere riassunto in questi punti fondamentali:
a) ogni paese occidentale “principale” che abbia problemi di controllo economico-industriale all’interno dell’area che ritiene di rispettivo interesse (o, meglio, “influenza”), incluso, ovviamente, in primo luogo il problema “energetico”, predisponga le sue autonome strategie di operatività militare. Messaggio che, specialmente per l'Italia, rinvia alle obiettive carenze generate dalle "politiche austere", nella prospettiva, poco appetibile per i cittadini italiani più debolio, evidenziata nel precedente post;
b) i problemi accumulatisi in passato, - e proprio a causa di una gestione non coordinata tra paesi appartenenti alla (ormai disastrata e conflittuale) Unione Europea-, bisogna attrezzarsi per risolverseli da soli, senza poter contare esclusivamente sull’ombrello della macchina militare USA;
c) quest’ultima infatti, rifiuta di impegolarsi in conflitti di area che non siano di propria diretta “pertinenza” (se non altro, per non averli provocati in via diretta, come in Irak), e dunque stabilisce il principio che la spesa militare relativa non sarà essenzialmente sostenuta dagli stessi USA, cioè andando a coprire i costi impliciti nei contrasti irrisolti tra gli interessi dei Paesi europei. Emblematico il caso della Libia, in cui è stata la Francia di Sarkozy a spingere per l’azione militare e a premere per tralasciare ogni rilevanza della no-fly zone che avrebbe dovuto contenere l’intervento occidentale secondo la risoluzione di “copertura” ONU;
d) gli Stati Uniti, anche al netto della fase – evidentemente ritenuta transitoria e superabile nel breve termine- della flessione dei prezzi petroliferi, rivendicano il proprio raggiungimento della “indipendenza energetica” e si tirano fuori dallo scenario arabo-mediorientale di nei termini e nelle modalità finora conosciuti;
e) la pressione sulla Unione Europea, esercitata con evidenza nelle tracce lasciate sulle risoluzioni e raccomandazioni in tema di difesa comune e rafforzata anche in chiave NATO con riguardo alla vicenda Ucraina, è nel senso di spingere per un livello di spesa pubblica e di rafforzamento dei dispositivi militari di tipo strategico che attribuisca un ruolo di alleato, all’Europa, caratterizzato da una crescente condivisione paritaria dell’onere in passato sostenuto dagli USA (e sempre meno tollerato dopo la “caduta del Muro di Berlino”).

3. Questo quadro, a sua volta, ci rinvia alle questioni sottostanti del TTIP e del mantenimento della centralità del dollaro come moneta di scambio internazionale. Ovvero al significato sostanziale di tali questioni (di cui il TTIP è, poi, soltanto UNO degli strumenti): gli USA sembrano sempre più orientati a estendere il reciproco coinvolgimento finanziario e industriale, a partire dal flusso di investimenti incrociati sulle due sponde dell’Atlantico, ma ribadendo la nuova filosofia enunciata da Jack Lew (qui, punto 2). Gli USA non intendono essere più gli “importatori mondiali di ultima istanza”.
E quale migliore indirizzo prescegliere che non quello del rafforzamento della domanda (pubblica), da parte dei paesi UE (ma leggasi UEM),  nel settore della difesa, quello in cui, in via diretta o indiretta, i sistemi d’arma prodotti dalla gigantesca industria bellica USA campeggiano al centro di qualunque ristrutturazione avanzata degli apparati militari?
Per gli USA, anche al di là del TTIP, ed anticipandone la sostanza correttiva dell’andamento post Bretton Woods, la sostanza dell’interesse sarebbe soddisfatta sia a livello industriale che geo-strategico.

4. Ma c’è un…ma.
Questa riconversione geo-politica, che assegnerebbe alla partnership militare europea un ruolo più intenso e autonomo (nelle rispettive aree “di competenza”) esige un periodo di investimenti e di politiche industriali (anche) nazionali - quelle aborrite dagli ordoliberisti euro-dominanti, in specie gli egemoni tedeschi-, che non solo sia sostenuto almeno nel medio periodo, ma che si trova senza ombra di dubbio in rotta di collisione con la mega-correzione interna all’area euro, intessuta di rigida austerità fiscale e di violenta deflazione salariale, a cui è strumentale l’alta disoccupazione strutturale perseguita deliberatamente nell’area.
Come abbiamo visto, il “riarmo” non sarebbe orientato a creare necessariamente nuova occupazione di personale della difesa, ma piuttosto alla intensificazione delle armi tecnologiche (che assicurano la definitiva supremazia strategica e che funzionerebbero come deterrente-dissuasore nell’ambito di rapporti di forza sempre più chiari); dunque, è chiaro perché le “voci” USA siano alquanto critiche sulla questione Grecia, come anche sull'austerità UEM in generale, fino al punto da evidenziare, con ragionamenti del tutto simili a quelli svolti in questa sede, che quanto vale per la Grecia si applica anche agli altri paesi economicamente disastrati dalle politiche UEM.

Queste esplicite affermazioni si fanno sempre più frequenti e aperte mentre, invece, gli Schauble e i tecnocrati dei paesi creditori, si danno sempre più allo spettacolo di una intransigenza illogica ed intrisa di un moralismo unilaterale, di un “solipsismo del creditore”, che gli stessi USA non esitano a stigmatizzare (almeno mediaticamente). E l’esistenza di questa attitudine pare essere la implicita premessa dell’atteggiamento negoziale seguito da Varoufakis nella ben nota (per ora tristemente) “trattativa”…Salvo decifrare quanto posto nella premessa a questo post, già nelle prossime ore

5. In questa situazione, la crisi della forma di governo, extracircuito elettorale e incentrato su un Esecutivo sempre più forte verso il Parlamento, tanto quanto, invece, più debole verso la supremazia politico-economica dell’ordoliberismo tedesco (in cui traveste il suo irrinunciabile mercantilismo per trovare la complicità delle elites locali europee), si trova sempre più in crisi.
Diviene infatti sempre più evidente che lo schema che ci sta governando negli ultimi 5 anni, (parlo della fase più intensa di disapplicazione della Costituzione), abbia perso la sua ragion d’essere.
E non solo perché nella sua attuale versione rivela la sua impreparazione politico-culturale (aspetto veramente drammatico per la “salute pubblica”), ma perché in effetti non garantisce neppure più quella direzione di "risanamento" che gli USA si aspettavano, (peraltro sbagliando la valutazione), nell’assecondare l’idea liberista e neo-classica di “stabilità finanziaria”, proteggendo il solo versante dei creditori. E ciò a scapito di enormi sacrifici imposti alla popolazioni, chiamate a sopportare il costo di una crisi indotta dagli errori macroeconomici, in realtà, da sempre innescati nella stessa impostazione dei trattati.

6. Di questi problemi la nostra classe di governo non pare minimamente consapevole.
Si sta addirittura intensificando l’ottusa vulgata assecondata dai media, in particolare dalle televisioni, che racconta di fattori come la svalutazione dell’euro rispetto al dollaro, del calo del prezzo del petrolio, e della truffaldina “flessibilità”, asseritamente concessa dall’€uropa ai vincoli di bilancio degli Stati UEM.
In verità si tratta di una flessibilità che è solo un’attenuazione quantitativa, (appena rilevante se non irrisoria), della teoria dell’austerità espansiva e della “crisi” imputata al “debito sovrano” che non può che apparire ridicola agli occhi di qualsiasi serio osservatore esterno. E risulta, in più, “truffaldina” perché applicata SOLO PER L’ITALIA,  ribadendo e non smentendo il paradigma del consolidamento del bilancio a ogni costo in fase recessiva. E tutto ciò con, in sovraccarico, la beffa di far passare il nostro paese, l’unico che ha cercato di rispettare gli obiettivi di raggiungimento del demenziale pareggio di bilancio (costituzionalizzato), come il grande malato d’€uropa.
Lo spettacolo più squallido è che siano politici ed “esperti” italiani a raccontare in questi termini questa versione della crisi, in un esercizio di auto-denigrazione che raggiunge ormai l’autorazzismo.

Dal punto di vista delle violazioni costituzionali e quindi del grave decadimento della democrazia che ciò comporta, una conduzione di politiche come quelle attuali non ce le possiamo più permettere: la deindustrializzazione, - non attenuata da episodici “ritorni” di fabbriche “cacciavite” occasionati dalla violenta (e nascosta all’opinione pubblica) deflazione salariale-, è troppo grave perché l’intera Nazione, possa e debba sopportare ancora una classe politica del tutto a digiuno della consapevolezza degli effetti della deliberata “distruzione della domanda interna”, a vantaggio di potenze straniere. E di poche mani forti industriali le cui sedi, amministrative e fiscali, sono sempre più localizzate all’estero.

7. Ma, ripetiamo, se questi interessi interni, dopo oltre 30 anni di dittatura del “vincolo esterno”, sono ormai tranquillamente ritenuti sacrificabili, il peso dell’Italia e, ovviamente, dell’intera eurozona, come “palla al piede” dello sviluppo economico globale, si inserisce ormai negativamente nel Grande Gioco geo-politico di riassetto degli equilibri all’interno delle più importanti aree economiche del pianeta, vecchie e nuove.
La Grecia, nel suo “piccolo”, richiama clamorosamente l’attenzione sulla follia tedesca, ma è sempre stata troppo debole per sopportarla; il problema, in effetti divenuto geo-politico alla luce degli sviluppi di questa rinnovata tensione politico-economica mondiale, diventa proprio l’Italia.
Il Bel Paese è il vero convitato di pietra della grottesca trattativa sulla “estensione” o “alleggerimento” della posizione debitoria greca.
Anche se i nostri politici fanno finta di niente.

La lotta ferina tra paesi creditori e paesi debitori sul famoso “saldo primario”, nella situazione attuale, segna la verità fallimentare (e non nascondibile coi soliti ideali cosmetici) che l’€uropa altro non è che un sistema di paesi creditori che addossano ai paesi debitori ogni prevedibilissimo costo di un’area monetaria che in partenza generava altissimi rischi (evidenziati da subito dai più grandi economisti degli ultimi decenni). Ma ciò solleva, inevitabilmente, il problema della sovranità democratica, cioè della stessa esistenza di una legittimazione dei paesi debitori a svolgere politiche autonome di interesse nazionale e ad essere, appunto, interlocutori strategici e anche militari del Paese dominante (behind the curtain): gli USA.
Ma sta anche a loro accorgersi di aver sbagliato a sostenere, in modo strumentale, questa costruzione europea, e di aver portato, nelle mani tedesche, lo strumento fino al punto in cui ha assorbito ogni altro “fine”: compresa la stessa convenienza strategica ed economica degli USA.

8. Probabilmente, una parte consistente degli ambienti di vertice americani ha realizzato ciò.
Quello che sembra frenarli dal trarne le dovute ed urgenti conseguenze, è però la vulgata (cialtrona e auto-razzista) di un’Italia ancora bisognosa di riforme, in testa quella della precarizzazione totalitaria del lavoro.
Si rassicurassero gli USA: è stata già raggiunta e con gli ultimi “rivolgimenti” legislativi, abbiamo superato la Germania e la Spagna. E con un grave danno che, a casa loro, (negli USA, dove tale modello è nato), stanno appena adesso cercando di correggere.
Al punto in cui siamo, dovrebbero auspicare, al più presto, un ricambio di classe dirigente che ponga l’Italia in grado di essere quell’interlocutore di cui, specie nel Mediterraneo, avrebbero un grande bisogno.
Più a lungo rimangono irresoluti, più la loro stessa strategia rischia di fallire. Per aver puntato, con prolungata miopìa, sui cavalli sbagliati.
Almeno smettessero di fidarsi, - laddove si “decide”-, di personaggi come i Friedman e i Luttwak, che sproloquiano di Italia senza averne mai toccato la dura realtà se non per “sentito dire” e senza avere sufficiente cultura economica per comprenderla. Personaggi che finiscono per portare incautamente soccorso ad una classe politica totalmente “non all’altezza” (come loro stessi, nell’auto-qualificarsi “esperti” di cose italiane), perpetuando la trita storiella delle “riforme”.
Almeno non ce li mandassero più a fare passerelle da liberisti anti-Stato, fuori tempo massimo, in televisione: dalla lettura dei maggiori giornali USA si comprende che ci sono “esperti” e commentatori americani più intelligenti e preparati di così

25 commenti:

  1. Utile per tirare le somme degli effetti dell'euro sul settore manifatturiero questo articolo di de Nardis sul sito di Nomisma: "L’industria non ha conosciuto una fase di boom prima della crisi (come è stato, invece, per le costruzioni) e ha subito poi un ridimensionamento di base produttiva senza precedenti nella storia italiana, se si fa eccezione per le distruzioni della seconda guerra mondiale."

    "Stimiamo che la produzione potenziale manifatturiera - ovvero quella ottenibile quando la capacità produttiva è pienamente utilizzata - si sia contratta del 18% tra il 2007 e il 2014 (tab. 1)[2]. I tre quarti di tale caduta (-13%) si sono realizzati nel corso della seconda e più lunga recessione. L’Italia non è sola nel ridimensionamento della base industriale: in Spagna la flessione è stata del 24% (-14% tra il 2010 e il 2014), in Grecia del 20% (-12%), in Portogallo del 6,5% (-2,5%), in Francia dell’11% (-6%). [...] Il potenziale manifatturiero è cresciuto in Germania di quasi l’8% nel corso della crisi, con i tre quinti dell’incremento verificatisi tra il 2010 e il 2014 (+5%)." Ma pensa un po'.

    "Considerando l’Italia nel confronto con la Germania (fig. 1, pannello di destra), si vede che il nostro Paese aveva all’inizio della moneta unica una capacità manifatturiera per abitante superiore all’economia tedesca. Secondo questa misura, dunque, l’Italia era più industrializzata della Germania in rapporto alla popolazione. Tale vantaggio si è annullato a metà dello scorso decennio, per la sostanziale stabilità del potenziale italiano e l’aumento di quello tedesco. A partire dal 2007, con l’esplodere della crisi, il gap è divenuto negativo, allargandosi sempre di più nel corso degli anni, principalmente a seguito della caduta dell’industria italiana. La capacità manifatturiera per abitante dell’Italia è nel 2014 1,5 volte più piccola rispetto alla Germania." Ovvero "Ne emerge una progressiva divaricazione, un processo di polarizzazione geografica centro-periferia che si è accompagnato alla più spinta integrazione." Bisogna solo tirarne le conclusioni.

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    1. Verissimo. Già in novembre De Nardis diceva: "I nuovi conti nazionali forniscono l’immagine di una manifattura in parte diversa rispetto a quanto era noto. Un settore più piccolo in rapporto all’insieme dell’economia, meno intensivo di lavoro e quindi più efficiente nell’impiego di questo fattore, più profittevole, ma anche maggiormente drenato di risorse nel corso del tempo dalla parte restante e meno efficiente dell’economia. Alla base del rialzo nel livello di produttività per lavoratore è il più elevato numero di ore lavorate per occupato rispetto alle precedenti stime. A ciò si accompagnano, inoltre, redditi orari di lavoro più bassi. Mentre il salto di livello della produttività è significativo, alcuni miglioramenti si osservano anche nella dinamica del valore aggiunto in volume per addetto, soprattutto nel periodo che precede la crisi. Nell’insieme scaturisce una manifattura contrassegnata da un livello competitivo migliore rispetto a quanto era implicito nelle vecchie stime. Resta, invece, confermata la fase di forte difficoltà attraversata dall’industria negli ultimi anni sotto l’impatto della duplice caduta recessiva, con stasi della produttività e crescente compressione della quota dei profitti. Una condizione da cui è difficile uscire senza una vera ripresa della domanda e, quindi, dell’attività produttiva.". E pochi giorni fa sul Sole24Ore, affermava, (in conclusione a quanto ben postato da Arturo): "Uno shock, quello della lunga crisi, che ha provocato una selezione dell’apparato produttivo italiano, non necessariamente virtuosa. Tra 2008 e 2012, ad esempio, il numero di imprese manifatturiere si è ridotto in media di 10.600 unità l’anno, con un calo tuttavia meno deciso per le microimprese tra 0 e 9 addetti. Altro segnale preoccupante ... è la riduzione del numero degli esportatori, meno che proporzionale rispetto al calo medio delle imprese ma capace di cancellare circa 4mila realtà. Nell’insieme, per riparare i danni all’apparato produttivo servirebbe una ripresa più rapida rispetto alle stime attuali, con una robusta dose di investimenti per ricostruire la base produttiva perduta.". Quanto stridono queste affermazioni di un professore rispetto a quelle di un somaro (inteso come allievo indisciplinato, sia chiaro).

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    2. Ma anche la interpretazione di De Nardis che riporti non è scevra da contraddizioni logiche interne e da una evidente omissione (che spiega la contraddittorietà) circa le cause.
      Che, così poste, paiono misteriose alquanto; e lasciano aperta la possibilità di accusare il resto del manifatturiero e, ancor più, dell'apparato produttivo italiano, di essere stato meno "efficiente" per proprie responsabilità e, addirittur,a di aver drenato risorse alla parte efficiente del manifatturiero.

      Indubbiamente una "versione" tutta supply side (dal punto di vista eziologico), o quantomeno meramente descrittiva, che fa solo un incidentale riferimento alla "caduta della domanda".

      Questa rimane lì, come un fatto accidentale e inesplicabile, sconnesso dal resto dell'analisi sulla genesi della "selezione dell'apparato produttivo...non necessariamente virtuosa": rammenti forse la ben più puntuale analisi di Cesare Pozzi?

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    3. A proposito di classe dirigente e di conclusioni, ecco quelle del nostro Presidente del Consiglio:

      http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2015/02/18/renzi-ai-funerali-di-ferrero-e-poi-alla-general-motors-no-a-italia-pigra-e-rassegnata_d14c48c4-ceb4-4aef-9e2e-d912edf01096.html

      Insomma, la "colpa" è della "industria piagnona" e di una non meglio precisata "pigrizia" di fondo.......

      Viene davvero da dire "e buona notte"........

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    4. comunque sia già De Nardis è anni luce avanti a Renzi e Padoan. sebbene sia lui stesso anni luce indietro.

      qui non possiamo aspettarci niente dal bombarolo. niente. del resto cosa ci si può aspettare da Salò? solo sofferenza.

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    5. De Nardis è questo qui , non direi quindi che è "indietro". Nemmeno Padoan, credetemi, ne sa bene. Non direi quindi nemmeno che non sappia bene "causa/effetto". Se dice poco, nonostante dica tanto, è perchè occupa un posto da Chief Economist presso una S.p.A., Nomisma, che fu di Prodi/BNL ed il cui presidente è un certo Gnudi. Devo aggiungere altro?

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    6. Lascia perdere, che è "indietro" e lì è rimasto.
      Manca del tutto qualsiasi pallido riferimento al meccanismo insito nell'euro; suvvia, i tedeschi hanno fatto quello che dovevano fare. Al limite poteva ipotizzare che il riequilibrio passava in via normale, più logicamente, per la flessibilità del cambio.
      I tedeschi, qui lo abbiamo visto, hanno violato norme dei trattati che, per i trattati, però, non hanno praticamente alcuna sanzione, e in ciò sono corresposanbili Commissione UE e Consiglio. Ma questo, De Nardis, non può (?) saperlo, dando per scontata la "perfezione-sostenibilità" del sistema euro (inclusa l'altra naturale correzione OCA che sono i trasferimenti).

      E bada che per inadempimento della Germania ai trattati non mi riferisco, se conosci questo blog, alla violazione del limite al surplus; a parte la sanzione ridicola (0,1 e qualcosina del PIL e essenzialmente come cauzione restituibile), la previsione del six packs ha il piccolo difettuccio di essere agevolmente contestabile perchè non ha base normativa superiore in
      quei trattati a cui condiziona la propria efficacia.
      L'ennesima burletta, come conferma l'immobilismo della Commissione sul punto (la Germania potrebbe resistere con ottime possibilità di vittoria davanti alla CGUE).

      Ma poi, alla fine, non è questo il punto: non accorgersi che le correzioni dei surplus passano normalmente per il cambio nominale e che le differenze di cambio effettivo reale implicano i trasferimenti (in un'OCA) CHE SONO ESPLICITAMENTE PROIBITI DAI TRATTATI, significa selezionare i dati dell'analisi aderendo a una ideologia politica.

      E in fondo la questione euro è solo politica.
      De Nardis ha scelto da che parte stare; descrizioni che non denunciano nulla, IN TERMINI DI DISFUNZIONALITA' DI UN MODELLO SECONDO LA STESSA TEORIA ECONOMICA (ripeto, non pretendo quella giuridica), sono tecnicamente "acquiescenza" alla scontatissima politica mercantilista che la Germania persegue da ben prima delle riforme Hartz.
      E che Prodi aveva denunziato già all'inizio degli anni '90, parlando della crisi dello SME (il link l'ho inserito più volte)...

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    7. Appunto, la sua è stata una scelta. Ha scelto da che parte stare. Noi e io non abbiamo avuto questa possibilità. Siamo stati costretti. Lo scegliere implica avere di fronte un ventaglio di soluzioni, che non si possono avere se obnibilati dal "pensiero unico". In ogni caso sono d'accordo sul fatto che parliamo di politica. Meno sul fatto che "non sappia" o sia "indietro". Ma questo io posso desumerlo solo leggendo ( e cogliendo criticamente i punti NON detti in quanto assiduo lettore di questo blog). Tu magari puoi desumerlo da "insider" (indiretto o diretto, questo io non posso saperlo). Tu hai più strumenti di me. Io sono solo un lettore.

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    8. Ma no, proprio da lettore, dalle omissioni deduco che sia "indietro": nel senso che sceglie di non dire la verità (agevolmente ricavabile dall'intero quadro economico dell'area UEM), completa e effettivamente rilevante, che consentirebbe all'Italia, ed anche alla sua stessa analisi, di andare avanti.

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  2. In tempi meno sospetti mi permettevo di richiamare l'avvertimento di IKE Eisenhover nel discorso di comiato alla nazione attorno alla pericolosità del US military-industrial complex che manifesta, una volta ancora, gli interessi della riconferma del US dollar come moneta di riserva egemone attraverso la Colt fumante col pomolo grigio-perla e le sue "40&ciccia" sfumature.

    Spada e debito, con alternaanti apparizioni, rimangono - come dichiarava John Adam, 2° presidente USA, 1825 - il metodo "basale" del potere che, sommate al potenza del controllo dell'informazione e alla ingegneria della fabbrica del consenso di zia T.I.N.A., diventano le armi letali della democrazia e dei suoi abitatori.

    A futura memoria, tiremm innanz(a) ..!

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  3. Da monti in poi in italia governa un mix di imbecilli/ingoranti (la maggioranza) è pericolosi criminali (la minoranza) che sanno benissimo quel che fanno.

    L'imbarazzante è che sono ancora lì al 37%.


    Anche in francia il governo Holland diventa sempre piu autoritario, anche se non così estremo come in italia.

    Sta diventando sempre piu surreale quel che succede nel eurozona.

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    1. da Monti in poi? io direi dal 92 in poi.

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    2. Ok, diciamo che prima la situazione era sub-ottimale.

      Da monti in poi però direi che la situazione stia andando completamente fuori controllo, nel vero senso della parola. Non mi sembra che l'italia abbia passato una crisi del genere, tranne naturalmente in tempi di guerra. 13 semestri consecutivi di PIL negativo dovrebbe fare svegliare o riflettere l'italiano medio che qui c'è qualcos'altro che non funziona accanto a casta, spesa pubblica, corruzione è burocratia inefficiente.

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  4. Ciao Pggio tutto vero quello che dici, ma noi come il grafico di cui parla Arturo, ci siamo impiccati con le nostre mani a favore della Germania entrando in una Unione valutaria a guida tedesca e non possiamo nemmeno dire di non essere stati avvisati dal mondo accademico economico americano, come lo stesso Amato ammise in una trasmissione della Rai.
    Allora le domande da porsi sono altre, come mai l'intero corpo accademico economico Italiano, a parte qualche rara eccezione, dinnanzi a dati del genere nega ostinatamente che il crolllo della produzione industriale e conseguente decollo di quella germanica non ha nulla a che fare con l'Euro? Stessa posizione dei sinadacati traditori tre volte contro i loro iscritti, contro il loro paese e contro la Democrazia sostanziale, unico luogo dove possono esplicare la loro missione e non mi allungo nella lista perchè non finirebbe più.
    Comunque per me il problema rimane sempre lo stesso, abbiamo una classe dirigente inadeguata e corrotta che sta portando il Paese verso la sua dissoluzione ( siamo la colonia di tutti, Americani, Tedeschi Francesi Israeliani) e la rete in questi anni non è riuscita a coagularsi, favorendo la nascita di una nuova classe dirigente. Probabilmente sarà che ho sviluppato di più il Pathos che il Logos ma vedere certi grafici, come quello postato da Arturo, mi si blocca lo stomaco, mi fa salire la pressione e vado in tachicardia perchè vedo la distruzione di tante vite che non possono esprimersi nella loro pienezza, e mi chiedo come questa sofferenza non sia vista da quelli che in teoria dovrebbero avere sviluppato il logos visto le posizioni che occupano nella scala sociale.

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    1. @mauro gosmin

      Ciao, chiaro credo debba essere il significato diverso tra il libero arbitrio di un suicidio e l'esecuzione e/o sterminio di massa pianificato, come qualche tratto della Storia documenta "convincendo" zia T.I.N.A. che è "cosa buona e giusta".

      Come raccontano i "prodi sottili" - scaricandosi di responsabilità e giustificandosi con dinamiche legate a "terzi" .. "libero" mercato, eventi eccezionali, emergenze .. ect) - gli obiettivi, le strategie, i destinatari erano da sempre note, con sostanziali e documentati contributi dati dai ns "prodi sottili" al "progetto" vH.

      Continuare a navigare sulle onde dell'inadeguatezza di una classe dirigente corrotta - seppur manifesta negli attuali attuatori del "progetto" - allontana da RESPONSABILITA' OGGETTIVE E SOGGETTIVE DEGLI IDEATORI.

      Senza la conoscenza e Memoria delle verità, il percorso della consapevolezza verso "l'umano dell'uomo" (verrebbero da ricordare tanti appunti brevi di viaggi, dalla "Commedia" del Dante fino alla "bellezza" de "L'idiota" di Dostoevskij, il "male" de "I demoni" verso la "libertà de "i fratelli Karamazov") rimane "opra" vana e vacua.

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  5. Rispetto ai punti 1, 2, 3.

    Che sia questo il segnale del "Liberi tutti"?
    Certo che mai avrei immaginato che a darlo fossero gli USA stessi. Ma, a ben guardare, qualche indicazione c'era.
    Credo che i teaparty abbiamo vinto all'interno dell'amministrazione USA. Nella loro testa tutto è denaro e non c'è posto per altro.
    Se fosse così la seconda guerra mondiale è finita davvero.
    Dopo la caduta del muro gli USA si sono trovati nella apparentemente invidiabile posizione di non avere rivali. Contro di loro giocava un'arma imbattibile: l'azzeramento delle differenze di potenziale. Intendo quando si stacca la spina della corrente a un televisore alimentato attraverso uno stabilizzatore di tensione,lo schermo non si spegne subito. Possono passare anche parecchi secondi. Ma poi si spegne.
    Niente differenza di potenziale, niente movimento.
    Purtroppo per loro (i teaparty; ma ovvio per noi pochi, noi manipolo di fratelli) la storia non finisce. Piccole differenze di potenziale sorgono qua e là in continuazione. La mancanza di campi di forza attivi e stabili permette la loro affermazione.
    Fuor di metafora vedo un ritorno della portaerei Italia in tempi relativamente brevi.
    Bisogna mettersi a cercare un A.Fanfani, un E.Mattei, un F.Ippolito, un D.Marotta, un A.Olivetti (questa è la mia cinquina. Ho pensato di farli diventare sei con un comunista ma non mi è venuto in mente nessuno. Mi dispiace).

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    1. Hanno fatto il deserto e l'hanno chiamato "costruzione €uropea" e perfino "pace".

      In questo deserto non si inventano ex nihilo risorse culturali ormai estinte a colpi di vincolo esterno, capillare controllo accademico...e giornaloni con folli editoriali tecnicisti-pop invariati da 35 anni!

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  6. Oggi Bottarelli e icebergfinanza informano che la bce ha aumentato la Ela (pleonastico ripetere in questo blog che sono altri debiti che la grecia non potra' mai ripagare) da 65 a 68 miliardi. Quindi NON e' la grecia che ha ceduto...e d'altra parte ormai...non solo c'e' il bank run, ma lo stato greco incassa anche meno tasse di prima...

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    1. Ma sai la questione dell'ELA si è già visto con l'rlanda e con Cipro come vada a finire.
      Sono sempre operazioni a debito del sistema bancario interessato e sappiamo tutti benissimo che, col modello di BC dell'UEM, più si alza la posta in gioco della solvibilità del debitore, più velocemente arriva il momento del ricatto finale; quello imparabile

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    2. Cosa intendi per ricatto finale? Io sono piu' ottimista, siamo ben oltre, e' tutto insostenibile, la grecia ha 300 miliardi di debiti che non possono che aumentare anche perche' non vogliono ristrutturare per non ammettere il fallimento delle loro politiche che e' comunque nei fatti, l'osceno balletto andra' avanti un po' , ma l'euro sta' implodendo per i debiti impagabili...

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    3. Il ricatto finale è stato ampiamente analizzato qui
      http://orizzonte48.blogspot.it/2015/02/ancora-sulla-grecia-cosa-mira-draghi.html
      Che funzioni solo contro la Grecia è un altro paio di maniche. Ma a usare questa arma, di fatto può essere solo la BCE-SEBC. Inevitabilmente.
      Quanto ai debiti impagabili, la prospettiva dell'economia reale greca comunque frena dichiaratamente il nuovo governo. Questo è il problema: quando si pone come inevitabile la scelta dell'euro-exit, la struttura industriale di un paese tende ad essere diventata troppo debole per reggere il colpo. A causa dell'acquieseenza prestata prima e dei rapporti di forza in cui incautamente le elites locali gettano interi popoli.
      Certo, il compromesso ormai è tra due tipi sicuri di massacro...

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    4. Ho riletto Luciano, ed anche il post di Sapir segnalato da voci dall'estero, con cui sarei concorde, nella sua considerazione finale. Certamente la struttura industriale greca e' debolissima, ma non possono fare passi indietro perche' c'e' il vuoto (ne' che il "sistema" abbia li' ancora molto da spremere)....per cui , penso che l'empasse andra' avanti ancora un po' per guadagnare tempo, il ritorno alla dracma in teoria sembrerebbe inevitabile, salvo l'interconnesione della piccola grecia al problema contagio/derivati...ma allora se c'e' questo in ballo, Zio Sam dovrebbe intervenire piu' efficacemente di come (sembra) abbia fatto finora..

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    5. Avrai visto, infatti, che questo post parla proprio della irresolutezza della strategia "presuntiva" degli USA (basata cioè sulla presunzione, di conoscere il "terreno" in cui muoversi, derivante da una rete di "analisti" come i Luttwak e i Friedman, a titolo di eloquente esemplificazione).

      E se vedi il link sotto l'immagine, puoi anche capire qualcosa (di prevedibile) su chi ha il controllo delle decisioni nell'Amministrazione (e di solito nella loro governance).
      Elementi che ostacolano non poco un chiaro percorso decisionale, idoneo a prevenire e a risolvere una crisi socio-economica che travolge le popolazioni, avendosi appunto una governance che proviene - o è endorsed economicamente- dal mondo finanziario: WS rules.

      Ma persino loro si rendono conto che dal punto di vista geopolitico questa linea, iniziata col Washington Consensus (nella forma attuale), porta da insuccesso a insuccesso, nella loro stessa strategia di influenzamento globale.
      In fondo, anche il problema dell'Ucraina nasce dal voler annettere un'area ulteriore a questa filosofia della "condizionalità" (liberista). Esattamente come sulle condizionalità si sta registrando l'epilogo attuale della crisi greca.

      Insomma, se il capitalismo non promette più democrazia, ma liberismo (che è esattamente l'opposto, in termini contemporanei), e ciò inizia a non poter essere più nascosto, tutto il castello di carte iniziato con l'avvento dei friedmaniani nei tardi anni '70, rischia di cadere e, anzi, di divenire un boomerang.

      Cioè un timing che ne travolge le aspirazioni egemonico-conservative, troppo basate sull'idea che, crollata la Cortina di ferro, non ci fossero più ragioni per perseguire politiche sociali e di protezione delle classi più deboli.

      Alla fine la crisi della Grecia potrebbe rimbalzargli proprio dentro casa; e dire che è lontana, geograficamente dagli USA. La Grecia, infatti, è più vicina alla Russia; e, volendo, proprio all'Italia (questa auto-sconosciuta).

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  7. Ogni giorno poi sentiamo: "Malasanità, malasanità, malasanità!!!". Poi, come già scritto molte volte qui, trovi qualche dato in giro, e scopri che la realtà è un'altra...

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    1. Sono fortunato, ho una dottoressa di base brava, scrupolosa e dedita ai pazienti; non aveva la minima idea di altri dati, che mi pare siano già stati pubblicati su questo blog e sono di fonte non sospetta di "statalismo" :-).
      Ovviamente la "malasanità" serve ad aizzare il livore, a giustificare vendicativi tagli e a sostenere che "privato è meglio".
      Perché "sono più cortesi"!
      E mettiamoci qualcosa di aneddotico, allora! Magari è più diretto.
      Mi è toccato ad un certo punto di dover fare una serie di controlli rimandati troppo a lungo: tutti in strutture pubbliche, uno in struttura privata convenzionata. Qualche attesa più lunga di altre, personale medico da cortese a cordiale, personale paramedico da un po' brusco a cortese, con una eccezione: l'affascinante infermiera che mi consegnò i referti nella struttura privata (il resto era nella media). Solo che.
      Ho una schiena un po' malmessa; durante la visita fisica il medico, direttore della struttura, mi piantò il pollice nella schiena per sei volte: "Le fa male?" - "No", ripetuto ogni volta.
      Mentre l'infermiera mi spiegava che avrei dovuto tornare dalla mia dottoressa per farmi prescrivere un ciclo di terapie presso il loro istituto - parte pagate dal SSN, parte no - scorrevo il referto che diceva "metameri dolenti alla palpazione".
      Ah, ecco: dolenti A CHI? A me? Non c'erano state altre palpazioni e, come si dice, NO vuol dire NO.
      Sono convinto che la terapia proposta non mi avrebbe fatto male, probabilmente avrebbe giovato a qualcosa, ma ho trovato insopportabile essere leggermente manipolato (vulgo, preso per i fondelli), per un fine comprensibile ma PRIVATO.

      Eppure è tanto difficile far capire a chi ti sta vicino che delle infermiere che "corrono" (oggi, domani e ogni volta che le vedi) non sono "brave" ma "affannate" e che questo comporta necessariamente errori più probabili...

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