lunedì 23 febbraio 2015

LA GRECIA AL "BIVIO" DELLA SOVRANITA': COME TUTTI, DEL R€STO

barra-caracciolo[1]



1. C'è tanta delusione per il modo in cui ora si è conclusa la "trattativa" Grecia.
Addirittura, alcuni "cultori" del "c'avevo raggione IO" si addentrano nel fare un bilancio della praticamente disastrosa prima campagna estera di Syriza-Tsipras, addossando ogni colpa a Varoufakis.
Di certo, prima di tutto, non va dimenticato che quello che conta è l'indirizzo politico che, più ancora del programma di governo (che nessuno rispetta, in nessun paese, servendo invariabilmente in chiave di captazione mediatica del consenso, quand'anche le elezioni non si svolgessero in un paese privo di sovranità come quelli assoggettati all'UEM), caratterizza la prevedibilità delle strategie di un governo.

2. Ora su questo punto, dell'indirizzo politico di Syriza (cioè sulla connotazione fondamentale, la "visione" dei problemi individuati come priorità socio-economiche che impongono le scelte da adottare), riporto in ordine di tempo quanto detto su questo blog:


Ai miei arguti e attenti lettori, non sfuggirà dunque che, per Syriza, come per un qualsiasi partito di (presunta) opposizione italiana, non avere una posizione chiara sulla fine dell'euro e sulla incorreggibilità degli squilibri commerciali in assenza di cambi flessibili, nonchè sulla pratica irrealizzabilità di un governo federale che serva da alternativa e pavida "correzione"- con ciò rinunziando esplicitamente all'internazionalismo dell'indistinto,  tanto caro alle compatte tradizioni €uropeiste- significa prestarsi irresistibilmente, anche e specialmente una volta conquistato il potere, ad adottare "interventi economici che  siano tanto ampi e numerosi quanto in una politica pianificatrice". Ma poi, altrettanto irresistibilmente, piegandoli ad una "natura  differente".


Sempre nella stessa sede:
"Per quanto ci riguarda, l'idea che si possa essere "radicali", ma rimanendo dentro l'euro ad ogni costo, è pari ad una cosciente enunciazione di propaganda, nella più che probabile consapevolezza che ciò sia non solo uno specchietto elettorale per le allodole, ma, peggio, che ciò costituisca un passaggio non trascurabile della strategia von Hayek di instaurazione della Grande Società (a conduzione elitaria germanica)...
Quindi la situazione è questa:
Schauble non si sposta di un millimetro;
- mediando con la Merkel per assecondare ancor più Bundesbank, comunque rivinceranno le elezioni (non importa con quale coalizione governeranno: l'accordo verrà trovato);
- l'italo-PUD€ non avrà alcuno spazio per modificare i trattati,- visto, oltretutto che non ha saputo influire neppure sulle prassi applicative degli attuali- e, quando le nostre manovre finanziarie passeranno per il twopacks-Commissione, quest'anno e, ancor più, nel 2014, non avrà scampo: commissariamento UEM, tagli selvaggi delle funzioni-spese pubbliche e prelievi dai depositanti bancari conditi da svendite forzate degli asset pubblici...al miglior offerente.
E a RAINEWS24 ancora dicono che il dopo-elezioni tedesche consentirà una maggior "solidarietà" e tutto si risolverà in un meraviglioso clima di..."fogno".

"Oggi l'attenzione è calamitata dalla vicenda greca: tra cancellazione del debito (non ben precisata), moratoria del pagamento degli interessi e "piano di ricostruzione nazionale" (cioè di immediato allargamento della spesa pubblica e di sgravio fiscale, per assistere i vari debitori disperati), da applicare in attesa che la trattativa sul debito giunga a buon fine, il programma Syriza ci pare nulla più che un libro dei sogni, senza particolare preoccupazione di mostrarsi attendibile.
Chiunque sia al governo in Grecia, - e qualunque politica economico-fiscale intenda seguire-, infatti, deve finanziare un deficit ed un debito pubblico (inteso come onere degli interessi che vanno a comporre tale deficit) che non lasciano scampo, e che implicano un ricorso ai creditori di ultima istanza; cioè a coloro che, in sostituzione dei "mercati" - i quali esigerebbero rendimenti immediatamente insostenibili-, concedono la provvista monetaria per mandare avanti la baracca (di quel che rimane) di uno Stato, in cambio di pesantissime condizionalità.
L'accettazione di queste condizionalità, contestualmente alla concessione del credito, è quindi l'oggetto di un accordo: ora Tsipras, ove vincesse le elezioni, non intenderebbe più rispettare tale accordo (o serie di accordi).
Come al solito, dobbiamo rammentare che uno Stato indebitato e sull'orlo di un'insolvenza è, per definizione, la parte debole di qualunque accordo coi creditori, diretti o indiretti. 
Se tale parte debole vuole dunque mutare a proprio favore un trattato internazionale economico (perchè questo è l'accordo creditizio che intercorre tra uno Stato e istituzioni finanziarie internazionali come la trojka), le concrete speranze di riuscita sono pari a 0,00forse qualcosina.

L'alternativa al mancato accordo è il default unilaterale del debito pubblico e la conseguente preclusione di accesso ai mercati per un periodo proporzionale:
a) al tipo di "concordato" sul recovery rate che si dovrebbe poi necessariamente concludere coi creditori internazionali (soggetti finanziari privati e pubblici); 
b) più ancora, al ripristino di affidabili condizioni di crescita economica del Paese interessato, ed in particolare al risanamento della sua posizione netta sull'estero.

Queste conseguenze e queste prospettive sarebbero realisticamente gestibili solo se la Grecia uscisse dall'euro e riacquistasse la propria sovranità monetaria (cioè il potere di stampare moneta secondo i bisogni e la quantità necessaria nell'apprezzamento delle sue istituzioni democratiche nazionali).
Siccome, Syriza esclude in partenza di uscire dall'euro, l'unica prospettiva realistica della sua strategia è un fallimento del tentativo di rinegoziare in posizione di parte debole e un poco dignitoso retromarcia sul "piano di ricostruzione nazionale". 
Anche perchè, come sappiamo, se si rimane dentro l'euro, l'austerità ha il preciso obiettivo (obbligato) di riequilibrio dei conti con l'estero e la strategia di Siryza non pare tenerne conto"..."

3. A mio parere, dunque, ad "averci raggione" non ci voleva molto: diverso è sostenere di essere L'UNICO che cc'aveva ragggggggggione, considerata anche la "grande speranza" che aveva caratterizzato anche l'analisi di Sapir.

Il punto, a mio parere non così fondamentale, - anzi, decisamente trascurabile-, è se Varoufakis abbia la responsabilità di questo inevitabile e stra-previsto andazzo.

La elementare conoscenza dei meccanismi di preposizione alle responsabilità di governo, ci direbbero di no. 
Chi viene nominato come ministro è responsabile, secondo formule normative costituzionali più o meno stringenti, di garantire, nella sua azione, l'unità dell'indirizzo politico che, logicamente, fa capo, in via di "primazia", al presidente del consiglio, che ne incarna la principale titolarità e deve garantirne il perseguimento coerente e unitario.
In questa ottica, Varoufakis doveva attenersi a quell'indirizzo politico che aveva portato, - nei contenuti che sopra abbiamo determinato e specificato-, alla vittoria elettorale e che non poteva non essere riflesso nella scelta degli uomini di governo: Varoufakis, di suo, aveva la scelta di accettare o meno l'incarico, potendo, anzi dovendo, rifiutare se non si fosse trovato a condividere il suddetto indirizzo.

Poi c'è stata una serie di svolgimenti determinati dalla (inevitabile: si trattava del titolare del principale dicastero TECNICAMENTE coinvolto nella "trattativa") visibilità che conquista un protagonista nelle relazioni internazionali legate all'attuazione di quell'indirizzo politico.
Qui dire che, entro questi vincoli, Varoufakis abbia sbagliato o meno, sia stato contraddittorio oppure "inefficace", è questione di lana caprina. Ciò è talmente evidente che non andrebbe neppure spiegato.
Ma di questi tempi, l'idea di fondo è il "personalismo" della politica, cioè la coincidenza tra valutazione di merito dell' "atto poltico" e il profilo dell'individuo, - professionale, cultural-cognitivo, e principalmente, "di immagine" - che taluno offre, a seguito della esposizione mediatica in cui, volente o nolente (badate bene), un uomo politico si imbatte nell'era del tecnicismo pop.

4. Dovendo fare una razionale analisi sull'elemento che aveva richiamato più attenzione nell'azione di Varoufakis, si dovrebbe far riferimento alla sua "strategia"; ma sempre valutata in base ad elementi presuntivi, cioè da indizi sulle vere o presunte "ripercussioni" negoziali dei vari incontri, meetings, vertici, a cui lo stesso ha partecipato, in qualità di ministro economico del governo greco.
Il modo irridente e, ci hanno riferito, non sottomesso, (a differenza di tanti altri responsabili economici di tutti i paesi UEM contrapposti alla Germania), in cui Varoufakis parrebbe aver condotto queste trattative, è probabilmente una felice novità.

Non "poteva" essere efficace e avere risultati molto diversi da quelli poi registrati, perchè c'era il limite evidente di QUELLO SPECIFICO INDIRIZZO POLITICO SOPRA VISTO.

Ciò non toglie che Varoufakis ha suscitato simpatia. Che ci volete fa'?
Il duetto finale con Dijssolboem è stato indubbiamente divertente e "consolatorio", dato che registrava un nuovo atteggiamento che non ha avuto finora precedenti, almeno per noi italiani. 

La "pecca" di quella conduzione negoziale non è stata quella di voler essere "efficace" per obiettivi che non potevano stare in piedi, ma quella di aver dato l'impressione di essere stata intrapresa sulla base di un presupposto che non c'era
Cioè sulla precondizione della esistenza di un appoggio USA sul "nuovo corso", presuntamente da intraprendere in UEM partendo dalla soluzione della situazione greca.
Questo presupposto, rivelatosi (ad oggi) infondato, ha avuto qualche "traccia" nelle dichiarazioni di Obama, plurime e riprese costantemente in modo favorevole dai commentatori USA.

5. Confesso senza difficoltà che, su questo punto, i dati offerti dalla iniziale presa di posizione di Obama e dalla sequenza di commenti impostati da voci autorevoli (a cominciare da quella di Krugman) mi hanno indotto, come è accaduto a molti altri, in un certo grado di errore
Ma c'è anche da dire, che chiunque poteva esserlo: il problema, semmai, è la OGGETTIVA INCOERENZA della posizione espressa dagli USA
Prima apertamente solidali con un popolo che viene detto oggettivamente non in grado di ripagare il debito, nel modo in cui gli era stato imposto di farlo e bisognoso di "ritornare a una crescita sostenibile", poi, - con la (dobbiamo tutt'ora presumere) "telefonata" di Jack Lew-, riportatisi sulla linea della totale prudenza, per evitare un più volte sbandierato terremoto finanziario ad epicentro UEM.

La svalutazione-euroexit, ovvero il default greco, sono stati considerati troppo rischiosi in termini di insolvenze a catena che potevano investire, direttamente o di riflesso, creditori non limitati a quelli coinvolti nella sola trojka; a torto o a ragione, si tratta della percezione che può avere un ex banchiere come Jack Lew nell'esporre il suo punto di vista influente al capo dell'Esecutivo USA.
Insomma, l'intreccio (REPO) delle situazioni creditizie e debitorie tra UEM e USA ha fatto ritenere improponibile portare a fondo la negoziazione nel senso di porre la Germania di fronte ai doveri di (mai manifestata) cooperatività nell'applicazione del trattato UEM, e nel dover andare incontro a quella condizione di parja di cui hanno parlato autorevoli commentatori.
Almeno al momento questa è la situazione.

6. I tedeschi la passano liscia, nessuno offrirà, from the outer world, una potente mano alla Grecia, o, in seguito, ad altro Paese dell'area UEM, per fronteggiare i vari problemi di debito estero (debiti privati commerciali a breve, non convertibili in neo-dracma, in particolare, nelle inevitabili transazioni, passate e future, da concludere in una valuta di riserva accettata dai creditori, di cui la Grecia non dispone in misura sufficiente) che si porrebbero in caso di euro-exit. 
Tanto più in un paese deindustrializzato e problematico anche nel recupero della sovranità monetaria, come evidenzia Sapir.

7. Ma al di là della "induzione in errore" sulla propensione degli USA, vorrei rammentare che l'idea della Germania costretta a "buttare fuori" la Grecia e come tale sanzionabile dalla "comunità internazionale, - leggi: in base a una decisa ed aperta presa di posizione degli USA-,  non ci aveva mai convinto.

A questa idea abbiamo subito obiettato:
"Solo un dettagliola sanzione della comunità internazionale, che colpirebbe una Germania sfrenatamente ostile a qualsiasi compromesso, (la condizione addirittura di pariah) presuppone un attitudine al buon senso di quest'ultima che, allora, non si sa proprio perchè non sia stato innescato, dalla stessa comunità internazionale, ben prima! 
Diciamo, quando si era ancora in tempo, e si poteva evitare lo scempio umanitario in Grecia.

Ergo, andando all'essenza del fenomeno cui assistiamo, questa "comunità internazionale" - (finalmente) capace di imporre sanzioni di "reputazione" economica e morale alla Germania- si riduce al cambio di atteggiamento degli Stati Uniti.
Ma siamo sicuri che gli USA andranno veramente fino in fondo - nel senso "giusto"- ORA, non avendolo fatto prima (visto che già nel 2010-2011 hanno lasciato fare, ben sapendo che non "poteva funzionare")?
E soprattutto, quali sono i motivi per i quali veramente gli USA (solo) ORA, prendono, o starebbero per prendere posizione?"


"Vedremo: in fondo la Germania, quanto alla sua politica (di disinformazione propagandistica di un popolo che di per sè già non brilla di spirito cooperativo-solidale) diciamo "interna", può persino permettersi di pagare il prezzo di un transitorio (e mutevole) isolamento internazionale, ove buttasse la Grecia fuori dall'euro
Che poi anche i greci in qualche modo lo mettano in conto, è un discorso tutto sommato "scontato": che altro potrebbero fare in un calcolo sempliciotto, che non esige certo sofisticate conoscenze della teoria dei giochi?

Al di là del mumbo-jumbo da finanziar-economisti, la partita vera, a ben pensarci, si gioca:
a) sulla insostenibilità della protrazione dello status quo NON PER LA GRECIA, ma per attori UEM ben più importanti (SPA-ITA-FRA);
b) sulla ulteriore necessità assoluta di ripensare il ruolo della banche centrali DOPO che si fosse verificata l'euroexit greca e il probabile effetto domino conseguente.

Siamo sempre lì: non ci sarà modo di aggirare questo nodo. 
Come abbiamo stradetto qui, da due anni almeno, non ha senso uscire dall'euro per rimanere comunque nel "meraviglioso mondo di von Hayek" (in tutte le sue declinazioni internazionaliste e post-ordoliberiste, solo geneticamente germanocentriche)".


8. Ora, su questo punto, mi induco a richiamare ancora una volta un "già detto": 
"Non occorre neppure dilungarsi ulteriormente sulla questione greca. 
Quello che ci interessava era, ancora una volta, porre l'attenzione sul fatto che, in Grecia come in Italia, non esista una rappresentanza politica della sovranità costituzionale.
La propaganda-grancassa mediatica ha stordito troppo a lungo la massa degli elettori perchè ci si renda conto che la Costituzione, coi suoi obiettivi e diritti non negoziabili, è già, ora e subito, l'unico argine efficace per respingere l'attacco €uropeo, che vuole distruggere le democrazie, la dignità dei lavoratori e le prospettive delle future generazioni, in tutti gli Stati coinvolti nell'euro"

In sostanza a me delle simpatie e antipatie personali, e dei percorsi scientifici di Varoufakis, importa relativamente poco. 
L'indirizzo politico greco, che tra l'altro è lì, dettato dal "modo" e dai contenuti con cui sono state vinte le elezioni: sta lì senza particolari dubbi sulla sua direzione e natura "ideologica" (ripetiamo: se Varoufakis è stato scelto è scontato che debba starci dentro).

Un solo rammarico: volendo andare a vedere veramente cosa di diverso avrebbe potuto, ALLO STATO, accadere, si poteva pensare a cosa sarebbe successo se si fosse scelto Lapavitsas, ovviamente, e anche questo va capito, se la vittoria elettorale fosse stata su contenuti diversi (se non si capisce questo, non si può comprendere neppure la distanza della posizione di Sapir da quella di Varoufakis)

D. Sembra che lei identifichi la sinistra con la linea che sostiene l'uscita dall'euro, perché?

R. Per me, questa linea è l'unica che apre alla possibilitá di fare politiche di sinistra radicale che cambino i rapporti di forza a favore del lavoro e contro il capitale; politiche necessarie per recuperare il danno provocato dalla crisi ai paesi europei negli ultimi anni. Sono politiche sensate, fondamentali, come ridistribuzione, controllo o nazionalizzazione delle banche, riorganizzazione della produzione. Secondo me questi cambiamenti sono impossibili restando dentro l'unione monetaria, e rappresentano l'esatto contrario di ciò che oggi significa l'Unione Europea."
Infatti, lo stesso Lapavitsas, del tutto condivisibilmente, ci dice: 
"A volte la sinistra (ma aggiungerei, la democrazia tout court, ndr.ha bisogno dello Stato-Nazione per proteggere i diritti dei lavoratori e i diritti democratici, non c’è nessun altro modo
I governi di Grecia e Portogallo non possono cambiare la struttura dell’Unione Europea, peró possono intervenire in Grecia e Portogallo. Naturalmente il mio non è un argomento nazionalista. In certe occasioni si possono usare i meccanismi di uno Stato Nazione per creare una corrente internazionale".



15 commenti:

  1. La svolta USA e' avvenuta in contemporanea con il summit di Merkel ed Hollande con Putin . Gli USA non sono in grado di sopportare una crisi dell'euro e da soli. Molto significativo e' stato il successivo incontro della cancelliera con papà francesco e , dopo 40 minuti di colloqui privato, i doni che si sono scambiati. http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/merkel-merkel-merkel-francesco-francis-francisco-39297/ Infine l'attivismo dell'Egitto in Libia e l'Italia che si appoggia ad Egitto e Algeria per normalizzare la Libia, proponendo accordi di collaborazione industriale e investimenti in Egitto , oggi con Morando da Al sisi.

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  2. Questa amministrazione USA alla fine non si è fatta sentire.

    le chiacchiere di Obama, che sicuramente indicano una sua volontà in tal senso, non hanno avuto seguito. Per ora gli USA scelgono di lasciare mano libera alla Germania pur di non andare a metter mano a un sistema economico che è cadente a pezzi.

    Scelgono di dare il calcio al barattolo. e vabbè. vedremo al prossimo scossone. tanto da ora in avanti saranno solo che più forti.

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    1. cioè Obama ci fa la figura proprio del debole in tutto questo. non che altrove abbia brillato...va detto.

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    2. ma forse una spiegazione alla cosa è che....dopotutto gli USA SONO DEBOLI.

      magari assai più di quello che si pensa. forse non è solo calcolo di convenienza.... forse si sono ormai cacciati in una situazione in cui LORO STESSI hanno paura a muoversi. del resto la pochezza dei loro governanti è lampante.

      se così fosse in europa ci sarebbe più spazio per la germania...magari la merkel nell'ultimo incontro ha detto a Obama una cosa del tipo "lascia perdere la grecia, accetta un pò di esportazione di deflazione da parte nostra ma così non devi gestire una grana finanziaria come la fine dell'euro".

      se la situazione fosse questa ci troviamo in condizioni ancora più difficili. dato che non vogliamo farcene mancare una è anche plausibile.

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    3. Le condizioni sono difficili, e si vede senza geandi sforzi :-)
      Credo che il punto sia che gli USA possono fare pressione sulla Germania, ma anche viceversa. L'euro-break -o qualsiasi riassetto equilibratore dell'area- per gli USA sono attualmente un'arma simile alla bomba atomica. Non si sa se la vittoria (sul superesportatore destabilizzatore) porterebbe a vantaggi consolidabili...
      Per dirne una (un po' gossip, un po' realistica):
      http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/angela-demoni-ammazza-se-je-rode-renzi-che-merkel-arrivata-roma-95109.htm

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    4. Rileggendo Halevi, posso solo spiegarmelo adducendo al fatto che la Germania è uno dei più grandi riciclatori di eccedenze/surplus (cioè esportatore netto di capitali) in Usa, assieme a Cina e Giappone. Cosa accadrebbe con Euro break-up? Bella domanda...
      Nel frattempo in Italia noi pensiamo a vendere per mera cassa...da morto...

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    5. Non ho capito dove sarebbero, in assunto, l'integrazione e il partenariato dismettendo tutto il 40% di società che gestiscono grandi contratti all'estero (con incasso relativi profitti in Italia) e in un paese che ha 20.000 km di linee ferroviarie...

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    6. Eh perchè, siccome in Giappone non era presente, sembrava giusto (per presidiare appunto tale mercato) renderla credibile vendendola a Hitachi... Riacvi 2013 attestati a 1,5 mld... senza parole... fuori da ogni logica... E non è finita lì...

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  3. .LA DEMOCRAZIA, tout court, HA NECESSITA' DEGLI STATI - NAZIONE QUALI ESPRESSIONE DEI DIRITTI/DOVERI DEI LORI LEGITTIMI ABITATORI
    Bravo '48 ..

    C'è da affermare l'umanità dell'uomo. del nazionalismo ne parliamo un0altra volta .. :-)

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  4. Società dell'immagine? Mo ti pigli pure una lezzzzzioncina!

    Vedi, caro Quarantotto, è che tu non capisci la differenza tra umiltà e modestia.

    Dovresti leggerti un po' di trattati psicologici, carissimo.

    (Anche se, a dire il vero, certi insegnamenti della vita non si imparano su nessun libro senza figure...)

    È risaputo che disturbo narcisistico della personalità e umiltà siano come marito e moglie. Nessuno separi ciò che Dio ha unito!

    Aveva ragione mia nonna: tutti eretici.

    Poi, voglio dire, non ho mai conosciuto una persona umile che sia modesta.... ma quando mai?

    Perché non conosci neanche l'etimologia! Umile deriva dalla nobile lingua sardogermanica: umille. Cioè ubermille, di più! Più grande! Sempre PIÙ GRANDE! SEMPRE DI PIÙ!

    Dove sei nato? Così cerco su TuttoCittà e vedo se hai origini nell'intorno dove nascono colorochesannodisaperepiùdicolorochesannodisapere...

    ;-)

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  5. TIRO AL PICCIONE
    (OTC emetico)

    Finiti i piattelli d’argilla e le cartucce “sopra le nostre possibilità”, si va di candelotti rubati in qualche cava dismessa e di polvere nera estratta da qualche residuato bellico inesploso.

    Ma che ‘sta a succedere ..?
    Ti volti e spari ad “alzo zero” senza mirare ..?

    Brutta cosa la guerra, forse meno di una pace millantata e, senza riferimento alcuno al sarcasmo febbrile di arcangeli, in trincea fa specie - poco linneana - prender atto della diluizione egotistica di tanta scienza e conoscenza mandata al macello.


    PS: tra cinguettii e ragli, ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale, così è se vi pare .. ;-)

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  6. Personalmente credo che gli USA vogliano comunque cogliere l'occasione per "americanizzare" il sud europa via trojka, in vista del ttip. Quello che mi domando è se si rendono conto dei rischi: se fallisce anche Tsipras, in Grecia tornano i colonnelli (anche se un Hayek potrebbe rispondere: "e allora? Meglio!"). Credo inoltre che in America la corrente di pensiero dominante sia comunque neoclassica, e questo alla fine si rifletta sull'operato dell'amministrazione. Forse, solo la Storia può davvero fermare ESSI: con una nuova crisi -che comunque non potrà che arrivare se insistono sul modello del consumatore povero e indebitato- che li renda, al di là di ogni dubbio, politicamente impresentabili.

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    1. Tutto condivisibile.
      E anche senza crisi gli indubbiamente neo-classici, dominanti nell'analisi della governance USA (d'altronde se hanno un sistema elettorale che funziona su WS e dintorni...), potrebbero essersi resi conto che la non convenienza del TTIP è solo questione di (poco) tempo, permanendo l'assetto dell'euro.
      Ma, poichè le convenienze elettorali, in tutto il mondo, si giocano sul breve periodo (della validità di un sondaggio), credo proprio che l'unica via d'uscita per recuperare qualche barlume di ragionevolezza sia la suddetta "crisi".

      Credo che la Yellen abbia un futuro di breve periodo da incubo. Anche perchè si rende conto. Lei

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  7. In effetti il prof. Costas Lapavitsas ha scritto:
    Dato quindi il comunicato dell’Eurogruppo, chiedo:
    1. Piano di Ricostruzione Nazionale
    Come finanziare il Piano di Ricostruzione Nazionale, dato che i 3 miliardi del Fondo di stabilità finanziaria sono ora fuori dal controllo greco? La rimozione di questi fondi rende ancora più pressante la raccolta di un grande ammontare di evasione fiscale e del regolamento dei debiti in un tempo molto breve. Come è realizzabile questa prospettiva?
    2. Remissione del debito
    Come si potrà fare la cancellazione del debito, quando la Grecia si è impegnata a rispettare pienamente e tempestivamente tutti gli obblighi finanziari verso i suoi partner?
    3. La revoca dell’austerità
    Come può esserci una revoca dell’austerità, quando la Grecia è obbligata a riportare avanzi primari “appropriati” per rendere ‘sostenibile’ l’enorme debito esistente? La ‘sostenibilità’ del debito – come stimata dalla Troika – era esattamente il motivo per l’irrazionale caccia agli avanzi primari. Poiché il debito non si è ridotto in maniera significativa, cesserà di esistere questo vincolo dell’avanzo primario che è così catastrofico per l’economia greca ed è l’essenza stessa dell’austerità?
    4. Supervisione e costo finanziario
    Come procedere a qualsiasi progressivo cambiamento del paese, quando le istituzioni eserciteranno uno stretto controllo e le azioni unilaterali sono proibite? Esse istituzioni consentiranno l’attuazione dei pilastri di “Salonicco’, con i costi finanziari diretti o indiretti?
    5. Il futuro negoziato
    Che cosa esattamente cambierà nei prossimi quattro mesi di ‘proroga’, in modo che la nuova trattativa con i nostri partner possa condurre a migliori risultati? Che cosa impedirà il deterioramento della situazione politica, economica e sociale del Paese?
    Questi momenti sono assolutamente fondamentali per la società, la nazione e, naturalmente, la sinistra. La legittimazione democratica del governo è basata sul programma di Syriza. Il requisito minimo è quello di avere una discussione aperta tra i membri del partito e il gruppo parlamentare. Devono immediatamente essere date le risposte fondamentali a questi interrogativi, per mantenere il grande sostegno e lo slancio che ci viene dal popolo greco. Le risposte che verranno date prossimamente determineranno il futuro del paese e della società.
    http://vocidallestero.it/2015/02/24/costas-lapavitsas-la-proroga-di-4-mesi-come-potra-migliorare-la-nostra-posizione-negoziale/

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    1. Caso di telepatia con Carmen :-)...che avvalora la mia quotation finale (che peraltro risale a un post di un anno fa sull'intervista di Lapavitsas che prima ancora segnalai a Carmen).
      Direi che il suo giudizio sull'euro e sull'anteticità della stessa UE a politiche, non dico "di sinistra"(avendo tale nomen, in €uropa, perso di ogni seria connotazione sostanziale), ma "costituzionalmente legittime" sia il convitato di pietra che aleggia dietro i punti che solleva...

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