martedì 24 febbraio 2015

MA LA DEFLAZIONE E' UN PROBLEMA SOLO PER LA FED E NON PER LA BCE?



1. Parliamo in maniera semplice della deflazione.
Diciamo subito che dalla Fed, la Yellen sta per comunicare qualcosa al Congresso USA (avete presente se Draghi, data la situazione dei vari paesi UEM, dovesse andare di fronte ai parlamenti di Grecia, Spagna o Italia a spiegare cosa intende fare su target inflattivo e tassi di disoccupazione?). E lei sa che a rialzare i tassi rischia, tra l'altro, di portare gli USA in deflazione.
Normalmente (la Yellen, almeno, se ne preoccupa "prima") non è una cosa buona. 
Anzi è molto cattivella e ha un difetto: è persistente e determina un outputgap, cioè una minor crescita del PIL rispetto alla situazione di pieno impiego (quella che gli artt.1, 4, 36, 41 e specialmente 47 Cost., vorrebbero che i nostri governo-parlamento perseguissero come primo, irrinunciabile obiettivo). 
Tanto che si parla, senza mezzi termini di deflationary gap.
Ergo, siccome la deflazione è (tranne casi eccezionalissimi e quasi teorici, che vedremo poi) l'antitesi della crescita, ci si aspetterebbe che i responsabili, super-tecnocrati-espertoni, che reggono le "istituzioni" dell'euro, fossero preoccupati di porvi rimedio.
Anche per la Grecia, data questa situazione, che vediamo in dati (Eurostat) qui sotto, ci si attenderebbe che un'istituzione internazionale di cooperazione economica (what else?), come l'Eurogruppo, si preoccupasse principalmente di come risolvere questo "problemino" (che risulta in "crescita"...almeno quella).

Tabelle – CPI Grecia attuale e storico

CPI GR ultimi mesi

 periodo inflazione
 gennaio 2015 -2,837 %
 dicembre 2014 -2,607 %
 novembre 2014 -1,245 %
 ottobre 2014 -1,676 %
 settembre 2014 -0,833 %
 agosto 2014 -0,300 %
 luglio 2014 -0,675 %
 giugno 2014 -1,092 %
 maggio 2014 -1,960 %
 aprile 2014 -1,349 %

2. Niente, non c'è verso, non si è sentita mai una parola al riguardo in queste settimane! Neppure il principale responsabile dell'inflazione nell'area euro, vale a dire Draghi, ha speso una sola sillaba per parlare della soluzione del problema di non crescita greco legato alla deflazione. 
Neppure oggi, che pure aveva di fronte il "programma" di Tsipras&co., portato con reverenza all'attenzione delle istituzioni della non(più)-trojka (che si sono riservate di pensarci su e magari di controllare ad aprile che le "riforme strutturali" siano quelle che...provocano deflazione? No, non è un paradosso, è la fisiologia della UEM; sogno di pace e di benessere che ci protegge dalla Cina cattiva e dai mercati finanziari internazionali malvagi...assoggettandoci ai mercati).
Insomma Draghi vuole la stabilità finanziaria, una "sana" finanza pubblica e pure la "crescita", ma non dice una parola sulla deflazione e come intenderebbe risolverla in Grecia (forse il paese non è "il più grande successo dell'euro" e non deve rimanervi a ogni costo, perchè l'euro è irreversibile?)

3. Per i coltivatori (diretti) del sogno europeo, quello irrinunciabile anche a costo della democrazia, riassumo da un manuale on-line semplice-semplice, ma molto utile, i problemucci della deflazione (traduco perchè gli adoratori della pace internazionalista di Ventotene non sono normalmente a loro agio con le lingue):

La deflazione è considerata dannosa per l'economia perchè:
  1. La gente differisce la spesa, sperando che nell'immediato futuro i prezzi siano più convenienti.
  2. I lavoratori resistono a tagli NOMINALI della retribuzione e perciò i salari reali tendono a crescere causando disoccupazione da salario reale.
  3. Gli interessi reali divengono troppo alti. Anche gli interessi allo 0% non possono indurre la gente a spendere creandosi una trappola della liquidità.
  4. La deflazione accresce il peso del debito.
....Comunque, se l'inflazione è determinata da produttività crescente, miglioramenti tecnologici e costi più bassi, essa può non essere dannosa ma benefica.

4. Vediamo ad es; in Italia:
questa è la produttività in era euro (secondo le previsioni OCSE, estese alla prima parte del 2015):

 
Non pare una crescita spettacolare (limitatamente all'ultimo anno peraltro), tale da compensare il deflationary gap. Pare che non lo sostenga nessuno. Solo chi ci dice che il jobs act porterà alla crescita...in deflazione (sicuramente salariale).
"l’introduzione di maggiore flessibilità del lavoro, via deregolamentazione e liberalizzazione del mercato, che si traduce nella riduzione delle tutele del lavoro, non si associa a maggiore occupazione, minore disoccupazione, maggiore probabilità di stabilità dei rapporti di lavoro, maggiori retribuzioni, ma neppure a maggiore produttività. Anzi, l’evidenza empirica va in direzione opposta: deregolamentazione e liberalizzazione inducono minore crescita della produttività del lavoro.
È ciò che è avvenuto in Italia dagli anni novanta: la crescente flessibilizzazione del mercato del lavoro non ha contrastato il declino della produttività, anzi ha contribuito a determinare quella “trappola della stagnazione della produttività” nella quale siamo immersi da oltre dieci anni". Cioè, aggiungiamo, con l'introduzione dell'euro.

Sull'accrescimento e miglioramento dell'impiego di tecnologia, un indice difficilmente contestabile è dato dagli investimenti. Ecco la situazione, Italiana e UE (dati FMI elaborati dal nostro CIPE):

 

5. E insomma, questa è invece la situazione, aggiornata al 20 febbraio, dell'inflazione italiana, secondo l'Istat:

 "I prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati"

Per adeguare periodicamente i valori monetari, ad esempio il canone di affitto o l'assegno dovuti al coniuge separato, si utilizza l'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) al netto dei tabacchi. Tale indice si pubblica sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi dell'art. 81 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
Periodo di riferimento: gennaio 2015
Aggiornato: 20 febbraio 2015
Prossimo aggiornamento: 13 marzo 2015

Indice generale FOI 106,5
Variazione % rispetto al mese precedente -0,5
Variazione % rispetto allo stesso mese dell'anno precedente -0,7
Variazione % rispetto allo stesso mese di due anni precedenti -0,2

E non abbiamo ancora gli effetti integrali del jobs act!
Solo qualche piccola anticipazione...

7 commenti:

  1. in effetti di anticipazioni ne abbiamo infinite...

    Sto monitorando con un amico che lavora in Auchan il demansionamento in atto già da qualche mese, con i dati che mi porta, abbiamo calcolato che mediamente lo stipendio è calato di ben 200 € AL MESE ,(chi stava alla cassa ora taglia il prosciutto), ora non tutti hanno avuto questo trattamento, anche se mi conferma che i quadri in "uscita" non vengono più rimpiazzati, all'amico in questione NON hanno ridotto il salario ma, gli hanno affibbiato una mansione con più responsabilità (senza contare che gli hanno spostato l'orario diurno di lavoro dalle 3 di notte alle 9 del mattino, per 3 GIORNI alla settimana), quindi demansionamento al contrario.

    Nella saletta dipendenti del'Iper in questione c'è un avviso in bella evidenza che invita tutti i dipendenti: "dare la MASSIMA disponibilità ai Capi Reparto per EVITARE IL PEGGIORAMENTO DELLA SITUAZIONE a causa delle EVIDENTI DIFFICOLTÀ' DI BILANCIO, in attesa dell'incontro sindacale con l'azienda (se se aspetta e spera!)

    Giusto per fare eco anche su questo blog (il migliore per capire...) mi ha confidato che AUCHAN sta VENDENDO prodotti alimentari scaduti cambiando L'ETICHETTA DELLA SCADENZA (roba da denunzia ...ma nessuno si muove).


    Continuando le mie "indagini", essendo per il mio "STATO" di (ex)imprenditore in CONCORDATO preventivo (già omologato), sono in contatto con COMMISSARIO GIUDIZIALE, LIQUIDATORE GIUDIZIALE, NOTAI e PROFESSIONISTI vari, questi confermano quanto sta succedendo, (parole loro "stanno distruggendo il paese" anche se loro ci guadagnano), anche se secondo me non sono ben coscienti (o disposti a capire ) del "v€ro" problema, in ogni caso si difendono demansionando e licenziando i propri dipendenti
    ... ieri una segretaria, di mia conoscenza, di un notaio (tra i più "grossi" nella mia zona) mi ha confidato che il 60% delle impiegate è stata licenziata e che i rimanenti lavoratori sono impiegati solo per 5 ore giornaliere...

    Il "quadro" della situazione, mi appare molto più grave di quanto la gggente percepisca veramente perché, a parte esser "qui", confrontandomi con Commissario e Liquidatore (sono riuscito fortunatamente a farmi, capire e "voler bene"), mi raccontano di situazioni ormai "IMBARAZZANTI" perché si rendono conto che anche imprenditori "meritevoli" di omologazione non hanno possibilità di "salvarsi" e quindi inesorabilmente fallire, perché sebbene il valore dei cespiti, automezzi, e rimanenze finali riescano a sostenere i piani di rientro atti all'omologa concordataria, NON CI SONO POSSIBILITÀ di VENDERE tali beni perché non c'è più NESSUNO che li compra.


    A questo punto giusto per "rincarare" la "dose" della gravità di questi fatti è doveroso far sapere la la zona "DOC" di tanta "amarezza"... BERGAMO il (fu) fiore all'occhiello dell'economia Lombarda

    Scusa ma mi sento meggiogiornificato e anche un po' "incazzato"... GRAZIE al + €uropa!!

    ...strano ma, adesso che "so di essere un pig" mi interessa quanto sostiene Salvini in patria e Marie "all'estero".

    A questo punto la tradizione "giusta" dovrebbe essere: PIGS = NAZIONALISTI.

    grazie ;-)

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    1. Bravo...
      Il demansionamento, come si arguisce dai fatti (credo imponentemente diffusi) che evidenzi, si fa sul "posto" (l'ex quadro sostituito dal dipendente di livello inferiore il cui trattamento rimane inalterato) anzichè sul singolo dipendente.
      Per quest'ultimo, i modi di "deflazionarlo" sono molteplici:
      a) riduzione di orario (part-time "obbligatorio") e/o assorbimenti di trattamenti straordinari nell'orario ex ordinario, mediante "ordini di servizio" (a cui non c'è modo di opporsi se non si vuole essere licenziati tout-court);
      b) aumento di prestazioni orarie e del loro livello, a parità di trattamento-inquadramento (l'altro versante della medaglia del "quadro" che non viene sostituito una volta eliminato);
      c) disdetta generalizzata di contrallo collettivo (o non rinnovo a oltranza), sotto la minaccia di un ormai inoppugnabile e irreversibile licenziamento collettivo;
      d) per le imprese maggiori, che ne hanno i requisiti, accesso aziendale, - complessivo o per unità produttive spesso corrispondenti a società "controllate" create ad arte-, ai vari ammortizzatori sociali (CIGS, in scadenza di rifinanziamento, contratti di soldiarietà, altamente deflattivi dei trattamenti). Questi ammortizzatori spostano (in larga parte) sulla spesa pubblica, e sulla corrispondente tassazione a carico di tutti, il costo transitorio dei minori livelli retributivi, cioè in attesa di trasformare la situazione in chiusure-delocalizzazione-disoccupazione "ufficiale", ovvero in reinquadramenti dell'intero personale aziendale.

      Certo che poi, per chi si fosse trovato, e si trova, a fare l'imprenditore sulla domanda interna, il crollo deflattivo generale, rende la situazione più che disperata: esiziale direi.
      Gli assets patrimoniali che avrebbero "garantito" i creditori non possono che perdere di valore, fino a deprezzamenti che non hanno certo finito di manifestarsi nella loro "geometrica potenza".

      Tutto questo significa DEINDUSTRIALIZZAZIONE e corrispondente destrutturazione irreversibile della democrazia costituzionale (rinvio al post su Rodrik e Chang).

      E rammento che il sistema delle PMI sorge e prospera sull'ancoraggio al territorio del modello della GRANDE INDUSTRIA PUBBLICA, in violento corso di DISMISSIONE (cioè la deindustrializzazione più intensa e più €uropea che si manifesta col vincolo esterno da oltre 20 anni).
      L'indotto, diretto o indiretto, della grande impresa pubblica sul territorio, CORRISPONDE AL MODELLO COSTITUZIONALE. Cioè al legame tra artt.41, 45 e 47 Cost.

      SPERO VIVAMENTE CHE SALVINI, NELLA SUA "LUNGA MARCIA" POSSA COMPRENDERE QUESTO ASPETTO FONDAMENTALE.
      Se ne gioverebbe l'Italia tutta, senza esclusioni...

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  2. ...in tutta sincerità: il Legislatore con il Concordato mi ha "aiutato" (ma mi è anche costato) a tirarmi fuori dal "fango" ma, l'intento perseguito dallo "stesso" è quello di spingere a rimettersi "in carreggiata"... IO PERÓ L'IMPRENDITORE NON VOGLIO PIÚ FARLO. :(

    (*stiamo distruggendo (senza volontà di farlo) il paese!!)

    L'anagramma di RITMO in bocca a Renzi fa PAURA.

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  3. Ciao Quarantotto, vorrei fare alcune semplici riflessioni sulla produttività, sul lavoro e sul rapporto Lavoro/capitale. Questi miei pensieri di sicuro poco orginali non provengono da particolari studi, ma solo da una piccola esperienza personale.
    Proviamo a immaginare quello che diceva un piccolo imprenditore/artigiano negli anni 70/80 e di cosa si lamentava." Io assumo un giovane uscito dalle professionali, lo formo, gli insegno un lavoro, perdo il mio tempo e quando questo è produttivo ( mi fa guadagnare) se ne va in una azienda più grande, la quale trarrà beneficio ( economico) di quello che gli ho insegnato io."
    Da questo banale pensiero possiamo estrarre alcune considerazioni economiche.

    1) il piccolo imprenditore non si lamentava del costo del lavoro
    2) Era consapevole che la produttività di un agente lavorativo aumentava con il tempo e quindi se lo stabilizzava (lavoro a tempo indeterminato)
    3) che il suo guadagno lo realizzava, non comprimendo il costo del lavoro, ma dalla produttività del lavoratore, la quale aumentava con l'esperienza, ed aveva un valore sia materiale, ma anche immateriale, veniva trasmessa agli altri lavoratori meno esperti.
    4) Il lavoratore preferiva l'Azienda grande rispetto alla piccola unità, perchè meglio retribuito, più tutelato e meno stressato.

    Scusa se viene fuori il mio lato popolano, "ma l'imprenditore che non sa far di conto, perchè se sapesse far di conto non farebbe l'imprenditore" ( definizione data da un imprenditore che negli anni 70 aveva un azienda di 300 addetti) sapeva bene come fare il suo interesse.
    Poi dagli anni 80 si è iniziato ( e qui il mondo accademico non è immune di colpe) a dire in modo ossessivo e parossistico in tutte le salse mediatiche che il problema dell'Italia era l'alto costo del lavoro, quindi la soluzione era di abbassarlo, ma costo del lavoro e produttività sono intimamente connesse, se si abbassa il primo si abbassa anche il secondo. Es negli anni 80 abbiamo avuto molte ristrutturazioni dei grandi complessi industriali. Quale strada si è scelta? Quella dei prepensionamenti, si lasciavano a casa le persone più anziane, le più costose per l'azienda, ma anche quelle con maggior esperienza e quindi con maggior professionalità e produttività. (Parte del costo di tale scelta ricadeva sulla comunità)

    Poi negli anni novanta è stata coniata la nuova parola magica LA FLESSIBILITA', anche per questa crociata si è assoldato il mondo accademico , che con dotte spiegazioni nei Talk Show decantava la magnificenza di un mondo precarizzato. Questo processo secondo me ha raggiunto le massime vette d''irrazionalità e d'ipocrisia con quel docente che nelle trasmissioni televisive lodava i magici effetti della flessibilità ( precarizzazione) e contemporaneamente, in un suo studio affermava che uno dei motivi del declino della produttività italiana coincideva con l'inizio della flessibilità.
    Ora non ci vuole un luminare per capire che se io mantengo un ragazzo precario per 10/15 anni altro non sto facendo che distruggergli le sue future capacità professionali, inibisco il suo processo di crescita, non solo lavorativa, ma gli impedisco la sua crescita umana, la possibilità di farsi una vita, di sposarsi, di fare dei figli di contribuire alla perpetuazione della specie.
    Concludo perchè altrimenti vado troppo oltre, ma coloro che si preoccupano di efficientare il sistema produttivo italiano, probabilmente non hanno mai visto una fabbrica e se ci andassero a lavorare non resisterebbero in certi siti produttivi nemmeno un giorno.
    Le Fabbriche sono si luoghi produttivi e di crescita professionale, ma alcune di loro sono anche luoghi di MORTE E DI MUTILAZIONI FISICHE E MORALI.

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    1. Sì, le fabbriche non le hanno mai viste; questi studiosi, preferibilmente "bocconiani", (poi divenuti iconici della "nuova sinistra"), sono esperti di finanza. E nella finanza realizzano gli incarichi più prestigiosi e remunerativi, a scorrene i curricula. E chi non ha ancora queste "opportune" connessioni aspira con tutto se stesso ad averle.

      C'è però anche da dire che gli imprenditori (che non sanno far di conto), non si sono premuniti, nel loro bagaglio culturale, di connettersi al sistema immunitario costituzionale, abboccando alla vulgata che fosse a loro avverso perchè "comunista". La lettura delle norme costituzionali ci dice esattamente il contrario (ti rinvio alla risposta fornita a Roby Bury).

      A tutt'oggi, peraltro, continuano a non leggere e a non capire quelle stesse norme, che pure sono il loro estremo baluardo di difesa (ormai disperata).

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    2. Il lavoratore moderno deve essere flessibile (deve saper fare tante cose) e iperspecializzato.
      Se tu non lavori mai per una vita, puoi anche crederci, fino alla tarda eta'.
      In tv se ne vedono parecchi di questi "luminari"...

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  4. "Disciplina nelle fabbriche e stabilità politica, nell'ottica capitalista sono preferibili rispetto ad un aumento dei profitti"

    (Michael Kalecki)

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