martedì 28 aprile 2015

LA RATIFICA. E IL SIMULACRO.

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1. Il punto è questo:
a seguito del vincolo esterno, cioè della (pretesa) prevalenza dei trattati €uropei sul programma di realizzazione della democrazia sostanziale contenuto nella Costituzione, l'essenza della sovranità è perduta
Era già perduta.

2. I diritti fondamentali dei cittadini, quindi, perdono il loro valore di titolo giustificativo della sovranità (popolare) che, spostata e dispersa a livello sovranazionale, assume solo una funzione di attuazione "prestanome" del diritto internazionale privatizzato
Inscenatasi questa "finzione" dissimulatrice, la sovranità svuotata di sostanza (i diritti fondamentali sanciti nella Costituzione) diviene soltanto lo schermo formale frapposto, nei confronti delle varie comunità nazionali, affinchè i cittadini non realizzino la propria stessa irrilevanza

Il "diritto internazionale privatizzato" (p.8) porta alla trasformazione delle leggi e delle norme, e di ogni funzione fondamentale di governo, in mera esecuzione dell'assetto che, fin dall'inizio, i soggetti multinazionali economicamente dominanti volevano sostituire alle democrazie, avendo queste ultime perduto la loro utilità di salvaguardia compromissoria (v.p.VII), di quegli stessi interessi, di fronte al pericolo del socialismo reale.

3. La conseguenza è che, - stante la prevalenza incondizionata (e incondizionabile) del programma politico-oligarchico internazionalizzato-, all'interno degli ex-Stati sovrani, i parlamenti sono ridotti al mero ruolo di "ratificatori cosmetici" degli assetti perseguiti dalle elites che hanno scritto i trattati e designano i "rappresentanti" governativi nelle istituzioni europee.

Dato questo ruolo dei parlamenti, - chiaramente invocato dalla governance €uropea, vedi esplicitamente Barroso così come Schauble nella sua recente uscita sulla Francia- l'elettorato già ora si trova di fronte alla invariabilità delle politiche che qualunque maggioranza uscita dalle urne sarebbe scontatamente "vincolata" a perseguire."

4. Ma se così è, ogni traccia di democrazia, esattamente come ci avverte Rodrik, tende a dissolversi, le elezioni assumono un solo ruolo residuale: designare i mandatari locali delle elites oligarchiche sovranazionali
Un gioco di investiture e sub-investiture a carattere neo-feudale (rammentate la "Holding Italia e il Sacro Romano Impero?).

Se dunque una legge elettorale finisce per far coincidere l'elezione del parlamento con l'elezione del singolo soggetto che controllerà, in una titolarità praticamente monocratica, il potere esecutivo, non sarà stata instaurata una forma ("nuova", nel senso di non già prima presente) di autoritarismo che svuota l'assemblea parlamentare del suo ruolo costituzionale effettivo. 
Quel ruolo era semplicemente già perduto.
Si sarà piuttosto operata la RATIFICA di un assetto più funzionale a quello già affermatosi in conseguenza del "vincolo esterno"

5. Già prima le elezioni avevano questa sola funzione di "designazione" del titolare della "investitura per conto di..."; ora, questa legge elettorale risulta più coerente con tale funzione e riduce gli aspetti di inefficienza, derivanti da un passato già assoggettato a un'occulta eutanasia.
Ci si svincola, in altri termini, da un passato ormai privo del carattere di radice per una democrazia ormai...sradicata e confluita nell'internazionalismo invocato come panacea.
E se questo si è affermato, vuol dire che ai cittadini è sfuggito, molto prima della ratifica stessa, che la sovranità e la democrazia della propria nazione coincidevano; ed hanno subìto o accettato la loro preventiva soppressione (più o meno graduale). 
Ed era solo questione di tempo, prima che tutto questo accadesse (e probabilmente molto altro ancora, sempre strettamente conseguenziale a tale "razionalizzazione"....).

Dunque se "l'hanno fatto", vuol dire che lo potevano fare
E se lo potevano fare, vuol dire che la democrazia era già un simulacro, come tale rivelatosi già in molteplici indizi, che si sono assommati senza che il popolo sovrano volesse o potesse reagire.
Ora è tardi.
Ma una ratifica, non cambia molto le cose: i "decidenti" per conto dell'€uropa erano già comunque soltanto tali, esecutori, più o meno zelanti o efficienti. Da decenni.  




20 commenti:

  1. Ho tentato di ritwittare il post...ma ho scoperto di essere stato bloccato. Chissà perché.....

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    1. Marco, mi pareva tu avessi detto in un twitter che i post e il blog fossero scritti in un italiano incomprensibile (il concetto era questo). Con mia sorpresa, peraltro.

      Poichè twitter, come dice Alberto, "è una fogna", è mia politica non ingaggiare più in polemiche con chicchessia e bannare direttamente chi cerca di gettare discredito sullo sforzo che viene qui fatto, per rifornire "qualche" volenteroso di informazioni e analisi che, ritengo, non potrebbe trovare altrove.
      Con tutti i miei enormi limiti. per carità.

      Ma se avessi interpretato male una twit-line e ti avessi ascritto un pensiero non corrispondente alla tua intenzione, non ho alcuna difficoltà a sbloccarti. Ci mancherebbe

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    2. No...mai scritto. Neanche pensato.

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    3. Forse ho capito cosa è successo. Io ho risposto ad un tweet di un tale Pesce https://twitter.com/miagmarsuren/status/592691673462898691 e forse lei ha ritenuto che l'osservazione fosse rivolta a @LucianoBarraCar

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  2. Indicativo il fatto che le famose "riforme" "si portino a casa".
    Ma a casa di chi?

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  3. Ciao Quarantotto, il popolo italiano poteva scegliere tra una sconfitta con l'onore delle armi e una sconfitta con il disonore, ha scelto la seconda. C'è però una sparuta ed esigua minoranza, ( di cui questo blog è la punta di diamante), che non si è arresa e non si arrenderà e sarà grazie ad essa, spero, che l'onore perso verrà in futuro riscattato.

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    1. Vedremo cosa accadrà. Temo che, se c'è una logica in tutto questo, altre conseguenze eclatanti dovrebbero presto conseguirne. E non si griderà neppure più di democrazia o non-democrazia.
      Il bis-linguaggio avrà solidificato le coscienze...

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  4. Io continuo (forse inutilmente), a farmi delle domande. Se la democrazia è stata "cassata", e da almeno 20/30 anni, qualcosa ha fallito. Ad esempio:

    - La rigidità costituzionale non era una garanzia (ancorché non sufficiente), per impedire involuzioni autoritarie? Sotto questo aspetto, pare infatti che la nostra Costituzione non sia in grado di difendersi più di quanto non si poteva difendere -a suo tempo- la democrazia parlamentare statutaria.
    - A partire dal secondo dopoguerra, la scolarizzazione diffusa è stata un principio universalmente riconosciuto ed applicato. Oggi, infatti, possiamo vantare masse altamente scolarizzate. Eppure, questa scolarizzazione diffusa non è stata sufficiente ad opportsi allo "tsunami" mediatico, accettato supinamente dall'uomo comune senza alcun filtro critico, anche minimo. E' un fallimento clamoroso. Sia, va detto, dei cosiddetti "insegnanti" (che, evidentemente non sono riusciti a trasmettere ai discenti il "valore" dell'analisi critica della realtà), sia, andando oltre le persone, di un "modello" di scuola.....
    - Ancora più clamorosa (e grave), è stata la cecità, se non addirittura la malafede, della classe intellettuale del Paese. Una classe intellettuale (anche quella democristiana), che veniva dalla resistenza, che sembrava, nonostante tutto, avere metabolizzato il "valore intrinseco" della democrazia, che poteva e doveva, per prima, sentire l'avvisaglia del pericolo. E che invece ha ceduto anch'essa. Il risultato è che i nuovi fascisti bianchi fanno proprio il 25 aprile (e lo "festeggiano" in un Paese...... "economicamente occupato" dai tedeschi!!!).

    Insomma, c'è qualcosa, anzi, ci sono tante cose che non hanno funzionato. Forse è una domanda retorica ed inutile, ma il "perché è successo" è comunque una domanda che non posso evitare di pormi. Assieme alla successiva "cosa può essere fatto per evitare che si ripeta" (sempre che, in futuro, sussista una nuova rinascita costituente nell'ambito della quale porre la domanda stessa).

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    1. La rigidità costituzionale si è rivelata non essere una garanzia sufficiente se non esiste una rimessione diretta (preferibilmente da parte di una minoranza parlamentare qualificata, come in Francia) alla Corte cost.
      Infatti, la esistenza di un filtro, comunque operato nel giudizio ordinario a quo, a distanza di anni, impedisce sia di serbare la vivezza (legata alla vicinanza nel tempo, in funzione dell'opposizione parlamentare "costituzionalistica" che emergesse immediatamente sul contenuto di una legge) dell'impatto relativo alla censura sollevabile; tale filtro comunque, trattandosi di norme spesso di massima generalità "politica" (ratifiche di trattati, leggi elettorali, appunto), rende obiettivamente difficile il ravvisare la rilevanza e la non manifesta infondatezza.

      I singoli cittadini agenti in giudizio (a distanza di anni), infatti, soffrono la intrinseca debolezza "emotiva" - influente sullo spirito pragmatico della giurisprudenza, sempre più inibita a non disturbare il manovratore da parte dei media- di dover contrapporre naturalmente (anche se ciò non dovrebbe valere su un corretto piano logico-giuridico), un interesse ad agire, cioè una lesione, legata al piano individuale contrapposta alla intestazione della legge a "massimi sistemi", spesso percepiti, dagli stessi giudicanti, come espressione di complesse, se non impenetrabili, valutazioni e esigenze politiche.

      E questo è acuito dal dover di norma radicare la controversia sulla base di atti lesivi applicativi a destinatario individuale (caso tributario e della gestione dei rapporti di lavoro, rispetto a cui obiezioni "di sistema", che fanno assurgere il pensiero mainstream a "fatto notorio" (!), hanno spesso buon gioco sulla corretta comprensione della questione di costituzionalità. .

      Emblematico è il sostanziale non liquet della Corte (e più spesso dei "non" remittenti a quo, o remittenti sulla base di prospettazioni incomplete o parziali), sulla natura emergenziale delle norme finanziarie, assunte quasi automaticamente come insindacabili misure di cui si dà per scontato un effetto di "risanamento" economico e finanziario (argomento non di merito, ma di corretta istruttoria in fatto, come evidenziato su questo blog e sul libro).

      L'esistenza stessa di una rimessione parlamentare, poi, avrebbe costituito un mezzo potente, un vero moltiplicatore, dell'attenzione verso i problemi di costituzionalità della classe parlamentare: avrebbe cioè "costretto" il parlamento a ravvivare e rinnovare la cultura giuridico-costituzionale, (certamente nell'interesse della Nazione!).

      Gli altri fattori da te evidenziati concorrono a rafforzare questo quadro, ma, dato che sono compresenti in tutti gli ordinamenti avanzati, assoggettati al riduzionismo "pop", potremmo pure darli per scontati: cioè per fattori correggibili solo per spontanee rivendicazioni della base sociale.
      Il che ci riporta a come e quanto si possano conservare, all'interno di una democrazia, le adeguate "risorse culturali": solo eliminando il monopolio economico-finanziario sui mezzi di comunicazione di massa, controllo che è un cartello (politico-ideologico) di fatto.
      Un grande problema generale e strutturale della democrazia, ab initio presente, e che costituisce da sempre il fattore su cui contano i neo-liberisti.

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    2. Sbaglierò, ma ho la sensazione che questa accondiscendenza della Magistratura al comportamento "disinvolto" della politica, soprattutto riguardo alla costituzionalità delle prassi del Governo, della legislazione da esso prodotta o provocata e persino alla persistente illegittimità del Parlamento, eletto con una legge dichiarata incostituzionale, ma di fatto legittimato con una "prorogatio ultra lex", dipenda dal fatto di essere stata "manganellata" mediaticamente in passato per la sua supposta ingerenza nella politica, avendo frenato e criticato discutibili leggi e "lodi", commentandone anche la sciattezza nella redazione (mi viene in mente la famigerata riforma societaria).
      Dopo quest'opera di delegittimazione l'immagine della Magistratura nel suo complesso ne è uscita offuscata, agli occhi dell'opinione pubblica, già sapientemente esacerbata dall'enfasi posta sugli errori giudiziari e sui disservizi da una TV e stampa compiacente, tralasciando di dire che nella Giustizia non si investe, né in uomini, né in mezzi. Il risultato è che il potere giudicante nel suo complesso ha perso parte della sua forza come potere dello Stato e non se la sente più di fare il proprio dovere di "cane da guardia" della Costituzione. E guarda caso proprio la Corte Costituzionale è stata in passato e nel presente l'oggetto degli attacchi più virulenti, anche per gli "esorbitanti" emolumenti percepiti (in tempo di crisi) dai suoi membri, tanto per aizzare ancor più l'odio sociale (castacriccacorruzioneee) contro di essi e far lavorare tranquillamente ESSI.

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    3. In generale il clima è quello che dici.
      Però è un'imprecisione costituzionale assimilare la principale protagonista del fenomeno, la Corte costituzionale, ai vari ordini giurisdizionali. La Corte è un potere dello Stato a sè stante, e certamente contano, nelle sue dinamiche, i sistemi di nomina-designazione e la stessa osservanza dei requisiti di nomina.
      Insomma, separerei nettamente la "magistratura" -intesa come ordini giurisdizionali tipizzati in Costituzione, le cui dinamiche sono ben più indirettamente legate al fenomeno in questione-, dalla giustizia costituzionale.

      Poi è chiaro che la delegittimazione generale della funzione giurisdizionale, in attesa che tutte le norme siano oggetto di RIFORME e cioè riscritte sulle esigenze dell'assetto oligarchico-finanziario (intendo tutte, comprese quelle strumentali sui diritti cosmetici, arma di deviazione dell'opinione publbica), è un disegno fin troppo ovvio, dato che il forte vorrà sempre assicurarsi il favore preventivo dell'arbitro, con ogni mezzo.
      E, possibilmente, pure con l'acclamazione complice del "debole" (condizionandolo su fatti accuratamente selezionati pro domo propria).

      E' pur vero che negli USA, grande esempio di democrazia svuotata dalle oligarchie, e avente una Costituzione troppo antica per non soffrire una crisi dello sforzo adattativo, la questione della composizione, e del ruolo, della Corte Suprema è al centro di un grande e spinoso problema.

      Il fatto è che laddove vi è una Costituzione con una Corte, cioè in definitiva lo sforzo di rendere giuridico un conflitto politico-sociale (perchè di questo si tratta), ci sarà sempre un lungo cammino restauratore (dell'assetto degli interessi economici prevalenti) che le oligarchie sanno intraprendere con ovvia efficienza.

      Il sistema più manifesto (ma non l'unico) è il condizionamento accademico-culturale.
      E così, si torna a quanto diceva Alvin Hansen sul potere di indirizzo del pensiero nelle università. Ma non solo: il circuito tra accademia e media, di gratificazione e rafforzamento reciproci "a condizione che" (...entrambi lavorino per rafforzare gli interessi economicamente prevalenti) diviene sempre più il substrato di un condizionamento ambientale a cui nessun cittadino può sottrarsi.

      Neppure chi aderisce al mainstream "in cuor suo", è spesso in grado di disporre delle informazioni che potrebbero fargli comprendere la propria convenienza.
      E questo investe magistrati e non, cioè tutti i cittadini, ma in quanto individui del loro tempo: per questo ho psto fin dall'inizio del blog il problema della PRECOMPRENSIONE.
      E' un problema ermeneutico-cognitivo generale, che appartiene all'essere umano storicizzato (inevitabilmente) più che al solo giurista...

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    4. Quindi si potrebbe dire che la configurazione di un controllo di costituzionalità esclusivamente ex-post e di natura incidentale sia un punto debole del testo costituzionale.

      Sulla obiettiva "percezione" -da parte della stessa Corte- di certe problematiche, e riallacciandomi all "indirizzo del pensiero" forse potrebbe aver influito l'approccio di pensiero dominante, che mi pare tutt'ora di stampo positivistico. Se riduco il diritto a mera teoria logica sulla validità di una norma, forse non riesco "culturalmente" a percepire il disvalore di un atto rappresentativo di un cambiamento della costituzione materiale (come le finanziarie "emergenziali", il pareggio di bilancio o la stessa ratifica del fiscal compact).....

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    5. Sì e l'approccio "positivista" è aggravato dalla tendenza delle norme ad enunciare fini che, anche sul piano del sindacato, esigerebbero istruttorie adeguate; es; norme finanziaria che dice "a fini di risanamento e di efficientamento nell'uso delle risorse pubbliche". La Corte lo prende come un precetto laddove è solo una "giustificazione" politico-ideologica del precetto poi enunciato. Ma la Corte, appunto, rifiuta istruttoria e contestualizzazione della attendibilità delle affermazioni tipiche di tale tecnica normativa spuria: cioè accetta una premessa non avente valore precettivo come un titolo giustificativo dell'assetto perseguito dal precetto in sè, rifiutando, in definitiva in base alla "autodichiarazione" del legislatore, l'effettivo sindacato sul rispetto dell'interesse sottostante alla norma costituzionale.

      Cioè manca l'identificazione dei fini-obiettivi della Costituzione in rapporto ai fini solo formalmente enunciati dal legislatore: questo mi pare il principale ostacolo a comprendere, in termini di tutela attualmente apprestabile, il senso della Costituzione economica.

      Un enorme problema di pre-comprensione (inavvertita): cioè il senso del precetto viene auto-anticipato dallo stesso legislatore e questo viene assunto come una manifestazione di discrezionalità legislativa insindacabile, laddove, invece, è proprio quella autodichiarazione non precettiva, ma solo "di valore", il termine di paragone coi "valori" costituzionali.
      Cme dimostrano i dati clamorosi del disastro economico italiano (al di là della mera recessione: parliamo di put-put gap e di effettivo peggioramento dei saldi finanziari dello Stato) conseguente a leggi contenenti tali enunciazioni!

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    6. Corre l'obbligo di aggiungere che la tecnica legislativa "paralizzante" il sindacato effettivo della Corte deriva direttamente da atti normativi UEM. Eclatante, in tal senso, il modo in cui la Corte ha giustificato il mancato rimborso dell'indebita percezione tributaria (effetto ex tunc) in questa sentenza,
      Clamoroso è il punto 8 in diritto di questa sentenza
      http://www.giurdanella.it/2015/02/13/robin-tax-illegittima-la-sentenza-della-corte-costituzionale/
      Il principio del pareggio di bilancio viene ipostatizzato sull'evidente presupposto che esso sia superiore al valore costituzionale vulnerato dalla legge dichiarata illegittima: non si argomenta sul punto, ma si menzionano gli obblighi europei e si accettano le conseguenze: senza interrogarsi se tali obblighi, ratificati nel nuovo art.81, siano effettivamente finalizzati alla stabilità economica e alla crescita e non invece antitetici con tali fini autodichiarati in sede europea e nella riforma costituzionale "derivata"!
      E dunque senza minimamente porsi il problema, - essenzialissimo nell'economia della decisione sul punto-, se tali fini autodichiarati siano compatibili con le norme fondamentali della Costituzione che definiscono i poteri fiscali e monetari dello Stato democratico assegnandogli precisi obiettivi che divengono a perseguimento impossibile...)

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    7. Pensare che sulla carta la Corte dispone di poteri istruttori molto ampi (art. 13 l. 87/1953 e art. 12 N.I.). Mi risulta però che le istruttorie "formali" siano rare; la maggior parte sarebbero informali e condotte quindi "attraverso, per esempio: i rapporti (e le informazioni scambiate) fra Presidente della Corte e altri organi costituzionali; il silenzioso lavoro degli assistenti dei giudici [per la stragrande maggioranza, a quanto pare, magistrati]; l'incidenza sui singoli componenti della Corte, di "conoscenze specialistiche" personali e amicali, "fatti notori" e "massime d'esperienza"" (Ruggeri, Spadaro, Lineamenti di giustizia costituzionale, Milano, Giuffrè, 2009, pag. 62). Terreno fertile per la precomprensione, temo.
      Certo, sulle questioni economiche l'impressione è che la regola sia proprio quella dell'indiscutibilità delle valutazioni del legislatore. Famoso esempio, la famigerata sentenza 283/93: la "sfavorevole congiuntura economica" e la necessità e ideoneità dell'intervento del legislatore volto a "contrastare" tale situazione "con un'ampia manovra economico-finanziaria" (siamo in piena epoca Amato) vengono assunte come fatti notori o comunque insindacabili. Nella giurisprudenza costituzionale si sono mai dati contoesempi?

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    8. Qualcuno, disorganico ed episodico
      http://orizzonte48.blogspot.it/2013/03/ccostituzionalita-delle-manovre.html

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  5. L’epoca della post democrazia
    L’analisi delinea in modo drammaticamente limpido, come sempre, quali siano le sorti della “ei fu” democrazia. Già nel 2003 Colin Crouch nel suo noto saggio parlava di “post democrazia” e, ancor prima e in termini analoghi, si era espresso Dahrendorf individuando l’elemento comune a tale stato di cose la scomparsa dello stato-nazione in perfetto stile ordoliberista (si è già ricordato in questo blog, peraltro, come la Sassen, come altri, veda ormai nello stato-nazione solo una sorta di levatrice della globalizzazione).

    Il dissolvimento dello stato-nazione così come inteso almeno negli ultimi tre secoli (con subentro doloso del rammentato “vincolo esterno”, ovvero la generalizzata extraterritorialità delle decisioni assunte in sedi non istituzionali, alle quali fanno da contraltare i parlamenti nazionali del tutto esautorati del relativo potere) rende quindi abbastanza pleonastico continuare a parlare di democrazia nell’epoca del suo deciso, sovversivo e smaccato superamento. Un simulacro, come da Lei denominato, formalmente forse ancora un “valore”, ma nella sostanza una tra le possibili forme di governo.

    Perciò temo che nell’epoca della post-democrazia (nella quale siamo pesantemente affondati da trent’anni a questa parte, come da Lei sottolineato) nemmeno una legge elettorale più conforme a Costituzione sarebbe in grado di mutare lo scenario sopra descritto nonché di eliminare il vincolo esterno come epifenomeno di una patologia più profonda.

    Finché non sorgeranno gruppi e movimenti alla stregua di un partito di massa (al posto del tranquillo e “democratico” corpo elettorale che tiene più o meno coscientemente il gioco) che facciano sentire forte la loro voce ed in grado di innescare un vero conflitto sociale (di cui la pantomima dell’attuale democrazia sembra sempre scandalizzarsi in nome del politicamente corretto, come Obama per i recenti fatti di Baltimora insegna) non potrà superarsi, come afferma Crouch, il “forte squilibrio tra il ruolo degli interessi delle grandi aziende e quelli di tutti gli altri gruppi”, ed il demos rimarrà tale senza alcun kratos. Con buona pace, purtroppo, della nostra Costituzione che proprio da quel demos ha tratto origine

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  6. L.art 42 cost .non e stato modificato .lo stato autorizza il corso legale della moneta anche se nei trattati non e scritto chi sia il proprietario della moneta all atto dell.emissione.L.euro e stato istituito dagli stati e pure la BCE ...non capisco dunque come mai la giurisprudenza di tutte le corti non si attivi per ripristinare la sovranità monetaria.La moneta e un bene economico e giuridico di diritto pubblico o no? Se non lo e perche allora ci vuole l.autorità statale per dare valore o corso legale alla moneta?

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    1. Consiglio di leggersi non dico il blog, ma almeno il dibattito che precede.
      L'art.42 Cost.non rileva nel problema della sovranità monetaria: la originaria proprietà del veicolo rappresentativo della moneta (che è per lo più a emissione bancario-elettronica, ormai) non decide gli EFFETTI dell'adozione di una valuta non nazionale, che è comunque destinata a circolare, cambiando di proprietà ad ogni soggetto che, a qualsiasi titolo, si trova a esserne il portatore ovvero l'accreditatario su un conto bancario (di qualsiasi tipo).

      La giurisprudenza "di tutte le corti" non "si attiva" se non a seguito di azioni intraprese dai cittadini.
      L'art.128 del TFUE è quello che stabilisce che alla BCE spetta il potere originario di emissione della moneta. Esso è un'implicazione inscindibile dalla previa adesione all'UEM. Da lì deriva il vincolo monetario che non è mai arrivato, in sè, al sindacato della Corte costituzionale, l'unica che potrebbe sancirne la contrarietà ai principi fondamentali della Costituzione.

      Ma gli stessi governo-parlamento, se forniti di adeguata consapevolezza del problema, potrebbero immediatamente rimuovere il vincolo.
      http://orizzonte48.blogspot.it/2013/11/lunione-europea-in-base-ai-trattati-non.html

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