mercoledì 13 maggio 2015

LA "RICRESCITA" SENZA INVESTIMENTI E CONSUMI: TRA EFFETTI DI €-CORREZIONE E...REDDITO DI CITTADINANZA

 http://storiaestorie.altervista.org/blog/wp-content/uploads/2013/11/crisi-del-29.jpg

1. Cominciamo da questo grafico relativo alle partite correnti USA:

United States Current Account

Il dato, è facile constatarlo, è il peggiore dal primo trimestre 2013.
La conseguenza però, nel dato trimestrale del PIL Q1 2015, è stata piuttosto negativa:
"Le esportazioni sono diminuite del 7,2%. Le importazioni sono aumentate dell’1,8%. Il deficit commerciale è così salito al livello annualizzato di 522,1 miliardi di dollari dai precedenti 471,4. Il deficit commerciale ha sottratto 1,25 punti percentuali alla crescita del Pil.
Secondo Bloomberg, gran parte della flessione delle esportazioni è dovuta alla crescita del valore del dollaro".

 2. C'è poi un altro elemento, per così dire, "interessante":

Le importazioni crollano dovunque, specie nei paesi emergenti

 Fonte: Bce bollettino economico numero 3, maggio 2015

3. E, infine, eccovi il commento Istat del dato relativo alla c.d. "inversione" della crescita in Italia, nel primo trimestre 2015, che starebbe portando alla pretesa fine della recessione per l'anno in corso (e per un radioso futuro):
La crescita congiunturale è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei comparti dell’agricoltura e dell’industria e di una sostanziale stazionarietà nei servizi. Dal lato della domanda, vi è un contributo positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte) maggiore dell’apporto negativo della domanda estera netta.

"AL LORDO" delle scorte, implica dunque che il fenomeno, peraltro ricorrente, è quello della ricostituzione delle scorte da parte di imprese che essenzialmente importano materie prime o prodotti finiti (che poi distribuiscono sul mercato interno) ovvero prodotti "intermedi" (importati dall'estero, magari a seguito di delocalizzazioni di parti essenziali della filiera; prodotti intermedi che, comunque, che entrano nella produzione di altre imprese). 
In conseguenza di tali importazioni, le nostre imprese hanno "lavorato" e prodotto beni (e servizi, ma a quanto pare molto "meno") determinando una serie di pagamenti a soggetti residenti (lavoratori dipendenti di quelle imprese e prestazioni indotte ausiliarie e collegate: es; gli stessi fatturati delle imprese residenti che hanno rivenduto materie prime e prodotti importati, o della filiera dello stoccaggio e della distribuzione).
Ma questo, le imprese industriali che ricostituiscono le scorte, lo hanno fatto nella prospettiva di vendere successivamente tali beni sul mercato estero; ma anche su quello nazionale.

4. Per quanto riguarda il primo:
a) il mercato extra-zona euro, come abbiamo visto, contrae le sue importazioni con una tendenza ormai di medio periodo: se ci sarà una tenuta delle vendite verso tale mercato, sarà dovuta in una qualche misura, - misura che le industrie produttrici evidentemente stanno già constatando, e scontando - agli effetti della svalutazione dell'euro rispetto al dollaro (divisa con cui, prevalentemente, vengono eseguite quelle transazioni);
b) il mercato dell'area-euro, non si trova in condizioni differenti da prima, a seguito di tale svalutazione: i rapporti di competitività, cioè i differenziali di tasso di cambio reale rimangono inalterati e soggetti alla stesse dinamiche anteriori a tale svalutazione: per tutti il "vantaggio" esterno all'UEM agisce nello stesso modo (in termini di prezzi "relativi"; non in termini, ovviamente, di struttura e composizione dell'offerta nazionale e di conseguente diversa elasticità delle rispettive esportazioni rispetto alle variazioni del cambio nominale; ma solo, ripetiamo, verso l'area extra-UEM);
c) in conseguenza di ciò, la "quota" italiana di beni importati da altri paesi dell'area euro, rimane quasi invariata: una qualche variazione, dipende dal miglioramento, differenziato, di competività rispetto agli altri paesi UEM; tutti però simultaneamente impegnati a deflazionare il lavoro allo stesso scopo. Anche più di noi, prevalentemente.
Questa situazione ci attribuisce comunque un certo vantaggio in termini di crescita: se sale la domanda complessiva all'interno dell'UEM, sebbene in misura "solo" proporzionale, si vendono comunque più prodotti italiani in tale area. Però è anche vero il "viceversa" come vedremo
Sul punto torneremo tra un po', per definire il quadro delle prospettive.

5. Per quanto riguarda il mercato interno, la ricostituzione delle scorte, - magna pars della "componente nazionale" della domanda che, a dire dell'Istat, avrebbe superato il contributo negativo di quella estera-, potrebbe avere un effetto meramente transitorio: cioè circoscritto a questa fase relativa alle scorte che, di per sè, è solo preparatoria di una successiva fase di vendita; perciò è dimensionata su delle "aspettative".

Perchè tale fase non sia di crescita transitoria, cioè perchè tale fase preparatoria non si risolva in un'aspettativa erronea, occorrerebbe però che:
i) ripartissero i consumi in misura stabile e consistente e, soprattutto, corrispondente alle aspettative su cui si sono dimensionate le ricostituite scorte;
ii) ripartissero gli investimenti, attendendocisi, (altra aspettativa), che la struttura degli impianti attuali non sarebbe sufficiente a sopperire ad una domanda interna in rialzo. 
E questo dopo che l'attuale struttura aveva svolto la sua funzione nel produrre ciò che la domanda estera richiedeva mentre, però, la domanda interna (ben più consistente nel determinare il fatturato) si riduceva drasticamente: cioè, tale struttura non può che essersi ridotta
E infatti, recessione triennale, disoccupazione raddoppiata e deflazione attestano questa deindustrializzazione
Per di più, nel riportare in attivo il saldo delle partite correnti, si è verificato solo un modesto aumento della domanda estera, essendo il saldo attivo delle partite correnti determinato essenzialmente dalla caduta delle importazioni. 

6. Da notare, a conferma di ciò, che gli investimenti sono calati anche nel corso del 2014, come attesta il FMI:

http://www.programmazioneeconomica.gov.it/wp-content/uploads/2015/05/6.31.png

E notare pure che si deve trattare di investimenti PRIVATI, perchè quelli pubblici è previsto che diminuiscano comunque:

http://www.cipecomitato.it/it/immagini/A6.5.png

 
7. Insomma, se - e solo se- ripartissero "durevolmente" (ben oltre un trimestre "al lordo delle scorte") i consumi e gli investimenti, i beni prodotti sarebbero venduti e seguirebbe una "certa" crescita; tutta nel settore privato. Con un auspicabile aumento dell'occupazione che, producendo un maggior reddito disponibile alle famiglie, moltiplicherebbe gli effetti virtuosi. 
Solo che questo aumento dell'occupazione, in concomitanza con questa "fiammata" attuale di crescita relativa al primo trimestre 2015, non si sta semplicemente verificando.

Col non piccolo inconveniente, però, che alla crescita di consumi e investimenti, conseguirebbe sì un consolidamento dell'aspettativa circa il volume della produzione ma questo, a sua volta, condurrebbe alla stabilizzazione delle crescenti importazioni verificatesi per la ricostituzione delle scorte.
E' come un serpente che si mangia la coda: la crescita della domanda interna avviene, in maniera più che proporzionale, determinando un aumento delle importazioni che, però, manda in negativo il bilancio delle partite correnti, provocando un elemento negativo del PIL (che perciò cresce meno).
Tale, ormai, è lo stato della nostra produzione industriale, non padrona delle intere filiere, smantellate, svendute o delocalizzate e, comunque, non più esistente per molti dei beni che sono più pesanti nel paniere dei consumi, proprio "terminate"; produzioni "perse" dalla produzione nazionale.

8. Insomma, dentro all'euro, "non ci possiamo permettere" uno stabile e permanente aumento dei consumi e degli investimenti: per risultare tali da determinare un effettivo vantaggio di crescita, dovrebbero rivolgersi alla ricostituzione delle filiere "pesanti", cioè dei prodotti più presenti e incidenti sulla composizione della domanda interna. 
Senza dimenticare che, anche volendo (coraggiosamente) ricostituire queste "filiere" perdute, e che dovrebbero in ipotesi sostituire i beni "pesanti" importati dall'estero, occorrerebbe prevalentemente importare beni strumentali, acutizzando lo sbilancio delle partite correnti.

Ed infatti, - sebbene non si comprenda cosa ne abbiano capito i politici oggi al governo-, le politiche seguite sul mercato del lavoro e quelle fiscali, cioè di taglio della spesa e di aumento delle entrate pubbliche, tendono esattamente allo scopo di contrarre la domanda interna, determinare un'alta disoccupazione strutturale, un'alta precarizzazione (e diminuzione della popolazione "attiva"), potendosi così imporre una generale diminuzione dei salari (e quindi una convergente contrazione della domanda interna per puntare su aumento delle esportazioni e diminuzione delle importazioni).

9. Ora, queste politiche di correzione della "competitività" proseguono o no? 
Cioè gli effetti del jobs act - essenzialmente di sostituzione di posizioni precarie con contratti a tempo indeterminato, esclusivamente in quanto e per il tempo che esistano i relativi sgravi fiscali- e della riduzione del deficit pubblico attraverso politiche di bilancio strutturale in pareggio, cioè, in soldoni, di riduzione della domanda interna (sicuramente quella pubblica e di conseguenza quella privata), sono forse cessati?
Pare proprio di no. 
E i pensionati privati dell'adeguamento pensionistico, anche dopo la sentenza della Corte costituzionale, ne sanno qualcosa. 

10. Questo non vuol dire che una modesta crescita non sia possibile in queste condizioni; ma solo nel breve periodo, cioè non per una fase prolungata di medio e lungo termine.
Questo per il semplice fatto che non si creeranno, a fronte della univocità delle durevoli politiche fiscali e del mercato del lavoro, le condizioni per stimolare gli investimenti e quindi per arrivare a invertire la deindustrializzazione in corso. E neppure ad invertire la tendenza all'investimento estero, che si appropria della residua produzione nazionale, portando a inevitabile ristrutturazione, con scontata diminuzione di occupazione e salari nelle unità acquisite dai generosi "investitori".

10. Insomma, le politiche seguite non possono portare ad una crescita consistente e stabile: solo a un diverso livello di stagnazione che, però, è dovuto solo ad un rallentamento - spesso pre-elettorale - delle politiche fiscali di correzione.
Tant'è vero che la Commissione UE, che come abbiamo visto, doveva in aprile monitorare lo stato dei conti pubblici italiani, ha già parlato di un'ulteriore correzione di 0,25 punti, dovendosi da questo desumere che i limiti della pseudo flessibilità - rispetto all'obiettivo intermedio di deficit verso il pareggio- siano stati varcati (e si capisce: siamo in periodo preelettorale...). 
Questo, in soldoni, il responso della Commissione, datato 13 maggio e passato piuttosto sotto silenzio:
"Per Bruxelles, infatti, l'Italia dovrebbe realizzare un aggiustamento fiscale pari almeno allo 0,25% del pil quest'anno e dello 0,1% del pil il prossimo, mettendo in atto le necessarie riforme strutturali in entrambi gli anni, tenendo in considerazione la deviazione concessa per l'implementazione delle riforme maggiori."


11. Ora occorre calcolare che il "grosso" dell'effetto recessivo legato al consolidamento fiscale innescato dall'ultima legge di stabilità si colloca "naturalmente" nella seconda parte dell'anno: sia perchè da maggio in poi si pagano le imposte più incisive, sia per ragioni elettorali, relativamente all'effettiva percezione dei previsti tagli alla spesa pubblica (che a loro volta si traducono in maggiori imposizioni da parte degli enti locali, cioè obblighi tributari assolti prevalentemente da metà anno in poi).
Insomma, mentre, come abbiamo visto sopra, gli USA inizieranno inevitabilmente a cercare di correggere il loro accresciuto "buco" delle partite correnti, e mentre i BRICS di certo non saranno un mercato in espansione, i consumi semplicemente non possono ripartire. Certamente in misura non consistente (a pena di aggravare i nostri conti con l'estero). 
E con ogni probabilità non per tutto l'anno, perchè l'incisione delle manovre fiscali non solo è spostata nella seconda parte dell'anno, ma la Commissione europea vuole una correzione in corso nel 2015 e, dopo tanta flessibilità, - adeguamenti pensionistici o meno-, sta già minacciando di avviare una procedura di infrazione dei limiti di deficit ex art.126 TFUE: ma riferita agli obiettivi di deficit intermedi posti nel quadro del fiscal compact, non al limite del 3% che, per l'Italia, non è più quello che conta.

11. Come NON hanno capito quelli che discutono in TV.  
E, tra questi, chi propone il reddito di cittadinanza "anche sforando il 3%, perchè no?". 
Perchè no: siamo nel meraviglioso mondo dell'euro, non lo avete capito?
Le coperture non saranno mai trovate, per il numero reale di disoccupati e sottoccupati e indigenti provocati dalle politiche "fiscal compact". 
MAI. 
A meno che non si decida di "abolire" in termini pratici le pensioni, - cioè inventando tanti modi (già allo studio) di ridurle progressivamente a livelli pressocchè di "indifferenza" (ricardiana), rispetto all'ipotizzato reddito di cittadinanza, - nonchè la sanità pubblica: si arriverebbe così,  a questi livelli di disoccupazione, deflazione salariale e precarizzazione a passare un, diciamo, 300 massimo 400 euro al mese ai vari "derelitti", sfornati in produzione seriale dal sistema, fissando così anche la AUTOMATICA SOGLIA SALARIALE A CUI IN FUTURO PERVERRA' OGNI PROPOSTA DI LAVORO PER I DISOCCUPATI E SOTTOCCUPATI.

Ma a pensarci bene, siccome questa ghiotta prospettiva (reddito di cittadinanza e sua effettiva, non immaginifica, copertura con drastici tagli a pensioni e sanità) dovrebbe piacere, e molto, "nelle alte sfer€", probabilmente la cosa si farà: basta aspettare che si siano svolte le elezioni, e poi, verrà il momento in cui un governo "efficiente" potrà attribuirsene il merito esclusivo.

Intanto, rassicuratevi. Gli effetti della manovra di stabilità e della ulteriore correzione di 0,25, saranno collocati, o quantomeno "registrati", nella seconda parte dell'anno. E consumi e investimenti non saranno ripartiti, nella media dell'anno in corso.
E neppure, ci scommetterei, accresciute le importazioni di beni italiani degli USA e della Francia, se per questo... 

5 commenti:

  1. nel secondo grafico, quello con il crollo importazioni, si vede invece che nell'area euro c'è stato un boom, o no?

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  2. STELLE & METEORITI

    Nel leggere le “burlesque” che vengono editate dai quotidiani e assistere, un poco attoniti, alla nuova serie di “Non è mai troppo tardi" verrebbe da chiedere quale sia il dosaggio usato del PENTOTHAL SODIUM, il barbiturico ad azione ipnotica usato per induzione di coma artificiale o, in dosaggi sub-anestetici, come “siero della verità” nelle immaginario della comunicazione.

    Nel narrare le “suggestioni” di una crescita del 1° trim 2015 dello 0,3% (l’attesa era dello 0,2%) il consigliere economico dell’esecutivo, Y Gutgeld la equiparata a quella della Germania “documentando” che, al netto degli effetti relativi alla diminuzione del costo del petrolio e del QE della BCE, s’è “finalmente” raggiunta la parità con l’economia del €-core.

    Si “dimenticano” – sempre i “nostri” - di riportare serie storiche e previsionali spesso disattesi:

    i.) il decremento di oltre il 9% del PIL dall’inizio della “crisi”, tendenziale da 38 (trentotto) trimestri
    ii.) il declino strutturale del tessuto produttivo da oltre 15 anni con un decremento cumulato del PIL di oltre 330 mld di €
    iii.) il deterioramento progressivo del reddito pro-capite riportato a valori di 20 anni prima
    iv.) i dati della disoccupazione “sistemica” oltre il 12% e oltre il 44% di quella giovanile
    v.) ......... (son troppi e passa la “voglia”)

    Certo che s’hanno poi giuntare le RACCOMANDAZIONI APPENA INVIATE DALLA COMMISSIONE UE/UEM e finire di leggere le avvertenze del “bugiardino” del “tiopental sodico” che informano che, in miscela con il “pancuronio” e “potassio cloruro”, costituisce UNA INIEZIONE LETALE utilizzata in esecuzioni capitali.

    Che sia giunta l’autorizzazione definitiva per l’eutanasia delle democrazie “mature” come tristemente sperimentata in Grecia ?

    That’s all, folk ..!

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    1. Ma guarda che l'hanno tristemente sperimentata anche da noi...
      E' solo stato usato un metodo diverso: lettera BCE (che mai si comprenderà come sia nata...cioè sulla base di quali sollecitazioni ad esercitare un compito espliticamente escluso dal relativo statuto e dal trattato) al posto del memorandum+austerità pro-creditori esteri, tale e quale.

      Cambia la forma, mutatis mutandis (noi siamo partiti da una situazione in cui l'insolvenza non c'entrava granchè); ma non la sostanza; i saldi primari ammazza economia nazionale, anzi, li abbiamo fatti solo noi.

      Ma tutto questo Alice (il popolo votante in preda alla convulsioni per la corruzione e magari il reddito di cittadinanza) non lo sa.
      E il bello è che non lo vorrà sapere mai, a quanto pare...

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    2. Knight .. quante cavalcate

      C'è sempe qualche Alice Letizia che .. lo sa,

      Siamo qua per questo ..

      ;-)

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  3. https://www.facebook.com/EuropeanCommission/videos/871012199612928/?fref=nf

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