lunedì 28 dicembre 2015

HAYEK, ISSING, VISCO, PATUELLI: PREVEGGENZA INSPIEGABILE SULLA MONETA UNICA (BANCARIA)?


http://img.theepochtimes.com/n3/eet-content/uploads/2015/06/11/Stick-river-iStock_000035769018-diagram-480x527.jpg



ANTEFATTO 1 - 
Prendiamo le mosse da questa interessante dichiarazione di Visco in un'intervista alla Repubblica:
"...La mera possibilità del "bail in" renderà più onerosa la raccolta bancaria, rischiando di essere, se non ben gestito, controproducente. Se un supermercato fallisce, magari se ne apre uno vicino in grado di vendere le stesse merci al pubblico di quello fallito. Se fallisce una banca, non ne riapre un'altra uguale vicina. Il rischio è che ne fallisca un'altra. Lentamente l'Europa sta cominciando a capire quali possono essere le reali conseguenze delle nuove norme".
Ma Visco dovrebbe magari dialogare, ad esempio, con Otmar Issing, che pare un interlocutore €uropeo, piuttosto attendibile e autorevole, visto che quest'ultimo, come vedremo, queste "reali conseguenze" pareva averle comprese molto bene fin dall'inizio, come vedremo in dettaglio. Il che pone allo stesso governatore delle esigenze di chiarimento con gli interlocutori europeisti, per appianare quella che, indubbiamente, risulta oggi come una fondamentale divergenza di vedute e di visioni strategiche.

ANTEFATTO 2- 
A ciò aggiungiamo queste dichiarazioni del presidente dell'ABI, Patuelli che, come vedremo in una più attenta analisi del complessivo funzionamento "VOLUTO" della moneta unica (almeno a sentire Otmar Issing in qualità di esponente BCE e in tempi non "sospetti"), risultano obiettivamente contraddittorie.
Contraddizione che intercorre, obiettivamente - tra le risposte a) e quelle b)-, alla luce non solo di quanto aveva chiarito sempre Issing, richiamando precise e fondamentali clausole del trattato europeo, ma del comportamento, perfettamente consequenziale, dei risparmiatori, che ne sta derivando (ndr; abbiamo aggiunto neretto e links con precedenti post, di due o tre anni fa che trattano esattamente dei problemi sollevati da Patuelli):
 a) «Prima mi consenta una premessa. Noto con piacere che il dibattito, a tratti violento, sull’euro degli ultimi anni della crisi economica si è esaurito».
Cosa significa?
«Significa che il bilancio della moneta unica è positivo: la politica monetaria di Draghi ha consentito a molti italiani di acquistare casa con mutui a tassi irrisori, alle imprese di ristrutturarsi ed esportare, alla Repubblica italiana di tenere basso il costo degli interessi sul debito consentendo di conseguenza maggiore spesa sociale».
Tutto vero, ma non per questo le polemica sono svanite...
«Certo, perché la crisi dell’Europa precede la crisi economica e coincide con fallimento del Trattato che avrebbe dovuto dare al Continente una sua Costituzione».
Occorre ripartire da lì?
«Occorre ripartire dal rafforzamento delle regole e delle istituzioni comuni. È stata varata l’Unione bancaria, se sarà fatta funzionare potremo sperare in un’unione istituzionale più forte. In caso contrario, i neonazionalismi prevarranno».

Par di capire: il trattato è fallito perchè non è una vera Costituzione (come avevamo cercato di spiegare in "Euro e(0?) democrazia costituzionale", ribadendo, in "La Costituzione nella palude" come ciò non abbia alternative negoziali praticabili, in nessun modo, nel senso di una modifica dei trattati, che esige quantomeno una improbabile cooperazione politica tedesca e, se vogliamo, francese). 
E, par sempre di capire, se lo fosse stata (una vera Costituzione), il trattato avrebbe avuto non solo un governo federale dotato di potere di spesa (per effettuare eventuali bail-out, che non rimanessero  solo sulla carta delle direttive europee, troncati sul nascere dal pareggio di bilancio!), ma anche una clausola riconducibile all'art.47 Cost, sulla tutela prioritaria del risparmio. 
Se così non intendesse, non si spiegherebbe la susseguente affermazione di Patuelli di cui al punto b):
 
b) Che fare?
«Per uscire dal guado in cui ci troviamo, occorre fare tre cose. La prima: varare un Testo unico bancario che fissi regole chiare e non retroattive, nonché delle norme transitorie».
La seconda?
«Varare un Testo unico della finanza europea che regolamenti l’accesso ai mercati finanziari».
La terza?
«Varare un Testo unico del diritto penale dell’economia, per evitare che operazioni vietate in Italia siano invece consentite altrove».
Basteranno regole più chiare a salvare l’Europa?
Ad esempio?
«Beh, l’Italia ha recepito le nuove norme europee sui salvataggi bancari, ma quelle norme mal si conciliano con l’articolo 47 della nostra Costituzione (ma vedi qui, par.1), quello secondo cui ‘la Repubblica tutela il risparmio in tutte le sue forme’».
 
ANTEFATTO CONSEQUENZIALE 3- 
Qui ci limitiamo a riportare la linea di autotutela prescelta dai "consumatori" (non più "risparmiatori", a quanto pare), che, come vedremo, risulta praticamente obbligata dalla realizzazione dell'Unione bancaria, una volta che questa, come sostiene Issing in quanto esponente della BCE, realizzi appieno il disegno hayekiano insito ab origine nella moneta unica:

"..le quattro “good banks” hanno fatto sapere che non potranno essere oggetto di richieste di risarcimento da parte degli azionisti e dei titolari di obbligazioni subordinate delle quattro “vecchie” banche, che dovranno quindi rivalersi, come prevede la legge di Stabilità, solo sul Fondo di solidarietà, attraverso gli arbitrati.
Oppure, nel caso in cui decidano di far valere in tribunale il diritto al risarcimento, si potranno rivalere sui vecchi istituti in liquidazione. Ma i risparmiatori non ci stanno: in una lettera aperta pubblicata ieri sul sito del Comitato e indirizzata a Roberto Nicastro, presidente delle quattro banche salvate, precisano di non preoccuparsi minimamente delle dichiarazioni «sulla presunta inattaccabilità delle good banks».

Ma tutto questo preannunzia una tempesta di contenziosi che sarebbe stata impensabile sotto la vigenza della legge bancaria del 1936, dei poteri del tesoro antecedenti al divorzio tesoro-bankitalia e all'adozione della moneta unica con una banca centrale "adespota", cioè del tutto avulsa dalla tutela dei risparmiatori in generale e di un singolo Stato:
«Saranno i giudici a stabilirlo, vi inonderemo di cause», annunciano. 
Senza trascurare questa azione di "pressione", molto pesante, sulla stessa sopravvivenza del sistema bancario italiano, che, appare perfettamente in linea con gli effetti programmatici della moneta unica, unita ad una Unione bancaria ove i depositi e i creditori-risparmiatori garantiscono le insolvenze bancarie:
"E nel volantino che oggi viene distribuito dai manifestanti in Corso Italia 179, sede aretina di Banca Etruria, c’è un altro annuncio: «Noi stiamo trasferendo quello che rimane dei nostri risparmi nelle filiali italiane di banche estere o in Poste italiane», è l’attuazione di quanto comunicato a Nicastro, «Contribuiremo con tutte le nostre forze a minare la già precaria stabilità delle quattro nuove banche e del sistema bancario italiano».

4. Insomma, alla fine è veramente difficile negare che Hayek avesse proprio ragione.
La disseminazione lungimirante di schemi teorici, fortemente ammantati di alti  ideali filosofici (il liberalismo come culto della "libertà" dell'individuo, la "grande bellezza" al servizio dei pochi che incarnano la metafisica del "mercato"...), se compiuta a vantaggio delle forze dominanti, appunto, del mercato, dà grandi frutti. 
Basta saper attendere, lavorando sempre contro lo Stato nazionale, così brutto e corrotto e invasivo:
"lo stesso Hayek è perfettamente cosciente della distinzione tra modelli teorici e strategie di loro realizzazione, di cui si disintessa per personale visione della sua funzione intellettuale:
“Penso fermamente che lo scopo principale del teorico dell’economia o del filosofo politico sia di agire sull’opinione pubblica per rendere politicamente possibile quello che forse oggi è politicamente impossibile, e quindi l’obiezione che le mie proposte sono attualmente impraticabili, non mi scoraggia assolutamente a svilupparle.”

5. Quindi, le forme di realizzazione devono percorrere l'evoluzione del politicamente possibile
E l'€uropa, come dice Otmar Issing (non uno a caso, come sa chi ha letto "Euro e(o?) democrazia costituzionale), è veramente un grande sogno divenuto realtà per i neo-liberisti di ogni età: 
"Otmar Issing (già Deutsche Bank, BCE e pure Goldman Sachs, che non fa mai male) dice, e l'articolo è riprodotto sul sito della BCE, più o meno le stesse cose che dici tu, cioè che la via può non essere quella indicata da Hayek ma i fini sì. 
Per esempio in materia di denazionalizzazione delle monete, la posizione di Hayek nasceva dalla constatazione che "un'efficace politica monetaria può ("purtroppo", implica Hayek, ndr.), essere condotta solo in coordinazione con le politiche fiscali del governo. Coordinazione, in tal senso, significa inevitabilmente che, qualsiasi autorità monetaria nominalmente indipendente sia ancora esistente, dovrà in pratica aggiustare la sua politica su quella del governo..." (see Hayek 1960, page 327)." 
E Issing così chiosa: "Penso che sia ora chiaro che sono state idee affermatesi lungo queste linee che sono state l'ispirazione delle regole e delle procedure del Trattato UE e mi riferisco in particolare agli articoli 104 e 104a (ora rinumerati nel TFUE nelle norme sopra indicate, ndr.)...Sebbene la via intrapresa per OTTENERE LA DENAZIONALIZZAZIONE DELLA MONETA sia stata differente da quella sostenuta da Hayek, l'obiettivo più essenziale predicato da Hayek, cioè l'indipendenza monetaria da ogni influenza politica e la stabilità dei prezzi,  sono stati ottenuti a tutti i fini e secondo la più completa intenzionalità"  
6. Ma d'altra parte, va aggiunto per i libbberisti spaghettari, è lo stesso Hayek a chiarici che un'unione monetaria "sovra" e "trans-nazionale", porta come suo obbligato effetto "naturalistico" all'inesistenza, o quantomeno all'inefficacia pratica, del presupposto da lui deprecato. Sempre qui, addendum iniziale
"Con logica stringente, Hayek dimostra che una federazione fra Stati realmente diversi porta necessariamente all'impossibilità di un intervento statale nell'economia".
E cioè ben si può - e sottolineo- si può, proprio attraverso il federalismo sovranazionale, eliminare il presupposto dell'esistenza di un governo, (quand'anche, in qualche forma, sovranazionale), che in persona di un super-ministro del tesoro, possa esercitare, anche solo di fatto, la deprecata influenza sull'autorità indipendente che gestisce la moneta. 
Se tale governo non esiste, perchè, come nel trattato €uropeo, è fin dalla sua nascita, vietata la stessa FUNZIONE di trasferimento e gestione comune e orientata (ai bisogni di liquidità territorialmente differenziati) della spesa pubblica su tutto il territorio dell'Unione monetaria (artt.123-124-125 TFUE), l'indipendenza dell'autorità monetaria è molto reale e lo schema di von Hayek si realizza in modo molto più concreto.

7. Perciò, il buon Otmar, data la sede in cui il discorso viene espresso, allude alla concreta volontà e prassi regolatoria per realizzare il modello hayekiano (anche) con la moneta unica, retta dall'unica istituzione di una BCE politicamente del tutto irresponsabile (verso le democrazie sovrane dei singoli Stati aderenti).
E infatti, questo preciso sviluppo lo avevamo anticipato nel post dedicato, esattamente due anni fa, alla Unione Bancaria
Che, infatti, a giovamento delle riflessioni che possono compiere Visco e altri interessati come Patuelli, riproduciamo nella sua parte saliente e, oggi, tanto attuale, MA NON SORPRENDENTE, perché PROGRAMMATICA (ringraziando Balduin).
Ci sono in quel post, (chissà come...), anticipate tutte le risposte a tutti i problemi che Visco e Patuelli ADESSO indicano come criticità, e insostenibilità sistemiche, dell'unione bancaria; come pure è anticipata la prevedibilità del comportamento ritorsivo dei "consumatori", che in realtà sono...risparmiatori: cioè, un tempo, erano, nell'ambito della tutela apprestata dall'art.47 Cost., dei lavoratori tutelati nella parte del loro reddito dedicata al "risparmio diffuso".
E questo in forza di una norma che è ora invocata esplicitamente, dato che ci si accorge che racchiude un principio fondamentale della democrazia costituzionale, ma che, nondimeno, è stata a lungo "dimenticata".

8. E dunque, ecco come era risultato possibile prevedere gli accadimenti attuali, senza essere profeti (ma solo avendo compiuto un'interpretazione sistematica del quadro economico-ideologico e normativo alla base della moneta unica):
"GLI EFFETTI DI SISTEMA DELLA “APPARENTE” UNIONE BANCARIA SULLA STESSA TITOLARITA’ DEL POTERE DI CREAZIONE DELLA MONETA.
8.1 ...Ma oltre alla conferma di un modello bancario e di vigilanza finora rivelatosi non solo inadeguato, ma anche completamente contrapposto alle esigenze di tutela predicate dal principio fondamentale costituzionale dell’art.47 Cost. (con tutte le accennate ricadute su altri principi fondamentali), l’Accordo attualmente in “dirittura d’arrivo”, ha, in prospettiva, degli esiti ben più ampi.
Essi tendono addirittura al superamento del residuo carattere accentrato della creazione di moneta nell’area UEM, che, pur attualmente “adespota”, cioè non imputabile a nessuna entità sovrana, in esito al suo affidamento alla BCE, rimaneva pur sempre attribuita ad un’entità latamente ascrivibile alla sfera soggettiva del “diritto pubblico” (pur potendosi dubitare dell’ascrivibilità alla sua sfera “oggettiva”, data la mancanza, nel mandato BCE, di ogni àncoraggio a politiche di piena occupazione in senso effettivo, nonché di tutela del risparmio diffuso, che rispondono al concetto democratico di “interesse generale”, e non settoriale-concorrenziale di una specifica attività economica come quella bancaria).
Sempre tenendo ben presenti le premesse svolte nei paragrafi precedenti, per comprendere questo potenziale preannunzio di “rivoluzione” (monetarista e liberista), occorrono alcune altre “informazioni”.

8.2. In proposito, nell’individuare la radice ideologica del liberismo e della stessa teoria generale politica recepiti e sviluppati (ormai a grandi passi) dalla “costruzione europea”, si deve far riferimento a quanto elaborato da von Hayek. Che propose questo approccio alla questione monetaria, finalizzato alla sua “denazionalizzazione”; specificamente, per pervenire alla sua “privatizzazione” in regime concorrenziale:
“- una moneta di cui si pensa che conserverà un potere di acquisto più o meno costante, sarà oggetto di domanda permanente fintanto che le persone saranno libere di utilizzarla;
- se tale domanda dipende dall’effettivo mantenimento a un livello costante del valore di questa moneta, si potrà dare confidenza alle banche emettitrici di fare tutti gli sforzi necessari per giungervi meglio di un monopolista, che non corre alcun rischio deprezzando la propria moneta;
- gli emettitori possono giungere a questo risultato regolando la quantità di moneta che emettono;
- un tale regolazione della quantità di ciascuna moneta è il migliore di tutti i metodi praticabili per regolare la quantità dei mezzi di scambio
.”
Il substrato comune "ideale" tra il "nostro" e il metodo euro-BCE, quale istituzione "unica" di gestione della moneta, risulta certo parzialmente compromissorio
Ma rimane, nei "fini" enunciati normativamente nei trattati, a partire da Maastricht, quello della stabilità del valore monetario, cioè pratica assenza di (variazione della) inflazione - solo in aumento, a quanto pare dall’applicazione scaturitane-, e della visione monetaristica "quantitativa". 
8.3. I riflessi a cui conducono entrambe le soluzioni, con diversa gradualità…si misurano sulla curva di Phillips. La disoccupazione "naturale" (cioè l'abbandono della piena occupazione) e il conseguente calo dei salari reali sono indispensabili caratteristiche del modello sociale da attuare.
Certo, per v.H. il gold standard rimane una soluzione ideale, ma egli ammette che poiché ad esso si contrappone "l'assurda" pretesa che, nell'economia internazionale aperta, i paesi in surplus debbano sopportare (con la rivalutazione) il peso degli aggiustamenti, il valore della stabilità (assenza di inflazione) possa essere "almeno" garantito da quanto egli propone.

Questo passaggio di Hayek è direttamente indicativo:
Resterebbero nel mondo libero più monete largamente utilizzate e molto simili. In vaste regioni una o due fra queste sarebbero dominanti, ma queste regioni non avrebbero confini né precisi né fissi, e l’uso delle monete dominanti in ognuna si sovrapporrebbe in zone frontaliere larghe e fluttuanti. La maggior parte di queste monete farebbe affidamento a un paniere di beni simili e fluttuerebbero molto poco le une in rapporto alle altre, probabilmente molto meno delle monete dei paesi oggi più stabili, ma un po’ di più delle monete che riposano su un gold standard.”

8.4. Sulla manifesta correlazione tra pensiero di von Hayek e “costruzione europea” in campo monetario, abbiamo la conferma, piuttosto autorevole e altamente attendibile, di Otmar Issing, ex membro tedesco del board BCE, pervenutaci in “atti ufficiali” della stessa banca europea (ndr.: lo abbiamo visto in premessa, ma qui ribadiamo, ampliando...)
Sebbene il sentiero prescelto per ottenere la denazionalizzazione della moneta sia stato molto differente rispetto a quanto reclamato da Hayek, l’obiettivo finale da egli ricercato, cioè la indipendenza monetaria dall’interferenza politica e la stabilità dei prezzi, sono state, a tutti i fini e intenti, già ottenute
Naturalmente, devo aggiungere…che la stabilità dei prezzi non è mai pienamente ottenuta, nel senso che è un concetto previsionale, e la BCE deve essere “eternamente” vigilante in modo preventivo per evitare che la pressione inflazionistica non si traduca in inflazione effettiva. Detto questo, temo che Hayek potesse non essere in favore di una nuova autorità centralizzata con poteri monopolistici sulla base monetaria”.

8.5. Ma, conformemente alla stessa esigenza di realizzazione “strategica” degli “obiettivi finali”, espressamente teorizzata da Hayek, recepita dai suoi seguaci “euro-costruttori” nella formula dell’ “ordoliberismo”, nonché condensata nella formulazione dell’art.3, par. 3, del Trattato fondamentale sull’Unione, l’affermazione a tappe, rese “digeribili” alle grandi platee dei cittadini delle democrazia (ex) coinvolte nell’UEM, potrebbe giungere al suo coronamento finale proprio grazie all’attuale progetto di Unione bancaria.

Cercando di concludere il ragionamento e di pervenire ad un’attendibile stima della “strategia” attualmente sottostante alla c.d. “unione bancaria”, quale illustrata nelle sue linee fondamentali, e nelle sostanziali premesse di disciplina bancaria e monetaria “europea”, (ormai consolidata), ecco dunque quello che si può ragionevolmente dedurre:
8.6. “La progressione, o meglio “regressione”, verso la moneta denazionalizzata è il possibile esito del distacco degli intermediari bancari dal sistema produttivo nazionale originario e dal “sovrano”, senza la realizzazione dell'unità politica (gli Stati Uniti d'Europa).
Schematizzando al massimo:
1) la BCE nasce come banca centrale anomala perché non fa da “tesoriere” ad un sovrano. Compito della politica monetaria di una BC tradizionale è infatti proprio quello di conciliare le esigenze di finanziamento del sistema produttivo (tramite il rifinanziamento/controllo del sistema bancario) e dello Stato, tendendo ad obiettivi di livello dei prezzi e di crescita/occupazione in naturale conflitto (trade-off);
2) il fine dichiarato dell'unione bancaria è quello di spezzare (definitivamente) anche il legame fra sistema bancario nazionale e sovrano nel vicendevole scambio “finanziamento del debito pubblico vs. copertura dal rischio di fallimento”;
3) l'essenza e la novità del nuovo sistema di vigilanza europeo è il cd. “meccanismo unico di risoluzione” (in via di definizione a giorni), cioè di liquidazione accentrata degli attivi degli intermediari dichiarati in crisi (non si sa ancora da chi, forse Ecofin da proposta tedesca). 
Il costo della liquidazione è previsto principalmente a carico dei creditori (il famigerato bail-in), sdoganando la possibilità di fallimento delle banche. 
8.7. In teoria è sempre possibile per gli Stati intervenire con risorse di capitale per salvare gli intermediari dal fallimento, se compatibile con i limiti di finanza pubblica (in fase di avvio della vigilanza accentrata sono espressamente richieste agli stati risorse pubbliche, cd. backstop);
4) con queste regole e il mantenimento della mobilità dei capitali si attiveranno rapidi flussi finanziari verso gli intermediari ritenuti più sicuri (anche grazie a qualche sostegno pubblico), con grave nocumento per la stabilità di quelli radicati in territori con sistemi produttivi in recessione (es. per effetto della compressione della domanda interna) e, per la ridotta dimensione, senza la concreta possibilità di ricostituire il capitale;
5) il numero degli intermediari, seguendo la destrutturazione/ristrutturazione dei sistemi produttivi nelle macro regioni europee, si ridurrà di molto, come prevede il vice presidente della BCE
Estremizzando (è questa l'ipotesi forte del ragionamento) i maggiori potrebbero ridursi a 5-7 (in pratica saranno favoriti nella transizione quelli “sostenuti” da stati forti, il bail-out non è vietato (ma deve essere sempre nel rispetto del pareggio di bilancio, cioè, in pratica consentito solo a chi abbia un costante e consistente attivo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti, riversatasi una posizione netta sull’estero di segno positivo);
6) i pochi “player” rimasti (in oligopolio) potranno decidere di finanziare privati o entità pubbliche o intermediari minori (o di nicchia) assumendo i relativi rischi di credito e di essere “percepiti” più o meno affidabili nell'emissione di moneta-credito (potrebbero anche stabilirsi dei "cambi" fra monete in base al rischio percepito dagli utilizzatori).
7) La situazione sarebbe del tutto simile a quella immaginata da F. von Hayek.
La banca centrale che non fa da tesoriere a un sovrano perde anche la sua essenza di governo della politica monetaria e resta solo una entità amministrativa (più o meno estesa) dello stato minimo hayekkiano. 
In questo senso, il sistema BCE/SEBC potrebbe rivelarsi solo un passaggio intermedio (come ha espressamente sostenuto Otmar Issing, sopra cit.).”

8.8. Naturalmente il futuro non è scritto. L'esito dello scontro fra le istanze politiche determinerà se prevarrà il magico mondo “von Hayek” o gli Stati Uniti d'Europa o il ritorno agli stati (democratici) con proprio “tesoriere”.”

E questo a tacere d’altro, con riguardo alle implicazioni ulteriori della Unione bancaria.

E cioè sia quanto alle incongruenze del sistema di assicurazione dei depositi (fino a 100.000 euro) proiettato nella segnalata realtà monetaria e bancaria ormai priva del riferimento dell’interesse generale (cioè indifferente al moral hazard ed all’effettivo rischio degli impieghi finanziari illimitatamente consentiti). 
Sia quanto alla stessa saggezza di farsi coinvolgere in un sistema simile, a fronte di un sistema bancario tedesco che non pare proprio aver risolto le sue problematiche di trasparenza dei bilanci e di capitalizzazione (e né avrebbe potuto o dovuto, data la disciplina “europea”) alla luce delle “scorie” della crisi c.d. dei sub-prime . Almeno a constatare la posizione che assumono attualmente le autorità monetarie USA."
   

8 commenti:

  1. Quindi la "purezza" delle "good banks" è da intendersi come la versione in chiave teologica liberista dell'immacolata concezione?

    RispondiElimina
  2. C'è un aspetto di queste questioni bancarie che non mi è chiaro, o, alternativamente, mostrerebbe la logica di corto raggio dei padroni del mondo, e la cosa non mi meraviglierebbe più di tanto, considerando l'incapacità di risolvere il problema dei titoli tossici tuttora in ulteriore moltiplicazione.
    Dicevamo la disaffezione, la carenza di fiducia verso le banche.
    Prima di tutto, non capisco questa dichiarazione di preferenza per le banche estere. Stanno scherzando, vogliono continuare a sbagliare, magari affidando i loro soldi alla Deutsche Bank, peina zeppa di titoli tossici?

    A parte adesso questo dettaglio, seppure di una certa rilevanza, rimane l'aspetto che dicevo inizialmente che si potrebbe così formulare: la disaffezione dei risparmiatori verso il mondo bancario, si riversa sì inizialmente sul sistema bancario nazionale, ma mi chiedo a chi giova una crisi più o meno generalizzato delle banche italiane. Se come credo, il sistema bancario si è globalizzato, non è ragionevole credere che si manifesterebbe un effetto contagio sull'intero sistema bancario globalizzato?
    Se ci fosse un crack generalizzato, non si attuerebbe proprio quell'evento così tanto temuto, tanto da tenerci tutti in ostaggio, di distruzione delle formidabili ricchezze mobiliari proprio di questi potenti?
    In effetti, come si diceva, se chiude una banca, ciò mette in crisi anche le altre banche per insolvenze da banca a banca e soprattutto per effetto psicologico. Non si capisce come sarebbe possibile arrestare il fallimento se ad esempio invece della Banca Etruria, domani si trattasse di UNICREDIT, tanto per fare un esempio significativo.
    Possibile che siano così sprovveduti?
    Ed allora, dove sbaglio?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. No: credono che il mercato italiano sia da ripulire da piccole banche, facendole passare per colpevoli di inefficienza e opacità, in modo da concentrarlo. A quel punto, poichè è ovvio che la causa della disaffezione non sarebbe minimamente eliminata, (è il bail-in stesso in presenza di debt deflation da austerità fiscale), le banche rimaste sarebbero comunque depatrimonializzate e il capitale netto ridivenuto largamente insufficiente.
      Giusto il tempo, per le mani estere, di fare assopligiatutto e impadronirsi di TUTTO il "mercato" italiano.
      Come cerca di illustrare il post.

      Certo, poi, che questo schema eurista a radice hayekiana ignora, nel senso che "fa i conti senza l'oste" (e che oste!), la crisi "sottopelle" dell'intero sistema bancario globalizzato.

      Infatti il FMI vuole il bail-in come sistema globalizzato
      http://vocidallestero.it/2015/12/20/la-nota-del-fmi-che-ha-aperto-la-strada-alla-rivoluzione-del-bail-in/

      Forse gli americani (ma non si sa mai bene chi siano quelli rappresentativi...) se ne stanno accorgendo
      http://www.piovegovernoladro.info/2015/12/28/nyt-le-scelte-irresponsabili-della-merkel-uccidono-la-ue-leuropa-e-un-preda-a-una-deriva-suicida/

      Elimina
  3. Ciao Quarantotto, dal mio modesto punto d'osservazione mi sembra che il nostro mercato borsistico sia, al momento, di una fragilità strutturale disarmante. Stiamo danzando sull'orlo del precipizio, alcuni oscillatori ( che dovrebbero anticipare la realtà dei prezzi) segnalano questa possibile inversione/baratro già da settembre, il tutto verrebbe smentito con recupero pieno di quota 24500/25000 del nostro derivato.
    Se non ricordo male il nostro settore bancario è già stato oggetto di un forte processo di ristrutturazioni/acquisizioni/ fusioni nei primi anni 2000, processo che è culminato con l'acquisizione di Capitalia, (gruppo nato anch'esso dalla fusione Banco di Roma, Bipop Carire nel 2002) da parte di Unicredito nel 2007, la quale la pagò ai valori massimi di quotazione di Borsa, (grande manager Profumo, comprare ai massimi di sempre!).
    Quella evoluzione del sistema bancario avvenne attraverso la creazione di valore, tradotto gonfiando i valori dei titoli bancari. Il rialzo che si verificò dal 2003 al 2007 fu sostanzialmente guidato dai titoli bancari. Questo andamento dei fatti favoriva tutti, in primis i venditori che realizzavano enormi profitti e anche gli acquirenti che vedevano salire la loro patrimonializzazione, la quale consentiva di aumentare le loro attività.
    Mi chiedo, adesso vogliono innescare un processo di fusioni diametralmente opposto, invece di creare valore aggiunto per loro lo distruggono? Poi c'è sempre il rischio sistemico dei mercati mondiali, il fallimento di una piccola banca può essere il battito d'ali di una farfalla che innesca un processo domino che può sfuggire di mano?
    Mi sembra che precedentemente gli accorpamenti , favorirono molti italiani del settore bancario, ora saranno le vittime designate per favorire gli interessi esteri?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì. Il disegno programmatico è favorire le acquisizioni straniere: basti pensare al criterio di iscrizione in bilancio al 17,6% dei crediti deteriorati, che prescinde da ogni ragionevole valutazione prudenziale sull'effettivo "rate" di recupero nel medio periodo.

      Imposto solo all'Italia e solo ORA, in pratica: non avendo l'Italia, serva virtuosa ma sempre vilipesa, sfruttato a suo tempo il bail-out-aiuto di Stato eurolegalizzato. Se non altro perchè non ne aveva bisogno la sua economia reale. Prima della "austerità espansiva" almeno...Dopo la cura Monti-Letta-Renzi, però, è un altro discorso (certificato dalla progressione geometrica dei NPL).

      Ma, certo, il programma germanico-hayekian-ordoliberista (cioè: aiuti di Stato per furbi e Hayek riservato ai fessi, €uro-spaghettari), rischia seriamente di fallire con il prossimo exploit dei mercati finanziari "globali"; che so' tanto utili e buoni, ma poi il subprime, a questo punto, stavolta lo rifondono i bail-in globali predicati dal FMI.
      Un'apocalisse.

      L'unico pregio è che il deterioramento economico e sociale arriverà a tal punto da non consentire neppure più di parlare di Stato-brutto, crisi come opportunità e fregnacce del genere che gli "studiosi" dei think-tank €uropeisti profodono a piene mani.

      Il problema è che la crisi del '29 sembrerà uno scherzo e che non c'è neppure una Rivoluzione d'Ottobre ancora "calda" a rendere più efficienti le cellule (de)cerebrali di classi di governo educate al fanatismo neo-liberista...

      Elimina
  4. Concordo assolutamente con quanto riportato nel post e ritengo che l’obiettivo da Lei già anticipato per tempo abbia inizio con il decreto legge di riforma delle banche popolari.

    “Per sostenere il rilancio degli investimenti il Governo è intervenuto con il pacchetto Investment Compact […]. All’interno dell’Investment Compact si colloca anche la riforma delle banche popolari, il cui obiettivo è accrescere l’efficienza e la solidità del sistema bancario italiano, che deve tornare a finanziare adeguatamente l’economia reale”(http://ec.europa.eu/europe2020/pdf/csr2015/sp2015_italy_it.pdf). Il 20 gennaio è approvato il decreto legge di riforma delle banche popolari: quelle (in totale 11, cioè Banco Popolare, UBI Banca, BPER, BPM, Popolare di Vicenza, Veneto, Banca Popolare di Sondrio, Credito Valtellinese, Popolare Etruria, Popolare di Bari. ) con attivi sopra gli 8 miliardi di euro, entro i successivi 18 mesi devono convertirsi in s.p.a.. Azzerato il principio del voto capitario ed il minimo di democrazia decisionale.

    Nello stesso giorno, Renzi annuncia il provvedimento “storico” ed aggiunge “abbiamo troppi banchieri e facciamo troppo poco credito. Obiettivo del Governo è quello di rafforzare il settore bancario e adeguarlo allo scenario europeo, senza però cancellarne la vocazione territoriale. Non si tratta di danneggiare la storia di piccoli istituti ma di far sì che le banche sul territorio siano all'altezza delle sfide europee e mondiali” (sic!).

    Al World Economic Forum di Davos, il Presidente del Consiglio precisa le sue intenzioni, ovvero cancellare le leggi che riguardavano le banche popolari per aprire ai mercati internazionali(http://www.huffingtonpost.it/2015/01/20/banche-popolari-renzi_n_6509826.html). Il Financial Times, ovviamente, benedice la riforma delle popolari che finalmente si aprono ai mercati, alleluia (http://www.toscana24.ilsole24ore.com/art/oggi/2015-01-22/banche-riforma-popolari-apre-45347.php?uuid=gSLALUAZs).

    E’ evidente che il nostro presidente leopoldiano sia anima e corpo schierato dalla parte della finanza internazionale. Vuole favorire le concentrazioni bancarie e dare in pasto agli squali della finanza i risparmi di migliaia di cittadini italiani. Facendo passare per marce le piccole realtà territoriali che non lo sono più di quanto lo siano i grandi gruppi bancari nostrani (http://formiche.net/2015/12/28/ecco-chi-e-perche-fa-la-guerra-bcc-e-banche-popolari/), per non parlare di quelli internazionali (Deutsche Bank in primis). Continuare a svendere l’Italia facendo passare l’operazione come acquisizione di maggiore efficienza da parte del sistema bancario italiano!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "Nessun colonialismo può affermarsi senza la complicità delle elites locali"
      http://orizzonte48.blogspot.it/2013/03/oltre-il-pud-2-oil-and-finance-thats-all.html

      E per il resto, ti rinvio alla risposta data a Mauro

      Elimina