domenica 19 giugno 2016

DISOCCUPAZIONE GIOVANILE: LA DOPPIA VERITA' €UROPEA TRA BREXIT E DEGRADO DEL TERRITORIO COMUNALE




1. E' difficile, per il fronte €uropeista, dare una risposta alla domanda diretta posta nei termini che vedete qui sopra formulati: i "governanti" evitano del tutto di dare questa risposta, o finiscono nella reticenza e in grottesche contraddizioni (tipo: "la colpa è della Cina", ovvero "della globalizzazione", da cui, semmai, l'UE "ci protegge").
Dopo anni di errori che non si vuole, "incomprensibilmente", correggere, le contraddizioni divengono sempre più evidenti all'opinione di massa (che ESSI si illudevano di poter controllare all'infinito).

Per non incorrere in miserevoli giri di parole, e vuote e confuse promesse di un "futuro migliore" che, appare chiaro non potrà mai arrivare, la "doppia verità" dovrebbe essere svelata integralmente
E cioè, l'UE non si occupa affatto di "lavorare per gli "europei", intesi come comuni cittadini dei relativi popoli, ma di tutelare una ristretta oligarchia del capitalismo finanziario e di farlo secondo teorie politico-economiche che includono un ampliamento diffuso della disoccupazione, più pronunciato per le nuove generazioni che si affacciano sul mercato del lavoro, grazie a una legislazione imposta dall'UE che, in tal modo, accelera e amplifica il processo di svalutazione salariale competitiva.
Una "verità sottostante" di cui paiono consapevoli i vescovi europei, confidando, però, in un rimedio dato dall'impulso spontaneo e caritatevole degli stessi capitalisti finanziari, che costituiscono il mercato che si autoregola "eticamente".

2. Dunque non c'è Cina, globalizzazione o presunti effetti dell'innovazione tecnologica, che possano spiegare l'eccezionale "picco" di disoccupazione giovanile concentrato nei paesi dell'eurozona, in rapporto a ciò che accade in altre aree economiche omogenee, anch'esse caratterizzate da capitalismo avanzato e apertura dell'economia agli scambi internazionali.

Questo paradigma €uropeo, sebbene non coinvolto integralmente nel referendum britannico, - dato che, come abbiamo detto, (v. qui p.14.), nel bene e nel male, le riforme strutturali del lavoro, in UK, sono state compiute indipendentemente dal recepimento del diritto europeo e certamente non imposte dalla (rifiutata) appartenenza alla moneta unica-, nel suo complesso ha un diretto (ed ovvio) effetto di destabilizzazione sociale e di degrado del territorio, in ciascun comune italiano, dal più piccolo al più importante.

3. Sicchè, in questi giorni più che mai, tornano di attualità queste parole di Cesare Pozzi che sono facilmente riferibili alle problematiche coinvolte nel Brexit così come (peraltro senza alcuna chiarezza e capacità di indicare soluzioni non velleitarie) nelle elezioni comunali italiane:
In sintesi, l’Europa non ha alcun futuro se impone a delle comunità un modello che non hanno scelto.
Non si risolve il problema delle migrazioni di lavoranti e di manodopera fuori del territorio se non si creano le condizioni perché questi rimangano a lavorare nella propria Nazione, nel proprio paese o nella propria città, nel proprio territorio.
Né è possibile continuare ad ignorare il problema a fronte del gravissimo problema demografico.
La popolazione sta invecchiando senza che si stia ponendo alcun rimedio al calo demografico e alla necessità di precostituire un ricambio generazionale.
Così, tra circa 50 anni, di questo Paese non rimarrà nulla se questo sistema spinge i giovani, i lavoratori, i laureati, i soggetti altamente qualificati ad andarsene.
Solo un progetto concreto che abbia come punto di riferimento il rilancio del territorio potrà spingere questi stessi soggetti a rimanere.

13 commenti:

  1. ..L’ACCENTO
    (otc .. )

    Tratti prosodici fonetici e fonologici che imprimono alla catena sillabica dei foni l’andamento della verbalità per dar loro senso e musicalità – a volte dissonante - ad espressioni, narrazioni, suggestioni, impressioni – sempre quelle di settembre – di celebrati ripetitori di tragedie.

    Grave, acuto, circonflesso, tonico , non si sa bene, tra monòpoli e monopòli, quale dei giochi sia il più divertente, fatto sta è chi vince sono coloro che tengono l’istituto emettitore del sottostante sottratto e ratto dalla tutela e controllo delle comunità democratiche degli appartenenti.

    Vabbè, si sa non sono più foni da droni a guidare il “libero mercato” ma l’accento il senso non lo perde e s’è qui per questo, per continuare a dar senso prosodico alle “sillabe”.

    That’s all, folks!!

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  2. Demografia, austerità liberista e disoccupazione... infantile.

    Bazaar assiste a discussione tra donna gravida, con evidenti tratti nevrotici, e ostetrica, con evidenti tratti... commerciali.

    (Perché sì, con il neoliberismo ed il riformismo strutturale - rivoluzionario - gli ospedali sono in competizione, e si sputtanano a vicenda: in concorrenza perfetta tutto è permesso. Anche il terrorismo psicologico ai pazienti che optano di farsi ricoverare in altre strutture ospedaliere.)

    La futura mamma è ossessionata dal dolore: «quindi in questa struttura non fate l'epidurale?»

    L'ostetrica-venditrice: «No, non c'è verso; non abbiamo a sufficienza anestesisti. Le assunzioni sono bloccate e la categoria si rifiuta di fornire il servizio, non potendolo garantire appropriatamente data la scarsità di personale».

    Scene isteriche della nevrotica super-panciuta il cui compagno interviene rilanciando la meravigliata lamentela.

    Risposta della ostetrica-commerciale: «cercatevi un altro ospedale. Magari quello [nome] per cui ti sparano tanta anestesia per cui il bebè il primo pianto lo fa direttamente a San Patrignano»

    «In quell'altro [nome], non c'è il reparto adibito in caso di complicazioni. [Insomma, se va qualcosa storto, muori

    Tagli alla sanità: ritorno alla "durezza del vivere".


    In lontananza, lancinanti e disperati urli di un travaglio.

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    1. Bazaar, posso...?
      A mio modesto parere, hai omesso di soggiungere che, in modo assolutamente prevedibile, SIAMO SOLO AGLI INIZI di questo allegro processo di ri-moralizzazione delle pretese "parassitarie" dei cittadini: non abbiamo ancora visto nulla.

      Come ho già detto, il calcolo neo-ordo-liberista, ovviamente €uro-guidato, è quello di portare il livello dell'assistenza sanitaria ad una situazione di indifferenza, rispetto ai paesi d'origine, per gli immigrati dall'Africa (o da zone appositamente "destabilizzate" del Medio-oriente).

      L'assistenza più emergenziale e "pietosa", al più, finirà per essere fornita da ONG private e, inutile precisarlo, "senza frontiere": a sottolineare l'inutilità dello Stato, a cui, però, saranno richiesti finanziamenti crescenti nonché fondi per rendere operative le strutture in cui agiranno i privati ("efficienti").

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  3. Riprendendo le osservazioni di Cesare Pozzi, mi chiedo però quando questo meccanismo di distruzione del territorio e della società sia realmente iniziato.
    L'industrializzazione italiana è una storia di sradicamenti sociali, dal Sud al Nord, e dalle campagne e dai monti alle città. Una storia di inurbamenti bestiali, in cui agli uomini veniva negato lo spazio vitale per un'esistenza dignitosa. La società è finita lì, per un po' hanno tenuto botta consuetudini di socialità ereditate da altre epoche e luoghi e, come surrogati dei rapporti umani, i rapporti di lavoro e le ideologie politiche.
    Sparite le industrie e il sistema di welfare, resta l'alienazione sociale, resa (più) evidente dalla miseria in cui siamo precipitati.

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  4. Ho un po' di amici Inglesi su Facebook che tifano(unica espressione correta visto il livello di comprensione) per rimanere. vi lascio questa chicca
    https://www.facebook.com/StrongerInCampaign/videos/1177961262244196/

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  5. "L'assistenza più emergenziale e "pietosa", al più, finirà per essere fornita da ONG private e, inutile precisarlo, "senza frontiere": a sottolineare l'inutilità dello Stato, a cui, però, saranno richiesti finanziamenti crescenti nonché fondi per rendere operative le strutture in cui agiranno i privati ("efficienti")".

    Temo fortemente che qui "il laboratorio reggiano" sia già all'opera alacremente ( e da tempo) per "indirizzare tutto e tutti in questa strada". Da un recente " incontro pubblico (Vescovo, Esponenti di Unindustria, Zamagni )" cito di Zamagni : "“Una sfida da cogliere – ha replicato l’economista Zamagni – per affrontare i nodi dell’economia di mercato che è civile quando include tutti e incivile quando progredisce escludendo quote di popolazione”. Con il no al welfare che si degrada in assistenzialismo (San Francesco diceva “L’elemosina aiuta a sopravvivere, ma non a vivere”) Zamagni ha insistito sulla necessità di creare nuovi settori di attività che offrano lavoro per tutti. “Ma per fare questo – spiega Zamagni – occorre cambiare i paradigmi organizzativi delle imprese e rimettere la persona al centro, così come occorre ripensare l’attuale modello di welfare, paternalistico e assistenzialistico che ha deresponsabilizzato i cittadini, per favorire la transizione verso una nuova forma di welfare generativo, in cui la persona che si trova nel bisogno viene posta nella condizione di aiutare a sua volta gli altri”.Questo è il link, assai interessante, devo dire. http://www.reggioreport.it/2016/06/97473/. Continuo a seguire con grande interesse e la giusta dose di umiltà i Vs. scritti e commenti.Fra l'altro sono stata assai occupata a leggere " la trilogia di Azimov" qui piu' volte citata ed in particolare oggetto del Suo ILLUMINANTE articolo del 8.1.2016 "COLONIALISMO E COOPERAZIONE DELLE ELITES LOCALI. A VOLT€ RITORNANO (i nuovi sepoy) " . Cosi', tanto per dire.................. Cordiali saluti.............. ( devo ritornare alle scadenze fiscali sempe piu'....angoscianti e deprimenti, pur a ufficio ridotto......)

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  6. “42 L’assicurazione malattia. L’assicurazione malattia pone ed ha posto in Italia gravi problemi, i quali si riducono a quello della scelta fra la organizzazione uniforme di stato e la libera iniziativa di privati, associazioni, fondazioni (…) Se l’assicurazione malattia dovesse servire solo ad offrire a tutti i malati i servigi di un medico fiscale, anche ben pagato (…) meglio non farne nulla. Tra medico fiscale e malato esiste relazione non di fiducia, ma di sospetto. Senza la volonterosa cooperazione dei medici e la libera scelta del medico da parte del malato, l’assicurazione contro le malattie costa e non rende; ed è per giunta creatrice di odio e di sentimenti antisociali. In un paese come l’Italia… perché inaridire le fonti della carità privata, perché porre un limite all’incremento degli ospedali, degli ambulatori, delle case di cura, di riabilitazione fisica, di cure preventive ai mari ed ai monti ad opera della carità privata (…)?
    Quando tutti i malati, i quali non avessero i mezzi di curarsi in casa, fossero sicuri di trovare assistenza e medicine in ospedali pubblici e semi-pubblici, A CHE PRO UNA MACCHINA ASSICURATIVA LAVORANTE A GRAN COSTO ED A VUOTO? Quando fossero eliminate le difficoltà derivanti dall’obbligo di rimborso delle spese ospedaliere da parte del comune dove il malato ha il domicilio di soccorso; quando insomma l’accoglimento del malato, di qualunque malato a semplice richiesta in un ospedale o luogo di cura fosse immediato e certo e gratuito, a che pro marchette e contributi ed impiegati e denari che vanno e vengono e si registrano? La lotta contro le malattie, compresi gli infortuni per il tempo di cura, è tipicamente estranea al campo assicurativo…Se l’assistenza ospitaliera, pubblica o volontaria, non fosse o non paresse, particolarmente nel periodo transitorio, bastevole, più che l’assicurazione, ingombrante per uffici, carte, marchette, versamenti e simili, gioverebbe la semi – gratuità dell’assistenza medica a sfollare gli ospedali. Siano liberi i medici di farsi iscrivere in un registro; ed abbiano i malati la facoltà di scegliere tra i medici iscritti il medico di fiducia. Ogni visita sia rimunerata in parte dal malato (...) Se le casse possano anche essere organizzate da fondazioni caritatevoli o da società di mutuo soccorso e non solo da enti pubblici è altro problema, che io risolverei nel senso della libertà. Il punto essenziale è che il malato, il quale volontariamente rinuncia alla cura ospitaliera interamente gratuita, sia costretto a pagare una quota parte del costo della visita medica privata, costo stabilito secondo tariffe note e concordate tra gli enti pubblici ed i collegi dei medici. Se la parte spettante al malato debba essere di una metà, di un terzo o di un quarto della tariffa intiera, è problema secondario. IL PUNTO ESSENZIALE È CHE LA QUOTA SPETTANTE AL MALATO SIA DA QUESTI SENTITA (…)” [L. EINAUDI, Lezioni di politica sociale, Einaudi, Torino, 1949, Cap. I, paragrafo 42].
    E mi pare che in merito, coma da Lei fatto notare, purtroppo andranno presto a dama. (segue)

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  7. Quanto alla disoccupazione, per Einaudi è “un assurdo teorico”: “La premessa secondo cui lo sradicamento della disoccupazione e della miseria non può essere operato organicamente che dallo stato e costituisce il compito nuovo ed in certo senso fondamentale dello stato moderno, deve essere messa in connessione con un’altra premessa che non ho visto da Lei elencata e cioè che lo stato moderno ha come primo compito di non creare quella disoccupazione e quella miseria di cui Lei giustamente si preoccupa Da due anni circa, da quando cioè non sono più in grado di scrivere per il pubblico, non ho cessato per un momento, e credo di averne parlato anche con Lei, di sostenere il principio che primo dovere dello stato è quello di non creare disoccupazione. (…). Basta fare un piccolo elenco delle cause volute dallo stato, per cui la disoccupazione dovrebbe essere assai più grande di quello che è. Ecco un elenco parziale: (…) 2) Agli impedimenti alle migrazioni interne si devono aggiungere gli impedimenti al passaggio degli operai da una fabbrica ad un’altra, dei mezzadri da un podere ad un altro, impedimenti che creano milioni di piccoli mercati non comunicanti tra loro. Quale meraviglia che ci siano due milioni di disoccupati? Questa disoccupazione è il risultato di centinaia e di migliaia di piccolissimi mercati nei quali fra la domanda e la offerta di lavoro solo per miracolo può essere coincidenza, data la piccolezza dei mercati. Forse che la somma di migliaia di piccoli scarti non è necessariamente di gran lunga superiore all’unico scarto che ci sarebbe se il mercato italiano del lavoro fosse unificato? 3) I DIVIETI DI LICENZIAMENTO, ancorché aboliti, funzionano ognora, per la resistenza delle leghe operaie interessate. L’imponibile di mano d’opera imperversa nelle campagne. Come è possibile che un imprenditore non sia preoccupato dalla previsione che una domanda, in quel momento conveniente per lui, significherebbe l’obbligo, in perpetuo, di dar lavoro a persone di cui non si ha più bisogno? 4) L’ESISTENZA DELLA DISOCCUPAZIONE È UN ASSURDO TEORICO. A UN CERTO SALARIO GLI IMPRENDITORI SONO SEMPRE DISPOSTI AD ASSORBIRE TUTTA LA MANO D’OPERA CHE SI OFFRE SUL MERCATO. SE NON L’ASSORBONO, SE CI SONO SACCHE DI LAVORATORI DISOCCUPATI CIÒ È DOVUTO, FRA L’ALTRO, AL FATTO CHE LE LEGHE OPERAIE MANTENGONO IN TALUNE REGIONI E PER ALCUNE INDUSTRIE LIVELLI DI SALARIO superiori a quelli che sarebbero di mercato (…)” [L. EINAUDI, Lo scrittoio del Presidente (1948-1955), Einaudi, Torino, 1956, 386-390, in risposta all’articolo di La Pira “In difesa della povera gente”]. Quindi cosa si può rispondere a lan56? Che la disoccupazione non esisterebbe se fossero fatte le riforme strutturali (Draghi dixit) e che bisogna avere coscienza “di non dover, per dar lavoro, stampare quella tale carta falsa che per ben due volte in Italia ha distrutto le classi sociali le quali vivono di redditi fissi, classi sociali di cui vi è l’abitudine di esaltare il patriottismo, l’abnegazione, lo spirito di risparmio quando il paese è in pericolo, salvo poi a denunciarli come parassiti della società quando l’ora brutta è passata” [Lo scrittoio del Presidente cit.]. In qualunque modo la si guardi, la colpa è sempre dello Stato. E fino a che reggerà questo paradossale alibi, il fronte €uropeista non darà altre risposte

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    1. E pensa che, nonostante tutto quanto si possa ritrovare sull'esplicito modo di pensare di Einaudi e su come, (invano), tentò di contrastare in ogni modo la formulazione della Costituzione voluta dalla schiacciante maggioranza, ancora c'è chi dice che Einaudi è tra i "padri costituenti"...

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  8. Riporterò un articolo di... G. Napolitano (è lo stesso del famoso discorso del '78!) che cita proprio Einaudi come mentore. Uno spettacolo.
    Quanto alle riforme strutturali, pensavo alla triste storiella dell’asino: quando il padrone l’aveva abituata a non mangiare, la povera bestia chissà perché è morta (colpa della bestia, ovvio). La miopia non è una malattia degli occhi, ma del cervello

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    1. Ottimo: come potrai vedere il prossimo post (appena pubblicato) vede nel finale lo stesso Einaudi come protagonista...

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    2. Ma se è connesso al discorso dei tuoi due ultimi commenti, forse è meglio postare qui per non disperdere le fonti.
      In verità, quando il lavoro di approfondimento e di ricerca delle fonti diviene così "importante", - e cokme tale da non disperdere- tanto varrebbe riservarsi di fare un post trovando un filo conduttore che riassume l'insieme degli excerpta meritoriamente rinvenuti e esposti in sequenza.

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