venerdì 24 giugno 2016

KEEP CALM: IT'S JUST A (BREXIT) DELIRIUM

https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjd0OBfzJnMRBv30dS_O03cBHAs7LktoRFoZyeialtPhyphenhyphenxia3fVvhwojKaZurHKaFciIQTHyHwkQVm6qrr3rJ46vfweazhVlhJveeG6CBoY97enuBVLiBo3uVKrS9oSTx4mApGRaX4ABZSh/s1600/theylive3.jpghttp://www.birraingross.it/wp-content/uploads/2013/08/delirium-nocturnum-logo.jpg
1. Oggi il discorso è incandescente: come cercherò di dire, nel mio piccolissimo, è OVVISSIMAMENTE prematuro abbandonarsi a facili entusiasmi.
Nel frattempo, è giusto dare spazio (come faremo tra un po') ad alcune "puntualizzazioni" che altro non sono che dimostrazioni di "tracce di vita" intelligente e di memoria storica non alterata dall'esigenza di dare un flusso continuo e inesorabile alla propaganda orwelliana, che intende continuare a governare l'€uropa (e il mondo), A QUALSIASI COSTO.  
E quando dico a qualsiasi costo, intendo che un potere così grande, quasi senza precedenti nella storia dell'umanità, non appena messo alle strette, tenderà a dimostrarsi capace di qualunque cosa. Basterà rammentare queste parole del padre-maestro di "tutto questo", (almeno sul piano della prassi politica), cioè di colui che meglio incarna l'etica di ESSI:
von Hayek: “È evidente che le dittature pongono gravi pericoli. Ma una dittatura può limitare se stessa (se puede autolimitar), e se autolimitata  può essere più liberale nelle sue politiche di un'assemblea democratica che non conosce limiti. Devo ammettere che non è molto probabile che questo avvenga, ma anche così, in un dato momento, potrebbe essere l'unica speranza. Non una speranza sicura perché dipenderà sempre dalla buona volontà di una persona e ci si può fidare di ben poche persone. Ma se è l'unica possibilità in un dato momento, può essere la migliore soluzione nonostante tutto. Ma solo se il governo dittatoriale conduce chiaramente ad una democrazia limitata.”
Nella stessa intervista, von Hayek affermava anche: 
 “La democrazia ha un compito che io chiamo ‘igienico’ per il fatto che assicura che le procedure siano condotte  in un modo, appunto, idraulico-sanitario. Non è un fine in sé. Si tratta di una norma procedurale il cui scopo è quello di promuovere la libertà. Ma non può assolutamente essere messo allo stesso livello della libertà. La libertà necessita di democrazia, ma preferirei temporaneamente sacrificare, ripeto temporaneamente, la democrazia, prima di dover stare senza libertà, anche se temporaneamente .”
2. Quanto al metodo di "variazione" dallo stato della democrazia idraulica (che mai, per ESSI, è un fine in sè) alla dittatura intesa come "unica speranza" (cioè TINA!), rammentiamo che viene normalmente utilizzato "lo stato di eccezione" - dei mercati, per il terrorismo, per l'ordine pubblico da restaurare nei confronti delle "inammissibili" rivendicazioni di piazza di popoli altrimenti resi "muti"-, tanto più probabile quanto più indica, nella situazione istituzionale attuale di denazionalizzazione delle pubbliche istituzioni, l'autentico detentore della sovranità.
Una volta ridislocata la sovranità, per mezzo di trattati che istituiscono organizzazioni economiche sovranazionali, gli strumenti per indurre lo stato di eccezione sono, dunque, molteplici e convergenti. E, ormai, tutto questo non dovrebbe sorprenderci.

3. Ma, fatta questa premessa, che è il punto di riferimento, nell'esperienza storica, per definire le "aspettative" che possiamo nutrire con empirica e ragionevole cautela, se non altro al fine di vigilare sulla preziosa democrazia consegnataci dalla nostra Costituzione, lascio spazio ad una selezione (esemplificativa) di "puntualizzazioni":







4. Infine, ci pare anche opportuno, per completare il quadro in cui ci troviamo proiettati, fare un richiamo ad un'analisi generale che non dovrebbe mai essere dimenticata (perché costò la vita a chi, con lucida esattezza, ebbe il coraggio di portarla avanti):
Rosa Luxemburg, "Fogni pacifisti", 1911 [!!!]
Solo coloro che credono nell’attenuazione e mitigazione degli antagonismi di classe, e nella possibilità di esercitare un controllo sull’anarchia economica del capitalismo, possono credere all’eventualità che questi conflitti internazionali possano essere rallentati, mitigati e spazzati via. [...]
Perché gli antagonismi internazionali degli stati capitalisti non sono che il complemento degli antagonismi di classe, e l’anarchia del mondo politico non è che l’altra faccia dell’anarchico sistema di produzione del capitalismo. Entrambi possono crescere solo insieme e solo insieme possono essere superati. “Un po’ di ordine e di pace” sono per questo impossibili, al pari delle utopie piccolo-borghesi sulla limitazione delle crisi nell’ambito del mercato capitalistico mondiale, e sulla limitazione degli armamenti nell’ambito della politica mondiale. [...]

«Il carattere utopico della posizione che prospetta un’era di pace e ridimensionamento del militarismo nell’attuale ordine sociale, è chiaramente rivelato dalla sua necessità di ricorrere all’elaborazione di un progetto. Poiché è tipico delle aspirazioni utopiche delineare ricette “pratiche” nel modo più dettagliato possibile, al fine di dimostrare la loro realizzabilità. A questa tipologia appartiene anche il progetto degli “Stati Uniti d’Europa” come mezzo per la riduzione del militarismo internazionale. [...]

L’idea degli Stati Uniti d’Europa come condizione per la pace potrebbe a prima vista sembrare ad alcuni plausibile, ma a un esame più attento non ha nulla in comune con il metodo di analisi e con la concezione della socialdemocrazia. [...]

...Ma qual è il fondamento economico alla base dell’idea di una federazione di stati europei? L’Europa, questo è vero, è una geografica e, entro certi limiti, storica concezione culturale.
Ma l’idea dell’Europa come unione economica, contraddice lo sviluppo capitalista per due ragioni. 
Innanzitutto perché esistono lotte concorrenziali e antagonismi estremamente violenti all’interno dell’Europa, fra gli stati capitalistici, e così sarà fino a quando questi ultimi continueranno ad esistere; in secondo luogo perché gli stati europei non potrebbero svilupparsi economicamente senza i paesi non europei. Come fornitori di derrate alimentari, materie prime e prodotti finiti, oltre che come consumatori degli stessi, le altre parti del mondo sono legate in migliaia di modi all’Europa. 
Nell’attuale scenario dello sviluppo del mercato mondiale e dell’economia mondiale, la concezione di un’Europa come un’unità economica isolata è uno sterile prodotto della mente umana.
«E se l’unificazione europea è un’idea ormai ["ormai" nel 1911!!!, ndr] superata da un punto di vista economico, lo è in egual misura anche da quello politico.

Solo distogliendo lo sguardo da tutti questi sviluppi, e immaginando di essere ancora ai tempi del concerto delle potenze europee, si può affermare, per esempio, di aver vissuto quarant’anni consecutivi di pace. Questa concezione, che considera solo gli avvenimenti sul suolo del continente europeo, non vede che la principale ragione per cui da decenni non abbiamo guerre in Europa sta nel fatto che gli antagonismi internazionali si sono infinitamente accresciuti, oltrepassando gli angusti confini del continente europeo, e che le questioni e gli interessi europei si riversano ora all’esterno, nelle periferie dell’Europa e sui mari di tutto il mondo.

Dunque quella degli “Stati Uniti d’Europa” è un’idea che si scontra direttamente con il corso dello sviluppo sia economico che politico [...].

Che un' idea così poco in sintonia con le tendenze di sviluppo non possa fondamentalmente offrire alcuna efficace soluzione, a dispetto di tutte le messinscene, è confermato anche dal destino dello slogan degli “Stati Uniti d’Europa”. Tutte le volte che i politicanti borghesi hanno sostenuto l’idea dell’europeismo, dell’unione degli stati europei, l’anno fatto rivolgendola, esplicitamente o implicitamente, contro il “pericolo giallo”, il “continente nero”, le “razze inferiori”; in poche parole l’europeismo è un aborto dell’imperialismo.
E se ora noi, in quanto socialdemocratici, volessimo provare a riempire questo vecchio barile con fresco ed apparentemente rivoluzionario vino, allora dovremmo tenere presente che i vantaggi non andrebbero dalla nostra parte, ma da quella della borghesia
Le cose hanno una loro propria logica oggettiva. E oggettivamente lo slogan dell’unificazione europea, nell’ambito dell’ordine sociale capitalistico, può significare soltanto una guerra doganale con l’America, dal punto di vista economico, e una guerra coloniale, da quello politico. »   



42 commenti:

  1. Epico:

    "Cos'è venuto in mente da David Cameron di indire un referendum su un tema tanto complesso e così facile da strumentalizzare?"

    Di seguito, qualche altro fior da fiore:

    "Little England batte Gran Bretagna. Gli inglesi scappano, e non succede spesso"

    "Il Regno Unito non è più una grande potenza […]. Gli inglesi, da soli, non ce la possono fare. Avrei voluto gridarle, queste cose: ma le regole del club lo impediscono. Sono membro del Reform da trent’anni: è la mia casa londinese (dopo averci vissuto, non ho mai dormito in un albergo in questa città)"

    "Ora lo sappiamo: una nazione che ha scelto il passato, 52% contro 48%"

    "Solo l’omicidio della parlamentare laburista Jo Cox ha scosso le coscienze. Ma non ha cambiato il risultato"

    Gran finale:

    "Il Regno Unito scappa, e non l’ha mai fatto. E’ uscito dal club sbattendo la porta: e non si fa".

    Bravo Beppe, almeno stavolta sfogati come si deve: in certe occasioni dire quello che veramente si pensa non è poi così disdicevole…

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi sa che c'è un errore nel link inserito (anche se si intuisce la fonte delle "spassose" elucubrazioni)

      Elimina
    2. La dittatura finanziaria è la vera perdente, apparentemente; ma se abbiamo presenti le sue radici a Wall Street e alla City of London, non sarebbe così astruso pensare che la madre inglese sia stata messa in salvo, portandola fuori dal cimitero dell’Unione europea, così come la si era tenuta fuori dell’€urozona.

      Elimina
    3. In effetti non era difficile. Comunque, per dovere di completezza, eccolo qui.

      Elimina
    4. http://www.corriere.it/esteri/brexit/notizie/01-esteri-a1vcorriere-web-sezioni-f94db27e-398e-11e6-b0cd-400401d1dfdf.shtml

      Elimina
  2. "un potere così grande, quasi senza precedenti nella storia dell'umanità, non appena messo alle strette, tenderà a dimostrarsi capace di qualunque cosa."

    Ora verrà il difficile.
    A livello mediatico l'accerchiamento sarà totale, ogni parte in commedia è già stata assegnata a consumati professionisti.
    Ci sono i razzisti duri e puri alla Udo Gumpel, che da anni seminano odio contro gli italiani, e per qualche giorno sono andati in trasferta a seminare odio contro gli inglesi.
    Ci sono i progressisti moderati alla Fubini, Riotta e via twitteggiando, che già danno dei fascisti ai sostenitori della brexit (il corollario è, ovviamente, che certe opinioni "fasciste" e istigatrici dell'odio dovranno essere proibite e sanzionate penalmente). Con l'occasione scopriranno la povertà, come improvvisa conseguenza dell'antieuropeismo. Ecco la vera causa della crisi...
    Ci sono poi gli alternativi, quelli che criticano duramente l'unione europea, o meglio la sua leadership tedesca, per concludere inneggiando a più Europa,a ovviamente migliore.
    A volte le parti in causa si confondono, o forse è la voglia di mostrarsi più pronti e proni dei colleghi, e così capita che chi solitamente critica l'UE (sempre in funzione di "più Europa!") poi scriva su FB "Negli anni scorsi, migliaia di italiani abbienti hanno comprato casa a Londra. Oggi sono un po' meno abbienti. E lo saremo tutti, meno abbienti o più poveri. Molti non capiscono che ora i mercati torneranno a puntare con forza sul disfacimento dell'euro. Con il nostro debito pubblico, uscirne per noi significa default sicuro. Come c'insegna l'Argentina, default significa zero o quasi pensioni, tagli brutali alla sanità e all'istruzione, significa fame vera, disperazione, rivolte di piazza, jacquerie, significa mafia e malaffare scatenati e rampanti ancor più di oggi." (Nicola Borzi, giornalista economico Il sole 24 Ore).

    Io mi sto preparando, è questa la novità.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi sa che se "i mercati torneranno a puntare con forza sul disfacimento dell'euro" chi ha acquistato casa a Londra dovrebbe riscoprirsi semmai più ricco (dato che i mercati scontano queste prospettive e la sterlina, come ha già suggerito alberto Bagnai, tenderà a divenire moneta di rifugio)...

      Elimina
    2. Sono convinto che lui e molti come lui siano (quasi) in buona fede, nel senso che ormai anche volendolo non riuscirebbero a sviluppare un ragionamento senza contraddizioni logiche. Le prime vittime della propaganda orwelliana sono i giornalisti stessi, che per svolgere il proprio ruolo devono essere privi della capacità di pensare la verità.

      Elimina
    3. Se gente come questa non fosse la dimostrazione che le vie della selezione adattativa sono infinite, mi verrebbe da organizzargli una colletta in pounds in vista dei tempi duri.

      Elimina
    4. Come i nostri politici, sollevati dal gravoso fardello dell'esercizio di un minimo potere effettivo, erano abituati a recitare la parte assegnata, guardandosi bene dal voler comprendere per non disturbare il manovratore, anche i giornalisti si "erano illusi" di poter continuare a distrarci con questioni effimere. La disintegrazione delle illusioni deresponsabilizzanti ieri ha scatenato il panico, la rabbia ed infine il vero e proprio delirio. L'articolo richiamato da Silvano Salviato è incommentabile. Verrebbe da dire cose dell'altro mondo. Ma come ammonivano Cervantes e Sciascia quando si ode qualche raglio, significa che son cose di questo mondo. E l'articolo è pieno pezzo di ragli, che ricordano quelli di Asor Rosa quando invocava un golpe militare per destituire Berlusconi. La buona fede lasciamola da parte. Ormai chi ignora lo fa per propria scelta deliberata. Si tratta pertanto di ignoranza inescusabile, incompatibile per definizione con la buona fede.

      Elimina
    5. Scusate, non ce la faccio ... sempre dello stesso (Nicola Borzi): "#‎Brexit‬ un bel successo, la democrazia usata per autodistruggersi, per distruggerla. suggerisco di leggere qualche testo di quel sincero democratico di Hitler. E poi di leggersi qualche testo di quel vero democratico di Karl Popper, magari "Cattiva maestra televisione", sui limiti del liberalismo e della tolleranza delle democrazie usata dagli intolleranti per distruggerle dall'interno. col che Popper ribadiva: tolleranza sì ma coi tolleranti, intolleranza con gli intolleranti."

      Elimina
    6. Se non fossi intimamente convinto che da anni in questo Paese è stato attuato un golpe strisciante, tremerei a leggere tanti autorevoli commentatori che invocano esplicitamente svolte antidemocratiche, che ne teorizzano la giustezza, che si lanciano pindaricamente in analogie storicamente pradossali e destituite di qualsiasi senso. Stanno seminando terrore a piene mani, perchè sono a loro volta terrorizzati che il bluff è stato scoperto.

      Elimina
    7. Sì, questo è esattamente il senso del post.
      E in Italia, purtroppo, abbiamo una lunga tradizione in questa tendenza: basta leggere i commenti sottostanti di Francesco e il relativo autorevole autore riportato come fonte (tutt'ora considerato un modello assoluto da una parte estremamente consistente della classe dirigente e della medio-piccola borghesia semi-colta)

      Elimina
    8. Massi tanto appena si vedrà che in uk no scoppia nessuna guerra voglio vedere l autosputtanamento planetario di sti ridicoli.
      Vedere la loro stizza e le loro frignate incontrollate mi fa partire la settimana col buonumore.
      È quantomeno una dose di realtà x lorsignori che hanno scoperto come anche i potenti non siano onnipotenti.

      Elimina
  3. Quello che mi domando io è: che cosa succederà ai negoziati del TTIP? Obama aveva detto che col Brexit la GB era fuori. E' possibile avanzare qualche ipotesi?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si pongono interessanti questioni di c.d. diritto "intertemporale": nei tempi previsti dall'art.50 TUE per perfezionare l'accordo di recesso, in realtà il TTIP, nelle mire di Obama (alquanto "futuriste" rispetto al suo mandato), dovrebbe già essere entrato in vigore, sebbene con UK operativamente dentro l'UE con perdurante status di Stato-membro.

      L'effetto costitutivo del recesso (e quindi la perdita di tale status), infatti, è segnato da tale perfezionamento dell'accordo ex art.50: tra l'altro, stando a quanto dichiarato da Cameron, i tempi sarebbero dilatati da nuovi congressi dei maggiori partiti britannici, dalle successive elezioni e dall'affidamento al neo-eletto premier del compito di fare la dichiarazione di recesso che avvia l'intero procedimento.

      Tale procedimento di recesso, comunque, si svolge, in sè, in un arco temporale, normativamente stabilito, di circa due anni.
      E i due anni decorreranno, a loro volta, dalla futura dichiarazione di recesso del prossimo governo inglese.

      Ergo, siamo di fronte a una serie di incertezze giuridico-internazionalistiche notevolissime.

      La soluzione più ovvia, - se veramente il TTIP si avviasse a conclusione-, è che si faccia una convenzione di adesione annessa con clausole speciali di "riserva" per il Regno Unito (una riedizione del consueto opt-out compromissorio pro-UK): a mio parere ci stanno già pensando da tempo.

      E questo, sempre che:
      a) non vinca Trump e prenda un'altra strada di politica internazionale, non ostile all'Eurasia e non asservita al mantenimento dell'esorbitante privilegio del dollaro;
      b) i riflessi della Brexit (intesa come esito referendario e presa di posizione popolare) non rafforzino, e rendano intransigente, la posizione contraria al TTIP già espressa da Hollande.

      Elimina
    2. E difatti Valls ha appena detto un deciso e pubblico No al TTIP come è oggi.

      Elimina
  4. Condivido in toto il post. C’è da aspettarsi la rappresaglia €urista ad ogni livello e non solo mediatico; e, considerata in ESSI la rabbia per la messa in discussione di un dogma, cominciano già a farsi riconoscere - finora solo a parole - per quello che sono. Perciò riporto – sempre per non dimenticare con che razza di gente abbiamo a che fare – pensieri di un fognatore nostrano della pace €uropea e mondiale. Hayek che aveva la spudoratezza di vomitare certe oscenità in modo chiaro, il nostro fognatore è stato un po' più “sfumato”, ma non per questo meno pericoloso.
    “Fa d’uopo distruggere questa idea malvagia; riconoscere che gli stati singoli non sono sovrani perfetti e debbono abdicare ad una parte della loro sovranità e fin dall’inizio rinunciare al diritto di guerra, a quello di rappresentanza diplomatica ed alle dogane a beneficio dello stato federale sovranazionale. Sinché vi saranno stati nazionali forniti di eserciti e di flotta…le guerre saranno inevitabili e nessuna società delle nazioni vi si potrà opporre. …le nuove conquiste che l’uomo ha compiuto negli ultimi trent’anni, i meravigliosi avanzamenti nella tecnica in genere e nei mezzi di comunicazione in ispecie, le terribili invenzioni nell’arte della distruzione, di cui quella della bomba atomica è solo la più spaventosa, hanno posto gli uomini dinnanzi al bivio: O UNIFICAZIONE POLITICA ED ECONOMICA DEL MONDO INTERO O LA DISTRUZIONE DELLA CIVILTÀ, ANZI DELL’UMANITÀ MEDESIMA. “Il concetto di sovranità nazionale è oggi il nemico più grande del genere umano. Per proteggere quella sovranità gli stati si armano; né possono fare diversamente, perché con i potentissimi mezzi di distruzione moderni, ciascuno di essi si sente minacciato…È un circolo vizioso dal quale non si può uscire, se non rinunciando al concetto di sovranità nazionale”. Queste ultime parole conclusive di Nobile pongono la domanda: perché gli uomini non sono pronti a rinunciare al falso idolo della sovranità degli stati a favore della sovranità della federazione mondiale? Nobile risponde che una istituzione la quale si propone di rimuovere le cause della guerra deve essere inspirata ad una sola ideologia e che questa non può essere se non il collettivismo mondiale…Non basta trasferire alcuni attributi dello stato dal comune al principato, dal principato piccolo allo stato grande, dallo stato grande a quello nazionale, dallo stato nazionale a quello europeo od americano od asiatico e da questo allo stato mondiale. Dobbiamo far di più: DISTRUGGERE L’IDEA STESSA DELLO STATO ONNIPOTENTE, DELLO STATO CHE PUÒ FAR TUTTO, SALVO MUTARE L’UOMO IN DONNA… [L. EINAUDI, Prefazione – U. Nobile, L’umanità al bivio, Mondadori, Milano, 1947, 19-29].
    Einaudi spiega chiaramente il problema della pace connesso al fine economico, con aspetti inquietanti: “Il grido: «Vogliamo la pace!» è troppo umano, troppo bello, troppo naturale per una umanità uscita da due spaventose guerre mondiali e minacciata da una terza guerra sterminatrice, perché ad esso non debbano far eco e dar plauso tutti gli uomini i quali non abbiano cuor di belva feroce. Ma, subito, all’intelletto dell’uomo ragionante si presenta l’ovvia domanda: «Come attuare l’umano, il cristiano proposito?». (Segue)

    RispondiElimina
  5. Non giova far appello ad ideali nuovi, a trasformazioni religiose o sociali. Unica guida sono l’esperienza storica ed il ragionamento…NON SONO UN MEZZO SICURO LE TRASFORMAZIONI SOCIALI; ché si combatterono guerre cruente in tutti i regimi sociali tra pastori ed agricoltori, in regime di proprietà collettive delle tribù e delle genti, durante il feudalesimo e la servitù della gleba, prima e dopo il sorgere e il fiorire della borghesia….Gli uomini pacifici del mondo contemporaneo, i quali sapevano o facilmente intuivano che la guerra non doveva recare se non morte e rovina, si lasciarono ingannare dai pochi frenetici di dominio a guerreggiare a vicenda; ed i risparmiatori videro sfumati i loro risparmi, gli imprenditori minacciato il possesso delle fabbriche e delle terre ed i lavoratori ridotto il compenso della fatica…Se un paragone si deve fare tra opposti sistemi di organizzazione sociale come fomentatori di guerre, la conclusione è una sola: TANTO PIÙ FACILE È CONSERVARE LA PACE QUANTO PIÙ NUMEROSE SONO LE FORZE ECONOMICHE ESISTENTI IN UN PAESE CHE SIANO INDIPENDENTI DALLO STATO (COSIDETTA VOLONTÀ COLLETTIVA) E TANTO PIÙ È AGEVOLE SCENDERE IN GUERRA QUANTO PIÙ L’ECONOMIA È ACCENTRATA SOTTO LA DIREZIONE DI UN’UNICA VOLONTÀ.
    Una società di milioni di PROPRIETARI INDIPENDENTI, DI NUMEROSI INDUSTRIALI E COMMERCIANTI, è una società la quale intende agli scambi con i paesi stranieri, per vendere sui mercati migliori i propri prodotti ed acquistare a buon mercato i desiderati prodotti esteri. I molti che desiderano migliorare la propria fortuna hanno bisogno della pace ed aborrono dalla guerra. Nei paesi dove il potere economico è invece accentrato nello stato, ivi nascono i monopolisti, ivi si ottiene ricchezza cercando i favori dei governanti ed ivi gli ideali di vittoria e di gloria dei capi alimentano la sete di guadagni improvvisi e grossi degli avventurieri i quali stanno attorno al potere. Le società borghesi dove i privilegiati monopolisti concessionari di favori statali sono potenti, sono avventurose e bellicose. Agli amatori di preda a danno dello straniero si possono opporre le sole armi che valgono contro i predoni della roba altrui a danno del compaesano e del concittadino… (segue)

    RispondiElimina
  6. Quando non esisteva e là dove oggi non esiste uno stato bene organizzato, spesseggiano furti ed assassini. Che cosa hanno inventato gli uomini per tenere a segno ladri e assassini? Poliziotti, giudici e prigioni … Contro le carneficine ed i latrocini all’ingrosso compiuti col nome di guerre da un popolo contro un altro popolo non esiste rimedio diverso da quello di cui l’esperienza antichissima ed universale ha dimostrato l’efficacia contro gli assassini ed i furti compiuti ad uno ad uno dall’uomo contro l’uomo: LA FORZA. FA D’UOPO ESISTA UNA FORZA SUPERIORE AGLI STATI SINGOLI. COME LO STATO CON I POLIZIOTTI, I GIUDICI ED I CARCERIERI FA STARE A SEGNO LADRI ED ASSASSINI, COSÌ È NECESSARIO CHE UNA FORZA SUPERIORE ALLO STATO, UN SUPERSTATO, FACCIA STARE A SEGNO GLI STATI INTESI AD AGGREDIRE, VIOLENTARE E DEPREDARE ALTRUI. Chi vuole la pace deve volere la federazione degli stati, la creazione di un potere superiore a quello dei singoli stati sovrani. Tutto il resto è pura chiacchiera, talvolta vana, e non di rado volta a mascherare le intenzioni di guerra e di conquista degli stati che si dichiarano pacifici. Giungiamo quindi alla medesima conclusione alla quale si era stati condotti altra volta, discorrendo della bomba atomica. Non basta gridare: abbasso la bomba atomica! viva la pace! per volere sul serio l’abbasso e il viva. Fa d’uopo volere o perlomeno conoscere qual è la condizione necessaria bastevole perché l’una e l’altra volontà non restino parole gettate al vento. SIFFATTA CONDIZIONE SI CHIAMA FORZA SUPERIORE A QUELLA DEGLI STATI SOVRANI, SI CHIAMA FEDERAZIONE DI STATI, SI CHIAMA SUPER-STATO. SE UN GIUDICE DELLE MALEFATTE DEVE ESISTERE, SE L’AGGRESSORE DEVE ESSERE PRESO PER IL COLLO E COSTRETTO A DESISTERE DALLA RAPINA, DEVE ESISTERE UNA FORZA, UNO STATO SUPERIORE AGLI ALTRI IL QUALE POSSA FARSI UBBIDIRE DAGLI STATI SINGOLI, devono anzi gli stati singoli essere privati del diritto e della possibilità della guerra e della pace...” [L. EINAUDI, Chi vuole la pace? Il buongoverno. Saggi di economia e politica (1897-1954), Laterza, Bari, 1954, 638-643].

    Allacciamo le cinture.

    RispondiElimina
  7. Risposte
    1. C'è un particolare che, oggi, rende l'ottimo post da te citato se possibile ancora più amaro: l'ultima immagine del post riporta una sprezzante dichiarazione del regista Ken Loach che ironizza sulla morte della Thatcher (invitando alla privatizzazione del suo funerale).
      Ebbene, indovina un po' dove si è collocato, nel dibattito sul Brexit, siffatto campione dell'antiliberismo?
      Come a dire, i “cosmetici” sono tra noi…

      Elimina
    2. Obiettivamente la situazione sociale, e in particolare del mercato del lavoro, in UK, come s'è qui più volte detto, non è ascrivibile a vincoli UE, come pure non lo sono le politiche di (peraltro più limitato) "taglio" dello Stato sociale e, prima ancora, di deindustrializzazione via privatizzazione.

      Ciò rendeva la questione Brexit ben diversa da come si prospetta in Italia la "resistenza" alla religione della moneta unica: anche sotto il punto di vista storico-culturale, nonché costituzionale
      http://orizzonte48.blogspot.it/2016/06/uk-italia-e-la-sovranita-la-sua-ragion.html

      La posizione di Loach non è quindi, a rigore, assimilabile a quella dei nostri liberisti "de sinistra", se non per un'esteriore e, in fondo ipocrita, solidarietà internazionalista nell'autoetichettarsi come "socialisti" (su Marte, se euristi).

      Elimina
    3. Sì, assolutamente, non mi erano sfuggiti i post precedenti sul Brexit. Banalizzando un po', si può essere pro Brexit E liberisti (ed è probabilmente la posizione della maggior parte degli inglesi), ma non si può fare l'accoppiata inversa, essere pro Remain E socialisti.
      Sicuramente i disastri sociali in UK non sono stati provocati dalla UE, ma non capire che la UE opera secondo gli stessi meccanismi che ispirarono la Thatcher, con un surplus di (ulteriore) fanatismo, mi sembra una grave mancanza per chi, come sarebbe compito di un intellettuale, dovrebbe cogliere la sostanza dei fenomeni.

      Elimina
  8. Questa me la volevo tenere per il compleanno del blog, ma visto che la bestia ferita è la più pericolosa, qualsiasi minimo anticorpo in più non può che far bene. Dunque, eccole qui: Le prediche inutili (magari fossero state solo inutili!), Einaudi, Torino, 1959, pagg. 296 e ss.: il capitolo si intitola "E' un semplice riempitivo!" A che si riferisce il nostro? All'aggetivo "sociale" dell'economia sociale di mercato. Sappiamo già che cosa ne disse Hayek, vediamo che ci racconta Einaudi.

    “Quando giunse in Italia la notizia della nuova vittoria dei democristiani nelle recenti elezioni generali per la Germania occidentale e si seppe che la vittoria era stata dovuta al prestigio del cancelliere Adenauer, che negli anni di suo governo aveva dato prova di essere uomo di stato, forse il maggiore tra quelli oggi in carica, ed al successo della politica economica di Ludwig Erhard, ministro dell’economia e si disse che quella politica economica era general­mente reputata liberale o liberista, subito fu replicato da varie parti democristiane e socialistiche, che, si, qualcosa di liberale c’era in quella politica, ma non tanto da cancellare quel che di interventistico o dirigistico o sociale vi è nella dottrina comune ai partiti che si dicono democristiani, laburisti, socialdemocratici o socialisti; e si aggiunse da taluno che quel che vi era di liberale o liberistico nella politica del professor Erhard si spiegava con la ricchezza tedesca, con la copia delle materie prime possedute dalla Germania, con il grado di avanzamento della sua industria, con la piena occu­pazione di cui godono i lavoratori di quel paese.”

    “Questioni grosse, che non possono essere toccate di passata, qui, dove invece si vuol rispondere unicamente al quesito: quale è stata la politica economica di Erhard, quella politica, il cui successo grandioso ha contribuito in cosi notabile parte, e taluno dei commentatori forestieri disse massimamente, a confermare la maggioranza degli elettori tedeschi nella loro opinione favorevole al governo di Adenauer?
    Qualche incertezza nasce dalla denominazione che lo stesso Erhard ha dato alla sua «politica sociale di mercato», dove l’aggettivo « sociale » par dominante e siffatto da dare un’impronta caratteristica all’insieme. Chi non legge al di là dei nomi e dei titoli, osserva: politica «sociale» e quindi non politica «liberale» di mercato; quindi un mercato si, ma soggetto alla socialità, quindi subordinato e guidato dallo stato, unico rappresentante della società intera.
    Al « sociale » si appigliano massimamente coloro i quali aborrono, come il diavolo dall’acqua santa, dal «liberale »; e cercano persuadere se stessi e sovratutto gli ascoltatori e lettori, in cui intravedono un elettore, che il liberalismo di Erhard non è il liberalismo tradizionale, classico, quello dei liberisti; ma è un altro, tutto nuovo di zecca, non mai conosciuto prima, il quale si attaglia benissimo al socialismo, al corporativismo, al partecipazionismo, al solidarismo, al giustizialismo, ed a tutti gli altri -ismi, dei quali in sostanza essi continuano ad essere gli adepti.”

    “Tant’è; non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire; epperciò seguiteremo per un pezzo a vedere la gente dalle idee confuse divertirsi a far ballare le parole sociale, liberale, socialità, mercato, intervento, regolazione, statizzazione, socializzazione, concorrenza sfrenata e falsalo giusta e vera; ed il ballo, essendo di mere parole, sarebbe adatto per tutti coloro, e sono i più, i quali non vanno al di là delle parole ed immaginano di attrupparsi in parti politiche che paiono combattersi, sol perché si buttano addosso l ’un l ’altra parole prive di contenuto. Meglio è far parlare direttamente l ’Erhard; il quale, per fortuna nostra, ha scritto di recente un libro, egregiamente voltato in italiano col titolo Benessere per tutti.”

    RispondiElimina
  9. Per evitare confusione, metterò in corsivo le parole di Ehrard. Dunque:

    “Il principio della libertà economica si riassume (p. 8):

    In primo luogo nella libertà di ogni cittadino di determinare i proprii consumi e la propria vita nel modo che, entro i limiti delle sue disponibilità finanziarie, corrisponda alle idee e ai desideri personali di ciascuno e [in secondo luogo nella] libertà dell’imprenditore di produrre c di smerciare ciò che, secondo la situazione del mercato, vale a dire secondo le manifestazioni dei bisogni di tutti gli individui, egli ritiene necessario c profìcuo.

    La politica di mercato diventa «sociale» grazie al mezzo adoperato all’uopo. Mezzo è la concorrenza e basta questa, senz’altri amminicoli, ad ottenere l ’effetto «sociale». Siccome i politici si contentano dell’aggettivo, l ’Erhard volontieri indulge all’innocuo vezzo linguistico (p. 2):

    Attraverso la concorrenza si consegue una socializzazione del progresso e del guadagno e per di più si tiene desto lo spirito di iniziativa individuale.”

    “Il sistema di una economia sociale di mercato inspirata ai principii liberali ha avuto un successo di gran lunga superiore a qualunque specie di dirigismo (pp. 54-55):

    La riuscita di un triplice accordo che dovrebbe essere l’ideale di ogni economista di moderno stampo liberale: aumentando la produzione e la produttività e in proporzione con essa anche i salari nominali [mi auguro non vi sfugga che questa è esattamente quella che Paolo Pini ha chiamato la “regola di piombo” sui salari di Mario Draghi], l’accrescimento del benessere, grazie a prezzi stabili o magari decrescenti, va a beneficio di tutti...
    La nostra politica economica avvantaggia il consumatore; egli solo è misura e giudice di ogni processo economico. Questa politica dell’economia sociale di mercato ha dato al mondo intero la dimostrazione che i suoi principii della libera concorrenza nella produzione, della libera scelta dei consumi, come pure della libera espansione della personalità, garantiscono successi economici e sociali migliori di qualunque specie d’economia ufficialmente diretta e vincolata.”


    Concorrenza vorrebbe dire lotta ai monopoli ma “L’Erhard, consapevole della difficoltà di una lotta diretta contro i monopoli, non si dilunga tuttavia sul problema. Evidentemente preferisce i mezzi indiretti di lotta. Prima fra tutte la stabilità della moneta (p. 8):

    Chi prende sul serio l’impegno [dell’aumento del benessere] deve essere pronto ad opporsi energicamente a qualunque attacco contro la stabilità della nostra moneta.
    L’economia sociale di mercato non è immaginabile senza una coerente politica monetaria.
    [Vi contrastano], ad esempio, gli accordi fra datori di lavoro e maestranze, il cui effetto ha già condotto a superare con l’aumento dei salari quello della produzione, contravvenendo cosi al principio della stabilità dei prezzi. Lo stesso rimprovero si può fare agli industriali se per rimediarvi o per proprio tornaconto credono di potere cavarsela con un rialzo dei prezzi. La colpa diverrebbe addirittura disastrosa, se qualcuno osasse provocare un processo deliberatamente inflazionistico, per poter cosi rimborsare con maggiore facilità i crediti ottenuti.”


    Non sia mai!

    RispondiElimina
  10. “I dirigisti sono i peggiori nemici della stabilità monetaria ed il controllo delle divise è sinonimo di disordine (p. 179):

    Non si dà forse prova di una addirittura grottesca degenerazione quando si registra la peggiore forma del disordine, cioè ramininistrazione forzosa delle divise, sotto la rubrica « ordine »? Dovremmo liberarci una buona volta anche dall'idea che l’ordine regni pienamente là dove il maggior numero possibile di persone sono occupate a imporre regolamenti cd a moderare il disordine. Se non si vede nessuno che si occupi del mantenimento dell’ordine, ancora troppi credono, sbagliandosi di grosso, che cosi non possa esservi ordine di sorta. Alla stessa stregua in tutte le conversazioni europee non sarebbe da pensare soltanto a ciò che abbiamo da mettere a posto; dovremmo pensare altrettanto a ciò che possiamo o meglio dobbiamo abolire per rendere possibile uno sviluppo naturale e organico dell'Europa...
    Chi riuscisse ad abolire l'amministrazione forzosa delle divise avrebbe fatto per l'Europa più di tutti i politici, statisti, parlamentari, imprenditori e funzionari presi insieme.”


    Il dirigismo monetario prepara la guerra (p. 192):

    Il beneficio della liberalizzazione e il maleficio del controllo delle divise vanno d’accordo come il fuoco e l’acqua. Il controllo delle divise è per me il simbolo del male quale che sia la veste sotto la quale appare; dal controllo delle divise traspirano la maledizione e l’odore della preparazione bellica e della guerra, dal cui disordine distruttore esso è nato.

    Sìsì, come no.

    “Le sanzioni automatiche valgono più di quelle concordate fra stati. Ai tempi del regime aureo la cattiva condotta economica e finanziaria di un paese dava luogo senz’altro, senza uopo di accordi internazionali, alle necessarie sanzioni (p. 169):

    Se ai tempi della valuta aurea un paese sovrano avesse creduto di poter rinunciare a una politica economica e finanziaria bene regolata e a una giudiziosa politica creditizia, o, in altre parole, se un paese avesse professato qualche ideologia contrastante con questo postulato dell’ordine interno e dell’equilibrio, le conseguenze del suo contegno si sarebbero ben presto fatte sentire. E le conseguenze le avrebbe dovute sopportare esso stesso. Allorché, in regime monetario a base aurea, si era esaurita la possibilità di afflusso di capitali o quella di deflusso dell’oro non v’era potenza al mondo capace di salvare dalla caduta il corso del cambio del paese. Al tempo della valuta aurea non venivano impartiti ordini né da istituzioni né da persone. Esisteva il comando anonimo, impartito dal principio regolatore, dal sistema. Esso però non era gravato da idee di sovranità nazionale, né dalle fisime di una possibile autonomia politico economica, né da preconcetti o suscettibilità di qualunque genere.”.

    E se poi invece del comando anonimo servono i memoranda del MES, come la Corte di Giustizia ci insegna, va bene lo stesso.

    “La stabilità della moneta non vive da sé. Viga il sistema aureo o quello della moneta regolata, affinché ad esempio il principio del mercato comune europeo duri, occorre (p. 172):

    come in passato per il regime aureo, non ricchezza o forza, ma solo la modesta nozionc che né uno stato né un popolo possono vivere al disopra delle «proprie condizioni ».

    Questa l’ho già sentita…

    RispondiElimina
  11. “Se si vuole che la moneta sia stabile, importa innanzitutto mettere in ordine la propria casa. Perciò l ’Erhard è scettico rispetto al toccasana dell’europeismo se questo non è preceduto ed accompagnato dall’ordine interno (p. 169):

    In America vige una massima che suona: stability and converlibility begin at home (stabilità e convertibilità cominciano in casa). È proprio ciò che manca in Europa...
    Un paese membro può giungere ad essere maturo per l’integrazione soltanto quando è risoluto non solo a ristabilire il suo ordine interno, ma anche a conservarlo irremissibilmente...
    Si pensi, ad esempio, solo alla dottrina di Keynes, allo spendere per creare disavanzo, alla « politica del danaro a buon mercato » con tutti gli annessi e connessi.”


    Per carità!

    Quindi Erhard è favorevole sì all’integrazione europea, ovviamente purché liberista:

    Non sarebbe certo ragionevole concedere ai singoli paesi membri mano libera per regressi sulla via dell’integrazione, di modo che, presentandosi, ad esempio, difficoltà nella bilancia dei pagamenti, potessero venire impiegate clausole protettive, in virtù d’una propria sovranità, rimessa in vita per l’occasione. Né è buona soluzione che il paese in questione... possa venire successivamente costretto ad abrogare queste clausole protettive, qualora una decisione in tal senso venga presa da una maggioranza qualificata. Non c’è bisogno di molta fantasia per capire che una decisione del genere, costituendo un atto poco amichevole, non potrebbe, in pratica, essere quasi mai adottata.

    O il mercato comune sarà liberista o correrà rischio di cadere nel collettivismo (p. 208):

    Nel mercato comune... o si fa strada lo spirito del liberismo ed avremo allora un’Europa felice, progressiva e forte, o tentiamo di accoppiare artificiosamente sistemi diversi ed avremo perduta la grande occasione di una integrazione autentica. Una Europa dirigisticamente manipolata dovrebbe, per sistema, lasciar paralizzare le forze di resistenza contro lo spirito del collettivismo c del dominio delle masse, e illanguidire il senso di quel prezioso bene che è la libertà.

    La politica di armonizzare, uguagliare, compensare è (p. 208):

    quanto mai pericolosa... Lo sviluppo tendenzialmente inflazionistico in alcuni paesi (con rigidi corsi dei cambi!) è da riferire, non da ultimo, anche alla concessione di prestazioni sociali superiori alle possibilità di rendimento dell’economia nazionale. Poiché nel campo politico un adeguamento nelle prestazioni sociali non può avvenire mai verso il basso [che pessimismo ingiustificato!], ma solamente verso l’alto, ne deriva la conseguenza che anche quelle economie nazionali le quali avevano potuto finora conservare un ordine equilibrato, o vengono spinte per forza, a loro volta, su quella via rovinosa, o devono scontare la colpa altrui sotto la forma dell’applicazione di clausole protezionistiche da parte dei loro contraenti.”

    Direi che può bastare. Conclusioni di Einaudi:

    “Gli estratti da me insieme cuciti nelle pagine precedenti chiariscono il significato sostanziale dell’aggettivo «sociale» ficcato in mezzo alle parole « politica di mercato », che sono il vero sugo della dottrina di Erhard. Non pochi anni or sono Ferdinando Martini, assillato da una anziana signora britannica, la quale non rintracciava nei vocabolari della lingua italiana una parola molto usata nel parlare comune veneto e di cui gli imbarazzati amici italiani avevano una certa ritenutezza a dichiararle il senso, la tranquillò con: «la non si confonda, signorina, gli è un semplice riempitivo ». In senso diverso ed opposto, anche il qualificativo « sociale » è un semplice riempitivo. A differenza di quello del Martini, che è di gran peso per la persistenza dell’aggregato umano, il riempitivo « sociale » ha l ’ufficio meramente formale di far star zitti politici e pubblicisti iscritti al reparto «agitati sociali».”

    (Poi dicevano dello stalinismo).

    Questa è l’economia sociale di mercato, questa è l’Unione Europea.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Einaudi-Erhard ci regalano un duetto eloquente: sarebbe da far studiare agli studenti di Erasmus, o addirittura dei licei.

      Il problema è che per studiarlo, e non solo per accoglierne le conclusioni in forma di slogan, ci vorrebbe "qualcuno" che sappia esporre criticamente gli effetti concreti di tutto ciò (cioè della "libera concorrenza", ove i monopoli sono combattuti "indirettamente", per via della assoluta stabilità dei prezzi), in relazione ai diversi obblighi che i poteri pubblici assumono in base alla Costituzione.

      O la Costituzione o l'economia sociale di mercato, "a prezzi stabili o magari decrescenti" e senza accordi collettivi di lavoro. (O noi o "loro"...)

      E invece alla maturità hanno dato il tema sui "confini": e i poveri ragazzi si saranno sforzati di dimostrare la conoscenza degli slogan su quanto sia bello un mondo senza frontiere. Per la libera concorrenza senza tutela del lavoro...

      Elimina
    2. Bisogna far loro un corso di fisica :sistemi in equilibrio dinamico.
      È sintomatica la mancanza di tali basi in un numero così grande di politici e influencer?

      Elimina
  12. In Grecia, invece, non hanno bisogno di studiare; le conseguenze di questa follia le hanno marchiate a fuoco sulla carne. In tutto questo delirio, NON UNA PAROLA sulle attuali condizioni dei nostri fratelli ellenici. Come se la Grecia non esistesse piu'. Ho letto al riguardo l'ennesimo articolo su Voci dall'estero: devastante. Perche' non ne parlano se quest'Europa ci ha resi piu' felici?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Temo che i grezi portino marchiati gli effetti dell'€uropa infelix, ma non abbiano consapevolezza di cosa sia il gold standard e della sua divergenza dalla propria Costituzione democratica

      Elimina
  13. Insomma, come a casa nostra. Renzi invoca una nuova Ventotene: come fa a guardarsi allo specchio?

    RispondiElimina
  14. Complimenti sinceri per il post.
    OT: chiedo scusa, temo di non capire. Chi ha scritto che il vaso doveva rimanere chiuso tramite opportune strategie antidemocratiche che evitino agli elettori di decidere la politica? Alessandro Greco? Grazie.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non ho compreso bene: è un quiz?

      Elimina
    2. No, peggio: sono proprio io che mi confondo quando vengono postati i tweet. Non capisco mai chi scrive cosa e spesso i loro link non portano al testo.
      Nel caso specifico mi piacerebbe sapere chi ha il coraggio di affermare quel cumulo di assurdità, per non dire altro. Grazie per la pazienza.

      Elimina
  15. Quale sarebbe la ratio dell'esclusione dei trattati internazionali dall'art. 75? I costituenti non si posero la domanda che escludere un tema così importante potesse avere questi risvolti? Se ha già scritto qualcosa in merito potrebbe darmi indicazione? La ringrazio.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La ratio è il pacta sunt servanda (in assenza del quale nessuno vorrebbe più negoziare con una parte che, in qualsiasi momento, per ragioni interne e non operative sul piano del diritto dei trattati, si potesse svincolare da un trattato), racchiuso nell'art.10 Cost e, d'altra parte, in tutti gli ordinamenti dei paesi civili.
      I referendum, come quello sul Brexit, possono essere consultivi, non direttamente abrogativi: il recesso è infatti formalmente un atto conforme ai poteri delle parti del trattato UE e viene (verrà...) formalizzato dal governo sul piano delle procedure attivabili in base allo stesso trattato.

      Referendum possono attenere alla fase di ratifica, preliminarmente alla legge di autorizzazione del parlamento (o in sua vece: dipende dalle Costituzioni): ma si tratta di consultazioni che intervengono prima della entrata in vigore e dell'applicazione del trattato internazionale...

      Elimina
    2. Grazie, ma quindi come giudicherebbe dal punto di vista legale un referendum tipo brexit in Italia? Sorvolando sulle difficoltà legate al probabile terrorismo della BCE.

      Elimina
  16. GENEAZIONE INTERAIL
    (otc ..)

    S'è incontrato una miriade di fratelli europei viaggiando d'estate in treno, dormendo sulle portantine e sulle panche per poi essere ospitati.

    I loro nomi li ricordo tutti, quanto i loro abbracci, la loro benevolenza, norvegesi, svedesi, polacchi, ceci, slovacchi .. un popolo di umani che sa mostrare e dimostrare una umanità "negata".

    Siamo ancora qua, in mezzo alle parole, a testimoniare lo Spirito dell'Uomo ..

    RispondiElimina
  17. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  18. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina