domenica 30 ottobre 2016

LA COSTITUZIONALIZZAZIONE DEL "VINCOLO ESTERNO" E LA "PRECOMPRENSIONE" DELL'ART.117.


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1. Vale la pena di tornare sull'argomento del "nuovo" art.117 (in particolare ci interessa il primo comma), quale proposto nell'attuale riforma costituzionale. 
Nei social,  in numerose mail pervenutemi, e persino in questa sede, più volte s'è fatto riferimento a questa norma come quella da cui sarebbe ricavabile la "costituzionalizzazione" dell'€uropa. Deduzione, logicamente, testualmente, e sistematicamente, inesatta e che, infatti, si presta alla facile (e altrettanto errata) obiezione, da parte dei sostenitori della riforma, che, allora, non ci sarebbe alcuna innovazione al riguardo, potendosi già far derivare questa costituzionalizzazione dalla precedente versione dell'art.117, risultante dalla riforma costituzionale "federalista" del 2001.

2. In effetti, queste sono le due versioni dell'art.117 (comma 1), attuale e "riformato":

a) "La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali" (attuale)
b) La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e dagli obblighi internazionali (come riformato).
La variazione è limitata dunque alla sostituzione di "ordinamento comunitario" con il più (giuridicamente) attuale "Unione europea": se la costituzionalizzazione fosse MAI derivata da questo comma, i pro-riforma avrebbero ragione.
Ma così non è. 


3. Per spiegare in modo auspicabilmente definitivo la questione, ci riportiamo a quanto detto nel post QUAESTIONES D€ REFERENDI SUBTILITATIBUS e prendiamo spunto da un commento-interrogativo: "La modifica del comma 1 dell'Art. 117 con la sostituzione del termine comunitario con il termine Unione Europea perché renderebbe più stringenti i vincoli per il nostro Paese? Non era già sufficiente l'attuale formulazione per vincolare (purtroppo) tutte le scelte politiche dei vari governi italiani?
E' da notare che tale commento è stato svolto a distanza di qualche settimana dalla pubblicazione del post e dunque indica una difficoltà del pubblico a superare i confini angusti della discussione sulla rifoma imposti dalla forte propaganda mediatica a suo favore. 

4. Ci pare dunque utile accorpare il contenuto delle risposte al "quesito", in modo da dirimere la questione senza ulteriori cedimenti alla incessante vulgata mediatica, che tende a far scadere il livello della comprensione della riforma al di sotto di qualsiasi accettabile standard di interpretazione giuridica (aggiungeremo qualche link per consentire di approfondire ulteriormente alcuni profili giuridici):

La questione è specificamente trattata al punto 5 del post, con un apposito addendum
Per i non giuristi, o per giuristi non memori dei lineamenti fondamentali del diritto, rammento che l'art.10 Cost. riconosce l'osservanza da parte della Repubblica italiana delle "norme del diritto internazionale generalmente riconosciute", tra cui campeggia il "pacta sunt servanda": cioè, la Costituzione implica in modo obiettivo e chiaro che "l'Italia esegue i trattati" (cfr; art.26 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, a cui è in definitiva fatto un c.d. "rinvio" mobile, in quanto tale convenzione "codifica" il diritto internazionale in materia quale consolidatosi, "almeno" dal 1975, come "consuetudinario"). 
Ma sempre a condizione che ciò non aggiri il limite, posto dai diritti e principi fondamentali della Costituzione, ad ogni possibile fonte del diritto internazionale, come, talora, si rammenta di riaffermare la nostra Corte costituzionale; v. da ultimo, sent n.238 del 2014.

Dunque riscrivere in altra norma della Costituzione che l'Italia rispetta, eseguendoli, i trattati internazionali, "tra cui" quello UE, è solo una ripetizione, a livello normativo di fonte inferiore (revisione costituzionale rispetto all'originario Potere Costituente: v.qui, p.4), di quanto meglio affermato all'art.10 Cost.

Però, consiglio di rileggersi tutto il post dove è escluso che sia l'art.117, di nuova e vecchia formulazione, a costituire il precetto che vincola a livello costituzionale, in modo ben diverso dal pacta sunt servanda, a eseguire le politiche €uropee; cioè ad asservire comunque il Parlamento a realizzare un indirizzo politico formatosi al di fuori della sovranità nazionale (a Bruxelles, come mandataria di Berlino) e dunque, a prescindere dall'indirizzo formatosi in Italia a seguito di QUALSIASI esito elettorale.

5. Va infine aggiunto che la tesi appena confutata, tra l'altro, è un esempio quasi allo stato puro di "precomprensione", cioè di anticipazione del senso di un testo a prescindere dalla comprensione logica e sistematica delle parole in esso utilizzate.
E non è un caso che, al di là dei riflessi "di fazione" sul dibattito politico nazionale, la precomprensione più incidente sulla corretta interpretazione della nostra Costituzione (del 1948), sia quella dei "banchieri centrali"
Questi ultimi, per irrinunciabile tradizione, hanno una visione diametralmente opposta al "principio lavoristico" che ispira la nostra Costituzione primigenia: e questa opposta visione, come ci ricorda Arturo nel racconto di Guido Carli (qui, p.6), tesero a riaffermarla già mentre si stava approvando la stessa Costituzione, nel 1947.

5 commenti:

  1. I banchieri?

    Lassàm pèrd...

    Per capire "cosa sono", consiglio vivamente di leggere Momo di Michael Ende.

    Bazaar, con allegra famigliola al seguito, si reca ad evento di paese: quattro autori, dopo dieci anni di lavoro, pubblicano la storia delle famiglie storiche del paese i cui "stemmi" non sono associati a storiche casate nobili.

    Campanilista e leghista dentro, il nostro si pregusta già foto in bianco e nero di navigli, illustrazioni olografiche di risorgive, calore dialettale e ritratti rugosi di contadini. La sala è strapiena, l'età media è alta: il vecchio sindaco comunista si muove tra le prime file.

    Inizia l'evento.

    Sul grande schermo appare la solita famigliola borghese del "Mulino Bianco" e il tizio che traccia dei cerchi che pare simboleggino il "buco costruito intorno a te"... un pinguino cravattato, alquanto imbarazzato, si presenta come "bank(st)er di famiglie".

    Lo sponsor: vabbè, con il patto di stabilità e crescita (del debito), manco questo genere di eventi riesce a finanziare il comune.

    Ma non è finita: arriva pure il manager che introduce un altro filmato, in cui parla un "docente", che ci avvisa che c'è il webbe, l'ommebanking, e... per la prima volta dal '400, è successo "qualcosa" nel sistema bancario.

    Insomma, per assicurarsi il futuro, è importante affidarsi a dei professionisti, ecc., ecc., ecc.

    Ero paonazzo. Poi verde Padania. Poi... o facevo un'altra uscita alla Pietro Nenni come la volta prima stordendo il sindaco (ora in comune tutti mi salutano), oppure portavo via platealmente la famigliola.

    Per afferrare il microfono avrei dovuto però prima balzare sul palco con un calcio volante alla Chuck Norris e lasciar partire una raffica di pugni alla wing chun.

    Ma, probabilmente, stavano - imbarazzati come erano - già emotivamente conciati come se Bruce Lee fosse già passato a sgranchirsi le nocche.

    Cosa avrei pouto dir loro, d'altronde: che quei due pinguini venditori di cazzate stavano dicendo loro che i loro risparmi di intere vite di duro lavoro qualcuno se li era fumati?




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    1. "Finirà male", dice Alberto, ma sta già finendo in farsa, con risvolti non proprio tragicomici; diciamo decisamente tristi e ridicoli.
      Sil-viar ha in effetti poi preso il microfono in una consimile "manifestazione" con espertoni sulla necessità assoluta del "fare le riform€". Alla fine l'hanno abbracciata e una relatrice che inneggiava compiaciuta ad Hayek, ha dovuto rinunciare a proseguire il suo discorso per rifiuto del pubblico, improvvisamente risvegliatosi...

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  2. Il Poggio, smembrato da una nuova faglia, siede ascoltando le irragionevoli ragioni di ciascuno dei relatori che hanno inviato la propria lustrata curricola alla carica di esattori territoriali.

    Ciascuno con la propria banda di stemmi cerchiati, fazzoletti al collo, ciclostili nella saccoccia, zucche incavate da barlume riflesso, volti fatui disarticolati.

    Assenti i ricorrenti già guadenti della sentenza di stagione, valenti proclamatori del bitume nuovo che verrà, muti microchippati di libertà al potere.

    “Finirà male” perché così essi, cioè essi, vogliono che finisca.

    Tiremm innaz !!

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  3. sono un ignorante di diritto per cui spero che mi si perdoni qualche strafalcione, ma la mia sensazione è che l'art. 117 contenga comunque un vincolo di sottomissione fortissimo della nostra Costituzione alle istituzioni sovranazionali, seppur messo lì in modo molto discreto:

    Su proposta del Governo, la legge
    dello Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione
    esclusiva quando lo richieda la tutela
    dell’unità giuridica o economica della
    Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale.

    Credo - ma smentitemi se mi sbaglio - che questo voglia dire che con la motivazione di perseguire il pareggio di bilancio lo stato centrale possa intervenire per privatizzare le municipalizzate o la sanità o qualunque altra azienda controllata in qualche modo dalle amministrazioni locali.

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    1. L'interpretazione è "finalisticamente" corretta, ma solo in parte.

      Anzitutto, qui non si parlava dell'art.117, comma 4, bensì del solo 1° comma, invocato dai fronti contrapposti per dire che era lo strumento di "asservimento costituzionale" ovvero, rispettivamente, per sostenere che "non era cambiato nulla".

      Sull'accentramento dei poteri nell'Esecutivo derivante dalla riforma, imperniato anche su questa specifica formulazione della "clausola di supremazia" (supremacy clause, tipica degli ordinamenti federali), si veda qui:
      http://orizzonte48.blogspot.it/2016/11/accentramento-del-potere-nellesecutivo.html p.7

      Ho specificato "in parte" perchè in realtà la materia finanziaria e fiscale è già una competenza esclusiva dello Stato, mentre, d'altra parte, le regioni quali ri-concepite col Titolo V del 2001, sono state un grimaldello di delegittimazione della sovranità statale e dell'unità dell'interesse nazionale, in guisa tale da rompere la resistenza sociale complessiva alla riduzione del perimetro dello Stato e alle riforme del lavoro (i regionalismi tendono a dare per scontato questo "frame" politico-economico, e a preservare la propria differenziata, e solo teorica, maggior capacità di sopravvivenza in questo riassetto, trasponendo il conflitto redistributivo generale, generato dai trattati, al livello di conflitto sezionale localistico: cioè "noi siamo virtuosi e dentro l'euro ce la potremmo fare da soli").

      E infatti, l'accentuazione federalista del regionalismo era "voluta dall'€uropa", come realizzazione del principio euro-ecclesiastico "di sussidiarietà", che svuota la sovranità economico-fiscale statale e conferisce maggior peso relativo alla sede istituzionale UE-M e ai suoi diktat.

      Però è anche vero che, al punto in cui siamo arrivati, i patrimoni societari delle regioni e dei comuni, sviluppati (spesso malamente) in settori nevralgici dei servizi pubblici (a rilevanza economica e non), sono appetiti come oggetto di privatizzazioni pro-mercati (cioè investitori esteri), al pretestuoso fine di "ridurre l'enorme debito pubblico" che sarebbe di ostacolo alla chimerica "ripresa" della crescita.

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