martedì 11 ottobre 2016

STIGLITZ TRA "RIFORME" E "LE RIFORM€": UN PROBLEMINO DI DEMOCRAZIA NO?


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Sole24Ore in crisi irreversibile? Ecco i retroscena- Il quotidiano economico di Confindustria ha perso il 95% del suo valore in Borsa dal 2007. Le responsabilità di Marcegaglia, Montezemolo e Squinzi.

1. Fingiamo per un attimo che Stiglitz non sia parte di un establishment USA, storicamente connotato dal nuovo modo di essere "democrat" (e cioè liberal, ben radicato nella upper middle class); e fingiamo pure, per un attimo che Stiglitz non sia il terminale spendibile, - in un'€uropa sempre più squassata dal dramma della disoccupazione e della dottrina ordoliberista al potere-, di un blocco di potere che, pur annoverando tra le sue fila, per l'appunto, persone di oggettivo valore, non riesce a produrre altro che Hillary Clinton come sua punta di diamante politica e la prospettiva, sempre più concreta, di una guerra globale nucleare
Forti (...) di questa "ipotesi" di laboratorio, andiamo dunque a esaminare senza pregiudizi (determinati dal contesto che abbiamo scartato), le interessantissime risposte date da Stiglitz a questa intervista (disponibile fortunatamente in italiano): Referendum, Stiglitz: "Se Renzi perde parte fuga dall'euro".

2. Esaminiamo la prima risposta del Nobel per l'economia, che segue ad una domanda circa la pericolosità (addirittura!) del suo ultimo libro, per aver "fornito munizioni a tutti i populismi", ripiombando l'€uropa nella sue "paure" (cioè la domanda tendeva ad affermare che senza l'euro gli europei non sarebbero capaci di mantenere rapporti civili e cooperativi nei reciproci confronti!!!):  
"Si riferisce al mio libro, L’euro e la sua minaccia sul futuro dell’Europa? L’ho presentato ovunque – risponde Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia nel 2001, consigliere di Hillary Clinton, a Bologna per la Biennale dell’Economia cooperativa – da Friburgo alla Francia, dalla Gran Bretagna a Amsterdam, discutendo con il ministro olandese Dijsselbloem ( presidente dell’Eurogruppo e dell’European Stability Mechanism , ndr) e con altri vertici europei. Tutti hanno detto che sbagliavo, ma si sono dichiarati d’accordo sulle mie analisi. L’economia europea rallenta, la disoccupazione è in aumento, la produzione industriale ristagna e sempre più gente si scaglia contro l’euro. Tutti hanno detto che sanno bene quali riforme bisognerebbe fare, ma sono molto difficili da realizzare. ‘E comunque l’euro ce lo teniamo’, è la loro conclusione unanime".
Intendiamoci: le "riforme" cui si riferisce Stiglitz non sono quelle che vogliono proseguire i governi attualmente in carica nell'eurozona, come obiettivo irrinunciabile, che, ovviamente, sarebbero agevolate dal "sì" alla riforma costituzionale in Italia. Quelle "riforme", lanciate sull'altra parte dell'Atlantico proprio dalla guida neo-(anarco)-liberista apprestata dagli USA, sono il problema perché sono praticate all'interno di un'area valutaria volutamente imperfetta. Stiglitz se n'è accorto e ci ha scritto un libro su. 

3. Le riforme che egli indica come un rimedio alla crisi €uropea sono invece relative ai trattati: ma non proprio a tutta l'impostazione dei trattati, quanto, in concreto, relativamente alle regole applicate nell'eurozona. Si tratta in pratica del governo fiscale, federale, capace di operare i trasferimenti in modo che l'unione monetaria sia connessa ad un'unione politica compiuta, capace di provvedere ai bisogni territorialmente differenziati (dagli squilibri economici determinati proprio da "questa" moneta unica) delle popolazioni coinvolte nell'eurozona.
Come abbiamo anticipato varie volte, e da anni, Stiglitz prende atto che "i vertici europei" sono ben consci che queste "riforme" sarebbero necessarie ma che siano difficili da realizzare. Quindi si deve andare avanti così.
Ovvio: il giochino sottinteso nel linguaggio diplomatico (in senso lato) utilizzato da Stiglitz e dai suoi interlocutori è che le riforme (dei trattati) sono impossibili, in quanto fuori da ogni agenda e concretezza politica

Il presidente della Commissione Ue: «Non ci saranno mai, nazioni e popoli amano le proprie tradizioni»


4. Seriamente: riformare l'UEM è politicamente impensabile. Sia perché non lo vuole la Germania (anche per i chiari vincoli della sua Costituzione al riguardo (qui. p.2)), una Germania che ha assunto il ruolo di azionista di maggioranza nella Holding imperial-€urista, sia perché non lo vogliono i responsabili di governo, e quindi le elites, dei vari Stati dell'eurozona.

E di questo Stiglitz appare tanto cosciente che a una successiva domanda sull'euro a due velocità, risponde:  "Non credo sia possibile in Europa. L’ideologia dei banchieri centrali e della Commissione Europea è fortemente contraria alla doppia valuta. Ma nel mio libro indicavo la strada di una valuta diversa per il mercato dei beni e per quello dei capitali".
In questa risposta, Stiglitz, che pure è uno dei più autorevoli e approfonditi critici delle banche centrali indipendenti, rende atto che i banchieri centrali e gli omogenei tecnocrati della Commissione UE sono quelli che decidono: anzi, gli unici che decidono quali politiche monetarie e fiscali adottare. E in definitiva, sono già stati gli "autori" dei trattati: sicché, non hanno alcuna intenzione di smettere di difenderli (anche perché, ai loro occhi, stanno funzionando fin troppo bene).
Rammentiamo come sia sempre di stretta attualità l'essersela presa col solo Barroso per i suoi futuri rapporti professionali con Goldma&Sachs dopo essere stato presidente della Commissione, dimenticando completamente che l'emergere di un conflitto di interessi getta un'ombra, proprio e principalmente, sui passati rapporti con il potere economico al quale si rivela ex post la propria vicinanza, e in relazione agli atti di governo e alle prese di posizione adottati mentre si era in carica.
Ma le "porte girevoli" (v. qui, nel gran finale) sono una specialità molto americana, e Stiglitz ha imparato a proprie spese che è meglio non sollevare troppo apertamente questo genere di problemi (rammentiamo in proposito "l'epopea" Stiglitz vs. Summers, sulle politiche imposte dal FMI).

5. Ma è la successiva risposta di Stiglitz che ci fornisce un chiarimento, "di merito", sulla sua visione delle riforme intraprese sotto l'egida (formale) dell'€uropa di Maastricht- riforme che, come abbiamo visto innumerevoli volte, sono incentrate sulla flessibilizzazione neo-classica (o neo-keynesiana) del mercato del lavoro e sulla connessa privatizzazione del welfare: 
"La Germania ha imposto il rigore che ha ucciso la crescita in Europa. Credo sia molto difficile fare le riforme quando il popolo soffre. Molti tedeschi, invece, credono che il tempo migliore per fare le riforme sia proprio quando c’è crisi. Secondo me, quando le riforme sono fatte con la pistola puntata alla testa vengono partorite male, non sono accettate dai cittadini e diventano insostenibili".
Sintesi fenomenologica della posizione assunta da Stiglitz e alla quale appare funzionale il suo libro: il rigore fiscale, in una situazione in cui non è permessa la svalutazione del cambio perché si è in una moneta unica (e per di più con i tedeschi!), porta a un grado di "sofferenza" popolare - oltre che....bancaria, elemento da non trascurare e che Stiglitz, proprio lui, non può non avere ben presente-, tali da divenire "insostenibile".
Quindi, almeno per l'Europa, le riforme, cioè l'abolizione della tutela del lavoro, dell'autonomia collettiva del sindacato, la drastica riduzione pro-mercati (finanziari) di tutela sanitaria e previdenziale, non sono un male in sè, ma risultano esserlo per l'eccesso di "durezza del vivere", concentrato nel tempo, di cui sono portatrici quando sono adottate dentro un'area valutaria cui non corrispondano istituzioni politico-economiche comuni adeguate.

Implicita, ma necessaria, in questa visione di Stiglitz, è la logica del "sapersi fermare quando i risultati ottenuti sono ragionevolmente buoni": usare in dosi aggiuntive (e letali) lo strumento dell'euro per mettere in pericolo, per via di un collasso economico e del consenso, questi stessi risultati, rischiando un arretramento della linea restaurativa dello Stato "ridotto", per arrivare allo "Stato minimo", non ha mai portato fortuna. Ed è comunque un rischio troppo alto visti i precedenti analoghi in Europa (basti citare la seconda guerra mondiale).

6. In tutto questo discorso, dunque, riemerge il clou del neo-keynesianesimo a epicentro USA: l'unione europea risponde a dei vantaggi geopolitici di lungo ed ampio scenario, e consente più efficacemente di rendere il vecchio continente simile all'America
L'omogeneità raggiunta (considerando l'effettiva situazione di paesi, citati da Stiglitz, come Grecia e Italia), è già un risultato notevole: perché "esagerare" (benedetti tedeschi)?
Il problema di "democrazia", in tutto questo, non è presente: tanto che in una successiva risposta Stiglitz aggiunge, un po' genericamente e cripticamente, se non in modo incoerente, che di fronte alla Brexit, Juncker:  
"avrebbe dovuto spiegare i fattori positivi e le opportunità dello stare insieme, piuttosto che puntare sulla paura".
Sì però, a Juncker la lista delle cose non terroristiche che dovrebbero tenere insieme l'€uropa proprio non gli viene in mente: è troppo abituato a mettere le scelte sul tavolo, attendere che la gente non ci capisca un tubo e poi portare la decisione già presa al "punto di non ritorno".
Elementi del quadro €uropeo, storicamente molto abusati ormai, che Stiglitz pare del tutto ignorare: per lui le riforme non sono un male in sè e la teorizzazione che possano comunque, euro o non euro, rigore o non rigore, essere accettabili solo se alla gente non viene fatto capire nulla, pare sfuggirgli nella sua fondamentale importanza.

7. Al termine di questo commento ad uno Stiglitz in missione €uropea, dunque, mi permetto un piccolo commento finale sul problemino di democrazia: pensare a un'uscita dell'euro "da sinistra", è un controsenso, perché questa uscita automaticamente ripristina la potenziale e recuperata applicabilità del modello costituzionale. E, quindi, determina la possibilità di porre in fuorigioco, cioè di far riemergere la illegittimità costituzionale, delle riforme, antisociali e antilavoristiche imposte dall'appartenenza all'Unione europea. In nome dell'euro: che non è "solo una moneta" (come dicono gli spaghetti-liberisti più estremi) e neppure, "solo" il nemico della crescita, come nota Stiglitz...nel 2016. E' il disegno da lungo tempo perseguito dalla oligarchia per abbattere le Costituzioni democratiche.

8. Stiglitz, semplicemente, non risulta (voler essere) cosciente di questo ordine di problemi, pur potendo vantare un "realismo" di visione sociale certamente molto più avanzato della media della ruling class d'oltreoceano (inclusa la Clinton, ovviamente): la parte più importante del malcontento che viene definito "populismo" non è altro che l'aspirazione ad una democrazia inclusiva dei più deboli che non è più compatibile con ulteriori dosi di riforme
Riforme che, tra l'altro, negli USA stanno già manifestamente portando all'apice della instabilità finanziaria e, più ancora, sociale, di cui lo stesso Stiglitz dovrebbe preoccuparsi. Molto (e probabilmente già se ne preoccupa: per questo gira l'€uropa in tempo di elezioni presidenziali...).

26 commenti:

  1. Posso dire che costoro mi disgustano?

    Posso dire che, se c'è qualcosa di insopportabile, è prendere ordini da chi si ritiene umanamente inadatto, scandalosamente unfit a ricoprire la posizione di responsabilità che gli viene affidata?

    Se questo è odioso ma accettabile per la legge di Peterson come nella maggior parte delle organizzazioni, una profonda repulsione mi pervade quando penso che questi vigliacchi ominicchi si fan chiamare - non si capisce per qual altro merito che non sia alieno e di carattere strutturale - élite.

    Una classe dominante di disturbati mentali a cui non ci si affiderebbe manco a portare a passeggio il cane.

    I "cittadini" tua sorella, Stiglitz.

    In URSS veniva chiamato "cittadino" chi commetteva un reato ed aveva comportamenti sociopatici.

    Non viceversa.

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    1. Sinceramente a me Stiglitz non disgusta: la sua real(proposta)politik ne fa un influencer che, pur mirando a tenere fermi certi punti della riorganizzazione socio-politica voluta dagli USA per l'€uropa, inverte comunque una direzione.

      Come già detto agli inizi di questo blog, il concetto rigoroso di democrazia costituzionale non è realisticamente recuperabile nell'immediato. Si tratterà semmai di una lunga e difficoltosa marcia (speriamo non a costo di una nuova guerra, guerreggiata, globale: ma sperare è tutto quanto possiamo fare al riguardo).

      Forse rammenterai:
      "Sto cominciando a maturare la convinzione che, in assenza di stalinismo alle porte, è impossibile replicare la stagione keynesiana-costituzionale post 1943.
      Al massimo si potrà recuperare la flessibilità del cambio e una certa limitata cooperazione delle BC (sempre nei limiti dell'interesse bancario nazionale).
      E sarebbe già tanto.
      La democrazia redistributiva pluriclasse probabilmente è già morta, nel momento in cui è caduto il muro di Berlino (o giù di lì): senza una forza contraria e simmetricamente minacciosa i capitalisti si riprendono tutto il maltolto (secondo loro). E siccome il capitalismo si sviluppa per oligopoli sempre più grandi e transnazionali, non vedo come si possa trovare una forza capace di neutralizzare il loro dominio, in presenza delle loro strategie di manipolazione dell'informazione."
      http://orizzonte48.blogspot.it/2013/04/1.html
      et: http://orizzonte48.blogspot.it/2014/01/le-contromosse-dellordoliberismo-2-il.html

      Certo, l'intrasigenza etica del libero ricercatore scientifico, non può accettare passivamente questo stato di cose ed alcuna ambigua tattica di influenzamento contraria ai propri modelli teorici (che nel caso della realizzazione della democrazia hanno un impatto politico molto concreto, specialmente se fondati sull'identificazione della LEGALITA' costituzionale primigenia).

      Rammento ancora lo stato delle cose, in tema di Costituzione, "fuori da qui":
      http://orizzonte48.blogspot.it/2015/03/le-esequie-frettolose-di-una.html?m=1

      Ma, per non chiuderci in un mondo di teorie disconosciute, cosa che in sé ha pure una grande nobiltà, dobbiamo registrare che la "predicazione" attuale di Stiglitz assomiglia, almeno in questi albori, a un punto di partenza.

      Vale a dire, a un'inversione di marcia: il solo implicare, come nel gioco del 7 e mezzo, "sto", invece di rilanciare all'infinito il mostruoso frame delle riforme strutturali, è una boccata d'ossigeno per un popolo (più popoli) in apnea.

      D'altra parte, la posizione di Stiglitz abbraccerebbe l'intera UE: e solo la Costituzione italiana aveva, come sappiamo, affrontato e risolto in modo pienamente socialista e keynesiano il problema del conflitto sociale.

      "In media", dunque, ciò che dice Stiglitz è persino un avanzamento rispetto a ordinamenti come la Spagna (di cui infatti parla criticamente nell'intervista linkata), o un assist, rispetto alla situazione francese.

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    2. Lo condivido. Dall'«alto» non può fare altro. (Pena veder passata in sovraimpressione durante le interviste: «DISSIDENTE»)

      (Anche Keynes probabilmente avrebbe tenuto posizioni simili, ma dal «basso», non solo moralmente e "teoricamente", ma politicamente, credo debba essere necessaria l'intransigenza: non si può mediare con chi pur di non mediare apre campi di concentramento)

      Il disgusto è riservato alle élite, e tale rimane perché non è una espressione emozionale di soggettività, ma una oggettivazione storica.

      È un sentimento cosciente, in cui la moralità non è altro che il senso, l'apparato sensorio, la sensitiva del corpo sociale.

      È lo sguardo al contempo nauseato e spaventato nel constatare visibili formazioni metastatiche o di necrosi cutanee sul corpo umano.

      Stiglitz un anticorpo? Non cambia il quadro raccapricciante.

      Chi parla di "cittadini" e non di Popolo, nella sua dimensione identitaria nazionale e di classe, aggiunge un mattoncino all'individualismo sociopatico in cui viene polverizzata la solidarietà umana.

      Non mi riferivo a Stiglitz, poiché dell'élite (vera) non è parte: ma è tramite queste dichiarazioni ufficiali che si comprende la pochezza umana - e la assoluta inadeguatezza culturale - della parte sociale che il premiato economista media.

      È un fatto che la struttura sociale promossa dal neoliberismo selezioni - o più in generale garantisce per nascita - dominanti con gravi disturbi psichici: ci sono le confessioni probatorie che questo si attua anche nel selezionare lavorativamente la tecnocrazia.

      In una concezione totalitaristica dell'ordine, solo a chi è totalmente deprivato moralmente viene concesso di prendere decisioni politiche.

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    3. Su questa analisi di scenario sono ovviamente d'accordo.
      Si può mediare con dei sociopatici, odiatori dell'umanità metodologici, che non vogliono mediare?
      Certamente no.

      COME si può raggiungere l'unica controspinta al loro arbitrio, consistente nella "sollevazione" popolare cosciente?

      Attraverso la stessa leva mediatica che solidifica il potere dei sociopatici?
      Parrebbe di sì, senza alternative. Ma rimane un ossimoro logico-politico.

      Stiglitz incorre in esso e qui lo evidenziamo (e lo abbiamo fatto anche in precedenza).
      Aiuterà questo ossimoro lo spirito di sollevazione popolare, che non ha nulla di eversivo ma che è "Resistenza costituzionalistica" alla illegalità antidemocratica dei merca(n)ti?

      Un po': forse in Italia meno, data la maggior distanza tra legalità costituzionale e vincolo esterno rispetto ad altri paesi coinvolti nell'eurozona.
      Purtroppo.

      Ma il nostro presidio della legalità e della sua ermeneutica fenomenologica, rimane e non può essere intaccato.
      Stiglitz, ovviamente, va dunque preso in questo contesto legale-costituzionale.
      Senza alternative.
      Ma non riponendo ogni INTENTO sull'obiettivo che ci sia un'evoluzione positiva.

      La Speranza, invece, non ci appartiene: attiene a fenomeni incontrollabili e non è "attiva".
      Ergo, attendiamo gli eventi combattendo con le armi residue della democrazia :-)

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  2. Stiglitz è economista mainstream. E da lì non può discostarsi, pena l'ostracismo dei media. Anche lui "tiene famiglia". Dici bene, anzi benissimo, sulla cosiddetta "uscita da sinistra". In poche parole, la smonti. Eccellente. Segnalo infine che più volte ho ricevuto e-mail (from us) sul mio account privato gmail per votare contro... Trump. A buon intenditor...

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    1. Negli USA, almeno a vedere un imbarazzante Krugman in vesti di influencer pre-elettorale, credono (nella middle e upper class "liberal", in cerca di pace sociale all'ombra confortevole del politically correct), che la Clinton, pur disprezzando l'americano della strada (recente rivelazione Wilileaks), sia propensa a mantenere il consenso elettorale facendo politiche fiscali espansive (Krugman lamenta lo stato pietosso delle infrastrutture del suo grande paese e gli effetti occupazionali sostanziali, "New Deal", di politiche di intervento in tal senso).

      Visto con imparziale distanza, questo schema non può rivelarsi che illusorio: la Clinton ha troppi obblighi verso il mainstream e il capitalismo finanziario sovranazionale, che alimenta la Fondazione Clinton e i suoi stessi enormi redditi personali, per poter realmente abbandonarsi a una linea del genere.

      Più probabile è la ricerca dell'escalation militare sul fronte della spesa pubblica per il complesso industrial-militare, se ella intende sopravvivere in una situazione di debolezza tipica di chi è estremamente vulnerabile, anche dopo le elezioni!, sul piano degli "scheletri nell'armadio", che si suoi finanziatori e controllori dei media non esiterebbero a usare contro di lei, in caso di politiche non appropriate.


      L'allarme Trump, peraltro, ha una proiezione "internazionalistica" (dei mercati) che porta....alla tua casella mail.
      E che non cesserà, come rilevava Reich (citato in un precedente post), neppure in caso di vittoria alle presidenziali di "Killary".

      Questa proiezione avrà i toni biblico-teologici di una "beatificazione": la "santa", paladina dei diritti delle donne e dei conflitti sezionali, sarà esposta in "corpore vili" in tutto il mondo affinché possa portare la "buona parola" di ciò che è giusto.

      Da qui, a elezioni vinte, si procederebbe alla laudatio santificata, in nomine Hillary, di ogni riforma strutturale possibile: compresa quella costituzionale (coi tempi ci stiamo e non escludo che siano stati calcolati...).
      Si prenderà per "olio santo" ciò che l'Eletta vorrebbe...o potrebbe volere.
      Per il vostro Bene superiore, of course.

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  3. Parrebbe che, dopo le “conseguenze economiche della pace”, la fazione meno rapace dei “democrat” - i “terminali spendibili” - stiano ora interrogando sulle conseguenze “economiche della guerra” che ESSI hanno indotto e che LORO hanno contribuito ad dichiarare.

    Quasi un tentativo mitigarne gli effetti e di redimersi dalle colpe di quanto accadrà, per non sporcarsene le mani, quanto il sedersi nelle tendopoli di Zuccotti Park dopo essersi alzati dalle poltrone dell'amministrazione Clinton e della Banca Centrale.

    Quanto ai deboli ed emarginati - le vittime sacrali del rabbioso progetto sociale del darwinismo liberale e destinatari della pietosità caritatevole della religione liberistica – non sono il prodotto di stranezze genetiche ma malaugurati relegati al ceto naturalmente inferiore degli unteremeschen che nel corso della Storia ha rivendicato un legittimo diritto alla vita e conquistato il riconoscimento costituzionale del diritto al “progresso materiale e spirituale della società”, evaporato nelle sconfitta dell'intellighetsia “illuminata” che ne veste la sconfitta e della dichiarazione bellica della catallassi heykiana: l'ordine, non sistema, del mercato.

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  4. Intanto, visto che al peggio non c’è mai fine, abbiamo anche i sessantottini per il Si: non è una boutade di Crozza, un gruppo di ex dirigenti di Avanguardia operaia e di Lotta Continua hanno proclamato la loro entusiastica adesione alla riforma renziana, perchè “La Costituzione è bella, ma anche perfettibile. Il tempo presente richiede decisioni tempestive, apparati leggeri, eliminazione di doppioni inutili e costosi e l’allineamento istituzionale con le democrazie più avanzate. Ecco perché noi voteremo Sì e invitiamo a votare Sì nel referendum costituzionale del 4 Dicembre 2016”.
    Trovo perfettamente coerente la posizione di questi anziani ex (finti)rivoluzionari, da anni ben collocati nei consigli di amministrazione e nelle redazioni del mondo mediatico, aziendale e politico, nessuno meglio di loro può cantare le lodi della globalizzazione e della fine degli stati nazionali, contro i quali da giovani hanno lanciato le loro molotov e i loro insulti, nemici della borghesia in quanto aspiranti a entrare in quella elite mediatica ed economica di cui molti di loro oggi fanno parte. Del resto, i Mieli, i Sofri, i Galli Della Loggia e la maggior parte degli editorialisti nostrani vengono quasi tutti da quelle esperienze, e sappiamo come la pensano sulla democrazia e sulla sovranità.

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    1. Direi che tout se tient

      (..) Io credo che il giro di boa sia nel ’68, quando la sinistra diventa anti-borghese e perciò stesso non più anti-capitalista(..) “Il Sessantotto si è configurato come una condensazione temporale paradigmatica di un processo di modernizzazione capitalistica che ha assunto la forma ingannevole di una rivolta antiborghese, basata sulla falsa coscienza rivoluzionaria di un ritorno alle fonti originarie dell’utopia comunista.

      Con il Sessantotto, il controllo totale della società e, insieme, la crescente liberazione della sfera privata si sono sviluppati dialetticamente, in modo sinergico, tramite l’adozione di un’ideologia anti-borghese e ultracapitalistica:

      la lotta contro i cosiddetti residui autoritari, pastorali, paternalistici, sessistici, moralistici, ecc, della cultura borghese ha spianato la strada all’odierno capitalismo assoluto-totalitario , che si regge sull’avvenuta rimozione di tali retaggi, vissuti come ostacoli alla mercificazione universale posta in essere dal sistema globale e dalla sua religione immanente della merce.

      (..) Questo aspetto affiora nell’abbandono, da parte della sinistra sessantottina, della dialettica emancipativa di Marx in favore dell’adesione all’Oltreuomo di Nietzsche, ossia alla liberalizzazione incontrollata del costume come sola emancipazione possibile”.

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  5. Ma perché ci lamentiamo che stanno distruggendo il welfare, i salari, i diritti, al fine di implementare il loro ordine internazionale dei pinguioni
    Ma lo sanno tutti, sia gli austeri che gli "alternativi", che il welfare e la Costituzione Keynesiana ci hanno reso dei debosciati mammoni!
    E adesso c'è la competizione "razziale", i negri che si riproducono velocemente e che vengono qui per distruggere la nostra RAZZA, per conquistare le nostre FEMMINE, porelle, che hanno sì paura del dell'UOMO NERO, ma del quale, in fonno in fonno, apprezzano er pistolone.
    Sia benedetta, quindi, la durezza del vivere, che ci farà ridiventare veri Masculi che saranno capaci di difendere le nostre donne porelle e indifese, ricacciando via l'Uomo Nero, e, nel contempo, difendendo la CIVILTA' OCCIDENTALE, LA DEMOCRAZIA!
    E per difendere LA CIVILTÀ OCCIDENTALE E LE DONZELLE MINACCIATE DALLA COMPETIZIONE "RAZZIALE" CON L'UOMO NERO, NULLA SARÀ MIGLIORE CHE UNA VERA EDUCAZIONE ALLA FULL METAL JACKET, VERA ESSENZA DELLA NOSTRA DEMOCRAZIA CHE VOGLIAMO ESPORTARE, E DI CUI VEDIAMO QUOTIDIANAMENTE I RISULTATI NEI PAESI DOVE È STATO FATTO.
    https://www.youtube.com/watch?v=rSWeUvCVeLw
    Basta con le madri scellerate che allevano i figli nella bambagia, basta con questo stato balia mammone, basta con i diritti del lavoro, basta con la sanità, l'istruzione, le pensioni e tutto questo debosciamento della nostra RAZZA, adesso dobbiamo competere con i NEGRI, che sono arzilli e scopano come dei ricci senza tutti questi vizi. La COMPETIZIONE TRA RAZZE SARÀ DURA, MA CE LA FAREMO SOLO SE FINIREMO DI ESSERE FEMMINUCCE!

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  6. Stigliz, purtroppo, non è Federico Caffè (a cui mai, ovviamente, sarebbe stato conferito il premio Nobel, anche perché non avrebbe saputo cosa farsene) e perciò da lui non mi aspetto discorsi sulla democrazia. Lo può anche fare, ma – come puntualmente affermato nel post – Stigliz si muove nell’ambito di un concetto di democrazia “americana” (intrisa di individualismo atomistico ed egalitario e quindi, in definitiva, di beneficenza capitalistico-borghese). Questo è per me il vero “peccato originale” di tutti questi grandi economisti titolati.

    Perciò quei “cittadini” di cui Stigliz parla sono pur sempre appartenenti a classi subalterne che (forse) è giusto che aspirino ad un miglioramento delle loro condizioni di vita, ma che neanche si sognano una socializzazione del potere (cioè la democrazia sostanziale). Ed anche per tale ragione Stigliz può parlare così asetticamente di “riforme” e di “crescita”, facendone non a caso più una questione di metodo che di sostanza (come pure il post evidenzia).

    Stigliz vuole recuperare terreno sul piano della beneficenza e dell’egalitarismo capitalistico-borghesi? Che ben venga; chi non è contro di noi è con noi, si tratta di un passo avanti (fermo restando che la democrazia sostanziale è altra cosa). Avrebbe solo dovuto essere più chiaro e meno politically correct, affermando senza mezzi termini, e già da tempo (Bagnai e Quarantotto docent e senza premio Nobel. Loro non ce l'hanno la famiglia? Capisco però che se il coraggio non ce l’hai non te lo puoi dare) che quest’€uropa è UNA PORCATA TOTALITARIA, perché nel frattempo molti di quei “cittadini” sono passati a miglior vita. E’ questo che mi disgusta.

    Quanto a Juncker, mi viene solo da dire “in vino veritas”! Chissà perché, però, non ho sentito la grancassa mediatica riportare quelle dichiarazioni...

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    1. Tutto giusto.
      Preciso che, come sottolinea Cesare Pozzi, Caffè in quanto "accademico NON USA" non avrebbe mai potuto vincere il Nobel.
      A prescindere...

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    2. La ringrazio per l'informazione. Non sapevo che bisognasse appartenere al club

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    3. Nel frattempo un altro "successo" dell'U€ http://www.stopeuro.org/grecia-ora-tsipras-svende-lacqua-pubblica/

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    4. Penso che Quarantotto si riferisca, in particolare, a questo intervento di Cesare Pozzi del 2014 (il link è diretto al passo in cui il prof. Pozzi spiega la questione del premio Nobel per l’economia). Trascrivo di seguito l’inizio del passo:

      «Il premio “in onore di Alfred Nobel” c’è dal 1969: dal 1969 sino a quello che abbiamo dato poco fa a Tirole, a un francese, ne sono stati assegnati settantatré. Di questi settantatré dunque, vado a memoria, quaranta sono stati dati a cittadini statunitensi, sei sono stati dati a cittadini inglesi, tre a cittadini canadesi e degli altri ventiquattro, secondo, me diciotto o diciannove sono stati dati a cittadini di altri Stati ma che hanno insegnato sempre nelle stesse due università americane. Quindi, morale della favola: dal 1969 il mondo ha accettato che le uniche idee economiche, da cui poi derivano tutte le teorie normative che andiamo a seguire, vengano da una o due università americane.

      È possibile questa cosa? Lo riporto a voi. Sembra quanto meno singolare, o farebbe pensare che dietro forse c'è o qualcosa o comunque c'è forse la stupidità... Uso il termine stupidità in maniera probabilmente non propria: la maggior parte di noi fa altre cose (mi metto come cittadino, quindi) e dà per scontato che in qualche maniera il il premio Nobel sia un bollino di garanzia, cioè ci sia qualcuno in qualche momento che garantisce che quello che si racconta, [che] le teorie che si diffondono nell’etere siano state in qualche maniera certificate da qualcuno. “Se c'è sul giornale o in televisione sarà vero”, perché io faccio altro nella mia vita e non rifletto magari a sufficienza che forse divento strumento nelle mani di di qualcun altro, come in parte prova a raccontare Keynes.

      Allora, sempre per dare maggiore consistenza a quello che dico, perché non si deve pensare poi che da economista marginale uno se la prende con i premi Nobel: sono loro stessi che si criticano. Allora Krugman [in How Did Economists Get It So Wrong?, The New York Times Magazine, 2 settembre 2009] racconta più o meno questa cosa (quindi un premio Nobel del 2008, cittadino americano perché altrimenti gli altri non li possono vincere, l’abbiamo detto prima): che le scuole economiche da cui vengono tutti sono quelle che lui chiama scuole d’acqua dolce, quindi le definisce freshwater.

      Quindi attenti, ché tutto il pensiero economico dominante viene da quelle due scuole. Quelle sono scuole talebane, racconta più o meno Krugman, cioè sono strumenti di gestione del potere. Non rappresentano nulla che sia la verità. E anche su questo ci sarebbe molto da dire: sul termine verità ci sarebbe da interrogarsi su che cosa possa essere la verità nell’ambito delle teorie economiche.»

      Del resto, Philip Mirowski spiega, da parte sua, che il premio Nobel per l'economia fu istituito dalla banca centrale svedese perché, alla fine degli anni sessanta, cercava di diventare più indipendente dal controllo democratico, e per sostenere tale posizione nel dibattito politico dell'epoca la banca aveva la necessità di mostrare qualche forma di credibilità scientifica.

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    5. Grazie per essere riuscito nel compito (altrimenti...difficilissimo) di trasporre per iscritto il prezioso e ricco pensiero di Cesare.

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    6. Naturalmente, intendevo difficilissimo da ottenere da Cesare stesso :-)

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    7. Né la tendenza è stata poi invertita, visto che dopo il 2014 gli insigniti del Nobel sono stati uno di Princeton, uno del MIT, e uno di Harvard.

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  7. Cioè, per difendere il welfare, la socialdemocrazia, "il progresso materiale e spirituale della nostra società", gli alternativi dello scontro tra razze e religioni, ci dicono che dovremo essere temprati dalla loro assenza, e per difenderli perennemente, dovremo essere perennemente temprati dalla loro assenza perenne; quindi, la durezza del vivere e l'assenza del welfare, che ci costringerà ad ritornare vigili al fine di proteggere il welfare e la democrazia, o LA CIVILTÀ OCCIDENTALE, dall'assedio dei Mujaheddin o delle razze che ci invadono, dovrà essere conservata; cioè, alla fine, la distruzione del welfare dovrà essere eterna, al fine di essere temprati eternamente per lottare eternamente per il welfare e i diritti, o, come la dicono loro, per LA DEMOCRAZIA, LA CIVILTÀ OCCIDENTALE.... LA LOTTA INFINITA..Vera logica bushista no? Solo io colgo queste piroette logiche tra gli ALTERNATIVI oppure c'è qualcun'altro che ragiona come me?

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  8. L'idea di un sistema di istruzione Universale, così come l'avevano inteso i costituenti, sia veramente in grado di far crescere dei cittadini consapevoli e vigili, soprattutto per quanto riguarda i rapporti di classe, economici, e i sistemi di propaganda totalitari, non li sfiora nemmeno (ed è questo il motivo del perché distruggono l'istruzione, e l'istruzione di qualità, pubblica, indipendente dai poteri privati, prima di ogni altra cosa. Ed in Italia oramai siamo già quasi ad un punto di non ritorno.)
    L'idea che la sanità possa rendere più sano e forte un popolo non li sfiora nemmeno. L'idea che i diritti possano giovare al popolo anziché essere un vizio, non li sfiora nemmeno.
    L'idea che le protezioni sociali possano far progredire "materialmente e spiritualmente" una società non è pane per i loro denti.
    Loro vogliono difendere "LA DEMOCRAZIA" dai talebani e dall'invasione dei negri (non visti come esercito industriale di riserva, e quindi carne da macello del Capitale, o, come nel caso dei terroristi, come il frutto perverso delle stesse agenzie di intelligence occidentali), e perciò i giovini italici si devono preparare alla lotta infinita, temprati dalla durezza del vivere, che dovrà essere anch'essa infinita, perché le invasioni dei negri, così come quelle dei talebani, anche se temporaneamente respinte, potranno sempre ripresentarsi in un secondo momento, quando queste razze e religioni si saranno riorganizzate per compiere un nuovo assalto! Quindi più FULL METAL JACKET PER TUTTI!

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    1. Ma chi formula queste teorie contraddittorie?
      Non ho ben capito

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    2. "Dal punto di vista biologico, la scomparsa di un popolo, di una etnia o di una razza la si ottiene attraverso il ventre delle sue femmine. L'unione di una donna di razza X con un uomo di razza Y è assai più pericolosa per la razza X che per quella Y. E ciò perché sono le donne a costituire la riserva biologica e sessuale, il patrimonio genetico delle razze, delle etnie e dei popoli, più che gli uomini."
      "Ecco perché dobbiamo preoccuparci dell'immigrazione incontrollata di popolazioni del terzo mondo (che hanno indici di fertilità più alti) nei paesi europei, ovvero del problema del meticciato che, soprattutto in Francia, sta raggiungendo proporzioni consistenti. Non solo la razza bianca subisce la competizione all'interno del suo stesso territorio, non solo essa non si rinnova a causa della bassa fertilità (che ovunque è di due figli per donna) ma una parte delle donne in età fertile propende per il meticciato. Quindi, oltre al fatto che le popolazioni straniere si riproducono tra di loro, le donne bianche fertili hanno meno figli e alcune di loro si offrono agli stranieri.
      I bianchi, tranne poche eccezioni, sono l'unica popolazione che non si preoccupa del proprio futuro collettivo, che non possiede una coscienza razziale a causa del senso di colpa derivato, oltre che dalla mentalità cristianiforme universalista, dalle conseguenze del Nazismo, che hanno provocato una paralisi mentale e la creazione di una cattiva coscienza collettiva."
      "Quando un popolo trasforma il suo patrimonio genetico fino a questo punto, cessa di essere ciò che è."

      e commenti:
      Barbara Tampieri:
      "Sull'infrociamento dei maschi, vedi sopra. Assaggeranno la durezza del vivere. Ma è colpa delle madri che hanno applicato il modello "femminuccia" ai figli, pur continuando a riprodursi con gli stronzi che le bastonano. Lo dico? A volte purtroppo giustamente."
      Amichetta:
      "ci hanno insegnato che per un figlio "solo il meglio!", e quindi senza due stipendi da top manager e casa comprata la gente si fa venire l'ansia a farne più di uno per tema che la criatura abbia a soffrire se manca l'iFon.
      Quanto ai maschi, con dolore devo dire che ci siamo tutti fatti ben bene inculcare la "cultura della nonviolenza", quella che condanna anche il disperato che rompe una vetrina. Gli uomini hanno introiettato così profondamente che "violenza è male" che non reagiranno MAI PIU. Anche perché li stanno facendo diventare tutti delle mezze checche. Confido un minimo negli uomini dell'est, che ancora sanno reagire a bottigliate se qualcuno rompe i coglioni."

      http://ilblogdilameduck.blogspot.it/2016/10/guillaume-faye-limperativo-del.html

      Quindi, il problema non è l'austerità, la precarietà, che induce ad un minore concepimento; il problema è che siamo viziosi con l'ifone, perché tutti non facciamo figli se non abbiamo stipendi da top manager! Cioè, anche se sei un disoccupato devi proliferare lo stesso con le donne BIANCHE, perché sennò il problema è che sei un vizioso che vuole tutti i privilegi e garanzie prima di concepire un figlio!
      E poi, naturalmente, DIFENDIAMO LA RAZZA! BASTA INFROCIAMENTI!
      Se mi sono sbagliato ad interpretare quanto scritto su questo blog fatemelo cortesemente notare

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  9. Meno male che ho scoperto su quel blog che il nostro problema è quello di sviluppare una COSCIENZA RAZZIALE. Diversamente, sviluppare una COSCIENZA DI CLASSE, è fuori moda, troppo da bamboccioni.

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  10. Su Faye:
    "A partire dalla fine degli anni novanta, Faye ha invece sviluppato un'autocritica che coinvolge soprattutto le sue vedute di un tempo a proposito dell'Islam, da lui ora indicato come nemico giurato dell'Europa. In quest'ultima fase della sua attività metapolitica, Faye denuncia l'immigrazione allogena come una forma di colonizzazione di popolamento. Nel libro L'Archéofuturisme (Paris, l'Æncre, 1998), Faye elabora l'archeofuturismo, una "sintesi" ispirata alla Rivoluzione conservatrice fra arcaismo (cioè 'fondamento', 'inizio', 'stimolo fondatore', cioè il continuo richiamo ai valori ancestrali di matrice indoeuropea presenti nel sangue dei popoli del continente, come la fedeltà e l'onore) e futurismo (inteso come 'dinamismo', 'volontà di potenza', 'proiezione nel futuro', o, più semplicemente, il desiderio di forgiare un popolo europeo nel futuro e per il futuro, senza mai perdere di vista l'ambizione, l'indipendenza, la creatività e la potenza). Questa "sintesi culturale" che si ispira alle riflessioni di Friedrich Nietzsche e di Giorgio Locchi, riprende e fonde sia concetti presi da questi due filosofi che le riflessioni di Evola, Marinetti e Heidegger:

    «Bisogna riconciliare Evola e Marinetti, […] [riprendere] il pensiero organico, unificante e radicale di Friederich Nietzsche e Martin Heidegger; pensare insieme la tecno-scienza e la comunità immemorabile della comunità tradizionale. Mai l'una senza l'altra. Pensare […] l'uomo europeo a un tempo come il deinatatos («il più audace»), il futurista, e l'essere di lunga memoria. Globalmente il futuro richiede il ritorno dei valori ancestrali, e questo per tutta la Terra». (G. Faye, Archeofuturismo, Cusano Milanino, SEB, 2000, p. 82)"

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  11. L'archeofuturismo- sviluppatasi sul solco della Nouvelle Droite, del Movimento völkisch, del nazionalismo europeo e del federalismo etnico con l'aggiunta dell'islamofobia - si contrappone all'egualitarismo "giudaico-cristiano" «Sorta dall'evangelismo laicizzato, dal mercantilismo anglosassone e dalla filosofia individualista dei Lumi, […] [che] è riuscita a realizzare il suo progetto planetario, basato sull'individualismo economico, l'allegoria del progresso, il culto dello sviluppo quantitativo, l'affermazione di astratti "diritti dell'uomo"» (Ibidem, pp. 55, 56), viene elaborata da Faye per contrastare quella che lui definisce come una "convergenza delle catastrofi" che sta minacciando l'Occidente - concetto estraneo alle vecchie elaborazioni fatte ai tempi de Il sistema per uccidere i popoli - e cioè la "colonizzazione di popolamento" da parte dei popoli del Sud del mondo e da parte di quelli dei paesi islamici, seguita da una catastrofe causata da una "crisi economico-demografica europea" - cioè il rallentamento economico a causa dell'invecchiamento della popolazione continentale e della denatalità -, a cui farà seguito il "caos sociale" nel Sud del mondo causato da una serie di tensioni esplosive a seguito dell'occidentalizzazione forzata e dai relativi squilibri, con l'emersione di poche oligarchie ricche affiancate da masse di diseredati, una grave "crisi economico-finanziaria" che partirà dall'estremo Oriente che, come effetto della globalizzazione, si espanderà in tutto il globo terrestre e la rinascita dei fanatismi religiosi e dei fondamentalismi, come quello islamico. Secondo Faye l'Occidente secolarizzato farà fatica a resistere allo scontro etnico-religioso tra Nord e Sud del mondo e alla crisi ambientale, che piegheranno l'Europa."

    I suoi maestri dichiarati sono Friedrich Nietzsche, Carl Schmitt, Giorgio Locchi, Raymond Ruyer e Martin Heidegger.
    https://it.wikipedia.org/wiki/Guillaume_Faye
    "il rallentamento economico a causa dell'invecchiamento della popolazione continentale e della denatalità" e non "la denatalità e l'invecchiamento della popolazione a causa del rallentamento economico dovuto al vincolo esterno"!
    Ma, per Faye, il problema è l'Islam e i popoli di altre razze che vogliono colonizzarci.

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    1. Ok.

      Sai bene che la penso come te e sollevai anche la questione cercando di scaldare il dibattito all'interno di quella community.

      Penso anch'io che a far dei discorsi sensati siamo talmente pochi che il messaggio contraddittorio ed illogico di quelle persone è pericolosamente velenoso e, come si può, si cerca di "non inquinare l'unico pozzo d'acqua fresca rimasto".

      Guarda però il lato positivo a livello di prassi: quel forum è stato un richiamo, come il miele per le api, per tutto il pensiero conservatore ed irrazionale del movimento sovranista. Chi ruota intorno a quello spazio di discussione si fa un'iniezione di Nietzsche, Schmitt, Locchi, Heidegger, Burke e De Maistre.

      (E il miele rimane appiccicato alle zampine, un dolce segno di riconoscimento quando si va ad impollinare di cazzate il web...)

      Di per sé nulla di male: almeno, io sono anni che leggo solo psicopatici e, non a caso, li cito.

      Un argomento intelligente è un argomento intelligente.

      Anche Miglio faceva riflessioni intelligenti: parlava di diritto "privatizzato" già negli '80 e pare fosse consapevole che l'euro avrebbe sbriciolato l'Italia.

      Il problema è la coscienza critica che un atteggiamento fenomenologico ti dà al contrario di un atteggiamento naturale, ideologico.

      Ciò non vuol dire che chi dibatte qua è un teorico puro votato all'asettica scienza.

      Chi si riconosce nei principi della Costituzione può avere comunque coscienza morale differente (sono i principi fondamentalissimi che derelativizzano l'etica): lo scrivente è un massimalista: ama Basso che a sua volta amava la Luxemburg.

      Eppure questo non è il motivo per cui uso strumenti cognitivi della tradizione marxista: gli uso perché la prassi sociologica - de destra e de sinistra - li usa più o meno esplicitamente.

      A me non frega nulla dei razzisti, degli islamofobi o degli antisemiti.

      Noto solo che soffiar sul fuoco dei sezionalismi è una pratica idiota.

      Chi si rifà alla "rivoluzione conservatrice", ha le sue esoteriche ragioni.

      Ma la scienza ha le idee chiare come i Padri costituenti.

      Thatcherismo e razzismo sono poco compatibili con la Carta: se queso non è un problema tra i sovranisti, possiamo solo limitarci a non regalare clic a questa gente...

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