mercoledì 18 gennaio 2017

IL TRAMONTO DELL'EURO: IL PERCORSO ACCIDENTATO ITALIANO TRA TRUMP E GLI SNODI INELUDIBILI


http://www.liceovallone.gov.it/nuovo/wp-content/uploads/2016/09/snodi-formativi2.jpg

1. Nel tentare di sviluppare il tema del post precedente (v. p.2 e ss.), - in particolare se e come "l'avvento" di Trump potrà influire sul recupero della sovranità costituzionale italiana, e quindi della sua democrazia sostanziale- la risposta non può essere univoca.
Da un lato, infatti, è molto incerta la stessa possibilità di Trump di consolidare, prima di tutto il suo effettivo ed autonomo potere decisionale, dall'altro, neppure è univoca la direzione in cui Trump potrà coerentemente agire, pur preannunziando, come abbiamo visto, una profonda revisione della NATO e dell'UE; entrambe, FINORA, promosse per specifici interessi degli Stati Uniti, che paiono essere finalmente mutati rispetto agli anni 40-50.

2. Sotto quest'ultimo aspetto del problema, cenniamo a quanto risposto, in sede di commenti, a Paolo Corrado, che aveva sollevato il problema delle palese orchestrazione di una vasta opposizione "di piazza" a Trump, che ricorda molto da vicino il "metodo" ukraino, cioè quello seguito, dall'establishment finanziario e globalista, nelle pseudo-rivoluzioni arancioni:
"...alla fine è un fatto di pazienza (e di coerenza) dispiegate da entrambi i fronti che si contrappongono.

Cioè, l'esito di questo "sconvolgimento" conflittuale negli Stati Uniti, dipende da quanti soldi (ESSI) sono disposti a spendere per retribuire ogni singolo manifestante (e opinion-maker mediatico) e quanto a lungo questo costo complessivo può risultare vantaggioso in un calcolo costi/benefici, mentre, per contro, il potere di Trump, con tutto l'apparato dello US Government, si consolida.

Certo, Trump può sbagliare scelte ed essere poco coerente rispetto al paradigma che è COSTRETTO, ormai, a perseguire: almeno, se vuole sopravvivere, coi risultati, a questa enorme pressione.

Può darsi, infatti, che non si renda conto fino in fondo dell'esigenza di questa coerenza, e - come già si intravede- arrivi a un grado di compromesso con l'establishment che tenga conto dei rapporti di forza che si riflettono all'interno dello stesso US Gov., inteso come enorme "apparato" di potere "policentrico", che dobbiamo supporre largamente captured dal complesso industrial-militare, come ci disse Roosevelt, e da quello finanziario, che ne è la proiezione più evoluta, specialmente dopo l'abolizione, da parte di Clinton, del Glass-Steagall.
Di certo, pochi presidenti sono stati in una posizione così poco invidiabile (almeno dai tempi di Lincoln e della Hazard Circular, v.qui, p.5,...)".

3. Come dire: siamo nelle mani della...Provvidenza (in quanto italiani). 
E lo siamo perché, in Italia, l'effetto Trump, - considerato nella sua essenza di ritorno alla tutela dell'interesse nazionale, e quindi all'unica dimensione in cui la democrazia, inclusiva e distributiva, ha un senso effettivo (in mancanza di qualunque riscontro in termini di organizzazioni sovranazionali)-, rischia di essere attutito dallo stesso difetto di "risorse culturali" che abbiamo più volte evidenziato. 
Indubbiamente, cioè, il frutto di 39 anni (almeno) di vincolo esterno istituzionalizzato, e limitatore della sovranità democratica, è stato ingurgitato a livello di massa e di opinione pubblica, e si stenta a ritrovare, nel proprio passato, qualcosa che non sia la visione di Carli (o di Einaudi: grosso modo, in continuità, v.p.6) quando si passa a considerare la funzione intrinsecamente solidaristica dell'interesse nazionale, in un ordinamento, come quello costituzionale italiano, fondato sulla sovranità popolare.

4. E, a tal punto, questa difficoltà emerge dallo scenario italiano che persino Bloomberg considera appena "medio" il "rischio elettorale" italiano (cioè la curiosa idea che le elezioni, in tempi di crisi economica irreversibile del modello neo-ordo-liberista €uropeo, siano una minaccia all'ordine costituito sovranazionale dei mercati, in quanto ad esito non idraulicamente controllabile dalle oligarchie):

Consideriamo, infatti, che l'Italia, non solo, - ad eccezione della Grecia che è un caso del tutto "a parte"-, è di gran lunga il paese più danneggiato dall'adesione alla moneta unica (lo stesso Trump ne dà atto...), ma che, a differenza della Francia, ad esempio, è quello che più di ogni altro ha costituzionalizzato esplicitamente il modello di equilibrio keynesiano e di democrazia "sociale" che esso implica.

http://www.lastampa.it/2017/01/07/esteri/trump-cerca-un-alleato-in-italia-per-rilanciare-la-partnership-con-gli-usa-QTYtmZagBagSkP456CvgYP/pagina.html

5. La perfetta sintesi di questo ossimoro italiano - cioè il Paese che avrebbe le difese costituzionali più elevate contro il vincolo esterno, è al tempo stesso quello che ha più difficoltà a riappropriarsene e a riattivarle- ce la dà questo intervento di Stefano Fassina, certamente da elogiare sul piano della consapevolezza di questo aspetto decisivo:

6. E quindi?
Quindi, qualsiasi soddisfacente soluzione al problema democratico, e come conseguenza economico (perché sovranità costituzionale e realizzabilità del modello keynesiano di crescita sono inscindibili), che l'Italia si trova a fronteggiare, dovrà realmente passare per un lungo e tortuoso cammino che, certamente, sarà tanto più accelerato quanto più troverà la sua sponda in una coerente e rafforzata visione della cooperazione democratica tra Stati sovrani che gli USA sapranno affermare nei prossimi mesi.
Non di meno, vorrei rammentare almeno alcuni "snodi fondamentali" che questo cammino, verso la democrazia e il benessere (ritrovati), non potrà eludere.

7. Il primo ce lo ha segnalato Arturo, di recente, nei commenti alla decisione della Cassazione sul "licenziamento per profitto" e sulla lettura post-costituzionale dell'art.41 Cost.; riguarda il problema di come e chi possa far valere i "controlimiti", cioè la teoria, più o meno coerentemente enunciata (e mai applicata) dalla Corte costituzionale, per cui esistono delle norme fondamentali e intangibili della Costituzione che nessun trattato internazionale può derogare o, peggio, abrogare. 
Preavverto che il passaggio più importante, in quanto si raccorda alla novità costituita dalle parole di Fassina (per quanto, purtroppo, possano contare), oltre a enfatizzarlo in neretto l'ho pure sottolineato (togliendo le parentesi alla importante precisazione finale):
"[Nell'analisi di Luciani...] mi pare significativo, oltre al saggio che hai poi linkato tu, questo sui controlimiti. E' piuttosto evidente che da un lato ritiene che i controlimiti siano stati superati, o comunque siamo ormai fuori dalla copertura dell'art. 11, dall'altra non intende dichiararlo "globalmente" (l'occasione del saggio è infatti una questione in materia penale): 
"Solo il più inguaribile degli euro-ottimisti potrebbe non avvedersi che siamo di fronte a una costruzione sbilenca. Nessuno ha ancora risposto all’interrogativo su come possa reggere un sistema con moneta unica e debiti plurimi. 
Nessuno ha mai spiegato come possa darsi uno spazio senza frontiere quando la sicurezza nazionale è riservata agli Stati (art. 4.2 TUE) e ci sono forze armate e sistemi di intelligence separati (la recente catastrofe della sicurezza pubblica belga, se qualcuno si fosse distratto, sta lì a ricordarcelo). Nessuno ha ben compreso quanto sia inaccettabile il prezzo che in termini di certezza del diritto si paga alla continua in-decisione sulle fonti di tutela dei diritti. 
Personalmente, penso che da questo ginepraio si possa venir fuori meglio in avanti (con una forte iniziativa politica che ridia sangue all’idea di Europa) che all’indietro (con una progressiva chiusura degli Stati membri), ma è ben ora di uscire dall’equivoco di una situazione in cui gli interessi egoistici degli Stati (di quelli più forti, ovviamente) sono spacciati per interesse generale." (pag. 6).
Se è ben difficile sostenere che un quadro del genere sia compatibile con l'art. 11, è ovvio che non si tratta di esprimere augurii su più o meno realistiche soluzioni politiche, ma una valutazione "giuridica" sull'"attuale" compatibilità del quadro dei Trattati con la Costituzione. Luciani lascia cadere en passant:  
"Si sa che l’attenzione della dottrina è costantemente rivolta alla garanzia giurisdizionale del rispetto dei controlimiti. 
È evidente, invece, che l’opposizione dei controlimiti può spettare (sempre secondo le regole costituzionali di ciascun ordinamento, ribadisco) anche a organi diversi: in primis al capo dello Stato, ma anche al Parlamento e allo stesso Governo." 
8. Una volta chiarita la dimensione essenzialmente politica di ogni soluzione che possa risolvere il disastro, ormai evidente, determinato dal "vincolo €uropeo", ne discende, con altrettanta chiarezza, che, ancor più a monte, il problema è, guarda caso, sia di comprensione dell'attuale modello costituzionale (l'atto politico supremo di una comunità sociale), sia di "risorse culturali": cioè di ideologia e "filosofia" sul modello di società, e di rapporti di forza al suo interno, che si intende perseguire.
Ai più attenti lettori, a questo proposito, forniamo dunque uno schema interpretativo generale e un glossario, plasticamente scolpiti da Bazaar, che ci paiono particolarmente appropriati per comprendere la visione diffusa che denota il difetto di "risorse culturali" in Italia.
Ecco lo schema generale, tratto dal post sulla "democrazia diretta":
"...la particolarità di una democrazia moderna, che, per essere tale "nella sostanza" - come faceva notare Mortati - necessitava un ordinamento lavoristico con una forte Stato sociale. Ovvero, si fondava l'intero ordinamento, con convergenza di tutte le forze politiche, sulla Sinistra economica (in senso contenutistico e non partitico, ndr.): sinistra economica che propugna la necessità della giustizia sociale affinché la democrazia possa essere chiamata tale.
I liberali - ovvero la destra economica - oltre alla "giustizia commutativa" storicamente non chiedono altro: anzi.
Quindi, la domanda che sorge spontanea consiste in: « ma se tutti convergono sui caposaldi storici "socialisti", che legittimità e che spazio hanno nel panorama costituzionale le "istanze liberali"» (in democrazia "compiuta", beninteso, ndr.)?

Risposta: tendenzialmente nessuna.

I liberali alla Einaudi avrebbero potuto difendere gli interessi di classe in una dialettica che avrebbe dovuto escludere la radicalità sostanziale della ideologia storica del liberismo, risultata definitivamente screditata dalla crisi del '29 e dalla seconda guerra mondiale: avrebbero dato un eventuale contributo nel "come" raggiungere gli obiettivi
Non più "quali" obiettivi.
Infatti, a differenza degli stati liberali "classici" come USA e UK, che avevano adottato le politiche keynesiane nel trentennio d'oro senza "obblighi costituzionali", arrivando poi a smantellare tutto lo stato sociale in breve tempo e senza troppi problemi (Reagan e Thatcher), per l'Europa il vecchio ordine (a vertice USA) ha tenuto "un piede nella porta" con la Germania ordoliberista: tramite i trattati di libero scambio dipinti di rosso da Spinelli, Rossi e utili geni del caso, tramite il "vincolo esterno", ovvero il "balance of payment constraint", ovvero tramite SME ed euro, la classe dominante internazionale, con il capitale nazionale "vassallo" e per definizione collaborazionista, si sono avviati a "ricordarci la durezza del vivere". Perché la democrazia è tale se, e solo se, esiste lo Stato sociale con le sue protezioni (v. Mortati).
Il fatto che, nonostante la scelta unanime verso il keynesismo, Einaudi potesse godere di tali "riconoscimenti", potrebbe essere proprio considerata come il segnale della scelta extra-istituzionale, di un determinato gruppo sociale, di influenzare la politica nazionale al di fuori della legalità costituzionale. Obiettivo poi efficacemente perseguito a livello "tecnico" a fine anni '70."
Postilla: sulla giustizia "commutativa", rammentatemi semmai di tornare, perché, in essenza, è quella idea che, trasposta sul piano ordinamentale-normativo (se non elaborata da...Rawls, ma sarebbe un discorso lungo), implica che le "tasse" pagate debbano esattamente corrispondere alla quantità/valore di utilità e servizi pubblici che si ricevono, e che porta dritti al "pareggio di bilancio", al rigetto della solidarietà tra classi sociali e comunità viventi su territori diversi, e, dunque, all'assetto allocativo ottimo-paretiano delle risorse "scarse & date". In una parola: la neo-liberismo.
8.1. Ed ecco, nella sua (lucida) vis ironica, il "glossario" di Bazaar:
1 - modernismo reazionario: il progressista vede la macchina a servizio dell'uomo (lavorare di meno e guadagnare di più...), il modernista vede la macchina come inevitabile strumento di sfruttamento dell'uomo sull'uomo (aumentare i profitti ed asservire i lavoratori tramite masse di disoccupati e sottoproletari che si scannano...).
(Per quelli che non si scannano tra loro e vanno a rompere le uova nelle ville degli sciur, Milton Friedman e von Hayek proponevano... un "reddito di cittadinanza"... solo se c'era spazio nel bilancio... altrimenti più Malthus per tutti)

Un keynesiano sa che nonostante il progresso tecnologico sia un fattore aggravante del fattore occupazionale e delle crisi da domanda, queste rimangono crisi di domanda, quindi attribuibili al conflitto distributivo, quindi attribuibili ad una scelta politica.
La globalizzazione è una scelta politica: il non comprenderlo è parte degli effetti della propaganda "futuristica" e reazionaria di Casaleggio.

2 - neoliberismo: il confondere la crisi di domanda con una crisi dal lato dell'offerta in riferimento dell'aumento di produttività (tramite il progresso tecnologico), è teoria neoclassica.
Un keynesiano - ovvero un democratico conforme a Costituzione - è consapevole che i salari reali devono crescere marginalmente con la produttività. (Ovvero la quota riservata ai salari nominali deve crescere insieme al PIL).

3 - livore - propensione livorosa verso una generica borghesia o un generico "padronato" che, in realtà, si trova nella medesima condizione del proletariato. Funzionale al divide et impera.

Il livore è strettamente connesso all'ignoranza dei presupposti minimi delle dinamiche economiche e politiche subite: ti hanno mentito e la rabbia non ti permette di approfondire ciò che da carne da macello ti trasformerebbe in un civile e consapevole "uomo politico". (Non un "cittadino con il secchio in testa" usato come "elmetto", che non vede nulla, sbraita, e nessuno lo sente).

31 commenti:

  1. Parlando di risorse culturali della sinistra italiana; da molti anni seguo questa parabola, perché mi sono sempre sentito parte della sinistra; all'inizio essendo una vittima inconsapevole, poi, sempre di più ponendomi dei dubbi e degli interrogativi; dall'Unità di Furio Colombo dei primi anni 2000, passando per girotondini, giustizialisti, travaglini esterofili....tutti costoro si sono piano piano disvelati ai miei occhi come IL VERO FASCISMO, IL VERO PROBLEMA; questi esterofili Euroentusiasti che il problema era il debito pubblico e la politica corrotta, e l'Europa ci avrebbe salvato dalla castacriccacorruZZionebrutto capitanata dal Berlusca.
    Ma quanti ancora sono intrappolati, a sinistra, in questo paradigma?
    A volte ci penso a queste cose e mi chiedo: "ma come hanno fatto a creare un uomo medio di sinistra che E' IN REALTÀ UN'ESTREMISTA NEOLIBERISTA HAYEKIANO ANTIDEMOCRATICO E ANTISTATALISTA, ma che nello stesso tempo, in cuor suo, si sente sempre un esponente ONESTO DELL'AUTENTICA SINISTRA, DEI LAVORATORI E CREDE DI LOTTARE PER LA GIUSTIZIA SOCIALE?"
    Me lo chiedo spesso, anche adesso, ad esempio dopo aver parlato nuovamente di recente con una persona che, anni addietro, ritenevo parte della sinistra radicale, quella "colta"; per intenderci, uno che legge molti libri, pubblica articoli su riviste di nicchia social-comunista-anarco-radical, segue autori "rivoluzionari" sconosciuti ai più; la stessa persona che adesso mi ha detto che il sistema keynesiano non ce lo possiamo più permettere perché generatore dell' ECCESSIVO deBBito PUBBLICO, che, necessariamente, dovrà essere corretto da misure antipopolari MA INEVITABILI, come il pareggio di bilancio in Costituzione. Perché? gli ho chiesto; lui mi ha risposto che è così, e che il keynensismo nazionale sarebbe un salto nel passato anche per via della CCINA e della GLOBALIZZAzzIONE, per cui l'intervento nazionale è un anacronismo che non avrebbe più senso; mi è sembrato di parlare con un automa; ma è la sicumera con la quale si propongono verso gli interlocutori che più mi inquieta; perché sono sicuri di sapere tutta la verità, hanno letto gli autori di nicchia, quelli "rivoluzionari"; conoscono la storia dei più importanti comunisti anarchici, dei sindacati dei lavoratori, dei movimenti rivoluzionari, ecc. ma sono completamente certi che il keynensismo NON CE LO POTREMO PIÙ PERMETTERE PER OSCURE RAGIONI LEGATE AL DEBITO PUBBLICO E PERCHÉ QUESTO SAREBBE UN ROTTAME DEL PASSATO PER VIA DELLA GLOBALIZZAZIONE E DEL COMMERCIO MONDIALE MODERNO. Per finire mi ha detto di SENTIRSI, IN CUOR SUO, UN SOCIALISTA. Ma come è possibile, mi chiedo, aver creato un tal genere di uomo di sinistra? Gli ingegneri sociali dovrebbero andar fieri di tali capolavori: DIVULGARE ALL'ESTERNO IL PIÙ ESTREMO LIBERISMO HAYEKIANO MA IN CUOR PROPRIO SENTIRSI UN SOCIALISTA-COMUNISTA-ANARCHICO CHE LOTTA PER LA RIVOLUZIONE MONDIALE DEL PROLETARIATO.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, sono domande che lasciano sgomenti, di fronte alla tetragona ostinazione in questo atteggiamento, pur a fronte di incredibili prove della sua inconsistenza.
      Oggi più che mai...

      Ovviamente, la risposta è: il programmatico controllo culturale dell'informazione e, ancora meglio, della "controinformazione".

      Lui non lo sa, il tuo conoscente (difficile che possa mai dimostrarsi "amico"...di chiunque), ma la cultura radical-sinistrosa-qualchecosa è la più lautamente infiltrata, in realtà da decenni, dal finanziamento, di controllo e di manovra, dell'establishment restauratore dell'oligarchia ante crisi del '29.
      E neppure sa di essere il fruitore inconscio della cultura pop che insinua come normalità l'individualismo metodologico travestito da "adeguamento ai tempi..." (non escluderei che fosse un fan degli U2).

      Tra i tanti posti di spiegazione, prediligo questi:
      1) http://orizzonte48.blogspot.it/2014/01/lautoinganno-del-tecnicismo-pop.html
      2) http://orizzonte48.blogspot.it/2013/09/la-gabbia-cio-che-gli-uomini-debbano.html

      Tra le varie

      Elimina
    2. Penso che anche fattori strutturali abbiano avuto un ruolo importante nel rendere possibile la manipolazione. A questo proposito molto interessante mi pare il classico lavoro di Inglehart sul postmoderno, recensito dal sempre bravo Visalli: “Questo schematismo (crescita-sicurezza-democrazia), su cui fonda il suo ottimismo, è a tutta evidenza stato inceppato dalla contemporanea accelerazione della crescita ineguale (concentrata su pochi “vincenti”) e dalla polarizzazione sia della ricerca (che orienta la tecnologia verso le aree a maggior ritorno immediato per i già vincenti) sia dell’istruzione (che non riesce a diffondersi per effetto della riduzione delle risorse disponibili). Infine, ma non ultimo, dallo svuotamento della democrazia.
      Ed è stato inceppato esattamente per effetto del prevalere dei “valori postmoderni” nel contesto dei rapporti di forza e delle distribuzioni del neocapitalismo che si afferma in modo coevo durante questa trasformazione. Inglehart intravede in effetti il rischio: che la crisi dello Stato sociale e l’indebolimento della centralità dello Stato nelle distribuzioni che imputa fondamentalmente ad un eccesso di successo, possa alla fine portare a “bloccare il senso di sicurezza” (p. 313), indebolendo l’effetto di limite al “lassaire-faire privo di scrupoli del capitalismo”, e quindi il “sistema sociale più stabile e vivibile” che ha prodotto.


      Ossia il benessere ha reso possibile scavare il terreno sotto i piedi dei suoi presupposti culturali e politici.

      Anche se è ricordato di rado, Inglehart avvertiva però che il percorso può anche invertirsi, cioè che “qualunque tentativo di tornare al lassaire-faire selvaggio dell’inizio del XX secolo sarebbe autolesivo, e finirebbe col condurre inevitabilmente a una ripresa del conflitto di classe” (p.338).” dal momento che “i postmaterialisti non sono non materialisti, e neppure antimaterialisti. Il termine indica un set di fini che sono ritenuti importanti dopo che le persone hanno ottenuto la sicurezza materiale e proprio perché l’hanno ottenuta. Così la perdita di sicurezza potrebbe portare ad un graduale ritorno alle priorità materialiste” (p.57).”.

      Ossia, lasciate che le pance si vuotino abbastanza e in molti torneranno coi piedini per terra.

      Elimina
    3. Eh sì, ma osservazioni sull'interazione tra paradigma neo-liberista antistatuale, pubblica istruzione e cortocircuito antidemocratico, (inizialmente e a lungo) inavvertito nel contesto della società del consumo di massa, le aveva ben svolte Sofia qui:
      http://orizzonte48.blogspot.it/2013/06/istruzione-opinione-pubblica-e.html

      Peraltro, nel post di Sofia, ipotizzando una tale concatenazione come determinata da rapporti di forza non meccanicisticamente ("meteorologicamente") legati alla irresistibile affermazione del progresso tecnologico del capitalismo, quanto piuttosto contrassegnata dalla programmatica intenzionalità (cosa su cui Bazaar, in collaborazione con te, ha scandagliato i presupposti ben risalenti e propriamente ideologici).

      Quanto all'esito "circolare" del post-materialismo, che mina alla base i suoi stessi presupposti, e che possiamo anche definire cultura "pop", rammento che questo stesso meccanismo è alla base della teorizzazione dei "diritti cosmetici" (v. glossario) e del "paradosso" della proiezione identificativa degli oppressi nell'euro-UE :-)
      http://orizzonte48.blogspot.it/2016/06/il-paradosso-uropeo-la-censura-sul.html

      Elimina
    4. Consumismo illusorio e “imperialismo culturale” (in cui Basso faceva rientrare ovviamente anche il controllo manipolativo di tutti i circuiti di informazione), inteso come stampella necessaria dell’imperialismo economico, sono stati fondamentali per instillare un letargo di massa e per cancellare ogni residua coscienza democratica. E l’alternativa democratica (che poi è il ritorno alla Costituzione) non potrà che passare – come scrive il Presidente - per “un lungo e tortuoso cammino”. Questo non potrà, a sua volta, che passare necessariamente attraverso esperienze concrete di lotta supportate da una preventiva presa di coscienza.

      “… pare a me che si possa dire che la politica dell’”alternativa democratica”, nel senso in cui questa politica è stata intesa e sviluppata da me e dai compagni che l’hanno condivisa, è qualche cosa di profondamente diverso.

      Infatti la prospettiva che trionfò nei partiti di sinistra, negli anni della Liberazione, partiva dal presupposto che, pur nel quadro delle fondamentali strutture capitalistiche, l’Italia potesse diventare un paese democratico. In altre parole la democrazia era assunta come un dato politico che poteva essere conquistato indipendentemente dalla trasformazione delle strutture: tipico a questo riguardo lo slogan nenniano ‘politique d’abord’ o la costante preoccupazione di Nenni di non porre i problemi dei mutamenti sociali che avrebbero diviso i partiti di massa, per porre soltanto i problemi politici.

      Proprio contro questa tesi fu allora rivolta la mia polemica che partiva dalla considerazione che L’ORDINE POLITICO E L’ORDINE SOCIALE SONO STRETTAMENTE INTERDIPENDENTI, e che pertanto, se si lasciavano immutate le strutture, si sarebbero lasciate sussistere quelle cause profonde che avevano spinto l’Italia verso il regime fascista, il quale non era un fenomeno caduto dal cielo ma era il prodotto di una situazione strutturale del nostro paese che, riproducendosi, avrebbe con ogni probabilità riprodotto le stesse tendenze antidemocratiche. (segue)

      Elimina
    5. Non ho modificato affatto questo punto di vista, che del resto mi pare sia stato largamente confermato dall’esperienza, e perciò non ho mai concepito la politica dell’alternativa democratica come una politica che mira in un primo tempo a creare in Italia una democrazia politica e, in un secondo tempo, le riforme sociali. HO DETTO MOLTE VOLTE CHE LA DEMOCRAZIA IN ITALIA È IMPOSSIBILE SULLA BASE DELL’ATTUALE STRUTTURA LA QUALE HA IN SÉ, CONGENITO, UNO O ADDIRITTURA PIÙ MECCANISMI ANTIDEMOCRATICI FUNZIONANTI, che una lotta per la democrazia è quindi necessariamente una lotta che tende a rompere i limiti di classe dell’attuale sistema, cioè, praticamente, a porre le basi del socialismo. ALTERNATIVA DEMOCRATICA e VIA DEMOCRATICA AL SOCIALISMO è quindi, per noi, praticamente, la stessa cosa, anche se preferiamo esprimere con la prima formula il momento iniziale del movimento.

      Perché? Anche il perché mi pare di averlo chiarito …. Le lotte delle masse possono nascere SOLTANTO DALLE LORO ESPERIENZE CONCRETE, DAI LORO BISOGNI, DAI LORO PROBLEMI, DALLA LORO SITUAZIONE REALE. È un insegnamento del marxismo. Il comunismo, diceva Marx (e intendeva con questa parola quello che noi oggi chiamiamo socialismo), non è che LA COSCIENZA DEL MOVIMENTO REALE DELLE MASSE NEL CORSO DELLA LORO LOTTA, MA QUESTA COSCIENZA NASCE DALL’ESPERIENZA. In una situazione di radicale frattura, di lacerazione del corpo sociale, provocata da una guerra o una crisi profonda, le masse possono essere spinte alla lotta avendo come obiettivo immediato il rovesciamento generale della situazione, la conquista totale del potere e l’avvento di una società socialista. (segue)

      Elimina
    6. In una società come l’attuale, ricca di contraddizioni anche gravi ma profondamente dinamica e ricca altresì di soluzioni parziali, di squilibri, in una società…. soprattutto, che esercita una PRESSIONE CONTINUA SULLE MASSE NEL SENSO DELL’ADESIONE AL SISTEMA DI VALORI CH’ESSA ESPRIME … in una società in cui le sole concezioni del socialismo che abbiano avuto larga diffusione sono quella capitolarda della socialdemocrazia …, pare a me abbastanza evidente che la prospettiva di un socialismo di tipo nuovo, come noi l’intendiamo, NON POTREBBE FACILMENTE TRADURSI IN UNA PAROLA D’ORDINE D’AZIONE IMMEDIATA CAPACE DI METTERE IN MOVIMENTO LE MASSE che devono essere impegnate per conseguire gli obiettivi che si vogliono raggiungere.

      IL DATO DI PARTENZA PER OGNI AZIONE È LO STATO ATTUALE DELLA COSCIENZA DELLE MASSE…perché possa essere impegnata una grande battaglia contro quelli che sono gli aspetti più gravi e più appariscenti della situazione italiana (gli squilibri regionali e settoriali…la miseria, la disoccupazione, il clericalismo, il centralismo burocratico, la censura, il prepotere dei monopoli e la sopraffazione del potere statale, e via discorrendo) movendo da una prospettiva democratica…

      In altre parole la lotta per l’alternativa democratica, così come è stata da noi concepita, è una lotta che tende necessariamente ad allargare nel suo corso le sue prospettive di partenza e a creare nuovi strumenti d’azione, MA PUÒ FARLO SOLO A MISURA CHE L’ESPERIENZA DELLA LOTTA ALLARGA GLI ORIZZONTI DELLA COSCIENZA DELLE MASSE E LA INNALZA A UNA VISIONE PIÙ ORGANICA DELLA SOLUZIONE DEI PROBLEMI...” [L. BASSO, Alternativa democratica e socialismo, in Problemi del socialismo, gennaio 1961, n. 1, 103-105].

      O si approda in tempo ad una presa di coscienza che cominci a mobilitare in concreto le masse, per una transizione pacifica verso la ritrovata democrazia, oppure se non si arriva in tempo ci aspettano tempi bui. Questo ce lo siamo detti più volte.
      Trump potrebbe facilitare il compito per una dissoluzione dell’area €uro, ma la mobilitazione di massa rimane comunque imprescindibile.

      €SSI hanno costruito per sessant’anni un tale meccanismo e non se lo lasceranno scappare facilmente

      Elimina
    7. Il che è un ottimo modo per chiarire COSA si debba fare, per realizzare la democrazia costituzionale, ma non ci dà la soluzione sul COME diavolo si possa realizzarlo (l'esperienza deve essere "cosciente": ma chi e con quali mezzi a disposizione può rendere coscienti le masse?).
      Siamo sempre lì: è il problema mediatico-culturale.

      E anche stavolta, nell'occasione del fenomeno Trump - che oltretutto è solo il preannunzio di un ribaltamente che trascende la sua stessa figura- non c'è il tempo per riuscire realisticamente a farlo prima che, di nuovo nella Storia, sia troppo tardi

      Elimina
    8. Come ho già spiegato altrove, così come non credo che il benessere, da solo, come unico fattore, porti di per sé all'inconsapevolezza, altresì non credo che la miseria e la pancia vuota, portino, da sole, ad un risveglio della coscienza sociale. Primo, perché mi da l'idea di una visione profondamente negativa e reazionaria dell'essere umano, il quale non si smuoverebbe se non preso a calci dai morsi della fame, con il corollario che il benessere materiale non sarebbe mai "idealisticamente" perseguibile se non con la perdita della consapevolezza individuale e di classe.
      Secondo, anche se la fame a volte smuove le masse, se queste non sono però consapevoli dei rapporti di classe, oppure se vengono portate all'agire dalla manipolazione mediatica di un'elite che spinge a schierarsi con forze politiche solo all'apparenza antisistema (e quante ne sono nate qui in Italia? Vale la pena ricordarle?) il risultato è che l'oppressione continua sotto altre forme ed etichette. Terzo perché, qui in Italia, ma anche altrove, abbiamo avuto secoli di miseria ed oppressione, il cui risultato non è stato certo l'automatica presa di coscienza e la rivoluzione socialista. Tra tutte le spiegazioni, quella che mi sento di avvallare di più, ed è quella supportata dai fatti, è che, all'interno della struttura capitalista attuale, ancora con rapporti tra le classi concretamente immutati, chi sta al vertice del potere continua ad avere tutti gli strumenti mediatici e materiali per opprimere la mente (ed in seguito, anche il corpo) dei subalterni anche in condizione di relativo e temporaneo benessere. Ed è questo, per me, il fattore principale con il quale ci dovremo rapportare in futuro. C'è un gigantesco apparato di propaganda mass mediatico, che è intenzionalmente volto ALLA GUERRA DI CLASSE, finanziato da una ELITE. Parlare di questo vuol dire ESSERE COSCIENTI DEI RAPPORTI DI CLASSE, ED AVER COMPRESO I MEZZI CHE LA CLASSE DOMINANTE DISPONE PER OPPRIMERE LE COSCIENZE DEI SUBALTERNI. QUESTO APPARATO MASSMEDIATICO È SIA VOLTO ALLA DIFFUSIONE DI SPIEGAZIONI PALESEMENTE FALSE RIGUARDO ALLE CAUSE ECONOMICHE, ED È SIA VOLTO ALLA DIFFUSIONE DI VALORI E STILI DI VITA FUNZIONALI AL MANTENIMENTO DEL LETARGO.
      Il secondo aspetto di oppressione in Italia, come ho già detto, è, a mio avviso, è la SCIENTIFICA DISTRUZIONE DEL SETTORE PUBBLICO, ED, IN PRIMIS, DELLA SCUOLA PUBBLICA, e la MANIPOLAZIONE DEI PROGRAMMI SCOLASTICI. E' chiaro che se non vi è un'educazione di base, compresa un'educazione sui rapporti di classe, non vi potrà mai essere una concreta democrazia. La democrazia deve essere edificata avendo come presupposto un popolo istruito e consapevole. Se non c'è questa base, tutto il resto, compreso il benessere materiale, sarà sempre molto difficile da svilupparsi e mantenersi.

      Elimina
    9. Nello stesso scritto da me citato, Basso in realtà lo dice come si deve fare: attraverso il partito. Io non ho riportato il seguente passo per non deprimermi troppo, visto che nemmeno da questo punto di vista c’è da stare allegri:

      “… Ma la coscienza delle masse si esprime, secondo Marx, nel partito. Senza cioè un partito che preveda, che elabori, che guidi, che traduca continuamente in termini di massa il risultato della sua elaborazione cosciente, senza un partito in altre parole, che si assuma la responsabilità di questa battaglia e la sappia condurre innanzi, attraverso le difficoltà e i pericoli che essa comporta, difficilmente usciremo dall’attuale stagnazione, o ne usciremo, purtroppo, per iniziativa delle destre…”.

      Maledetti ordolib€risti. Hanno spianato tutto

      Elimina
    10. @stopmonetaunica: che occorra sempre anche una dimensione di attività deliberata, di manipolazione da un lato e di consapevolezza dall'altro, nel paese di Gramsci credo possiamo pure darlo per scontato: nessuno intende cadere in quell'errore che il sardo chiamava "economicismo". Comunque, per maggior chiarezza: "Il problema della verità non appariva a Gramsci tanto o soltanto un pro­blema di stile morale in senso stretto, quanto piuttosto una questione essen­ziale e necessaria per poter promuovere in modo corretto l’azione politica e per dare fondamento alla nuova democrazia. Nelle notazioni dedicate a tale problema Gramsci insiste sul principio che accedere alla verità è conoscere la realtà, e costituisce perciò l ’unico possibile fondamento di un’azione criticamente consapevole; sicché, se le masse non sono messe in condizioni di accedere alla verità, non ha senso alcuno l’esercizio del potere da parte di esse. Senza conoscenza non vi è potere." (M. Salvadori, Gramsci e il problema storico della democrazia, Viella, Roma, 2007, pag. 277).

      E' però un dato di fatto, in termini generali direi piuttosto ovvio ma Inglehart l'ha supportato con una ricerca molto vasta, che determinati contesti materiali, che vuol dire poi la realtà della vita vissuta, siano più o meno propizi a tali attività deliberate. Difficilmente sarebbero comprensibili altrimenti l'attuale perdita di fiducia nei media mainstream o fenomeni come Sanders e Trump o una più o meno lunga lista di circostanze storiche che possono facilmente essere richiamate alla mente (es., visto che si parla del libro di Barba e Pivetti, perché mai dopo la svolta dell'83 Mitterand è riuscito a farsi rieleggere mentre oggi Hollande ha addirittura dovuto rinunciare a presentare la sua candidatura? Perché negli anni Ottanta i media erano più abili nell'arte della manipolazione? Su).
      Questo, ripeto, non garantisce nulla; apre però delle possibilità.

      Elimina
    11. Ma è chiaro che esiste una scala quantitativa di incidenza dell'azione restauratrice (o "confermatrice") delle elite oligarchiche: è come la scala Ricther dei terremoti.

      O, a voler essere pignoli nella "metafera", è come quando a una scossa che dirocca la maggior parte degli edifici senza farli crollare (quindi coltivandosi la diffusa speranza che siano restaurabili), ne succedono in serie altre, e crolla la stessa struttura dell'insediamento.
      Allora sì che, di fronte alla conclamata irreversibilità del cambiamento in peggio, la reazione degli interessi colpiti si fa sentire...con Hollande.

      Insomma, le variazioni (peggiorative) agiscono in scale crescenti e determinano reazioni al superamento di certe soglie, che godono di una certa soggettività storica:

      a) ciò spiega perché in Italia, nella costante invariabilità della miseria del XVII e XVIII secolo, non ci fu un fenomeno analogo alla rivoluzione francese (sospinta, in verità, dal debito bancario di guerra e dal trattato libero-scambista con gli inglesi);
      b) e spiega perchè, in ipotesi, la soglia della variazione critica possa manifestarsi diversamente sul piano generazionale (ad es; tra chi ricorda e chi non può ricordare, essendo appena nato, la differenza tra il sistema pre e post "vincolo €sterno").

      In altre parole, come abbiamo già accennato, ESSI possono pure puntare a essere pazienti e ad attendere che si stabilizzi una nuova "impercezione" della (soggettiva) variazione "critica", puntando alla eliminazione naturale dei baby boomers, e sulla stabilizzazione della non-crescita/non recessione come situazione assuefativa delle nuove generazioni.
      E potrebbe persino riuscirgli!

      Elimina
    12. Ma infatti credo proprio che questo sarebbe il piano dei nostri.
      Ma i tedeschi non la vedono allo stesso modo.

      Elimina

    13. Sono d'accordo al 100% con te 48. Infatti, in Grecia, quanti morti di fame dovremo ancora vedere affinché il popolo finalmente si svegli e rivoti ..... per Tsipras?
      Nell'essere umano i meccanismi a mio avviso non sono così semplici. Sopra il dato oggettivo, che è evidente, cioè la fame, vi è, nell'essere umano la percezione soggettiva, la soglia individuale, e il sistema valoriale appreso. Se si vive in un sistema sociale dove le élite divulgano come virtuosa la povertà, la fatica e le ristrettezze, tutto ciò è socialmente molto più accettato anche dai subalterni; ad esempio, un contadino di qualche secolo fa sfruttato dal suo padrone in cuor suo avrebbe potuto pensare che gli ultimi sarebbero diventati i primi e in paradiso avrebbero ottenuto la loro ricompensa, mentre il mondo materiale sarebbe restato per l'eternità corrotto e irriformabile.
      Poi, col sistema della rana bollita, hanno fatto in modo che i cambiamenti in peggio siano più lenti, e quindi più difficilmente percettibili rispetto al trovarsi dall'oggi al domani in decine di milioni senza pasti e senza lavoro. Ed hai ragione tu 48 quando dici che alla fine si arriva ad una soglia di impercezione, perché non ci si ricorda nemmeno più delle vecchie generazioni vissute nel boom economico dove le classi subalterne ottennero una vita migliore di quella che si sta profilando sotto l'euro. Ma, comunque, ce l'ha detto il Corriere della sera che adesso abbiamo lo stesso tasso di disoccupazione come nel '77. Quindi, cosa vi lamentate voi giovani, negli anni '70 era la stessa cosa no? Tutto sommato non va poi così male in Italia, i giovani sono tutti bamboccioni, i dipendenti statali sono in numero più alto rispetto a tutto il resto del mondo e guadagnano tantissimi soldi; i pensionati sono tutti straricchi; il nostro problema sono quelli che prendono un sacco di soldi dallo stato senza lavorare, quelli che tutti i giorni sui giornali vengono chiamati i furbetti del cartellino; ed infine abbiamo la spesa pubblica più alta d'Europa. Quindi è anche un problema di manipolazione della percezione soggettiva; e di isolamento. Una mia amica con un lavoro precario di 3 ore al giorno, ottenuto dopo anni di disoccupazione, mi ha confidato che la sfiga è capitata solo a lei; che la sua è una sfortuna e la colpa è solo sua; glielo dicono pure i suoi genitori: percezione soggettiva.

      Elimina

    14. Un altro fattore che influisce, secondo quello che ho avuto modo di vedere, è questo; sì, in generale, quando vi è una percezione che le cose stanno peggiorando, scatta una certa voglia di cambiamento nelle classi subalterne, il quale, però, si esplica sovente nel voto alle elezioni. Il popolo non è sempre consapevole dei reali meccanismi che hanno portato alla miseria, non si ribella da solo e si affida al CANDIDATO. A questo punto, però, entrano in gioco, per forza di cose, I CANDIDATI CHE SONO STATI SELEZIONATI DA UN'ÉLITE; quindi entra in gioco anche il grado di consapevolezza dell'élite. Quello che voglio dire è questo: le élite potranno continuare per sempre a proporre al popolo dei finti CAMBIATORI "RIVOLUZIONARI" per illudere le masse, oppure, accortesi del pericolo, che alla fine, corrono anche loro (perché, nelle guerre mondiali che potranno scatenarsi come conseguenza di questi forti squilibri, in epoca per lo più nucleare, non so proprio chi potrà dichiararsi, alla fine, vincitore) decideranno di giungere a patti col popolo aprendosi ad una reale democrazia, per il bene di tutti?
      E' questa l'altra differenza che secondo me è fondamentale tra un'elezione in un paese, rispetto a quella in un altro. Cioè il grado di saggezza dell'élite di quel paese; cioè della sua classe dirigente. E, in Italia, avete notato qual'è il grado di saggezza della nostra?

      Elimina
    15. @48: temo che il condizionale conclusivo sia ottimista. Una delle cose che non mi danno pace è la totale incapacità, si direbbe mancanza di volontà, di trasmettere riflessione coscienza e memoria attraverso le generazioni, fosse solo da quindici anni in qua. Possibile che la coscienza, non tanto di classe, non pretendiamo troppo, ma almeno di un modo diverso di vivere, sia stata così completamente azzerata?
      O forse, semplicemente, non è mai realmente nata a livello diffuso, perché troppo vivo - e ad arte coltivato - è rimasto l'analfabetismo dei diritti, incapace comunque di sradicare in pochi decenni l'atavica deferenza feudale della maggioranza?

      Elimina
    16. L'ipotesi della realtà percepita, montata ad arte dai media e dai "rivoluzionari" dell'élite, capace di mobilitare movimenti di massa, potrebbe spiegare anche le rivoluzioni colorate; cioè, viene fatta percepire alla popolazione una realtà che è più grave di quella che in effetti è, al fine di mobilitarli per un cambio di regime in peggio. Provavo un'immensa tristezza quando, per le vie della mia città, vedevo badanti ucraine, emigrate sottopagate e sfruttate qui da noi, con la bandierina o la spilla dell'Unione Europea attaccata alla borsetta, al tempo delle proteste e delle rivoluzioni in quel paese. Con alcune avevo anche parlato; mi continuavano a dire della corruZZione del regime filorusso, e che sarebbero state contente di entrare nell'Unione Europea....

      Elimina
    17. In pratica ciò evidenzia la correlazione tra instaurazione del libero mercato, destrutturazione dello Stato sociale (nel caso, "socialista") e quindi della cultura (non "pop") e della pubblica istruzione e conseguente passaggio della sovranità de facto a chiunque abbia i cordoni della borsa: col passaggio finale della suscettibilità di piegare le istituzioni, e lo stesso regime formale, a ogni arbitrio e ad ogni mutevole disegno di chi detiene la sovranità de facto.

      Elimina
    18. @Quarantotto Nella mia esperienza i baby boomers sono i meno consapevoli di quello che stiamo vivendo e i più ricettivi alla propaganda.

      Ho apprezzato l'articolo di Sansonetti su Craxi, in occasione dell'anniversario della sua morte: ha scritto cose che da tempo sono patrimonio condiviso del presente blog.

      Elimina
  2. In Italia il PCI, che era il più grande partito comunista d'occidente, è sempre stato anti keynesiano e subalterno alla cultura economica liberista. Nel 1975 il PCI aveva raggiunto la sua massima espansione elettorale e questo era il prezzo politico che si disponeva a chiedere al suo elettorato per averlo votato: Nella sua relazione, introduttiva, nel marzo 1976, l'economista ufficiale del PCI nonchè segretario del CESPE Eugenio Peggio riconosceva che:
    Il problema dell'equilibrio della bilancia dei pagamenti costituisce uno dei problemi più urgenti e più acuti che sta dinnanzi al Paese. Di tale problema le forze di sinistra e il movimento sindacale non possono disinteressarsi, pensando che si tratti essenzialmente di un affare altrui. (...) Ma in ogni caso non è possibile preporsi il riequilibrio della bilancia dei pagamenti e il superamento della crisi dell'economia italiana attraverso una politica protezionistica, che tra l'altro creerebbe serie difficoltà a tutta la politica internazionale del nostro Paese. Non è neppure percorribile la strada di una continua svalutazione della lira, che cerchi di forzare al massimo le esportazioni italiane. (...) Di fronte all'impossibilità di ricorrere a una ulteriore dilatazione dell'indebitamento verso l'estero, di tornare a una politica protezionistica e di affidare a una continua svalutazione della lira il riequilibrio nei conti con l'estero, appare evidente che i problemi del Paese possono essere affrontati e avviati a soluzione soltanto con un grande sforzo di tutta la Nazione: uno sforzo che comporta necessariamente sacrifici, anche per la classe operaia e per le grandi masse popolari. (...) In linea generale deve ritenersi che la dinamica del CLUP non possa differire sostanzialmente da quello che si verifica negli altri Paesi con i quali l'Italia deve più competere. E' questa la condizione necessaria per far si che l'Italia possa continuare ad agire in una economia aperta, e non debba fare concessione di carattere protezionistico. ( da La scomparsa della sinistra in Europa di Barba e Pivetti pagg 191/192.)
    Praticamente la ricompensa per le grandi masse operaie era, stando alle parole di Bruno Trentin, altro grande campione della sinistra e del sindacato,:"... potrà consistere nella possibilità offerta alla classe operaia di partecipare alla gestione dei suoi sacrifici. E' una contropartita che ripropone, come tutta l'esperienza recente del movimento sindacale italiano, un problema di potere, di partecipazione di articolazione democratica della società" (Dallo stesso libro pag 197)
    Questa era la classe dirigente che doveva tutelare le grandi masse popolari. In Italia non si può parlare di tradimento della sinistra, quanto piuttosto di una continuità che dura almeno dagli anni 70 ad oggi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. 'nfatti.
      Leggiti Giorgione Amendola 1976 e gustati l'excusatio non petita.
      I conservatori della "sinistra".
      Non sempre appare che le forze innovatrici abbiano chiara la natura della battaglia da condurre. Si manifestano in seno al movimento operaio resistenze conservatrici, come se fosse interesse dei lavoratori conservare le cose come stanno. Le stesse importanti conquiste operaie degli ultimi anni non possono, alla lunga, essere difese se non avviene una forte ripresa economica, e se non muta il quadro politico generale. Si possono comprendere i motivi che spingono la classe operaia ad assumere, proprio nelle sue parti più organizzate, una accanita difesa delle condizioni conquistate nell’ultimo decennio di lotte. Il vecchio ricordo della disoccupazione permanente spinge a difendere ogni prospettiva di mobilità, comunque garantita. Ed attorno ad ogni fabbrica, per quanto arretrata ed improduttiva, ci sono interessi, anche legittimi, che dalla sua chiusura resterebbero colpiti. Ma, per assicurare una riconversione ed uno sviluppo dell’economia italiana bisogna correre i rischi di una politica di investimenti che non sia costretta obbligatoriamente nei termini delle antiche localizzazioni. Del resto correre tale rischio è il solo modo per correggere l’attuale squilibrata dislocazione territoriale degli investimenti industriali.
      Quando parliamo di necessari sacrifici che debbono essere compiuti dai lavoratori per superare la crisi, si vuole erroneamente intendere, a volte, che i sacrifici debbano essere «concessioni» da fare ai capitalisti ed ai governanti, o il «prezzo» di presunte manovre politiche dei comunisti per entrare ad ogni costo nel governo. I sacrifici sono invece necessari perché il paese esca dalla crisi nell’interesse primo dei lavoratori, perché i giovani trovino un lavoro e per migliorare le condizioni di vita del popolo, soprattutto per quanto riguarda la casa, la scuola, la sanità, i trasporti. Cioè per accrescere la quota dei consumi sociali più di quella da riservare all’incremento dei consumi privati non necessari. Perciò non è corretto parlare di contropartite da esigere in cambio dei sacrifici richiesti da uno sforzo di mutamento. La contropartita non è qualcosa che altri dovrebbero concedere (il governo o la borghesia capitalistica), ma il raggiungimento di obiettivi che prima di tutto interessano i lavoratori: la salvezza del paese e la continuazione del suo progresso. (...)
      Quali sacrifici ha imposto ai lavoratori l’inflazione incontrollata degli ultimi anni, con l’aumento dei prezzi ed il logoramento del valore reale dei redditi fissi, pensioni, eccetera? (Nessuno c’era la scala mobile) Si tratta di scegliere tra la conservazione degli attuali sacrifici, iniquamente distribuiti e premessa di nuova ingiustizie o di gravi arretramenti, e la scelta autonoma e responsabile di sacrifici richiesti da uno sforzo di mobilitazione nazionale che prepari un migliore avvenire, di sacrifici cioè compiuti dai lavoratori per i lavoratori, per la nazione, di cui la classe operaia è, ormai, forza dirigente. Spetta dunque alla classe operaia ed alle sue organizzazioni politiche e sindacali di affermare di fronte ad ogni problema una iniziativa rinnovatrice. Invece accade che di fronte ai problemi nuovi nei quali si esprime la gravità della crisi (e cito a caso ed alla rinfusa i problemi finanziari, quelli dei trasporti, quelli delle me e degli ospedali, quello delle tariffe dei servizi pub problemi del fitto e quello degli orari, dell’assenteismo, mobilità, ecc.) la prima posizione assunta di slancio, di ad ogni proposta di modifica, sia quasi sempre una posizione di diffidenza conservatrice, nel rifiuto aprioristico di mutamento dello status quo.

      Elimina
    2. Dove già appare l'espediente retorico di stigmatizzare con la definizione di "conservatori" i lavoratori riottosi ai "sacrifici" in nome delle magnifiche sorti e progressive.
      Amendola, poi.
      Un giorno vorrei davvero riuscire a sapere dove sono andati a scuola tutti costoro.

      Elimina
  3. Temo che la "sponda" della Corte Costituzionale dinanzi al quesito, potenzialmente esplosivo, dei controlimiti evocandi potrebbe essere assai più tiepido individuando la soluzione che segue: la questione proporrebbe cioè, sia pure in modo speculare, l'identico problema del sindacato di costituzionalità avuto riguardo alle norme penali di favore. Normalmente infatti la vicenda, da ultimo richiamata, vedeva l'introduzione sopravvenuta di una lex mitior (che diveniva compresente) successivamente censurata dalla Consulta da cui discendeva l'applicazione della norma più severa se il tempo del commesso reato fosse stato precedente l'intervento mitigatore (non dandosi successione di leggi per l'effetto demolitorio retroattivo della sentenza di incostituzionalità) e la permanente applicabilità della norma incostituzionale ove il tempo del reato fosse stato successivo alla sua introduzione ma precedente l'intervento del giudice delle leggi perché, in tal caso, l'effetto retroattivo della sentenza non poteva fare velo all'art. 25 Cost.

    Nel caso attuale (i.e. Taricco), appunto plausibilmente speculare, ad una norma più mite (in punto di prescrizione) se ne affiancherebbe (in esito alla sentenza Taricco interpretativa dell'art. 325 TFUE), per quei reati (416 cp, 2 e 8 dlgs 74/00) una più severa evidentemente da ricavarsi dalla disciplina degli artt. 291 quater dpr 43/73, 51 co. III bis cpp e 157 e ss c.p.. Perché non procedere nel medesimo modo? Cioè se il tempo del reato è precedente la Taricco continuerà a trovare applicazione la disciplina più mite (controlimite) e, ove sia successivo, quella più severa disapplicando la disciplina "comune" della prescrizione e applicando quella dei reati semi imprescrittibili (51 co.III bis cpp). Saluti a tutti
    Alberto

    RispondiElimina
  4. Probabilmente è l'ottimismo della disperazione.
    Ma solo io vede una grottesca correlazione tra il 19 luglio 1943 e il 18 gennaio 2017?

    RispondiElimina
  5. Scusate, mi rendo conto di essere stato eccentrico rispetto al tema principale ma l'intervento si deve al link che rimanda alla tesi del Prof. Luciani sui controlimiti come possibile occasione per un recupero valoriale ad opera della Corte ed in tal senso il timore che l'occasione sarà perduta.

    RispondiElimina
  6. "In altre parole, come abbiamo già accennato, ESSI possono pure puntare a essere pazienti e ad attendere che si stabilizzi una nuova "impercezione" della (soggettiva) variazione "critica", puntando alla eliminazione naturale dei baby boomers, e sulla stabilizzazione della non-crescita/non recessione come situazione assuefativa delle nuove generazioni.
    E potrebbe persino riuscirgli!"
    E' la sintesi precisa della mia ansia quotidiana. Ma cerco di divulgare, nel mio piccolo, ciò che apprendo in Orizzonte48. Confesso che le difficoltà di dialogo si incontrano sia in coloro che hanno beneficiato dell'applicazione della Costituzione, che nelle generazioni successive, anche persone laureate in economia e commercio: i primi elogiano la "fortuna", i secondi sono contro lo Stato e per le privatizzazioni (mi riferisco alla mia esperienza, non desidero generalizzare). Persevero e La ringrazio di cuore per il Suo lavoro.

    RispondiElimina
  7. La prima volta che ho seguito un discorso inaugurale di un presindente americano è ho la sensazione che Trump farâ sul serio. Qua è in atto un chiaro è radicale cambiamento di rotta. Il suo primo atto come presidente degli USA sarà una visita nella tana del leono, la CIA è questo OGGI, si vede che non perde molto tempo. È in UE continuano a dormire, unico paese che ha capito è UK.
    Consiglio ai tedeschi di andarsi a prendere il loro "Stahlhelm" dalla cantina. I tedeschi faranno di tutto per tenere unita l'UE, faranno pressione per il LORO esercito europeo. Dal Italia c'è da aspettarsi il nulla, purtroppo. Un Gentiloni che và dalla Merkel a discutere del sistema fiscale italiano in mezzo ad una calamità naturale. Rimango ogni giorno più schifato da questa classe politica italiana.
    Comunque Merkel perde il suo principale alleato è sostenitore Obama è l'establishment democratico americano. La Germania cercerà alleanze con la Cina sopratutto nel settore economico, ma la Cina come la Germania è un paese mercantilista come la Germania, la Cina non portâ sostituire un debitore netto come gli USA, la Cina farà i cazzi suoi ancora di più che gli USA. Fanno decisamente ridere i globalisti che sparano sul protezzionismo di Trump, mentre non dicono niente della Cina cha ha dazzi doganali decisamente più alti che gli USA.



    RispondiElimina
    Risposte
    1. L'osso più duro per Trump sarà la CIA. Nuovo direttore della CIA, nominato da Trump sarà l'Italo-americano Mike Pompeo, membro del Italian-American congressional Delegation. Spero che Pompeo si dedichi un pò al Italia è qui in perticolare al PD, il partito della distruzzione del Italia.

      Elimina
  8. @ tutti: Sapete, ci ho riflettuto un po' nel corso dell'ultimo mese (nel pochissimo tempo libero che ho avuto a disposizione): credo che il primo passo che noi, come comunità in cerca di quella coscienza di classe — che è un movimento continuo, nel senso che non si acquisisce una tantum e con validità eterna, ma che si esplica proprio nel dialogo incessante con se stessi e con gli altri — sempre necessaria per produrre progresso, dovremmo e probabilmente saremmo in grado di compiere oggi è quello di fondare una rivista (cartacea, per tutta una serie di motivi che credo sia superfluo esplicitare (la possibile censura del web è uno solo fra questi, ma non il più importante e certamente non quello decisivo)).

    Per quanto riguarda il discorso di Trump, l'ho sentito anch'io ieri sera: quel perentorio "America first" mi è sembrato più una minaccia rivolta all'esterno che non una promessa ad uso interno. Non so se anche voi avete ricavato questa mia impressione.

    @ Bazaar: sarebbe possibile avere il tuo indirizzo di posta elettronica? Vorrei chiederti un parere su una quisquilia.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se sono quisquilie intorno al senso ultimo della nostra esistenza, son sempre disponibile.

      Se non si reca troppo disturbo, chiederei a Quarantotto di lasciar, nel caso in cui Winston scrivesse all'indirizzo in calce, il mio contatto.

      Elimina