martedì 17 gennaio 2017

L'OSTERIA DEL PENSIERO UNICO. TRUMP "DEBOLE"? LA GERMANIA NON HA ALLEATI (vuole solo servi)


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(tradotto in sintesi: la debolezza delle economie mediterranee all'interno della moneta unica mantiene il cambio dell'euro a un livello più basso di quello che avrebbe un marco come valuta autonoma...
Trump promette di usare il Dipartimento del tesoro USA come strumento per neutralizzare ogni Stato che manipoli la sua valuta, anche imponendo dazi difensivi e compensativi al fine di far cessare tale manipolazione...)

ANTEFATTO.
Supponiamo che nell'unica (particolare importante) osteria della città, i clienti, dopo avere più o meno abbondantemente bevuto, se ne escano invariabilmente con un forte mal di testa e vomitino lungo il cammino verso casa.
In un caso del genere (di monopolio che, sul piano politico, è l'egemonia di un pensiero unico ISTITUZIONALIZZATO), chiedere all'oste se il vino è buono, può risultare molto utile.
Infatti, conoscendo gli effetti reali (i dati) delle bevute nella "osteria del pensiero unico", si può agevolmente assumere che il vino NON è buono, (qualunque sia la sua risposta: anche se, essendo in monopolio, l'oste pensi di non rischiare nulla ad affermare, in ogni caso, che il vino sia buono).

Si tratta, in particolare, di un (ulteriore) corollario del test di Orwell (in cui domina la capacità decodificatrice, del senso effettivo di ogni proposizione, del simbolo di "negazione logica" identificato nel "not").

1- CONSEGUENZE COGNITIVE
Per fare immediata applicazione della metafora e del "metodo" interpretativo sopra ipotizzati, passiamo dunque ad analizzare le risposte date da un soggetto che, senza dubbio, può essere considerato un esponente molto rappresentativo dell'oste tedesco.  Egli, infatti, interrogato, risponde che il vino tedesco (non quello italiano, ovviamente) è buono: si tratta di "Roland Berger, consigliere della cancelliera Angela Merkel", intervistato da Fubini
Ci atteniamo a due regole interpretative
- l'utilizzo del segno "not" nella decodificazione di senso delle proposizioni principali (sul piano fenomenologico);
- l'individuazione di tali proposizioni all'interno della melassa di "amore per l'Italia", nonché di simulata attenzione e di consueta condiscendenza verso il nostro Paese, con cui Berger infarscisce il suo discorso (avendo di fronte un intervistatore ben disposto sulla concettuologia europeista-global-liberoscambista, ovverosia il "pensiero unico").

1.1. Passiamo dunque, dando per letta l'intervista linkata, all'elenco fenomenologico delle sue reali risposte (cioè partendo dall'appurata affidabilità del suo dire, in svariate forme e versioni, che il "vino tedesco è buono"):
a) l'euro, per l'oste tedesco, è stato un successo: proprio perché si pensava (o s'è pianificato) che non si sarebbe potuta fare una politica economica e di bilancio dell'area monetaria che avrebbe condotto a risultati coordinati;
b) il bilancio attuale non è affatto negativo per la Germania, proprio perché è negativo per i paesi mediterranei, che vengono costretti, ora, a fare le stesse politiche tedesche degli "anni 2003-2004". Queste non erano legate agli oneri della riunificazione ma alla necessità di finanziare, con l'indebitamento pubblico (sforando il patto di stabilità allora vigente), politiche di aggressivo mercantilismo anticooperativo (v. punto a): ma naturalmente, è tutto legittimo secondo lui);
c) la Germania, intesa come apparato industrial-finanziario,  non vuole uscire dall'euro e certamente sa che non le converrebbe, sotto il piano valutario, ma teme gli effetti di eccessivo accumulo dei suoi crediti target-2 legati al sistema monetario (per le più varie ragioni non tutte commerciali, dato l'afflusso di capitali dovuto al timore di eurobreak). 
Perciò pensa che una possibile soluzione per preservarne il valore, almeno quanto ai crediti commerciali a breve, non convertibili in moneta diversa da quella usata dal "venditore" tedesco, sia uscire dall'eurozona sperando al contempo di avere così debitori più solvibili, grazie all'alleggerimento del livello di cambio di cui potrebbe fruire la "residua" eurozona, (di cui infatti, auspica il mantenimento anche senza la Germania, ma con dentro la Francia)
Si rende conto, Berger, che la Germania è divenuta un "elemento di disturbo": ma non perché ha un eccesso di surplus con l'estero (cosa che dimostra di apprezzare, in sé, e voler mantenere, stando alla risposta immediatamente successiva, in cui elogia la dipendenza dell'economia tedesca, al 50%, dalla domanda estera enfatizzando, dunque, la prosecuzione ad ogni costo della "competitività"), quanto perché sarebbe ormai difficile mantenere questa supremazia, senza eccessivi costi commerciali, nelle relazioni internazionali e politici, interni;

d) infatti, l'euro debole non è uno svantaggio per la Germania, perché gli consente di aumentare questo surplus (anche) a spese delle aree extra-eurozona; tuttavia, spiega poi molto bene, ciò scoraggia gli investimenti (interni) e l'aumento della produttività e della competitività di lungo periodo (non esclusivamente di "prezzo", cioè quella incentrata sulla qualità del prodotto). 
Cioè, in pratica, la situazione di prolungato super-attivo commerciale, non consente (impunemente, sul fronte sociale interno) di proseguire, e/o di rendere sufficientemente convenienti (dato il rallentamento degli investimenti), rigide politiche deflattivo-salariali, che mantengano il vantaggio competitivo sui partners dell'eurozona.
Ciò in quanto tale prosecuzione:
- non sarebbe politicamente praticabile in una situazione di pieno impiego "tendenziale";
- non è possibile sfruttare efficacemente ancora il sistema di sotto-lavoro delle Hartz, anche a causa delle tensioni inflazionistiche (e finanziarie) che derivano dalla svalutazione dell'euro, unite al predetto pieno impiego (e alla crisi demografica che provocano sempre le politiche deflazioniste prolungate);
- infine, le politiche (deflattivo-salariali) di sostituzione etnica della forza lavoro perseguite dalla Merkel con l'apertura delle frontiere all'immigrazione, poi ritrattata senza alcuno scrupolo (v.p.2), si sono rivelate un costo politico-sociale troppo alto.
E comunque, com'è noto, basare la competitività solo sulla deflazione salariale, e quindi sul "prezzo", spiazza gli investimenti dal capitale produttivo, e dalla sua continua innovazione, alla mera intensificazione di manodopera a basso costo, innescando un ciclo auto-impoverente della competitività intrinseca del prodotto.
 
Dunque, non si ha una scelta migliore di quella di rivalutare il (recuperato) marco, per poter tornare a imporre (ai lavoratori tedeschi) politiche deflattive "necessitate", che consentano di mantenere e incrementare la produttività, opportunamente giustificabili col mantenimento del livello dell'occupazione in una fase di ripresa degli investimenti interni.

e) Quanto all'Italia, Berger ci dice che
e1) il settore delle imprese private non è più ormai forte e vitale, - dato che si è asservito, principalmente come "contoterzista", alle filiere dominate dai tedeschi in posizione di price-makers. Ma il vero pericolo concorrenziale, per i tedeschi, è (tutt'ora) costituito dall'industria a partecipazione pubblica che non è altrettanto controllabile e malleabile (salvo privatizzazioni pro-investitori esteri: ma di questo non parla, a onor del vero);
e2) il problema italiano non sono la "infrastruttura burocratica" e "la giustizia che funziona male", visto che questi problemi non sono una conseguenza di una scelta politica autonoma italiana (cioè non sono dovuti a una...cattiva classe politica, dato che questa è quanto di più docile ai diktat fiscali e al perseguimento dei saldi primari - deindustrializzanti- imposti dalla Germania...pardon dall'UEM). 
Questi problemi, infatti, sono esattamente la conseguenza delle politiche fiscali dettate da Maastricht in poi, acuite per mantenere in vita l'adesione alla moneta unica in favore della Germania e, quindi, non sarebbero  affatto irrisolvibili con politiche fiscali conformi alla nostra Costituzione e quindi, sul presupposto della riacquistata sovranità monetaria
Per converso, efficaci "riforme" al riguardo non sarebbero attuabili all'interno delle politiche di bilancio imposte dalla moneta unica.

Insomma, - all'insaputa di Fubini, intepretando adeguatamente le sue risposte ed usando in modo logico il test di Orwell ed il suffisso "not"-, il buon Roland ci dice in pratica che, appunto, il vino (tedesco) non è buono per l'Italia e ci indica con (indiretta ma eloquente) chiarezza quello che dovremmo fare per uscire dalla crisi.

2- COMPRENSIONE OPERATIVA DI SCENARIO
Naturalmente non possiamo pretendere che un sistema ermeneutico così...sofisticato come il test di Orwell, possa risultare, oggi, di uso comune per il sistema mediatico, e di controllo dell'opinione pubblica, dominante in Italia, che appare totalmente incapace di uscire dall'osteria del pensiero unico (ordoliberista).
Perciò non è pensabile che le indicazioni di Berger siano decodificabili e utilizzabili ex parte italiana.

Tuttavia, è possibile che qualcuna, buona parte, di queste rivelazioni indirette divengano praticamente operative in conseguenza del potenziale scenario internazionale derivante dalla linea presidenziale di Trump.
Vi sottopongo, in sintesi e in immagini, una serie di news e dichiarazioni dello stesso Trump maturate solo nelle ultime 48 ore e direttamente influenti sulle problematiche così "abilmente" trattate da Berger; nonché rivelatrici di quella che può divenire, obtorto collo, la real-politik futura della crante Ccermania.

2.1. Comincerei dalla "terrificante" (per i media mainstream) prospettiva della fine della sponsorizzazione, fondativa e propulsiva, degli Stati Uniti, per la pace e la concordia tra le nazioni europee, realizzata tramite il federalismo liberoscambista e de-sovranizzante (principalmente i parlamenti democratici nazionali):


2.2. Proseguirei con la "alta" considerazione, della neo-presidenza, per le politiche tedesche nel campo dell'immigrazione (comunque, abbiamo visto, già oggetto di u-turn con sospensione di Schengen):

2.3. Non trascurerei la questione NATO (p.5-6), (strettamente correlata storica con la storica promozione USA del federalismo europeo) e la sua "rivoluzionaria" prospettiva "finale" (peraltro niente affatto imprevedibile una volta finita la strumentale e iperaggressiva crociata contro Putin):

2.4. Ma la ciliegina sulla torta è dedicata alla "dipendenza" della Germania dal sopra visto 50% di domanda estera e dal grande surplus mantenuto da troppi anni, che è acuito dalla svalutazione dell'euro: su chi pesa di più, a livello di indebitamento con l'estero nonché occupazionale, questo surplus
Indovinate...

2.5. E infine, renderei conto di cosa significa (esemplificativamente) la visione del "cattivone" Trump una volta sistemati i conti con l'estero, e assecondata la sua presunta vena "protezionistica", in termini di interesse sociale nazionale:

Tutto ciò premesso...
In neretto, più sotto, trovate gli eventi più direttamente connessi alla situazione italo-tedesca in rapporto a USA e Russia, quando, ogni tanto nella Storia, sono hanno un nemico comune e sono (quasi) alleati. 
Notare che l'ostinazione del regime italiano a stare dalla stessa parte dei tedeschi, autodanneggiandosi anche sotto il profilo del consenso, - sia pur con stati d'animo contraddittori e perplessità mai manifestate con decisione-, non è priva di altissimi costi socio-economici. E si può anche capire come l'offensiva degli alleati anglosassoni, in Europa e nei suoi immediati dintorni, non fu, all'inizio, una "passeggiata" priva di battute d'arresto:

Febbraio

Marzo

  • Un'ondata di scioperi investe l'Italia del nord, in particolare Torino, sotto la direzione anche di militanti anti-fascisti. La crisi economica dovuta alla guerra che si trascina da anni ha messo in crisi il sistema produttivo nazionale. Dure le reazioni verbali di Hitler alla notizia degli scioperi ...(E qui mi fermo; per ora...dovendosi ragionevolmente rimanere sulle previsioni di poche settimane)

6 commenti:

  1. Grazie dell'opera di chiarificazione degli scenari di politica nazionale ed internazionale che lei meritoriamente svolge ogni giorno; ne ho avuto una prova provata proprio ora, dato che, se avessi letto l'intervista a Berger senza prima leggere il suo post e senza conoscere l'opera di divulgazione sua e di altri (Bagnai etc.), ne avrei tratto la conclusione che, certamente, anche l'establishment tedesco afferma che l'"euro è un fallimento" (cosa che ormai sanno anche i bambini) ma, alla fin fine, l'Italia "deve rimanere nell'euro" perché "i problemi principali dell'Italia sono l'infrastruttura burocratica, la giustizia che funziona male, e un governo che finora si è dimostrato incapace di fare riforme o di farle nel momento giusto". Ovvero, la retorica autorazzista secondo cui, fondamentalmente, il problema dell'Italia sono gli italiani, non politiche fallimentari imposte alla nazione da centri di potere del tutto esterni alla nazione stessa, alle istituzioni da essa storicamente espresse e al dettato costituzionale.

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  2. purtroppo c'è un errore di fondo. La guerra era volere degli usurai, in parte americani, anche la UE era un loro volere (finanziamento di Rockefeller ad ACUE)... se Trump appartiene ad un'altra corrente ben venga, MA: è vero che noi abbiamo sbagliato ad allearci con i tedeschi ma non tanto per gli obiettivi originari (far fuori i sionisti). Quando caddero nel tranello Polonia...noi dovevamo soltanto starne fuori. Non si può confondere quel periodo con questo, l'unica cosa che hanno in comune è che ancora il liberismo per i subalterni ed il gioco di società per gli usurai in cima... non siano stati messi al bando.

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    1. Caro "thetruth", dotato di un sì roboante nick,
      considero costantemente la possibilità di un errore di impostazione di qualsiasi apprezzamento dei fatti storici, specialmente se portato sul piano previsionale.

      Ma il suo intervento è intrinsecamente contraddittorio (e quindi palesemente erroneo): "l'unica cosa che hanno in comune è che ancora il liberismo per i subalterni ed il gioco di società per gli usurai in cima... non siano stati messi al bando".
      Le pare poco?
      Involontariamente, lei ha istituito una relazione fenomenologica, sufficientemente operativa, individuando una omotetia "essenziale" delle diverse fasi storiche, al di là delle forme contingenti che esse assumono.
      Certo che gli eventi storici e il discorso socio-politico in cui si inseriscono sono diversi, cosa che è a chiunque evidente: questa più che fenomenologia, però, è tautologia.
      Il che non aiuta MAI alcuna seria indagine nel campo delle scienze sociali.

      Il discorso svolto in questo post, infatti, si pone in coerenza con un filo conduttore di questo blog che bisognerebbe conoscere e che è alla base di un tentativo, proposto come divertissment, ma che induce (o dovrebbe indurre) a porsi sul piano fenomenologico, che si chiama "ipotesi frattalica".

      Allo stato attuale, per intervenire in modo produttivo su questo blog, occorrerebbe aver seguito questo discorso, i dati storici e economico-scientifici che ha coinvolto (nel corso di quattro anni) e lo stesso approfondimento operativo della fenomenologia applicata all'analisi economica delle istituzioni che qui si propugna.

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    2. @ the truth

      La guerra era il volere degli usurai.

      Hitler parla di guerra totale già nel suo "mein Kampf" scritto ca. nel 1927. Objetivo di Hitler era la guerra è lo sterminio degli Ebrei, objettivo finanle era l'egemonia mondiale tedesca. Seguo la scena tedesca è sono del parere che certi politici tedeschi (non tutti) oggi abbiano lo stesso objettivo finanle di Hitler, solamente con mezzi diversi (senza i Panzer).

      È giusto che l'alta finanza (l'alta finanza non conosce morale nè etica,nè allora, nè oggi) è tanti altri stranieri tra cui membri della fam. degli Zar è Mussolini finanziarono l'NSDAP. Ma i principali finanziatori del NSDAP erano gli INDUSTRIALI TEDESCHI (industria chimica in primis).

      Comunque io sono del parere che senza le politiche altamente deflative è austere del cancelliere Brüning l'NSDAP non sarebbe mai andata al potere.
      Nel 1930 l'NSDAP era ca. al 13%, nel 1932 schizzo al 33/34%. Il malconteno era alto è come oggi c'era una grande coalizione, unica alternative l'NSDAP.

      È ricordiamo che il piano "Lebensraum Ost" esisteva nel periodo della 1° GM.

      Chiaro gli anglosassoni sono quel che sono è anche chiaro che gli anglosassoni non sono degli angeli, maaaaaaa faciamoci una domanda, il mondo oggi sarebbe migliore o peggiore sè la Germania avrebbe avuto il potere economico è militare, sopratutto militare che hanno gli USA ? Qui suggerisco dare un occhiata al euro-zone, specialmente nel sudeuropa è qui specialmente in Grecia.
      Io la risposta me la sono già data.

      Per questo io sono del parere che l'abbattimento del complesso industrial-militare-finaziario negli USA abbia un importanza assoluta.

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  3. Putin mette in guardia Trump. Possibile Golpe contro Trump con metodi Ukraina.
    Tanti oppositori politici di Trump non accettano che Trump abbia vinto le elezioni.
    Tra l'establishment democratico USA è tanti capi di governo europei si è creato un legame fortissimo, gli attuali problemi sono il risultato di questi legami, dice Putin.

    Nei prossimi giorni si aspettano grandi manifestazioni anti-Trump in tante città americane.

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    1. Sai, alla fine è un fatto di pazienza (e di coerenza) dispiegate da entrmbi i fronti che si contrappongono.
      Cioè, l'esito di questo "sconvolgimento" conflittuale negli Stati Uniti, dipende da quanti soldi (ESSI) sono disposti a spendere per retribuire ogni singolo manifestante (e opinion-maker mediatico) e quanto a lungo questo costo complessivo può risultare vantaggioso in un calcolo costi/benefici, mentre, per contro, il potere di Trump, con tutto l'apparato dello US Government, si consolida.

      Certo, Trump può sbagliare scelte ed essere poco coerente rispetto al paradigma che è COSTRETTO, ormai, a perseguire: almeno, se vuole sopravvivere, coi risultati, a questa enorme pressione.

      Può darsi, infatti, che non si renda conto fino in fondo dell'esigenza di questa coerenza, e - come già si intravede- arrivi a un grado di compromesso con l'establishment che tenga conto dei rapporti di forza che si riflettono all'interno dello stesso US Gov. (inteso come complesso apparato che dobbiamo supporre largamente captured dal sistema industrial-militare, come ci disse Roosevelt, e da quello finanziario, che ne è la proiezione più evoluta, dopo l'abolizione del Glass-Steagall).

      Di certo, pochi presidenti sono stati in una posizione così poco invidiabile (almeno dai tempi di Lincoln e della Hazard Circular...).

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