domenica 17 settembre 2017

INSINDACABILI CONTRADDIZIONI: LE SMENTITE (PRE-ELETTORALI) APPARENTI A...CHECCO ZALONE


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1. A proposito di insindacabilità delle "terze ed imparziali" istruttorie condotte dagli organi tecnici dell'UE, fatevi, se potete, due tristi risate leggendo l'articolo il cui link attivo trovate dentro a questo tweet (la cosa ulteriore che potrebbe suscitare stupore è che sia La Stampa a riportare con questo taglio e con questo titolo una simile notizia):


Ci si rende conto che questa notizia si riflette inevitabilmente sulla credibilità delle decisive valutazioni di fatto compiute, in immancabile endorsement della Commissione UE, dalle sentenze della CGUE e, dunque, getta luce anche, - in inevitabile e più che ragionevole retrospettiva-, su tutta la sua auto-costruzione dell'acquis comunitario (qui, p.6.2. assolutamente da rileggere)

1.1. Cosa resta, di fronte a un tale discredito - auto-procurato nel più trito e scontato dei modi-, delle "inderogabili" necessità "tecniche" sempre reclamate dalla Commissione come soluzioni ottimali (e quindi insindacabili) che, come ben ci spiega Barroso, devono potersi imporre senza alcuna legittima resistenza degli stolidi parlamenti nazionali? 
Se per la tutela ambientale e della salute questo risulta il modus procedendi, cosa è accaduto e cosa continua veramente ad accadere nei processi decisionali delle istituzioni UE sotto il ben più opinabile profilo politico-economico e fiscal-finanziario (rammentiamo infatti che Barroso parlò, come presidente della Commissione, del fiscal compact, in questi esatti termini; sempre qui: "non c'è miglior illustrazione, circa la INEVITABILITA' del ruolo della Commissione dell'accordo intergovernativo chiamato Fiscal Treaty").

2. E' arrivato, per "qualcuno" (e quel qualcuno non siamo certo noi) il momento di farsi delle domande ?
No, niente paura. O meglio, abbiatene ancora di più.
La critica alla "attendibilità" e alla trasparenza (eufemismo) dei processi decisionali tecnocratici delle istituzioni UE, pare obiettivamente corrispondere ad una ben prevedibile valutazione di opportunità pre-elettorale
E, se qualcuno nutrisse dei dubbi (cioè sull'efficacia tattica della conservazione politica perseguita dal sistema mediatico), basta vedere con quale solerzia sono diffuse le rassicuranti indicazioni sul "disinnesco" della manovrona-lo-vuole-L€uropa, che, per grazia ricevuta pre-elettorale (come puntualmente avevamo previsto), si stempera in un semplice consolidamento "moderatamente" pro-ciclico e recessivo (sempre che la direzione del ciclo, programmatica, la si intenda in termini di occupazione U6 e di redistribuzione verso l'alto della scarsa crescita prodotta).

3. Una plateale conferma di tutto ciò, l'abbiamo da questa ulteriore notizia, che, se fosse compresa in tutta la sua portata, sarebbe una vera e propria bomba.
Dopo decenni di classifiche, neppure comprese in verità, sull'esercito dei dipendenti-pubblici-improduttivi (consigliamo la rilettura di questo post del 2012), in Italia, e sull'esigenza di ridurne il numero, che si inserivano in questo quadretto: 
 


...Questo il dettaglio OCSE sui numeri del 2011 (ripetiamo ulteriormente ristretti, con le politiche l€uropee seguite in Italia, dalle manovre degli anni successivi):

 

Dall'esame dei dati OCSE 2011, quindi dalla fonte sopra linkata, prendiamo queste osservazioni: "Contrariamente a quanto ritiene gran parte dell’opinione pubblica, i dipendenti pubblici in Italia non sono troppi: sono troppo pochi. Nel 2011 (dati OECD) in Italia c’erano 3.435.000 dipendenti pubblici (di cui 320.000 precari, tra collaboratori e partite IVA), contro i 6.217.000 della Francia e i 5.785.000 del Regno Unito, paesi con una popolazione molto simile a quella dell’Italia e un pil non troppo superiore. Anche in Spagna e negli Stati Uniti i dipendenti pubblici pro capite sono più numerosi che in Italia (rispettivamente 65.6 e 71.1 per mille abitanti, contro i 56.9 dell'Italia). Solo il dato tedesco è apparentemente simile a quello italiano (54.7 per mille abitanti), ma esso è influenzato verso il basso dal regime privatistico del personale sanitario
Se consideriamo il solo personale amministrativo, per avere in Italia lo stesso numero di dipendenti pubblici pro capite che c’è in Germania bisognerebbe ricorrere a 417.000 nuove assunzioni, a fronte di uno stock attuale di 1.337.000: un incremento del 31%. E per avere lo stesso numero di impiegati amministrativi pro capite degli USA bisognerebbe assumerne addirittura 1.310.000."

4. Or dunque, dopo tutto questo, oggi, alla vigilia della presentazione delle linee fondamentali della manovra di stabilità (moderatamente pro-ciclica...), se ne escono appunto con questo titolo:  
"Il governo pensa al concorsone Mezzo milione di statali in uscita nei prossimi 4 anni. L'esecutivo punta ad anticipare le uscite e ad assumere giovani nella pubblica amministrazione". 
E allora, come si concilia coi precedenti slogan, diktat e pseudo-dati?
Se si pensa che "lo Stato è come una famiglia" e che la spesa pubblica sia un costo da sottrarre al PIL in quanto causa dell'alta pressione fiscale...non si dovrebbe tollerare di tener ferma la percentuale, sia pur già ridotta, dei principali fannulloni e portatori insani di spesapubblicaimproduttiva.

5. Ma, guarda un po', prima delle elezioni, 500.000 persone, specialmente i ggiovani (anzi, quali potenziali aspiranti, molte di più), potrebbero venir convinte che, se riuscissero a uscire da disoccupazione e precarietà, allora vorrà dire che non c'è più castacriccacorruzione (eh sì, questi sono i sillogismi correnti nell'opinione di massa che si orienta sui principali partiti, di opposizione inclusi; anzi, specialmente).
E quindi, verrà da pensare a tutti costoro, qualcuno ce l'avrà questo merito...
E questi nuovi sillogisti con prospettiva di mega-bandi, una volta che sia scritto nella legge di stabilità che si faranno i concorsoni, (e per quanto, quindi, ben lungi dall'essere assunti), saranno una nutrita schiera riconoscente: ma anche disponibile a rivedere, per se stessa (soltanto), l'idea che gli impiegati pubblici siano dei fannulloni e che "c'ha proprioraggione Checco Zalone".
Naturalmente, SE lo faranno, i bandi saranno soggetti alla clausola rebus sic stantibus, relativa alla stabilità finanziaria&fiscale: ne L€uropa funziona così. Dovrebbero averlo accettato tutti che siamo governati dallo "stato di eccezione", versione istituzional-€uropea della shock-doctrine.
E così, purtroppissimo, dopo le elezioni, nell'arco di lunghi e tempestosi anni della futura legislatura, potrebbe scappar fuori una nuova "crisi del debito pubblico" che si cura, - si sa, anche se è controfattuale-, tagliando la spesapubblicabrutta per rassicurare "i mercati".

5.1. E poi, poi, non scherziamo: se, al delimitato scopo di mantenere (non incrementare! 'Nziamai), il numero dei pubblici dipendenti, già "tagliato" da 25 anni di blocchi del turn over, nonché abbondamentemente sotto la media degli Stati comparativamente significativi, si desse il via libera a tante-tante assunzioni (di mera conservazione degli organici attuali e...salvo crisi sopravvenute), temo che si arriverà a dire che il jobs act si applichi integralmente a tutto il pubblico impiego. 
La flessibilità, in cambio di una pseudo-misura espansiva (e a malapena capace, semplicemente, di non incrementare l'attuale insufficienza e disfunzionalità delgi organici), parrà un ragionevole prezzo da pagare...
Ma dopo le elezioni; rigorosamente.

16 commenti:

  1. Se la mia esperienza personale può essere d' aiuto io ho dovuto accettare uno scambio del tipo dal tempo determinato a quello indetermnato a "tutele" crescenti,ma con 2 livelli di meno sennò avrei potuto optare per un "maggior tempo libero".Un proposta "che non potevo rifiutare"https://www.youtube.com/watch?v=ed-Qx2UKPfs

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    1. E infatti secondo l'IBL un difetto del jobs act (come "temuto" nella conclusione del post) è che la tua esperienza non sia stata estesa a tutto il pubblico impiego (anche, ovvio, RETROATTIVAMENTE) rimuovendo hayekianamemte i privilegi...di mamma e papà che al più, una volta lasciati per strada, dovrebbero ricevere un sussidio per tutelare, in via indiretta, l'incolumità fisica dei più produttivi che li hanno sostituiti.

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    2. Che b.st.rdi... Solidarietà Gilberto... per quanto vale... leggendo questo commento però non posso non pensare ad una cosa... si parla di robot che ruberanno il lavoro a noi umani un domani per farci digerire la disoccupazione attuale... e io mi chiedo... ma che cacchio di senso avranno i robot che producono qualcosa per noi che, non lavorando, non saremo in grado di comprare?!?!? Questo, ad. esempio negli articoloni del Sole24Ore, nessuno lo spiega. Idem per i "contratti a tutele crescenti"... come faccio a mantenere il mio stile di vita, se invece di prendere di più nel lungo periodo della mia vita lavorativa prendo... di meno?!?!? Questo i Boccia non lo spiegano... un po' come i vaccini... perchè farne 10/12 per decreto (impositivo) però nel frattempo smantellare la sanità? Perchè così facendo accetti il rischio precoce per poter così fare a meno di curare il malato domani? E quindi a che cacchio servono tutte queste nuove assunzioni della PP.AA.? Forse a rimediare alle cacchiate "stile Fornero"? Robe da matti...

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  2. Adoratori della deflazione selvaggia e del taglio alla spesa pubblica, da sempre.

    Nel III Rapporto della Commissione Economica presentato all’Assemblea Costituente del 18 ottobre 1946 (Problemi monetari e commercio estero - Interrogatori, questionari, monografie), veniva interrogato l’allora ragioniere generale dello Stato, Gaetano Balducci, per chiarire la situazione della tesoreria onde trarre prospettive per il futuro. Anche allora bisognava “sanare” il bilancio dello Stato! Baffi chiese a Balducci: “Si potrebbe fare economia in qualche settore? ”. La risposta di Balducci fu la seguente:

    … Su questo sono un po’ pessimista, perché purtroppo non si riesce a far comprendere tale verità nemmeno agli uomini politici responsabili. Quando un paese si trova nella situazione economica in cui si trova il nostro, tante spese bisogna assolutamente abbandonarle, anche se sono un prodotto della civiltà. Bisogna avere il coraggio di scendere dal livello di civiltà in cui si era. Per esempio (è doloroso dirlo), le spese di assistenza sociale, le spese di istruzione, ecc. non solo vengono tenute al livello di prima, ma anzi si vogliono aumentare, mentre, viceversa, ciò non è possibile…” [Rapporto cit., 108].

    Per tale ragione nel 1949 – a Costituzione in vigore – Federico Caffè non poteva che stigmatizzare il mito della “deflazione benefica e risanatrice” che affermava essere alimentato “dalla corrente più autorevole (o comunque più influente) dei nostri economisti, e pedissequamente ripetuto dai politici, sia pure con la consueta riserva, di carattere del tutto retorico, che esclude una loro adesione «a una politica di deliberata deflazione». In realtà non occorre che uno stato di deflazione si manifesti in quanto deliberatamente voluto dalle autorità politiche; se esso, comunque, si manifesta, una eventuale inazione delle autorità di governo implica una loro grave responsabilità, in quanto la deflazione, non meno e forse ancor più della inflazione, è uno stato patologico che non si sana attraverso l’azione spontanea delle forze di mercato…”.

    Egli si rendeva conto che in Italia non fossero possibili allora “… alcune forme di manovra del debito pubblico del genere di quelle seguite negli Stati Uniti e nell’Inghilterra in base alla tecnica della finanza funzionale e ai canoni della politica economica «compensatoria». Ma anche gli obiettivi più modesti di una spesa pubblica in funzione anticiclica e di interventi stimolatori molto più blandi… sembrano irraggiungibili di fronte alla visione strettamente contabile e computistica degli organi in parola, ai quali pare ben improbabile fare accogliere un giorno l’idea che possa essere utile talvolta non già far quadrare i bilanci, ma tenerli in squilibrio. Alla fine gli organi agiscono con la testa degli uomini che li dirigono…”. (segue)

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  3. E ricordando con “sgomento” le citate parole di Balducci, Caffè proseguiva:

    “…Quando si aggiunge che, parlando di spese di istruzione, egli precisa che intende riferirsi addirittura ai maestri elementari, si può comprendere quale irrimediabile sconforto debba arrecare la consapevolezza che idee simili prevalgano in organi pubblici in posizione strategica agli effetti della manovra della politica economica… CHE SENSIBILITÀ DI FRONTE AI PROBLEMI DELLA DISOCCUPAZIONE potrà avere chi ritiene eccessiva la spesa per l’istruzione o per i servizi sociali in Italia? Non si tratta di necessaria impopolarità che qualcuno deve anche assumersi. Si può essere impopolari dicendo che certe spese non debbono essere fatte, ma si può esserlo dicendo, invece, che devono essere trovati i mezzi per poter sostenere le spese stesse, ad esempio con una tassazione più incisiva o più perequata.

    Nella preferenza accordata a una alternativa anziché all’altra vi è già un concetto di scelta che implica preoccupazioni per certi interessi di gruppo anziché per altri … Alla deflazione pretesa «risanatrice», non meno che all’inflazione, SONO LEGATI INTERESSI PARTICOLARI CHE SI AVVANTAGGIANO DELLA SITUAZIONE CHE NE RISULTA, A DANNO DELLA PARTE PIÙ ESTESA DELLA COLLETTIVITÀ…
    ” [F. CAFFE’, Il mito della deflazione, Cronache sociali, n. 13, 15 luglio 1949].

    Quindi, tenetelo a mente: “bisogna avere il coraggio di scendere dal livello di civiltà” in cui eravamo, altro che concorsone con l€uro ed il fiscal compact. Il resto, come evidenziato da Quarantotto, è solo rappresentazione

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    1. Splendido ritrovamento storico-economico e culturale su argomento adiacente a quello trattato nel post.
      Però, però...è anche un esempio diretto di come avresti potuto farne un post "secco", semplice e diretto, aprendo la via che avevo suggerito (sommessamente, nel mio piccolo) nel precedente dibattito.

      E lo suggerisco proprio per valorizzare - e non disperdere- la significatività di ciò che brillantemente documenti :-)

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    2. L' ottusità del ragioniere dello Stato dell' epoca era esemplare e precorreva quella dei nostri attuali "libberisti.Neanche come "libberisti" ,posseduti dal culto dell' offerta,un tale discorso può funzionare.Come si può pensare d' essere "competitivi"se riducendo le spese per l' istruzione ,elementare compresa,si compromette la possibilità di attivare quella parte della "traiettoria culturale "che ha a che fare con il "saper trasformare"!Il problema che quanto si sentiva alla Costituente nel 1946 ,lo sentivo dire nella fine degli anni 60 da insegnanti delle medie che disapprovavano l' obbligo esteso fini alla terza media

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    3. Siam sempre li', alla "durezza del vivere". Veniamo dalle scimmie, ma appunto trattasi del primo esperimento, ce n'e' di evoluzione da fare...

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  4. Non farò che si disperdano, caro Quarantotto. Devo solo trovare il tempo per riordinare il tutto :-)

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    1. Ormai ti conosco e so che sei troppo bravo. Quello che suggerivo è di
      a) raccogliere fonte (l'hai già fatto);
      b) raccordarne le parti con brevi commenti esplicativi (già fatto);
      c) mettere il tutto su un file word, car. new times 14 (o 16), interlinea 1,5 e giustificato, invece di postarlo direttamente come commento.

      Il che non elide di poter fare - da subito- un commento più breve, e dunque meno impegnativo di questo attuale, in questa sede, facendo riferimento a una fonte (regolamente citabile), senza riprodurla; e magari preannunziando il post per expanso (nel format sopraindicato senza troppa fatica aggiuntiva).

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  5. Mah... sulla questione epistemologica che pone la Scienza (versus Lascienza, stando con Alberto), cito questo passo, segnalatomi dal solito impagabile Arturo:

    « [...] the social status of professors in bourgeois society is such that only those are allowed to hold such posts who sell science to serve the interests of capital, and agree to utter the most fatuous nonsense, the most unscrupulous drivel and twaddle against the socialists. The bourgeoisie will forgive the professors all this as long as they go on “abolishing” socialism. »

    Ricordandoci che, come sottolineavano tanto Lavagna quanto Mortati, socialismo significa "democrazia sostanziale".


    (Consiglio di leggere la traduzione in inglese dello scritto di Lenin a proposito dell'uguaglianza in senso sostanziale, ovverosia in senso socialista, così come scolpito in Costituzione tramite il "riformismo rivoluzionario" del secondo comma del terzo articolo: quando l'ovvio diventa rivoluzionario)

    (Notare che la posizione del liberale Mr.Tugan è proprio quella che prende Pareto nel celebre manuale di economia politica, che, sprezzante, asserisce pressappoco che "l'uguaglianza tra esseri umani è talmente un'idiozia che non val la pena manco discuterne"...)

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    1. Dai che Tugan funziona ancora: ce lo dice il "comunista degli anni 3000" Enrico Lucci (che infatti combatterà il capitalismo su Rai2)
      http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/ucci-ucci-torna-enrico-lucci-rsquo-ex-iena-si-prepara-nuova-156387.htm
      :-)

      PS: di questi tempi, NULLA va preso sottogamba, purtroppo

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    2. @Quarantotto

      No comment.

      Ho avuto invece un certo moto d'animo nel leggere il primo numero di Bandiera Rossa, fondata da Lelio nel '43 (grazie ad Antonio Martino):

      « Una rivoluzione non si fa senza combattere e una battaglia non si vince senza preparazione. Perciò il Fronte proletario rivoluzionario ha cominciato il suo lavoro organizzando un po' dappertutto squadre di arditi del popolo: nelle officine come nei reparti armati che ancora sussistono, nei rioni di città come nelle campagne. Il lavoro di organizzazione è particolarmente difficile in questo momento e dev'essere perciò aiutato da una germinazione spontanea; ovunque e chiunque consenta col programma del fronte proletario rivoluzionario si faccia promotore della costituzione di nuove squadre. [...] »

      I farequalcosisti (cit. Bagnai)

      « IMPAZIENZE
      Molti compagni si lagnano perché non si chiede loro di fare subito "qualche cosa" ,. Una rosa qualsiasi, contro i tedeschi o contro i fascisti, purché si faccia. Non saremo certo noi a dare consigli di viltà: conosciamo troppo bene il valore educativo dell'azione e sappiamo che la rivoluzione ha bisogno di soldati coraggiosi e allenati al combattimento. Ma l'azione non dev'essere un'azione qualsiasi, disorganica, slegata, individuale, per soddisfare le manie attivistiche di qualche impaziente. Il rivoluzionario deve saper aspettare per compiere l'azione giusta nel momento propizio, deve saper valutare e pesare i rischi e i vantaggi, deve sapersi sobbarcare anche ai compiti oscuri dell'organizzazione per coordinare la sua azione con quella dei compagni, deve soprattutto non perdere mai di vista il fine, che oggi come ieri è l'abbattimento del capitalismo, e non correre dietro ad ogni diversivo. Perciò noi chiediamo ai nostri compagni impazienti - se sono veramente dei rivoluzionari e dei marxisti e non dei romantici quarantotteschi - di inquadrarsi prima di tutto nella nostra organizzazione rivoluzionaria, che saprà utilizzarli al momento giusto, secondo le loro possibilità. Viva la rivoluzione socialista! »

      Frattali e Storia.

      Nessun commento invece al patriottismo antifascista:

      « Meglio la fame che il pane tedesco! Meglio morire che vivere tedeschi! »

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    3. Sono onorato di essere citato in questo blog da Bazaar (a cui devo molto). La collezione completa di Bandiera Rossa è disponibile qui http://www.stampaclandestina.it/?page_id=116&ricerca=5

      Per quanto modesto, spero che il mio ritratto di Basso riesca nell'opera di divulgazione che con glorioso merito da anni Orizzonte48 e i suoi impareggiabili compagni portano avanti.

      Non tutti i millennials sono delle scimmie: qualcuno crede ancora nel Sole dell'avvenire

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  6. Ciao Bazaar se mi consenti vorrei fare due considerazioni critiche su quanto hai scritto. Premesso che grazie all'età raggiunta, alla fibrillazione atriale che non mi consente di agitarmi troppo, ed a un figlio che rischia di fare il disoccupato a vita, mi sono già ritirato, per citare Caffè, nella mia sfera privatistica, per cui ho il vantaggio di non avere posizioni da difendere, in aggiunta all'unica dote che tutti amici e nemici mi hanno sempre riconosciuto; una intuizione che squarcia la carne e l'animo umano.
    Il primo punto riguarda il tema attinente alle impazienze, se allora il fine ultimo e supremo era "l'abbattimento del capitalismo" per cui si doveva saper aspettare per compiere l'azione giusta nel momento propizio", temo che oggi l'aspettare sia saper cogliere il momento propizio per la glorificazione di qualche IO individuale. In secondo luogo:
    " Perciò noi chiediamo ai nostri compagni impazienti - se sono veramente dei rivoluzionari e dei marxisti e non dei romantici quarantotteschi - di inquadrarsi prima di tutto nella nostra organizzazione rivoluzionaria, che saprà utilizzarli al momento giusto,". Allora era così, oggi temo che i nuovi compagni siano già stati utilizzati a proprie spese, per riempire le sale a favore dell'IO individuale dei vari conferenzieri, una volta arrivato il momento propizio verranno abbandonati a loro stessi.
    Io vedo questo rischio e onde evitare fraintendimenti ribadisco l'immensa stima che nutro per il Presidente Luciano Barra Caracciolo.

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    1. La reciproca diffidenza tra "conferenzieri" e "seguaci" è manifestata e dibattuta pubblicamente.

      I resistenti erano intellettuali E attivisti politici di lungo corso, che studiarono e si organizzarono per i due decenni dell'epoca fascista ed erano comunque spesso inseriti in una serie di rapporti internazionali. Si conoscevano tutti ed erano coesi ed addestrati.

      Prima del fascismo esisteva una dialettica nella borghesia di tutta Europa e degli Stati Uniti e della Russia: ora esiste la (ex) "classe media" che non è altro che una borghesia semicolta devota al totalitarismo liberale che si posa impegnata in conversazioni più o meno di annientamento nell'arena in cui teste alienate assistono al luciferino scontro tra politicamentecorretti e borgatari scorretti.

      Il Sessantotto, non è semplicemente il mito fondativo del capitalismo post-borghese: è momento della metamorfosi borghese che, insieme al proletariato che si emancipa economicamente e culturalmente, diventa... middle class. Una classe media, una classe di mezzo... di borghesucci e borgatari pronti ad essere riploretarizzati in massa.

      Che razza di classe politica può emergere da questo humus... pardon: diciamocelo: da questo letame culturale che infesta giornali, università ed "intrattenimento" da quattro decenni?

      Possiamo chiedere ad un professionista o ad un intellettuale di fare il "rivoluzionario"? Perché di questo si tratta. Non si tratta di fare il partitino.

      Si tratta di aver già intrecciato da decenni relazioni internazionali per produrre localmente strumenti di lotta per ottenere, prima di tutto, coscienza tra i ceti subalterni.

      Lenin era una rivoluzionario di professione e si ritrovò un partito già esistente, pieno di intelligenza, cultura, motivazione e relazioni e finanziamenti internazionali. Ed fu comunque necessario aspettare una particolare situazione geostorica. È evidente che i "farequalcosisti" ora non trovano propriamente la medesima situazione come nel '17 o nel '43...

      Ma mi meraviglio anche proprio come ci si possa aspettare qualcosa di simile.

      Non so tu, ma io vivo circondato da zombie e passo il tempo a parlare con zombie. Amici e famigliari compresi. Non mi aspetto nulla da nessuno.

      Sono grato per i fondamentali strumenti cognitivi messi a disposizione dai "conferenzieri", e li uso: uso la coscienza stessa per motivarmi nonostante la demotivazione che arriva dalla consapevolezza del momento storico.

      Ma la politica è un'altra cosa: attualmente la Resistenza è di natura coscienziale e culturale, non sicuramente politica.

      Credo nell'inevitabilità della dialettica hegeliana e che questa non possa essere impedita da nessun... "Dio".

      Chissenefrega degli egotismi. Ma chissenefrega.

      C'è da lavorare alle relazioni, alla coscienza - in primis alla propria, spogliandosi di ogni ideologia - imparare ad usare veramente gli strumenti informatici, e rimanere vigili.

      Certo, tutto questo mentre si cerca di procurarsi da mangiare e dar un futuro dignitoso ai figli. Magari cercando di vivere e non semplicemente sopravvivere come in un Lager.

      Meglio coscientemente incazzati che inconsapevolmente disperati.

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