venerdì 26 gennaio 2018

RASSICURATEVI: LA DEMOCRAZIA E' "UN SISTEMA DI LIMITI". PIU LIMITI CI SONO PIU' C'E' DEMOCRAZIA (€UROPEA)

http://orizzonte48.blogspot.it/2014/02/una-dittatura-puo-limitare-se-stessala.html

1. In margine al (lungo) post sull'insostenibilità giuridica, - sia in via di principi di teoria generale sulle fonti di diritto, sia quanto al fondamento istitutivo e funzionale e, peraltro anche letterale, dei trattati europei (e di ogni fonte su di essi fondata) -, della prevalenza del diritto europeo rispetto alle Costituzioni nazionali, Francesco ci aggiorna, nei commenti, su come, in effetti, stiano reagendo altri ordinamenti, di Stati appartenenti all'Ue, ad una pressione pervasiva del diritto comunitario medesimo.
…Soprattutto…negli anni immediatamente successivi l’approvazione del Trattato di Lisbona, i controlimiti erano diventati una sorta di spettro che si aggirava tra le Corti costituzionali e supreme dell’Unione: Polonia (Tribunale Costituzionale polacco, caso K32/09 Trattato di Lisbona, decisione del 24 novembre 2010), Ungheria (Corte costituzionale ungherese, 143/2010, decisione del 12 luglio 2010), Repubblica ceca (Corte costituzionale ceca, caso Pl. ÚS 19/08 Trattato di Lisbona I, decisione del 26 novembre 2008 e caso Pl. ÚS 29/09 Trattato di Lisbona II, decisione del 3 novembre 2009) sono forse i casi ove l’ispirazione alla giurisprudenza di Karlsruhe è più evidente. 
A volte le sentenze del “cammino comunitario” tedesco sono espressamente citate, altre volte compaiono – pur prive di etichetta – nell’ordito motivazionale

In alcuni casi altre Corti costituzionali hanno non solo attinto dalla giurisprudenza di Karlsruhe in materia di controlimiti, ma lo hanno fatto estremizzandone le conseguenze.
Sembra essere questo il recente caso deciso dalla Corte costituzionale ungherese sulla delicata questione delle misure europee di redistribuzione delle quote di migranti.
La Corte costituzionale ungherese (decisione 22/2016 (XII. 5.) AB del 16 dicembre 2016), ha infatti fatto esplicito riferimento al trittico Solange – Maastricht – Lissabon, per giustificare una decisione che, per ora soltanto astrattamente, ha paventato la possibilità di utilizzare una versione magiara dello strumento tedesco dei controlimiti per vigilare su obblighi che in materia vengano posti sullo Stato ungherese…” (P. FARAGUNA, Alla ricerca dell’dentità costituzionale tra conflitti giurisdizionali e negoziazione politica, 10-11).

1.1. In quest’altro articolo, sempre in prospettiva comparatistica, vengono riportate in particolare alcuni passaggi della sentenza del Tribunale Costituzionale polacco (caso K32/09 Trattato di Lisbona, decisione del 24 novembre 2010), ove si afferma che rientrano tra le competenze inalienabili:
le decisioni che specificano il fondamento dei principi della Costituzione e delle decisioni relative ai diritti del individuo che determinano l'identità dello stato, tra cui, in particolare, l'esigenza di tutela della dignità umana e dei diritti costituzionali, il principio di sovranità, il principio di governance democratica, il principio di uno stato governato dalla legge, il principio della giustizia sociale…nonché l'esigenza di garantire una migliore attuazione delle valori costituzionali e il divieto di conferire il potere di modificare la Costituzione e la competenza per determinare le competenze”.

1.2. Per ritornare allo scritto di Faraguna, il caso più significativo (forse il primo) di applicazione concreta dei controlimiti è quello che ha avuto come protagonista la Corte Costituzionale della Repubblica ceca (causa no. Pl. ÚS 5/12, Slovak Pensions XVII, decisione del 31 gennaio 2012) la quale va ben oltre la Corte Costituzionale tedesca, dal momento che:
dichiarava la sentenza della Corte di giustizia ultra vires. I controlimiti venivano applicati… per dichiarare un atto di un’istituzione dell’Unione fuori dalle competenze attribuite, non risparmiando alla Corte di giustizia parole di censura assai aspre…” (37 e ss.). 
Una corte nazionale che a muso duro dichiara ultra vires una sentenza della Corte di Giustizia. Spettacolo.
E così scopriamo stranamente che le nazioni europee…sono gelose della propria sovranità e della propria identità nazionale!

2. E dunque questi Stati stanno reagendo come, ad esempio NON ha fatto la Grecia (e lo abbiamo visto qui) e come, naturalmente, non sta facendo l'Italia (qui, p.11). 
E si tratta di un'apparente contraddizione: cioè di fronte a intrusioni (comparativamente) meno estese e costanti ai rispettivi principi costituzionali, gli Stati "aggrediti" reagiscono; mentre di fronte all'imposizione di vincoli estesamente incisivi e durevoli, che estinguono quasi del tutto la sovranità, cfr; p.2.4....non reagiscono; e, anzi, dimenticano di avere precetti costituzionali dichiarati o ritenuti immodificabili e incomprimibili. 
Strano, viene da pensare...

3. Un motivo c'è: Grecia e Italia, appartengono all'eurozona e quindi sono soggette all'istituzione che concentra la parte fondamentale della sovranità di cui si sono, incautamente, private, considerando, per di più, questa autodeprivazione come irreversibile. Se non altro perché lo dice...la BCE stessa, (pur apparendo talora indecisa sul punto, come ci ha mostrato Marco Zanni). 
E torniamo sempre al solito punto: da un lato, le istituzioni europee autointerpretano (come già la Corte GUE in tema di superiorità del diritto europeo), in rem propriam, la propria legittimazione e la sfera di imperatività dei propri poteri, al di fuori di una norma che li preveda e che costituisca una fonte vincolante - e preesistente- che possa legittimamente affermarsi sulla volontà negoziale e sovrana degli Stati.
Dall'altro lato, capiamo anche quanto sia importante, per l'indipendenza e la democrazia di uno Stato, il potere di emettere la propria moneta e di perseguire, attraverso questo strumento, i propri fini (di crescita e di benessere diffusi), stabiliti dalla propria Costituzione proprio nel prevedere la sovranità democratica statuale (v. qui, pp. 6-14).

4. Ebbene, per l'Italia, si potrebbe erroneamente pensare che la sovranità sia regolata da alcune previsioni fondamentali della nostra Costituzione, che si integrano in una sequenza che, un tempo, nella logica giuridica e, ancor più, nella coscienza democratica diffusa e partecipata, risultava particolarmente chiara: artt. 1, 3 e 4 e, naturalmente, 11 della Costituzione.
Ma, naturalmente ciò valeva...
...Per quelli che credono nelle Costituzioni (on.Lucifero in Costituente) e intendevano prevenire che un giorno le forze della reazione avessero la prevalenza (on. Ghidini e on. Cevolotto, sempre in Costituente), individuando  anche la prospettiva che tali non-credenti e tali "forze", avessero il connotato di forze esterne al di fuori del popolo e al di sopra dello Stato (Calamandrei). 

5. Invece, no.
I nostri più illustri e importanti Costituenti, - insigni giuristi che parevano il punto di riferimento finalmente stabile di una democrazia fondata su una fede profonda che accomunava alla Nazione intera la schiacciante maggioranza dei Costituenti-, si sbagliavano. Si sbagliavano...?
Lo apprendiamo da un altro commento di Francesco in cui un "moderno" giurista ci insegna che la democrazia non è la sostanziale partecipazione del popolo alle istituzioni di governo, in modo che la sua volontà sia costantemente accertata e manifestata in modo libero e egalitario, ponendosi a carico dello Stato l'obbligo prioritario e fondamentale di rimuovere istituzionalmente ogni ostacolo che risulti, di fatto, di impedimento a tale allargamento sociale della partecipazione popolare al governo e, quindi, all'esercizio della propria sovranità.
No.
La democrazia è "un sistema di limiti": una curiosa essenza fenomenologica, che serve da premessa all'implicita ma necessitata conclusione che più limiti si pongono, e proprio da parte di forze esterne al popolo e al di sopra dello Stato, (come nel caso dell'€uropa) più democrazia c'è. 
Neanche Hayek, con la sua preferenza per il voto idraulico e per la dittatura "auto-limitabile" (rispetto alla democrazia che ha il difettuccio di non essere facilmente limitabile), era giunto a tanto.
"Al mainstream giuridico, ovviamente (da quello che ho potuto leggere), fa orrore l’affermazione dei controlimiti da parte delle corti costituzionali dei Paesi europei.
Segnalo per tutti quest’articolo di Cassese (http://irpa-c02.kxcdn.com/wp-content/uploads/2011/06/25_LUnione-Europea-e-il-guinzaglio-tedesco.pdf) pubblicato dopo la sentenza Lissabon Urteil ove, in modo profetico, l’Autore infatti paventava:
Si può immaginare che cosa può accadere se, per la forza diffusiva dei principi in sede europea, tutte le corti nazionali vorranno fare un analogo controllo (NdF: di identità). Applicando l’uniforme principio del controllo di identità, ciascuna vorrà affermare il modo proprio di riconoscere l’identità, perché un Paese si riconosce nella sua scuola, un altro NEL SUO SISTEMA DI SICUREZZA SOCIALE, un altro nella circolazione stradale, e così via. Vi saranno non solo identità diverse, ma anche modi diversi di individuare la propria identità. Insomma, una cacofonia di voci
… la Corte tedesca porta a livello superiore una visione domestica della democrazia, assumendo erroneamente che il popolo determini la legislazione, mentre può scegliere solo i legislatori; … L’errore principale sta nell’aver dimenticato che la democrazia consiste in un sistema di limiti: se L’UNIONE EUROPEA AGGIUNGE UN ULTERIORE LIMITE, che serve a tenere sotto controllo gli Stati, contribuisce alla loro democrazia, non la diminuisce…”.

9 commenti:

  1. Tutto più chiaro ora chi sia Cassese. Mi sono letto Wikipedia; le sue frequentazioni da indizi son diventate solide prove alla luce del suo schierarsi per il Sì allo scorso referendum. Abbiamo corso un rischio enorme.

    RispondiElimina
  2. Anche ammettendo, per amore di discussione, che la democrazia consista (solamente) in un 'sistema di limiti', occorrebbe vedere quali siano, questi limiti, e chi li possa stabilire.
    Se, come dovrebbe essere ovvio a Cassese, i limiti alla democrazia / sovranità possono essere posti soltanto dalla Costituzione, ne consegue che ogni 'ulteriore limite' debba 'transitare' dalla Costituzione, espressamente (cioè non in maniera surrettizia via capovolgimento articolo 11) e in ogni caso non contrastando con i principi fondamentali.
    Nel caso degli ulteriori limiti (im)posti dalla UE mancano entrambi i presupposti, di forma e di sostanza.

    Comunque è tutto l'articolo di Cassese che fa cadere le braccia, ma è segno dei tempi. Pubblicato nel 2009, sono sicuro che oggi verrebbe scritto con molti paludamenti in più.

    RispondiElimina
  3. Hayek era più onesto: in Legge, legislazione e libertà voleva levare il diritto di voto ad alcune categorie di persone ma non in nome della democrazia: non era ancora arrivato Cassese a illustrare le virtù democratiche dei “limiti”.

    Questa fa il paio con quella di Merusi, per cui democratico sarebbe il mercato in quanto “processo”.

    (Pure la Santa Inquisizione era “processo”: democratica anche lei?).

    Esempi estremi di quel tentativo, diagnosticato da Mair, di leuropeizzare la democrazia, nell’impossibilità di democratizzare lEuropa.

    Che simili – evidenti - assurdità possano trovare tranquillamente posto in un dibattito con pretese di scientificità la dice lunga.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. @Duccio e @Arturo: le vostre considerazioni sono talmente ragionevoli, e coerenti con criteri di ermneutica che corrispondono ad una cultura giuridica (un tempo) standard, da risultare...controcorrente.

      Ed è questo, "bottom line", il punto più dolente: s'è formato un neo-conformismo, manifestamente politico prima ancora che giuridico, per cui la gara a chi la spara più grossa in soccorso del neo-potere "forte" (autoinvestitosi quale "costituente"), passa quasi del tutto inosservata.

      (Poi Arturo mi dirà che Pietro Barcellona l'ha già detto meglio: ma mi accorgo di averne ripetuto un aforisma fondamentale essendomene accorto quasi solo alla fine, spinto dalla logica della...disperazione).

      Elimina
    2. Perché non ci sono i Giuristi di una volta:

      Francesco Maimone9 settembre 2016 20:22

      Mi permetto di aggiungere che il Basso giurista, ovviamente in simbiosi con Crisafulli citato dall’ottimo Arturo, in tal senso sottolineava che “… l’aspetto dinamico dell’assetto politico-sociale previsto dalla Costituzione” che “… ha preso il posto dell’immobilismo giuridico codificato nelle vecchie costituzioni liberali. La Costituzione non deve soltanto conservare e garantire un ordine in cui si muovano liberamente gli interessi privati, ma deve fornire allo Stato gli strumenti e gli scopi per muoversi in una determinata direzione, che, nel caso specifico della nostra Costituzione, è una profonda trasformazione della struttura del nostro paese. Assegnando alla Repubblica, cioè allo Stato-apparato, strumento esecutore della volontà sovrana del popolo, il compito di rimuovere i denunciati ostacoli di natura economica e sociale, IL COSTITUENTE HA PRONUNCIATO UNA CONDANNA DEL PRESENTE E INDICATO CON CHIAREZZA I DOVERI PER L’AVVENIRE … Sta in questo forse l’aspetto più originale della nostra Costituzione. “L’elemento di originalità che si è notato le è invece conferito da UN SUO PIÙ PRECISO FINALISMO, da una più chiara consapevolezza della situazione di transizione alla quale la sua regolamentazione si riferisce, del difetto che in essa si verifica dei presupposti necessari al pieno attuarsi del regime di democrazia al quale si voleva dar vita, della necessità di imprimere all’azione dello Stato che sorgeva una funzione di mediazione dinamica tra le forze sociali in contrasto, diretta a realizzare un diverso equilibrio intorno al sistema di fini che si ponevano a base dell’ordine nuovo. “Si è efficacemente interpretato siffatto orientamento costituzionale, questa presa di posizione nei confronti dell’ordine sociale in atto e della sua insuscettibilità di soddisfare l’esigenza postulata, di far concretamente valere per tutti gli uomini, quale che sia la loro condizione sociale, i valori connessi alla persona, la dignità che è ad essa propria, quando si è detto che la nostra Costituzione NON AFFERMA SOLO (come accade per quelle che pongono un ordine nuovo), LA SUA POSIZIONE DI ANTITESI RISPETTO AL REGIME TOTALITARIO che l’aveva preceduta, MA POLEMIZZA CONTRO IL PRESENTE, CONTRO IL SISTEMA DEI RAPPORTI ESISTENTE, CHE ESSA NON PUÒ ELIMINARE, MA CONSIDERA TUTTAVIA INCOMPATIBILE CON LA META DA RAGGIUNGERE… (in nota Mortati, Ispirazione democratica, 407-408)”.

      E richiamando ancora Crisafulli, Basso continua “… La nostra è quindi una COSTITUZIONE DINAMICA, una Costituzione cioè che, come dice Crisafulli, contiene in sé “LA PROSPETTIVA E IL SENSO DI UN MOVIMENTO DELLO SVILUPPO DELLA SOCIETÀ STATALE IN CERTE DIREZIONI SCHEMATICAMENTE PREVISTE DALLA COSTITUZIONE” e “pertanto complessivamente considerata, CI DÀ NON SOLTANTO LA FIGURA ESSENZIALE DI UN MODO DI ESSERE ATTUALE (previsto e disciplinato come attuale) dell’ordinamento considerato, MA ANCHE ED INSIEME LA FIGURA ESSENZIALE DI UN MODO DI ESSERE FUTURO DELL’ORDINAMENTO MEDESIMO previsto, cioè, e disciplinato come possibile ed anzi come necessario ossia come giuridicamente doveroso” (in nota Crisafulli, La costituzione e le sue disposizioni di principio, 1952, 36)”. [L. BASSO, Il Principe senza scettro, Feltrinelli, Milano, 1958, 193-194]. (segue)

      https://orizzonte48.blogspot.com/2016/09/chianciano-16-18-settembre-e-i-suoi.html?showComment=1473441442300#c5843436666120728740

      Il segue è da leggere.

      Elimina
    3. Grazie Luca. Il discorso di Basso, oramai colpevolmente dimenticato, e' riassumibile nel "principio di effettivita'" che Mortati colloca nell'art. 3, comma II, Cost. (se n'e' parlato anche a Perugia).

      E questo dinamismo finalizzato alla democrazia sostanziale necessitata, in vista della trasformazione sociale nel senso della civilta' del lavoro (cosi' Ruini), si configura come un DOVERE INDEROGABILE posto in capo alla Repubblica.

      Alla luce di quanto detto, tutto assume nuova luce, tutto viene sconvolto, non ultimo il potere di revisione costituzionale, su cui bisognerebbe aprire un dibattito serio.

      Basso ci dice: il potere di revisione e' stato previsto dal Costituente per adeguare la Carta al mutare dei tempi, ma solo IN SENSO PROGRESSIVO, giammai in senso regressivo. Cosa significa?

      Lelio Basso lo sintetizza in modo perfetto: dagli artt. 1, 3, comma II, e 4 NON SI TORNA INDIETRO, perche' significherebbe un passo indietro della storia e quindi della civilta'. Punto.

      Quando si capira' tutto cio' sara' sempre troppo tardi

      Elimina
    4. Caro, ma ha idea della gente che si laurea in legge da un paio di decenni? Pronunciano I termini giuridici latini come se fossero inglese ...

      Elimina
    5. Proprio perche' appartengo a quella "gente" purtroppo ho idea di quello che lei denuncia.

      Le nuove generazioni di giuristi, quelle che vengono allevate nel mito della tutela "multilivello" dei diritti (l'ultima frontiera della cosmesi neoliberista), dei concetti di sovranita' condivisa e del pluralismo dei valori (a cui si associa bene anche il discorso della democrazia come limite di Cassese), quelle generazioni sono state "aiutate" a dimenticare l'episteme.

      Un giurista contemporaneo deve poter sapere tutto dei principi riguardanti il singolo settore giuridico di riferimento, ma non deve deve essere in grado di ricondurre tutto ad unita' ed alla legalita' suprema, cioe' costituzionale.

      Il discorso vale per tutti gli operatori giuridici (giudici ed avvocati in primis). Il risultato e' disperante, ed a tratti assicuro veramente ridicolo (gli esempi che potrei riportare sarebbero tanti).

      L'Ordinamento giuridico e' semplicemente in disfacimento, in un clima che ricorda in modo pericoloso quello della Belle Epoque. Vicende gia' note alla storia.

      Ma la prima lezione della storia, secondo Hegel, e' che l'uomo non impara mai niente da essa











      Elimina
  4. Non a caso oggi a radio 3 ,che manda sempre meno musica e sempre più propaganda di regime,alla trasmissione sulla Costituzione era ospite proprio Cassese.

    RispondiElimina