giovedì 28 giugno 2018

IL MERCATO: TRA ELITISMO MALTHUSIANO E DIRITTI CIVILI – Parte I




Prassi teoretica dell’elitismo nell’economia di mercato: liberalismo, malthusianesimo e diritti civili – Parte I
Post di Bazar 
con il contributo di Francesco Maimone e Arturo


« [...] quel tremendo fenomeno nell'orizzonte politico, la Rivoluzione Francese, che, come una cometa infuocata, sembra destinata a ispirare nuova vita e vigore, o a bruciare e distruggere gli abitanti della terra che si stanno stringendo,  ha concorso   a far abbracciare a molti uomini capaci l'opinione per la quale si stava attraversando un periodo gravido di importantissimi cambiamenti, cambiamenti che sarebbero stati in qualche misura decisivi per il destino futuro dell'umanità. » An Essay on the Principle of Population, 1798, Thomas Robert Malthus


« […] la filantropia cosmetica [quella “liberale”, ndB] ha prodotto la più cruda, la più barbara teoria che sia mai esistita, una dottrina della disperazione che ha abbattuto quelle meravigliose frasi sull’amore per il prossimo e sulla cittadinanza mondiale [...] » Friedrich Engels, DEUTSCHFRANZÖSISCHE JAHRBÜCHER, 1844, a proposito di Malthus.


«Noblesse oblige, – osservò il gatto e versò a Margherita un liquido trasparente in un bicchiere da vino rosso.
– È vodka? – domandò Margherita, con voce fioca.
Il gatto fu così offeso che fece un balzo sulla seggiola.
– Per carità, regina, – gracchiò, – come potrei permettermi di mescere vodka a una signora? Questo è alcool puro!
» Бегемот, Мастер и Маргарита (Il Maestro e Margherita)


1 – Premesse metodologiche ed epistemologiche

« Secondo la concezione materialistica, il momento determinante della storia, in ultima istanza, è la produzione e la riproduzione della vita immediata. Ma questa è a sua volta di duplice specie. Da un lato, la produzione di mezzi di sussistenza, di generi per l'alimentazione, di oggetti di vestiario, di abitazione e di strumenti necessari per queste cose; dall'altro, la produzione degli uomini stessi: la riproduzione della specie. Le istituzioni sociali entro le quali gli uomini di una determinata epoca storica e di un determinato paese vivono, sono condizionate da entrambe le specie della produzione; dallo stadio di sviluppo del lavoro, da una parte, e della famiglia, dall'altra. Quanto meno il lavoro è ancora sviluppato, quanto più è limitata la quantità dei suoi prodotti e quindi anche la ricchezza della società, tanto più l'ordinamento sociale appare prevalentemente dominato da vincoli di parentela. » L'ORIGINE DELLA FAMIGLIA, DELLA PROPRIETÀ PRIVATA E DELLO STATO, 1948, Friedrich Engels (1820-1895)

Consideriamo sinteticamente la fondazione delle scienze sociali nella filosofia morale; la filosofia morale può essere considerata sovrastruttura degli interessi materiali delle classi egemoni.

Cosa significa? Significa che qualsiasi pretesa teoresi di carattere morale, laica o religiosa, è condizionata in primis dai rapporti di forza materiali che influiscono su coloro che praticano l’attività teoretica, direttamente in quanto il sostentamento è finanziato da rappresentanti di un particolare ceto o, indirettamente, in quanto l’ambiente socio-culturale stesso è stato precedentemente influenzato da ceti con particolari interessi materiali.

La visione del mondo, la Weltanschauung, e quindi l’Etica a cui rispondono quelle costruzioni sociali che sono le istituzioni, sono quindi prodotto dei rapporti di forza fra i vari gruppi sociali che compongono una comunità, rapporti di forza a sua volta influenzati dalle varie comunità con cui vengono instaurate relazioni.

La forza di una comunità sociale dipende soprattutto dalla sua capacità militare e culturale, entrambe espressione del potere economico.

1.1 – Kratos, Arché e Dynamis: le forme del potere.

L’influenza sulle persone per ottenere vantaggi materiali avviene tramite un potere primigenio (chiamiamolo kratos) che garantisce istituzioni altrettanto primigenie come la proprietà (o qualsiasi altra forma di controllo) dei fattori della produzione (terra, capitale, lavoro); questo potere primigenio, che è costituito dalla struttura della comunità sociale, è a sua volta garantito nella sua perpetuazione da istituzioni di carattere politico e giuridico che ne costituiscono una sua sovrastruttura, sovrastruttura istituzionale che impedisce, alle contraddizioni che questo genera, di ribaltare i rapporti di forza in essere a dispetto di coloro assai più numerosi che non possono godere di questo privilegio; e, inoltre, queste sovrastrutture rendono possibile, tramite l’organizzazione coordinata di mezzi e persone, la possibilità di espandere questo privilegio primigenio su altre comunità sociali.

Il potere esercitato  su queste istituzioni l’abbiamo chiamato kratos, mentre il potere che viene esercitato tramite queste istituzioni politiche e giuridiche lo possiamo chiamare arché, rimanendo tendenzialmente fedeli alla classica distinzione platonica ne La Repubblica.

La classe che detiene potere puro primigenio ha interesse, allo scopo di conservare con sicurezza il proprio privilegio, a far sì che le contraddizioni scatenate da questi rapporti di forza opprimenti i ceti subalterni non generino disordine, e che la comunità sociale sia ricondotta politicamente alla unità.

Il potere primigenio da cui nasce l’“arché” è la Costituzione: nelle costituzioni moderne questo si contrappone “rigidamente” al potere di fatto – kratos – che i rapporti sociali in essere permettono a determinati ceti.

La dialettica che si genera nella sovrastruttura politica tende a sua volta a confermare e perpetuare le istituzioni esistenti: il controllo tramite il potere economico (kratos) e politico-legislativo (arché) sui mezzi istituiti per istruire ed informare garantiscono un perimetro intellettuale, concettuale, coscienziale,  oltre al quale il dibattito politico non può accedere affinché non venga mai messo in discussione il potere primigenio.

1.1.1 – La consapevolezza come coscienza storica e politica: la finestra di Overton e la morale.

Questo punto è essenziale: e lo sottolineiamo: il controllo sull’istruzione, sull’informazione e sulla cultura crea una finestra che filtra la percezione del mondo tramite una serie di cornici cognitive – frame – che ingabbiano tanto la dialettica interiore – ovvero il pensiero, la riflessione – quanto il momento dialogico proprio della socialità.




Maggiore è la concentrazione del potere primigenio dovuto ai rapporti di proprietà, maggiori sono le contraddizioni e le frizioni che l’oppressione genera sulle classi subordinate, maggiore è il controllo culturale e coscienziale che deve essere esercitato.

La prima forma di controllo delle coscienze viene esercitata dalla morale, ovvero da una forma di “super-io” che agisce a livello tendenzialmente inconscio sulla prassi individuale e sociale.

Questa forma di controllo può avere varie sanzioni di carattere sociale, che agiscono principalmente sulla solitudine e sulla paura dell’esclusione: fondamentale è la sanzione di carattere religioso, che agisce sulla paura della morte.

A mettere invece pressione alle contraddizioni di tutti questi livelli di astrazione, a partire dalla struttura della società stessa, agisce la dinamica demografica.

A livello strutturale la forza degli oppressi sta nel numero. Forza in potenza – dynamis – che è nulla senza il controllo della consapevolezza: ovvero la coscienza di classe.



2 – Elitismo: sovrastruttura etico-politica funzionale al potere delle classi egemoni

« Ai giorni nostri è sorta una nuova fede che afferma ogni essere umano doversi sacrificare al bene «dei piccoli e degli umili», e i suoi credenti discorrono altezzosamente delle altre fedi, da loro dannate come poco scientifiche, e non s'avvedono quei miseri che il loro precetto non ha maggior fondamento scientifico di qualsivoglia altro precetto religioso. […]. »


Gli studiosi delle scienze sociali che traggono interesse diretto o indiretto a conservare l’ordine sociale esistente, essendo espressione di interessi di un ceto composto da un numero esiguo di persone, avrà la necessità di mostrare:

 a) o di essere in qualche modo neutrali, come di fronte a fenomeni naturali impersonali ed oggettivi;

 b) o dovranno mostrare come, facendo gli interessi delle classi dominanti, anche i dominati ne gioverebbero “a cascata”. (A patto, sempre, che i dominati si comportino come a loro suggerito: come abbiamo visto la componente moralistica è strutturale per perpetuare l’egemonia).

Se da una parte, poi, la naturalizzazione dei fenomeni sociali porta alla negazione del libero arbitrio (la Politica) con cui viene costituita la comunità sociale, e quindi deve essere negata l’esistenza di una coscienza morale, dall’altra viene contemporaneamente emessa una condanna morale a coloro che responsabilmente non si adeguano ad accettare l’ordine in essere e a patirne funzionalmente le conseguenze.

L’elitismo è un pensiero che nei fatti nega la morale per imporre il moralismo.


In qualsiasi forma di elitismo, come il liberalismo, i principi fondativi che devono ingabbiare la dialettica volta alla conoscenza e alla consapevolezza, sono in sintesi:

a) la morale è idealizzata ed esterna all’Uomo e non coincide con la prassi in se stessa secondo coscienza (essendo l’obiettivo inibire la coscienza);

b) l’ordine sociale è naturale, è obiettivo ed esogeno, non artificialmente costruito; l’Uomo non è in intellettualmente in grado di fare meglio di quanto le leggi “naturali” che lo guidano possono fare, non riuscendo mai a determinarle “perfettamente” (quindi l’ordine sociale va conservato, ogni interferenza del libero arbitrio politico sull’ordine stesso è genericamente dannoso).

Secondo il pensiero elitista l’Uomo non è quindi soggetto storico, ma oggetto naturalizzato: la morale soggettiva interviene solo quando “irresponsabilmente” l’uomo si discosta dalle prescrizioni inderogabili che conservano l’ordine sociale.

L’alienazione risulta così il prodotto dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo permesso dalla struttura sociale stessa.

L’élite si autopercepisce come “natura”, ovvero altro dall’Uomo, ovvero come divinità che può dare e togliere la vita, sfruttarla, in quanto investita di un’autorità che va al di là della persona umana.


2 – Pareto: excerpta

« Chi pensa sia necessario filosofare deve filosofare e chi pensa non si debba filosofare deve filosofare per dimostrare che non si deve filosofare; dunque si deve filosofare in ogni caso o andarsene di qui, dando l'addio alla vita, poiché tutte le altre cose sembrano essere solo chiacchiere e vaniloqui. » Aristotele


Queste sintetiche considerazioni di carattere sociopolitico vorrebbero fornire quei concetti e quelle categorie essenziali, utili ad interpretare e a comprendere i tratti principali del pensiero elitista e segnatamente, in un secondo tempo, le politiche demografiche di stampo malthusiano.  

Si noti, tra le altre, come Vilfredo Pareto, padre nobile dell’elitismo moderno, sviluppi riflessioni di filosofia morale per dimostrare che la filosofia morale non sia necessaria quando si fonda epistemologicamente l’economia politica: secondo il Nostro si può essere obiettivi come osservando i fenomeni naturali...


« è utilissimo il mostrare come tutta la teoria dei fenomeni economici possa essere instituita senza avere bisogno di ricorrere al termine ed al concetto di capitale. Similmente, il concetto del prezzo non è essenziale... [ce l’ha con Marx, bestia nera in quanto economista, ndB]
Lo studio dei fatti passati e presenti dimostra che la protezione è conseguita, in gran parte, mercé l'opera di coloro che ne traggono vantaggio per appropriarsi le cose altrui. Ma basta ciò per condannare, nel concreto, la protezione? No davvero; occorre badare alle altre conseguenze sociali di tale ordinamento… [...]
Lo scopo in tal caso è esclusivamente scientifico: cioè di conoscere, di sapere, e basta. […] in questo libro non miro a persuadere chicchessia, miro solo a ricercare le uniformità dei fenomeni […] »

« Erra […]  chi biasima l'economia politica di non tenere conto della morale; tanto varrebbe accusare una teoria del giuoco degli scacchi di non tenere conto dell'arte culinaria. […]
L'economia politica non ha da tenere conto della morale; ma chi propugna un provvedimento pratico deve tener conto non solo dei risultamenti economici, ma anche di quelli morali, religiosi, politici, ecc. [Insomma, secondo Pareto, la teoria non sarebbe già prassi, l’etica non sta nelle Istituzioni stesse ma solo nella morale individuale del decisore politico, ndB]

[Purtroppo, nonostante lo sforzo “scientifico” John Stuart] Mill spesso […] predica in pro dei poveri. […]

[Comunque] le leggi scientifiche non hanno un’esistenza oggettiva. L’imperfezione della nostra mente non ci consente di considerare nel loro insieme i fenomeni […] [Il problema non è “il metodo”, ma l’essere umano in se stesso, Hayek non si è inventato nulla,  ndB]


Noi non conosciamo, non conosceremo mai, un fenomeno concreto in tutti i suoi particolari; vi è sempre un residuo […]
 leggi fisiche e chimiche e perfino lo matematiche patiscono eccezioni, precisamente come le leggi economiche […] [la dicotomia kantiana fenomeno-noumeno viene traslata alle scienze sociali per predirne e giustificarne la fallacia previsionale: viene esclusa la Politica ed i suoi risvolti etico-sociali come elemento soggettivo nelle dinamiche oggettive studiate, ndB]

Lo stesso uomo che, per scopo di studio economico, considero come homo oeconomicus, posso considerarlo come homo ethicus, per scopo di studio morale; come homo religiosus, per scopo di studio religioso; ecc. […] [divisione del lavoro e divisione delle specializzazione scientifica per poter giustificare la dicotomia prima indicata, ovvero la negazione della coscienza morale contestualmente all’attiva predica moralistica: schizofrenia metodologica, ndB]

Quando dall'astratto si torna al concreto, occorre nuovamente riunire le parti che, per scopo di studio, si erano disgiunte. […] [con la divisione dei saperi si risolvono funzionalisticamente le contraddizioni, ndB]

L'economia politica non ha da tenere conto della morale; ma chi propugna un provvedimento pratico deve tener conto non solo dei risultamenti economici, ma anche di quelli morali, religiosi, politici, ecc. [… ] [la prassi e quindi l’etica sono da imputarsi solo al decisore politico, non alla teoria su cui il decisore si basa, ndB]

Quando un autore dimentica ciò, si suole, per combatterlo, opporre la pratica alla teoria. […]

Chi propugna il libero cambio, unicamente pei suoi effetti economici, non fa già una teoria errata del commercio internazionale, ma fa un’applicazione errata di una teoria intrinsecamente vera; e il suo errore sta nel trascurare altri effetti politici e sociali, i quali formano oggetto di altre teorie […]

Disgiungere così le parti di un fenomeno, studiarle separatamente, e poi da capo ricongiungerle, facendone la sintesi, è via che si segue, e si può solo seguire, quando la scienza è molto progredita; al principio tutte le parti si studiano insieme, l’analisi e la sintesi si confondono.
È questa una fra le cagioni per cui le scienze nascono sotto forma di arte; ed è pure una fra le cagioni per le quali le scienze, progredendo, si partiscono e si suddividono. […]
Lo studio dell'origine dei fenomeni economici […] è certamente utile dal punto di vista storico, ma cadrebbe in errore chi stimasse per quella via poter giungere alla conoscenza delle relazioni tra i fenomeni che accadono nelle nostre società.
Tale errore riproduce quello dei filosofi antichi, quali ognora volevano risalire all'origine delle […] cose. Essi invece dell'astronomia studiavano cosmogonie; [la ricerca dell’origine è una ricerca di senso: secondo l’approccio elitista questo sarebbe un errore, in quanto lo studio non deve essere quindi “interpretativo”, “storicistico”, ma squisitamente “descrittivo” come è prassi da metodo scientifico, che ha come oggetto il “naturale”, l’obiettivo, ndB]

Preme proprio niente di sapere come si è costituita la proprietà privata, fino dai tempi preistorici, per sapere quale ufficio economico ha quella proprietà nelle nostre società. Non già che uno di quei fatti non sia strettamente legato all'altro, ma la catena che li unisce è tanto lunga e si perde in regioni tanto oscure che ci è vietato ogni ragionevole speranza di conoscerla, almeno per ora. […]

Mai non avremo [nota] la relazione tra l'origine della proprietà privata e questa proprietà nei tempi nostri, o in generale tra l'origine di un fenomeno economico e questo fenomeno nei tempi nostri. […]
[Insomma, si lasci perdere la Storia! Studiare tanta, tanta, matematica!, ndB]

Sogliono alcuni asserire che l'economia politica non può usare gli stessi mezzi delle scienze naturali «perché è una scienza morale».


[…] per quanto concerne la verità di una teoria non ci può essere altro criterio se non la concordanza di essa dottrina coi fatti, e quella concordanza non si può conoscere che in un sol modo: onde sotto quell'aspetto è una scempiaggine il volere porre differenza alcuna tra l'economia politica e le altre scienze. […]

le affermazioni degli uomini si possono evidentemente distinguere in due categorie. Nella prima […] porremo quelle affermazioni che possono verificarsi sperimentalmente; nella seconda […] quelle che non si possono verificare sperimentalmente […]

« l’irreligione delle classi colte, specialmente delle latine, venne ripudiata dalla grande reazione religiosa del protestantismo; e da capo, in Francia, quando l’irreligione delle classi alte ebbe termine colla rivoluzione del 1789; la quale, con molto senno il de Tocqueville osserva essere stata una rivoluzione religiosa; tale religione essendo quella umanitaria e dei giacobini. »

« l’uso della ragione affievolisce nelle classi superiori i sentimenti religiosi e ad un tempo quei morali; qualche volta anche quelli di amor patrio, onde appaiono i cosmopoliti; ed in generale si può dire che perdono forza molti dei sentimenti non-razionali »

« Chi desidera che altri faccia cosa alcuna in suo pro, ben di rado esprime schiettamente tale desiderio; egli stima miglior consiglio di dargli forma di un concetto generale o di una massima morale. »

« L'eterogeneità della società ha per conseguenza che le norme di condotta, le credenze, la morale, debbono essere, almeno in parte, diverse per le diverse parti della società, affine di conseguire il massimo vantaggio per la società. »

« Le classi inferiori hanno bisogno di una morale umanitaria, la quale poi vale anche a lenire le loro sofferenze. Se le classi superiori l'accolgono solo formalmente, poco o nessun male segue; ma invece, se la fanno sostanzialmente propria, alla società sovrastano gravissimi guai. Per il passato, fu notato molte volte che i popoli hanno bisogna di essere governati da una mano di ferro in un guanto di velluto. La giustizia deve essere rigida e parere clemente. Il buon chirurgo con pietose parole conforta l'ammalato, mentre con mano sicura, e che pietà non trattiene, ne taglia le membra. »

« La diversità d'indole degli uomini, congiunta all'opportunità di soddisfare in qualche modo il sentimento che li vuole eguali, ha fatto sì che nelle democrazie si è procurato di dare l'apparenza del potere al popolo, e la sostanza del potere ad una parte eletta » [cfr. “potere al papero”, cit., ndB]

Notevolissimo è il caso di Socrate. Egli era rispettosissimo delle credenze religiose popolari, moralissimo, ossequente alle patrie leggi sino a soffrire la morte per non sottrarvisi: eppure, l’opera sua fu diretta involontariamente a distruggere la religione, la morale, l’amor patrio; e ciò perché colla sua dialettica, collo spingere gli uomini ad indagare colla ragione le cagioni di quei sentimenti, li scalzava dalle radici.
[…] le accuse mosse a Socrate sono false formalmente e nel particolare, sono poi vere nella sostanza e in generale.

la circostanza che più onora Socrate, e che in astratto pare accrescere molto i meriti suoi, cioè il non avere tolto egli danari per insegnare, è appunto quella che faceva il suo insegnamento massimamente dannoso alla città. Infatti i sofisti, che grave prezzo richiedevano all’opera loro, non potevano avere che scarsi ascoltatori, i quali erano per la massima parte dell’aristocrazia intellettuale: onde a pochi scalzavano le credenze patrie, e anche a parte di questi i sofisti potevano fare più bene che male, per essere tali loro discepoli apparecchiati ad usare della ragione; invece Socrate investiva l’artigiano, l’uomo che dalle cure giornaliere della vita materiale era posto nell’impossibilità di seguire con frutto lunghi, sottili ed astrusi ragionamenti; ed a lui toglieva la fede, senza potervi in nessun modo sostituirvi utili frutti della ragione. » [Insomma, Socrate era un po’ comunista dentro…, ndB]

« I due partiti fanno a gara nel prostrarsi umilmente ai piedi dell'uomo dell'infima plebe, e ognuno di essi procaccia di superare l'altro nell'adulazione. Questa, persino nelle minuzie, appare. Quando si preparano le elezioni, i candidati non si vergognano di mandare le donne e le figlie, loro a mendicare suffragi, e a porgere la mano e le labbra a gente sudicia e male educata. »

« Quando uno strato ha inteso che le classi elevate vogliono solo sfruttarlo, queste classi scendono più giù, per trovare altri seguaci; ma è manifesto che per tale via sorgerà pure giorno in cui non si potrà proseguire, poiché verrà meno la materia. Quando il suffragio si sarà dato a tutti gli uomini, compresi i mentecatti e i delinquenti, quando si sarà esteso alle donne, e, se vuolsi, anche ai bimbi, sarà pure necessario fermarsi; nè si potrà scendere ancora, essendo impossibile, se non di dare il suffragio agli animali, almeno di farlo da loro esprimere. »

« In Germania, il suffragio universale fu instituito in parte per combattere la borghesia liberale; il fenomeno è dunque simile a quello seguito in Inghilterra; e similmente pure furono promulgate molte leggi sociali, nella speranza di togliere seguaci al partito socialista; ma questo disegno fallì interamente, ed il popolo vide troppo bene il giuoco che a lui si voleva fare. Ora le classi elevate principiano a dolersi di avere il suffragio universale e studiano le vie che potrebbero seguire per tornare indietro »

« Quando principiò l'evoluzione democratica che si svolse nel secolo XIX e che accenna a compiersi nel XX, parecchi pensatori videro chiaramente quale ne doveva essere la meta; ma le loro previsioni sono dimenticate, ora appunto che stanno compiendosi, e che finalmente l'uomo appartenente agli ultimi strati sociali intenderà e recherà nel concreto l'osservazione logica che « se l'espressione arbitraria della mia volontà è il principio dell'ordine legale, il mio godimento può essere anche il principio della ripartizione della ricchezza » [Stahl, Rechtsphilosophie, II, 2, p. 72.]
Ma a quel termine della presente evoluzione non si fermerà la storia; e, se il futuro non sarà interamente diverso dal passato, alla presente farà seguito altra evoluzione in senso contrario. »

«  […] la società non è omogenea; e chiunque non vuole chiudere volontariamente gli occhi, deve riconoscere che gli uomini fisicamente, moralmente, intellettualmente, differiscono assai l’uno dall’altro.
A quelle disuguaglianze proprie dell’essere umano corrispondono disuguaglianze economiche e sociali, le quali si osservano presso tutti i popoli, dai tempi più antichi ai moderni, ed in qualsiasi luogo del globo, per modo che, tale carattere non mancando mai, la società umana si può definire una collettività con gerarchia.  »

 Se ti pare, è Pareto.

« Come è stato detto prima, la scienza in Platone non è mai meramente teorica: essa è trasformazione dell'essere, è virtù, e ora possiamo dire che è anche affettività. Si potrebbe applicare a Platone la formula di Whitehead: « Il concetto è sempre rivestito di emozione». La scienza, persino la geometria, è una conoscenza che impegna tutta l'anima, che rimane sempre legata a Eros, al desiderio, allo slancio, alla scelta. « La nozione di conoscenza pura, ossia di puro intendimento, - diceva ancora Whitehead, - è del tutto estranea al pensiero di Platone. L'era dei professori doveva ancora arrivare » Hadot, Che cos'è la filosofia antica? Einaudi, Torino, 1995, pag. 70


à méditer

...

FINE I PARTE



15 commenti:

  1. Pareto era un ingegnere. La forma mentis è quella.

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    1. E questo è ancora niente... il nostro economista politico, ingegnere sociologo, filosofo immorale, ecc.m riesce ad essere molto più esplicito.

      Nella seconda parte del lavoro.

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  2. "Consideriamo sinteticamente la fondazione delle scienze sociali nella filosofia morale; la filosofia morale può essere considerata sovrastruttura degli interessi materiali delle classi egemoni."

    Da povero ingegnere, neofita delle discipline sociali, questa cosa l'ho sempre sospettata, anche con riferimento al libro sacro per eccellenza...

    http://orizzonte48.blogspot.com/2017/11/la-lunga-marcia-segreta-della.html?showComment=1511266665458#c4738665761393775015

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  3. «– Noblesse oblige, – osservò il gatto e versò a Margherita un liquido trasparente in un bicchiere da vino rosso.
    – È vodka? – domandò Margherita, con voce fioca.
    Il gatto fu così offeso che fece un balzo sulla seggiola.
    – Per carità, regina, – gracchiò, – come potrei permettermi di mescere vodka a una signora? Questo è alcool puro!» Бегемот, Мастер и Маргарита (Il Maestro e Margherita)
    E' uno dei miei libri preferiti. Non riesco a capire (oltre a il gatto è Bazaar e il post è alcool puro )la relazione con il post...
    Nel senso che alcool puro può essere veleno opure la quintessenza della vodka.

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    1. Significa che quello che scrivono gli elitisti, i reazionari, i liberali classici, è "roba forte".

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  4. Grazie a Bazaar per questo suo insistere sulle “BASI” intese come fondamento (scientifico), le sole che ci consentono hegelianamente di non fermarci ad osservare l’albero, ma la foresta (il vero è l’intero).

    D’altronde, “l’aspetto essenziale della società è il suo carattere di totalità: noi non possiamo capirla se non la vediamo nel suo quadro totale, non possiamo isolarne gli aspetti per cercare di capirli. In ogni momento della società c’è tutta la vita sociale: ci sono i rapporti di produzione, ci sono i rapporti sociali, ci sono le ideologie. Le istituzioni, le idee, la morale, la religione, le macchine, gli strumenti, tutto fa parte di un tutto inscindibile che si lega, di cui ogni momento si spiega con gli altri…” [L. BASSO, La sociologia marxista, sviluppo in Italia e attuali problemi, in Le scienze sociali e il problema dell’intervento sociale nella realtà italiana, Roma, 1966, 85-104].

    Struttura e sovrastruttura, quindi:

    … questo rapporto è fondamentale per Marx. Marx concepisce la struttura della società come l’insieme di tutto quanto attiene alle necessità della produzione, l’organizzazione economica, tecnica e sociale della produzione, ivi compresa la divisione in classi sociali che nasce sulla base dei rapporti che gli uomini stabiliscono fra loro nel processo di produzione. La sovrastruttura, viceversa, è tutto quel complesso di istituzioni e di ideologie che, sulla base di quella struttura, sulla base di quei rapporti, sulla base di quella società ordinata in quel certo modo, vengono espressi dagli uomini per spiegare a se stessi il proprio mondo e per dare ad esso un ordine e un funzionamento attraverso costruzioni religiose, filosofiche, morali, giuridiche, politiche, amministrative, ecc. Questa sovrastruttura è legata, però, alla struttura, cioè all’insieme dei rapporti sociali.

    Esse sono inscindibili; non possiamo immaginare che vadano ciascuna per suo conto, non possiamo immaginare che non ci sia continuamente questo mutuo rapporto dialettico tra quello che è il nostro modo di vivere la vita economico-sociale, i rapporti con gli altri uomini, il modo come noi organizziamo nella società la produzione dei beni che ci occorrono e la riproduzione della specie ed il modo come noi concepiamo la vita dell’uomo, come la discipliniamo legislativamente, come la organizziamo moralmente e socialmente
    ” [L. BASSO, La sociologia marxista, cit.].

    Dal punto di vista del metodo e per chiarezza, mi permetto solo di aggiungere un aspetto - che è sottinteso nel discorso di Bazaar - in merito al rapporto tra struttura e sovrastruttura. E per renderlo esplicito, parto ancora dalle parole di Lelio Basso:

    …in questo mutuo rapporto tra una struttura che è fatta di rapporti sociali e una sovrastruttura che è fatta di istituzioni e di idee, NON C’È UN RAPPORTO A SENSO UNICO, COME SUGGERISCE TALVOLTA UNA INTERPRETAZIONE CHIUSA E GRETTA DEL MARXISMO, UN RAPPORTO QUASI MECCANICO per cui una data struttura produce automaticamente una data sovrastruttura.

    In realtà per Marx il rapporto è estremamente più complesso, cioè strutture e sovrastrutture costituiscono un insieme che si influenza reciprocamente. Non è concepibile una sovrastruttura che non abbia determinati rapporti con la struttura, che non ne sia in una certa misura modellata, ma reciprocamente la struttura reagisce sulla sovrastruttura
    . (segue)

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  5. Le leggi che noi facciamo contribuiscono a modificare anche i rapporti sociali; lo stato, che è un prodotto sovrastrutturale, interviene nei processi della produzione, interviene nella struttura. Quindi un continuo ricambio fra struttura e sovrastruttura, un continuo influire della parte intellettuale, morale dell’umanità sulla parte tecnico-economico-materiale, e reciprocamente. Questo processo, questo rapporto continuo di struttura e sovrastruttura, costituisce il processo dialettico della storia dell’umanità…
    Esiste una interconnessione permanente per cui non possiamo fare un’analisi della società per fattori, per momenti isolati e poi metterli assieme. No, perché l’uno influenza l’altro, le strutture influenzano le sovrastrutture, le sovrastrutture influenzano le strutture. L’ideologia nasce da quel tipo di rapporti sociali; quel tipo di rapporti sociali si configura in quel certo modo e si presenta articolato in quel certo modo, perché c’è una certa struttura di base, una certa tecnologia, una certa divisione in classi
    ” [L. BASSO, cit.].

    E’ su questa linea, infatti, che si spiega la gramsciana valorizzazione della sovrastruttura come strumento nella lotta per l’egemonia, quella “… valorizzazione del fatto culturale, dell’attività culturale, di un fronte culturale come necessario accanto a quelli meramente economici e meramente politici” [A. GRAMSCI, Quaderni del carcere, a cura di V. Gerratana, Torino, 1975, 1224].

    Le sovrastrutture sono "momenti" fondamentali della lotta di classe ed hanno per Gramsci un valore teoretico-conoscitivo: “La tesi secondo cui gli uomini acquistano coscienza dei conflitti fondamentali sul terreno delle ideologie non è di carattere psicologico o moralistico, ma ha un carattere organico gnoseologico…” [A. GRAMSCI, Quaderni del carcere, cit. 1595].

    (Caro Bazaar, il mio breve "addendum" deriva dal vissuto. Un sedicente appartenente all’asinistra, e a suo modo furbo, sull’argomento mi ha sollevato un’obiezione, ovvero quella secondo cui anche noi in fondo facciamo “ideologia”, anche noi saremmo veicoli “sovrastrutturali”. Ebbene, e per chiarire meglio quanto sopra, se l’essere umano, a differenza di tutte le altre forme di vita, si caratterizza per agire in vista di uno scopo, lo scopo deve pur fare la differenza. L’attività finalizzata alla difesa della Costituzione e dei suoi principi fondamentali (al di là della obbligatorietà giuridica di detti precetti ai quali si potrebbe fare appello per chiudere la faccenda) non può essere liquidata come una “ideologia” qualunque, come un elemento sovrastrutturale tra i tanti. Per motivi ben più complessi di cui in questa sede si è già discusso, ma che è bene ribadire in sintesi, è possibile affermare che tutto il discorso sotteso alla difesa della Costituzione si identifica con le strutture ontologiche (e quindi fenomenologicamente scientifiche-veritative) sulla quale la stessa è edificata. Prima fra tutte la dignità del lavoro, fondamento indiscusso dell’uomo come essere sociale e misura dell’uguaglianza sostanziale. Contro ogni forma di oppressione. Ma capisco che in un periodo di nichilismo spinto, non può che suonare eretico parlare (e agire) secondo “verità”)

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    1. La Costituzione infatti si occupa in primis di sociotruttura, ed il significato di quella italiana in particolare è quello per il quale la coscienza etica, sociale, imprime una determinata volontà, un preciso intento per risolvere gli squilibri e le ingiustizie di carattere strutturale che opprimono la persona umana.

      Ti ringrazio tantissimo per le precisazioni, perché ricordare il momento dialettico tanto "orizzontale" all'interno dei piani concettuali, quanto "verticale" tra piani nella concretezza della realtà sociale, distingue chi ha capito qualcosa delle categorie marxiane, da chi Marx se lo fuma ai centri sociali.

      Mi ha dato soddisfazione leggere che Basso usa il verbo "reagire", simile al "retroagire" che si usò in un primo post sull'argomento.

      La scelta non è casuale in quanto la dialettica non è "simmetrica", poiché, cronologicamente, la prima azione, ovvero l'azione che imprime la forma alla struttura sociale, è quella del ceto egemone: ed il ceto egemone è tale in quanto controlla la proprietà dei mezzi di produzione e di riproduzione ed è in rapporto di forza con i ceti che non lo sono.

      I ceti subordinati quindi re-agiscono prima prendendo coscienza (da ricordare alla tua cattiva frequentazione...), quindi organizzandosi politicamente, quindi sindacalizzandosi a livello economico secondo tutele legali riconosciute dopo le lotte politiche.

      Questo fatto fa sì che le dinamiche sociopolitiche non siano completamente aleatorie ed inintelleggibili, ma mantengano delle regolarità storiche per cui queste siano oggetto di studio scientifico.

      Tutto ciò, ad esempio, permette (epistemologicamente) all'economia di essere una scienza, producendo quella obiettività che l'Etica (e gli interessi materiali che tendenzialmente la influenzano) non ha.

      Le istituzioni, in quanto costruzioni umani, poi, sono conformi al concetto con cui sono state edificate: avendo quindi una razionale intelleggibilità, queste dovranno conformarsi a leggi oggettivi, a "regolarità", anche se solo in un determinato e preciso momento storico.

      (Bellissimo, affascinante e defatigante)

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    2. Senza contare il rischio di misconoscere, per distrazione o partito preso, l'alta qualità mitopoietica (mirabile in sé e giammai a priori trascurabile a fini contro-retroattivamente demiurgici) di certe elaborazioni sovrastrutturali.

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  6. "Ripensare il pensiero, senza escludere dal pensiero il pensiero scientifico. Sembra facile a farsi e quasi banale a dirsi, ma non è così. Come è possibile che nella scienza l’idea dell’automatismo del progresso si rovesci spesso così facilmente nell’idea del fatalismo della catastrofe? Come è possibile che si sia potuta sviluppare la «leggenda» del «divorzio emancipatore» fra la scienza e la filosofia, quando è ormai evidente che questo sciagurato e dissennato divorzio ha comportato una divaricazione brutale fra una concezione puramente tecnologica della scienza ed una concezione puramente letteraria della filosofia?"

    "Il problema sta invece in ciò, che l’autorevolezza del discorso scientifico è teoricamente l’anticamera della responsabilità, mentre praticamente lo è invece della più totale e provocatoria irresponsabilità. La grande macchina giornalistica e televisiva della divulgazione scientifica è in generale del tutto ignara di questo cruciale aspetto del problema." (C. Preve, Il convitato di pietra, Vangelista Editori, Milano, 1991, pagg. 39 e 45).

    Il moralismo è l'ingiunzione disciplinante verso le vittime di questa religione nichilista, che i sacerdoti predicano nella più sprezzante, talvolta compiaciuta, indifferenza per le sofferenze da loro provocate o almeno legittimate. Lo vediamo quotidianamente.

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    1. Grazie Arturo, è il tema dei temi teorico-cognitivi: per questo forse risulta essere tanto illuminante la fenomenologia husserliana.

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    2. E più li vedi "da vicino" più "lo vedi quotidianamente" in forme pure ed intransigenti

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  7. Le èlites, manipolando la storia, sono riuscite a farci credere che l'elevato debito pubblico sia colpa degli italiani (moralismo), colpa che devono espiare con l'austerità. Sono riusciti a nasconderci che in realtà il debito pubblico è il risultato di scelte istituzionali (sovrastruttura, controllata dall'élite) volte ad imporre un modello socio-economico in cui gli squilibri del mercato ricadono sulle spalle delle classi più deboli. Le élites sanno benissimo il legame che c'è tra struttura e sovrastruttura, e sulla manipolazione di questo legame hanno costruito il loro dominio.

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    1. Sul "benissimo" ci andrei cauto. Molte volte le loro reazioni hanno solo l'intuito del branco.

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    2. Proprio così.

      I liberali Marx lo conoscono... a differenza dei marxisti.

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