domenica 1 settembre 2019

QUELLI CHE … “LA REPUBBLICA PARLAMENTARE” E L’INARRESTABILE FRATTURA DEMOCRATICA

Post (da leggere con estrema attenzione) di Francesco Maimone.

QUELLI CHE … “LA REPUBBLICA PARLAMENTARE”
E L’INARRESTABILE FRATTURA DEMOCRATICA


“… (terzo) aspetto essenziale di questo concetto di sovranità è il problema della partecipazione permanente. Il popolo è composto da tutti i cittadini e se la decisione sovrana deve intervenire con il concorso di tutti i cittadini, è necessario che tutti i cittadini abbiano possibilità di partecipare non saltuariamente ma continuamente al governo della cosa pubblica… In un ordinamento democratico ci dev’essere corrispondenza continua fra la volontà degli elettori e quella degli eletti… il nostro ordinamento conosce alcuni meccanismi volti a questo scopo, e precisamente:… d) lo scioglimento anticipato delle Camere da parte del Presidente della Repubblica che dovrebbe essere pronunciato quando fosse constatata un’aperta frattura fra Parlamento e Paese.

[L. BASSO, Per uno sviluppo democratico nell’ordinamento costituzionale italiano, in Studi per il ventesimo anniversario dell’Assemblea Costituente, IV, Aspetti del sistema costituzionale, Firenze, Vallecchi, 1969, 10-36]
1. Nelle stesse ore in cui mi accingo a confezionare questo intervento, si sta consumando - a mio sommesso avviso – l’ennesima violazione sostanziale del dettato costituzionale che non è escluso venga portata a termine in modo repentino. Ed infatti, la crisi di governo agostana, che ha condotto alle dimissioni del Presidente del Consiglio, ha innescato il conferimento di un nuovo incarico nonché le frenetiche consultazioni del Colle all’esito delle quali dovrebbe essere sancito lo sciagurato amplesso tra forze politiche accomunate dalla devozione indefessa verso L€uropa, senza che ciò suoni in alcun modo sorprendente (in particolare per i malcelati apritori di scatole di tonno rivelatisi appartenenti a pieno titolo al partito del PUD€). Posticcio Fogno di una nott€ di m€zza estat€” in salsa italica (scelga il lettore a chi attribuire, tra gli esponenti politici di spicco protagonisti del probabile sodalizio, il ruolo di Ermia e quello di Lisandro).

2. Ci si chiede, tuttavia, se la tragicomica vicenda istituzionale, alla quale per l’ennesima volta è costretto ad assistere il Sovrano buggerato, trovi legittimazione nella nostra Carta Costituzionale, ciò soprattutto (ma non solo) alla luce degli avvenimenti che hanno scandito la vita politica repubblicana quantomeno negli ultimi tre anni. Al netto del giudizio dei soloni mass-mediatici ed espertologi in merito a chi avrebbe “tradito” all’interno della vecchia coalizione di governo o, ancora, se sia stata meno avventata la mossa politica di “staccare la spina” all’Esecutivo con le tempistiche palesate, la domanda reclama una risposta di stretto diritto costituzionale. Rebus sic stantibus, è cioè consentito approntare un “Governo con maggioranza purchessia”?
Di certo per quelli che “siamo in una Repubblica parlamentare” la domanda potrà sembrare quasi insensata, corroborati per un verso da “precedenti, prassi e convenzioni costituzionali” in genere che, negli anni, hanno oscurato in modo consolidato i principi fondamentali della Cost. anche in materia di rimedi alle “crisi di gabinetto” e, per un altro, dalla dottrina dello scioglimento delle Camere quale “ultima spiaggia”, che fa della durata fisiologica della legislatura e della stabilità del Governo l’unico Grunwert delle relazioni politico-istituzionali, come se anche la stabilità non nascesse dalla coscienza democratica [“…si è parlato del tentativo di dare alla nostra democrazia condizioni di stabilità con norme legislative … oggi la disciplina, la stabilità è data dalla coscienza politica, affidata all’azione dei partiti politici…”, G. AMENDOLA, Commissione per la Costituzione, II Sottocommissione, seduta del 5 settembre 1946];
Insomma, sino a quando risultasse possibile una soluzione non traumatica della crisi – si afferma - la stessa sarebbe l’opzione da preferire, essendo quindi il Capo dello Stato tenuto a farvi luogo. Di conseguenza, “morto un governo”, è ormai consueto assistere quasi in via automatica al cerimoniale delle consultazioni all’esito delle quali, in presenza di una maggioranza comunque racimolata, sarebbe il “Parlamento sovrano” ad avere l’ultima parola.

Simili argomentazioni, a ben vedere, sembrano peccare di un tale formalismo che, se potranno essere utilizzate dai più per giustificare qualsivoglia alchimia politica sotto il crisma asettico della “legalità”, non sembrano tuttavia in grado di superare il vaglio di “legittimità” costituzionale [sulla diferenza tra “legalità” e “legittimità”, si veda C. SCHMITT, Legalità e legittimità (1932), ora parzialmente tradotto in Id., Le categorie del politico, Bologna, 2013]. Al fine di dare una risposta all’interrogativo che sopra si è posto, pare perciò che si renda necessario compulsare ancora quei principi costituzionali tanto fondamentali quanto, purtroppo, ormai accantonati.

3. In proposito, la norma dalla quale bisogna prendere le mosse è l’art. 1, comma II, Cost., la quale prevede che “La sovranità APPARTIENE al popolo”, ove il verbo “appartiene” sostituì il verbo “emana” (dal popolo) dopo ragionato ed approfondito dibattito che trovò ampia convergenza tra i Costituenti.
Afferma C. Mortati che “… Nel progetto di costituzione era detto che la sovranità “emana” dal popolo. Si osservò che questa formula avrebbe potuto indurre nella convinzione che il potere parta dal popolo ma non si fermi in esso, mentre il punto che premeva mettere in rilievo era …la permanenza dell’esercizio di questa nel popolo, come contrassegno essenziale ed ineliminabile del regime democratico che si intendeva instaurare…” [C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, I, Padova, 1969, 141].
3.1 Bisogna sottolineare, peraltro, che in sede di Assemblea Costituente non furono solo le forze di sinistra a voler mutare detta formula, ma anche rappresentanti liberali, come l’on. Luciferoche spiegò in modo cristallino le ragioni che avrebbero dovuto portare, a scanso di futuri equivoci, alla scelta del verbo “appartenere”:
Può sembrare la questione sottile, ma è una questione concettuale;…Quindi credo che la Costituzione democratica debba chiaramente sancire il concetto che la sovranità, cioè il potere, non solo appartiene al popolo, ma nel popolo costantemente risiede Ed allora bisogna impedire qualunque interpretazione che un giorno possa far pensare a sovranità trasferite o comunque delegate[R. LUCIFERO, Assemblea Costituente, seduta pomeridiana del 22 marzo 1947]. Non esistono più i liberali onesti di un tempo.
4. Il popolo, quindi, eletti i propri rappresentanti, non si spoglia mai della propria sovranità trasferendola al Parlamento, ma continua diuturnamente ad esserne il legittimo titolare. L. Carlassarre chiarisce bene tale ultimo passaggio allorché precisa quanto segue:
“… La sovranità popolare ha costituito fin dall’inizio il fondamento del sistema costituzionale repubblicano che si andava a costruire, ha orientato l’intero disegno, ispirato ogni concreta proposta. Nella Relazione di Meuccio Ruini al Progetto di Costituzione il principio  della sovranità popolare - che deve rimanere "fermissimo" - appare subito come il punto cardine cui ogni altra scelta s'ispira, in particolare quella relativa alla posizione degli organi di vertice dello Stato e ai loro rapporti: "…la sovranità spetta tutta al popolo", che è "la forza viva" cui si riconduce ogni potere degli organi dello stato, "l'elemento decisivo che dice sempre la prima e l'ultima parola". Di conseguenza il "fulcro dell'organizzazione costituzionale" è nel Parlamento, "che non è sovrano di per sé stesso, ma è l'organo di più immediata derivazione dal popolo …” [L. CARLASSARRE, Sovranità popolare e Stato di diritto, in Costituzionalismo.it, 1-2].
La stessa dottrina, nel lavoro appena citato, tiene perciò ad evidenziare come dagli atti dell’Assemblea Costituente emerga costantemente “… la lontananza (dei Costituenti) da ogni concezione che esalti la posizione degli eletti in forza della legittimazione popolare…” [L. CARLASSARRE, Sovranità popolare, cit., 28]. Venne quindi adottata una forma di governo parlamentare tesa, per ovvi motivi, ad evitare “le degenerazioni del parlamentarismo ”[così nella seduta di mercoledì 4 settembre 1946, Commissione per la Costituzione, II sottocommissione]. E la conferma di tale discorso si ricava dalle parole dei Costituenti.
M. Ruini, per tutti, nello stesso anno in cui entrò in vigore la Carta, in proposito confermò quanto segue:
Sovrano non è il Parlamento; è il popoloè il popolo che deve aver sempre la prima e l'ultima parola; ed anche se non fosse organo, ma forza motrice, l'elettricità che muove la macchina, ci basterebbe per affermare la sua sovranità” [M. RUINI, Il Parlamento nella nuova Costituzione, in Il centenario del Parlamento 1848-1948, Roma, Camera dei Deputati, luglio 1948, 407-411; “La sovranità è nel popolo, non è nel Parlamento, e noi qui contiamo unicamente per quel che rappresentiamo”, aveva tuonato R. LACONI,in Assemblea Costituente nella seduta del 5 marzo 1947].
5. Posto ciò, in effetti “ogni altra scelta” non potè che essere coerentemente calibrata dai Costituenti partendo proprio dal predetto “punto cardine”, cioè dall’aver sancito l’appartenenza della sovranità in modo costante ed inalienabile al popolo che, come tale, deve considerarsi sempre “… nell’esercizio delle proprie funzioni, che non sono soltanto quello di votare, ma altresì quelle di sorvegliare, controllare, criticare e insomma fare quanto è necessario perché la sua vera volontà…si traduca in azione politica” [L. BASSO, Il Principe senza scettro, cit., 171].
In tal senso, è indicativo proprio il ruolo del popolo che emerge “… dalla Relazione sul potere legislativo di Costantino Mortati. Esponendo i tipi concettualrnente possibili di ordinamenti democratici moderni… egli distingue in primo luogo "i sistemi nei quali al popolo è affidata una funzione di pura e semplice preposizione alla carica dei titolari degli organi costituzionali elettivi (che danno vita alle forme meramente rappresentative)" dai sistemi, invece, "in cui il popolo designa anche, in modo più o meno esplicito o diretto, gli indirizzi politici , e quindi appare come organo di espressione di una concreta volontà politica". La nostra Costituzione sicuramente non ha inteso dar vita a una forma "meramente rappresentativa" ….
Circa le forme "in cui è prevista la possibilità dell'accertamento in ogni momento della corrispondenza tra la volontà del popolo e quella degli organi rappresentativi, e quindi è prevista l'adeguazione tra le due volontà per mezzo della riduzione della durata normale di vita degli organi elettivi", descrive  i" mezzi  tipici" destinati a mantenere l'accordo, i mezzi  tipici per  Mortati sono: "il principio della responsabilità politica del governo innanzi al Parlamento, e la dissoluzione delle Camere elettive in caso di presunto disaccordo con la volontà  popolare…". [così, L. CARLASSARRE, Sovranità popolare, cit., 28-29], dissoluzione che (si legge tra l’altro nella Relazione di Mortati) “… può essere determinata o dalla necessità di affrontare problemi di notevole importanza politica non agitati in occasione della elezione del Parlamento in carica; o dal sospetto di mutamenti intervenuti nello stato della pubblica opinione durante la legislatura (fra i sintomi più caratteristici sono da ricordare i risultati di elezioni parziali ”.

6. Ciò che i Costituenti intendevano affermare è che, se la sovranità appartiene al popolo e se, come diretta conseguenza, la Costituzione avrebbe dovuto adottare un regime parlamentare non “meramente rappresentativo”, è gioco forza dedurne che sarebbe stata indispensabile in ogni momento una rispondenza tra la composizione del Parlamento (dal quale ogni Esecutivo dipende) e la reale configurazione politica del Paese. D’altronde, sarebbe un ossimoro giuridico predicare “l’appartenenza” permanente ed inalienabile della sovranità al popolo (che deve avere sempre “la prima e l’ultima parola”) se a quest’ultimo fosse concesso di votare soltanto una volta e per tutte i propri rappresentanti e poi gli fosse impedito, per il prosieguo della legislatura, di poter continuare ad esercitare la propria sovranità.
La costante e permanente appartenenza della sovranità al popolo, pertanto, implica di necessità “… che gli organi dello Stato, cioè lo Stato-apparato, debba essere interprete fedele della volontà popolare secondo quanto prescrive appunto l’art. 1 della nostra Costituzione…la formula usata da questo articolo [implica] delle conseguenze giuridiche, e pensiamo che proprio una conseguenza giuridica sia quella relativa alla necessaria corrispondenza fra la reale volontà popolare e gli organi a cui il popolo affida l’attuazione di questa volontà, in modo particolare, naturalmente, le assemblee parlamentari…Per queste ultime l’essenza dello Stato democratico esige…che la corrispondenza sia il più possibile perfetta, cioè che le assemblee parlamentari siano la fotografia il più possibile fedele dei contrasti di opinioni e di tendenze politiche che esistono nel Paese. E in concreto possiamo ritenere che l’ordinamento italiano accolga questa esigenza. Infatti, il rapporto fra l’Italia, cioè il popolo italiano, e la Repubblica, cioè gli organi statali, sarà veramente democratico…quanto più il Parlamento sarà lo specchio fedele del popolo” [L. BASSO, Il Principe senza scettro, cit., 172].

7. In sostanza, è possibile convenire con lo stesso Basso che “noi viviamo in un sistema di presunzioni: presunzione di fiducia che il Governo abbia dalla Assemblea e presunzione di consonanza fra la volontà dell’Assemblea e la volontà del paese; ma presunzioni che durano fino a prova contraria ” [L. BASSO, Il colpo di Stato di De Gasperi, cit.].
Che la nostra Carta Costituzionale postuli tale consonanza presuntiva di volontà fra corpo elettorale ed Assemblea legislativa è possibile ricavarlo, secondo Mortati, da due istituti presenti in Costituzione. Infatti i diritti del Parlamento si basano sulla presunzione che esso interpreti sempre la volontà popolare, e la nostra Costituzione ha voluto che fosse possibile controllare questa coincidenza creando a tale scopo proprio due strumenti: l’appello al popolo mediante il referendum popolare (ovvero, il controllo al quale una parte ha diritto di sottoporre le decisioni dell’Assemblea allo scopo di verificare se realmente la volontà dell’Assemblea coincide con quella del corpo elettorale), e il potere del Capo dello Stato di decretare lo scioglimento delle Camere allorché ritenga che detta coincidenza non sussista più.
7.1 In particolare, con riferimento allo scioglimento anticipato dell’Assemblea, è da notare che sin dall’edizione del 1952 del suo Istituzioni di diritto pubblico Mortati ebbe ad affermare (con ciò confermando quanto già relazionato in sede di Assemblea Costituente) che “… l’istituto di armonizzazione fra rappresentanti e rappresentati, fra Parlamento e corpo elettorale, che meglio appare adeguato alla struttura propria del regime parlamentare, è quello già ricordato dello scioglimento delle Camere elettive…Per quanto riguarda LA FINALITÀ DELLO SCIOGLIMENTO, ESSO IN REGIME DEMOCRATICO NON PUÒ ESSERE CHE UNA: L’ACCERTAMENTO DELLA CORRISPONDENZA DEL POPOLO E QUELLA DEI SUOI RAPPRESENTANTI”, ciò sempre in ragione della “… accentuazione del potere politico del corpo elettorale in armonia con la trasformazione prodottasi nelle democrazie moderne, le cui manifestazioni non paiono più contenibili nello schema della pura rappresentanza, e che risulta dall’ampia possibilità offerta di scioglimento delle Camere, nell’intento di fare dell’appello del popolo IL MEZZO NORMALE DI SOLUZIONE DELLE CRISI COSTITUZIONALI” [C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, I, Padova, 1952, 314-315; 323].
7.2 D’altronde, bisogna considerare che, per far in concreto sentire la propria voce, il popolo (riunito in “corpo elettorale” inteso quale “… parte dell’elemento personale dello stato fornito di poteri di partecipazione all’attività politica statale…attinente alla determinazione ed allo svolgimento della direzione politica…”, così C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, II, Padova, 1969, 399-400) non ha altri strumenti se non quello del voto.
Mortati, ancora, espone in modo magistrale questo concetto nel seguente passaggio, allorché sostiene che quanto ai mezzi “… offerti ai cittadini per consentire un loro intervento nell’attività dello stato (diritto di petizione e di iniziativa popolare) è da osservare come essi si rivolgono in manifestazioni di mero desiderio, in nessun modo vincolanti, e rivelatisi all’esperienza pratica sforniti di concreta efficacia.
 Sicchè (se si prescinde dal diritto di resistenza, strumento per sua natura eccezionale ed aleatorio nei risultati) la sola arma efficiente affidata ai cittadini politicamente attivi…è quella del voto per l’elezione dei componenti i corpi preposti alla direzione politica dello Stato”, di modo che “… In mancanza di un potere popolare di revoca degli eletti… 
...la consonanza fra eletti ed elettori è affidata alla funzionalità, tutt’altro che efficiente da noi, di quei congegni (come il presidende della repubblica) cui dovrebbe essere affidato il compito circa la permanenza della consonanza stessa, e quindi L’EFFETTIVITÀ DEL REGIME DEMOCRATICO VOLUTO INSTAURARE” [C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, II, Padova, 1969, 442].

7.3 Quanto appena detto, secondo i rilievi formulati al riguardo ancora da L. Basso, è (o dovrebbe essere) assolutamente “… normale una volta che si consideri la sovranità come spettante al popolo reale e tutti gli organi governativi come strumenti di attuazione della sua volontà: è normale, cioè che il Capo dello Stato, custode del rispetto della Costituzione, sciolga il Parlamento, cioè praticamente chieda al popolo di scegliersi altri rappresentanti quando ritenga che quelli esistenti non rispecchino più fedelmente la volontà, siano cioè dei rappresentanti infedeli” [L. BASSO, Il Principe senza scettro, cit., 173]. Piaccia o no, la sovranità popolare è principio omnibus, al di là delle interpretazioni patafisiche della Costituzione che vengono ululate ormai da anni.
Quindi, anche quando si appuri una “frattura” fra rappresentanti e corpo elettorale, cioè si palesi una crisi di rappresentatività dell’organo elettivo per mancata corrispondenza fra Parlamento e corpo elettorale dovuta a mutamento della situazione politica all’interno del Paese, il Capo dello Stato diviene l’interprete diretto del corpo elettorale e non può non prendere atto del rinnovato contesto dall’alto del suo ruolo di organo neutro e di garanzia.
7.4 Non a caso, Meuccio Ruini, sin dalla propria Relazione al progetto di Costituzione, si preoccupò di affermare in materia di scioglimento delle Camere ad opera del PdR, che “… Più grave e penetrante d'ogni altro intervento è poi la facoltà del Presidente della Repubblica di sciogliere le camere…L'affermazione di Mirabeau che “lo scioglimento è il mezzo migliore di lasciar modo di manifestarsi all'opinione pubblica, che non ha mai cessato di essere la sovrana di tutti i legislatori” riecheggia oggi nella dichiarazione di Blum che “lo scioglimento delle camere è la chiave di volta di un ordinamento democratico…[M. RUINI, Relazione al progetto di Costituzione presentata all’Assemblea il 6 febbraio 1947]. L’autorevolezza dell’intervento di Ruini non fu ovviamente un caso isolato.
7.5 Ed infatti, in Assemblea, dipanatasi la discussione in ordine alla previsione o meno del potere in capo al Presidente della Repubblica di sciogliere le Camere (considerata l’importanza dell’atto) e risoltasi poi nel senso di ammetterlo, non vi fu dubbio alcuno che detto potere fosse visto dai Costituenti come uno strumento per ristabilire “un equilibrio che è venuto meno. Ma lasciamo che a parlare siano ancora i nostri Padri Costituenti:
Il potere di scioglimento è considerato, da tutti, il mezzo caratteristico del meccanismo per ristabilire un equilibrio venuto meno, per creare un nuovo rapporto di fiducia che si è rotto fra la maggioranza dell'Assemblea e il Governo o per accertare la corrispondenza fra gli orientamenti popolari e quelli degli organi rappresentativi, in base al sospetto di mutamenti intervenuti, nello stato della pubblica opinione, durante la legislatura, o per affrontare problemi di considerevole importanza politica, non agitati nel corso della campagna elettorale, ecc. È l'intervento della volontà personale del Capo dello Stato nel Governo, nel Parlamento, nel Paese: possibile sempre, specie in momenti delicati e complessi e con l'esistenza di forze politiche frazionate...” [Così V. LA ROCCA, Assemblea Costituente, seduta del 12 settembre 1947];
“… Sciogliere le due Camere significa constatazione della esistenza di un contrasto tra il paese ed i suoi rappresentanti” [A. ROMANO, Assemblea Costituente, seduta del 21 ottobre 1947];
… Non c'è nessun dubbio che nel sistema della nostra Costituzione lo scioglimento anticipato sia una necessità. Si potrebbe pensare diversamente se avessimo ammesso il sistema della legislatura breve, ma con Camere che durano cinque o sei anni e con la mutevolezza della pubblica opinione in Italia, sarebbe impossibile immaginare un sistema diverso. Lo scioglimento è inevitabile…” [P. ROSSI, Assemblea Costituente, seduta del 24 ottobre 1947].
L’on. Aldo Moro, nella stessa seduta del 24 ottobre 1947, sostenne in modo che non può dare adito ad alcun fraintendimento: “… Dichiaro che il nostro Gruppo, ritenendo che il potere di scioglimento delle Camere sia uno strumento indispensabile per adeguare la rappresentanza popolare ai reali mutamenti dell'opinione pubblica, al di fuori della durata normale delle legislature, voterà in favore dell'articolo 84 (poi l’attuale art. 88 Cost.) e contro tutti gli emendamenti modificativi…”.
In sostanza, l’Assemblea convenne sui contenuti e le riflessioni esposti da Costantino Mortati (vera anima giuridica dell’Assemblea) nella propria Relazione menzionata sopra al p.5.

7.6 Nonostante l’evidenza e la concordanza delle parole sopra riportate, bisogna tuttavia constatare, secondo la dottrina, che:
 … Stranamente oggi trascuriamo alcuni degli aspetti più classici dei poteri di garanzia del Presidente, che ha, sì, il dovere di prendere atto di una maggioranza parlamentare idonea a sostenere un governo, ma anche quello di accertarsi che tale maggioranza non sia in contrasto con quella espressa dal corpo elettorale o comunque che non ci sia una “frattura” consolidata (per esempio attraverso diverse elezioni e prove referendarie) e inaccettabile (per l’evidenza dell’opinione pubblica) fra la maggioranza parlamentare e l’orientamento prevalente del Paese” [Così A. SPADARO, Poteri del Capo dello Stato, forma di governo parlamentare e rischio di “ribaltone”, in forumcostituzionale.it; nello stesso senso si vedano, tra gli altri, P. BARILE, I poteri del Presidente della Repubblica, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1958, VIII, fasc. 2, 332 ss.; V. CUOCOLO, Istituzioni di diritto pubblico, Milano, 1992, 381; L. CARLASSARE, Il Presidente della Repubblica (art. 88-91), in Commentario della Costituzione, a cura di G. BRANCA, Bologna, 1983, 12-13 e 61-64P. COSTANZO, Lo scioglimento delle assemblee parlamentari. II, Studio sui presupposti e i limiti dello scioglimento nell’ordinamento repubblicano italiano, Milano, 1988, 93].
Pertanto, volendo riassumere, si può dire che in base a quanto si evince dai lavori dell’Assemblea Costituente e secondo le convincenti ricostruzioni dottrinali, lo scioglimento delle Camere da parte del Capo dello Stato deve essere giustificato anche per un vizio funzionale nel rapporto tra corpo elettorale e Camere, vizio che di solito si manifesta in itinere (ovvero dopo la formazione di un primo Esecutivo) e che configura quello che la dottrina ha efficacemente definito come “sopravvenuto difetto di rappresentatività”, ovvero il venir meno della “rappresentatività dei rappresentati[così A. RUGGERI, Crisi di governo, scioglimento delle Camere e teoria della Costituzione, in forumcostituzionale.it, 6].


8. Orbene - per tornare al presente e volendo esporre quella “prova contraria” alla “consonanza tra volontà dell’Assemblea e la volontà del Paese” di cui parlava Basso - appare innegabile che almeno dal 2016 ad oggi, ed in particolare dall’indomani dei risultati del referendum costituzionale, il sentimento politico del Paese sia sostanzialmente mutato, soprattutto nei riguardi di quelle forze politiche (ci si riferisce in primis al PD, ed i suoi satelliti vari, nonché al M5S) che oggi si appresterebbero ad appoggiare il nuovo esecutivo.
Al di là della decenza (se proprio non può esigersi coerenza) che anche in politica non guasta e della quale, francamente, nella fattispecie si rinvengono dosi modestissime (tali da far apparire di per sé già inaccettabile all’opinione pubblica un connubio tra forze che per anni in pubblico si sono letteralmente disprezzate ed insultate, con strascichi che la cronaca ci indica non di rado anche giudiziari), bisogna infatti evidenziare come ad oggi quelle stesse forze politiche assise in Parlamento dopo le consultazioni politiche del marzo 2018 paiono non rispecchiare più fedelmente la volontà del corpo elettorale.
E tali considerazioni non discendono da meri sondaggi elettorali, ma si basano fenomenologicamente sui risultati pubblici delle ultime consultazioni (segnatamente, amministrative ed europee) che nelle more si sono susseguite e che hanno notoriamente registrato tutte un clamoroso calo di consenso popolare proprio per le compagini politiche in parola che, a quanto pare, al di là delle dichiarazioni di facciata, oggi sarebbero accomunate solo dalla preannunciata benedizione de L€uropa (che tanta pace e prosperità deflattiva, come sappiamo, ha portato al nostro Paese).
Viene da chiedersi, in tal senso, come possa il corpo elettorale accettare gli improsvvisi mutamenti di “indirizzo politico” esternate tanto da parte del “nuovo” Presidente incaricato quanto da parte di forze politiche che per anni si sono dichiarate (almeno in pubblico) del tutto alternative l’una all’altra e che in pochi giorni, al solo scopo di evitare le urne e dare l’ultima parola al legittimo Sovrano, stanno inscenando un autentico vaudeville affannandosi ad approntare improbabili quanto consuete e distopiche (se riferite alla democrazia sociale necessitata imposta dalla Carta) convergenze di programma.


9. Il discorso non muta quand’anche, per assurdo, non si vogliano considerare i “fatti sopravvenuti” di cui si è detto. 
Bisogna infatti rilevare, sempre in punto di diritto, che il nuovo esecutivo verrebbe appoggiato da forze che alle elezioni politiche del marzo 2018 – ed in virtù della nuova legge elettorale che ammette le coalizioni” - non hanno singolarmente riportato la maggioranza relativa più alta. La coalizione di centrosinistra ha infatti ottenuto il 22,8% dei voti (con il PD quasi al 19%) ed il M5S il 32,7%, mentre era stata la coalizione di centrodestra ad aver riportato il 37% dei voti. E la legge elettorale, come ha rilevato la dottrina, per quanto imperfetta sia, non è una variante trascurabile della forma di governo.
E’ stato osservato, sul punto, che “… In questo stadio dell’evoluzione della forma di governo parlamentare italiana, i limiti o vincoli costituzionali che incontra il capo dello Stato sono due a) alla luce delle indicazioni della Carta, il governo della Repubblica deve avere la fiducia della maggioranza dei componenti delle Camere; b) alla luce del sistema elettoralela maggioranza delle Camere che sostiene il governo deve essere coincidente con quella espressa dal corpo elettoralein assenza della seconda condizione, il governo – pur godendo della fiducia parlamentare - non gode però della fiducia del corpo elettorale e…inevitabilmente rischia di inserirsi nella tradizione italica legata al malcostume del trasformismo politico...” [A. SPADARO, Poteri del Capo dello Stato, cit., 5].

9.1 Nello stesso senso, è stato anche evidenziato che la formazione di un nuovo Governo, in passato… giudicata incondizionatamente possibile… è stata negli anni a noi più vicini ammessa unicamente in quanto idonea a prendere corpo in seno alla stessa maggioranza di partenza (l’Autore, in nota, riporta il caso della nascita del I Governo D’Alema ed alla motivazione nella circostanza data dal Capo dello Stato del proprio operato); il che, a quanto pare, vale come dire che, in presenza di consistenti alterazioni strutturali che investano la coalizione di governo (e, dunque, la “formula politica” cui essa dia luogo) e/o di parimenti sostanziali mutamenti riguardanti l’indirizzo politico, non resterebbe che andare diritto al voto, ALLA VERIFICA DELLA CONSONANZA POLITICA TRA ELETTORI ED ELETTI: come suol dirsi, della rappresentatività dei rappresentanti” [A. RUGGERI, Evoluzione del sistema politico-istituzionale e ruolo del Presidente della Repubblica, in forumcostituzionale.it, 8].

In definitiva, e concordando con la dottrina citata, pare che non possa negarsi che “… il vincolo suddetto (ovvero quello della “formula politica”) abbia basi normative (addirittura in un principio fondamentale dell’ordinamento), NEL QUADRO DI UNA RICOSTRUZIONE DELLA COSTITUZIONE COME “SISTEMA”, CHE PORTI DUNQUE A RIVEDERE GLI ENUNCIATI DI NATURA ORGANIZZATORIA ALLA LUCE DEGLI ENUNCIATI DI VALORE. Ammettere il superamento della “formula politica” in occasione di crisi di governo sopravvenute al fatto elettorale può alimentare OPERAZIONI DI TRASFORMISMO POLITICO che, forse, potranno anche considerarsi consentite in base ai disposti degli artt. 92 e 94 cost., isolatamente considerati, non pure però, a mia opinione, in base alle norme di valore della Carta, e segnatamente a QUEL VALORE DEMOCRATICO CHE DÀ SENSO, UN SENSO REALE E NON MERAMENTE DI FACCIATA, ALLE ESPRESSIONI DI VOTO DEL CORPO ELETTORALE
Ed è dunque da chiedersi se preservare la legislatura - costi quel che costi - debba essere la cura principale (diciamo pure, una sorta di chiodo fisso) del Capo dello Stato, come invero parrebbe esser stato (e seguitare ad essere), così come, da una prospettiva più ampia, è da chiedersi se seguitare stancamente a ripetere ed a fare utilizzo di taluni schemi teorici ispirati al pur innegabile principio della salvaguardia dell’autonomia delle istituzioni e della politica renda davvero un servizio a queste ultime, laddove di contro certe manifestazioni di trasformismo politico…portano unicamente ad aggravare la disaffezione e la sfiducia dei cittadini nei riguardi dei governanti ed a rendere perciò sempre più marcato lo scollamento dei partiti dalla società cui pure appartengono…” [A. RUGGERI, Evoluzione del sistema politico-istituzionale, cit.].
Ma tant’è, sembra ormai che la “… democrazia [sia] fraintesa, alterato il ruolo del popolo sovrano, rovesciato il pensiero dei Costituenti…” [L. CARLASSARRE, Sovranità popolare, cit., 28].


10. Se andasse veramente in porto l’operazione politica di cui si discute (l’ennesima), come potrebbe non insinuarsi nel Popolo, a questo stadio oramai avanzato, il dubbio (o la conferma, per i cittadini più coscienti) che a decidere delle sorti dell’Italia sia ormai da decenni quella “oligarchia sovrana” del “governo sopranazionale dei mercati” denunciata da L. Basso già negli anni ‘60? 
E come si potrebbe, appunto, evitare che cresca “… la sfiducia nei pubblici poteri che, dietro la facciata delle istituzioni apparentemente democratiche, [vanno] sempre più distaccandosi dal “popolo sovrano” - vero “principe senza scettro” - per concentrarsi nelle mani di una ristretta oligarchia formata dai vertici economici, politici, ecclesiastici e burocratici...”? [L. BASSO, L’opposizione senza scettro, in Astrolabio, 29 maggio 1966, n. 22, 12-14].  
Questi sono gli ulteriori interrogativi che, in calce alla breve riflessione esposta, si possono rivolgere – nelle incerte contingenze odierne, ma anche per quelle immediatamente venture - a tutti quegli organi cui è affidato il compito di garantire il rispetto sostanziale della nostra Carta costituzionale.

8 commenti:

  1. Quanto appena detto, secondo i rilievi formulati al riguardo ancora da L. Basso, è (o dovrebbe essere) assolutamente “… normale una volta che si consideri la sovranità come spettante al popolo reale e tutti gli organi governativi come strumenti di attuazione della sua volontà: è normale, cioè che il Capo dello Stato, custode del rispetto della Costituzione, sciolga il Parlamento, cioè praticamente chieda al popolo di scegliersi altri rappresentanti quando ritenga che quelli esistenti non rispecchino più fedelmente la volontà, siano cioè dei rappresentanti infedeli…” [L. BASSO, Il Principe senza scettro, cit., 173].

    Ciao a tutti :) (grande post come al solito)

    Mi ricordava qualcosa…….

    Anonimo5 gennaio 2017 16:03
    Come ha detto con nitore "classico", anche se ahimè tremendamente astratto, Lorenza Carlassare (Nel segno della Costituzione, Feltrinelli, Milano, 2012, pagg. 55-6) "l'appartenenza continua della sovranità al popolo stabilita all'art. 1 della Costituzione" implica che gli organi dello Stato siano "lo strumento attraverso il quale il popolo esercita la sua sovranità".

    Visto che cita anche Basso, rara avis di questi tempi, facciamolo anche noi (Il principe senza scettro, Feltrinelli, Milano, 1998 [1958], pagg. 177-8): "il rapporto fra l’Italia, cioè il popolo italiano, e la Repubblica, cioè gli organi statali, sarà veramente democratico, come vuole il primo articolo della Costituzione, quanto più il Parlamento sarà specchio fedele del popolo. Che questa consonanza sia postulata dalla nostra Costituzione emerge però anche da altre disposizioni, e perlomeno da due istituti espressamente disciplinati, cioè il referendum abrogativo e lo scioglimento anticipato delle Camere. Il referendum abrogativo è in pratica un diritto di appello al popolo sovrano contro le decisioni dei suoi rappresentanti in Parlamento e tende precisamente a verificare se la maggioranza parlamentare ha interpretato esattamente la volontà popolare [...] Tutto ciò del resto è normale una volta che si consideri la sovranità come spettante al popolo reale e tutti gli organi governativi come strumenti di attuazione della sua volontà: è normale cioè che il popolo annulli con il referendum abrogativo le decisioni che non approva, ed è normale che il Capo dello Stato, custode del rispetto della Costituzione, sciolga il Parlamento, cioè praticamente chieda al popolo di scegliersi altri rappresentanti, quando ritenga che quelli esistenti non ne rispecchino più fedelmente la volontà, siano cioè dei rappresentanti infedeli.”.

    http://orizzonte48.blogspot.com/2017/01/parlamentarismo-stato-di-eccezione.html?showComment=1483628601070#c6451752161526902687

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  2. Ciao Max, tutto bene?

    “è cioè consentito approntare un “Governo con maggioranza purchessia”?

    ho letto che per gli iscritti M5s c’è il voto sulla piattaforma Rousseau

    naturalmente concordo con questo:

    8. Rimane un interrogativo: ma la democrazia diretta sarebbe "praticabile", cioè sarebbe una forma attuabile e non controllabile, in assenza di un "vincolo esterno"?

    [ ]

    9. Al riguardo, riportiamo, più sotto, quanto detto da Bazaar in un precedente post.
    E va precisanto che, quanto, in tale ragionamento, vale per le "istanze liberali", vale altrettanto per le continue esigenze di rimescolamento sondaggistico in cui consisterebbe la democrazia diretta.
    Laddove, appunto, l'agenda delle priorità da sottoporre a sondaggio sarebbe naturalmente, se non inevitabilmente, condizionabile dai poteri economici prevalenti di fatto.
    In altre parole, ipotizziamo di svolgere un referendum su tutti i possibili punti di pubblica decisione "rilevanti": ma chi stabilisce il metodo di concepimento iniziale, la priorità e la stessa proponibilità dei quesiti?
    Forse può disciplinare questi presupposti fondamentali una massa inconsapevole dei possibili condizionamenti dell'intero spettro mediatico, il quale, in realtà, programma automaticamente (sarebbero sprovveduti se non lo facessero) il controllo dell'informazione insieme con quello della controinformazione?
    O forse, li potrebbe stabilire, (auto)affermandosi libero da ogni condizionamento dalle segnalate dinamiche del potere mediatico e dimenticando ogni memoria storica delle lotte per la democrazia nonché le formule istituzionali in cui sono state trasposte, un collettivo di individui colpiti dall'effetto Dunning-Kruger?

    10. Si obietta: l'evoluzione storica, sociale e tecnologica comporta sempre nuovi problemi, specie in campo ambientale e di tutela del consumatore.

    Ma davvero è così?
    Davvero, esistono dei problemi che possono prescindere dal tipo di regolazione del mercato del lavoro e dall'azione di intervento politico-economico dello Stato nel promuovere l'eguaglianza sostanziale?
    Le tutele del lavoro, della salute, del paesaggio, delle esigenze previdenziali e di istruzione (pubblica) di tutti i cittadini, che la Costituzione impone, perchè non basterebbero a garantire la soluzione anche di problemi che non sono altro che forme aggiornate, ma non nuove, di quelli che avevano ben presenti i Costituenti?
    L'anelito alla democrazia diretta non si occupa di rispondere a questi ultimi interrogativi; anzi li ignora proprio.
    E proprio per questo, non a caso, abbiamo visto, le oligarchie continuano a fregarsi le mani nell'ombra (dei media che controllano), al pensiero di poter predeterminare comunque l'agenda che consente di rimettere in discussione ogni caposaldo della democrazia lavoristica.

    http://orizzonte48.blogspot.com/2015/11/democrazia-diretta-tra-vincolo-esterno.html

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  3. Quelli che non credono nelle Costituzioni purtroppo non solo prevalgono, ma costituiscono proprio la quasi interezza di tutte le forze politiche che attualmente siedono in Parlamento. E sottolineo tutte, anche le due forze politiche che hanno dato vita al Governo di cui Lei stesso ha fatto parte, e che hanno avviato e concluderanno una riforma costituzionale che taglierà con l'accetta il numero dei parlamentari al solo fine di risparmiare due spiccioli, senza essersi minimamente interrogati circa l'impatto che questa riforma avrà sul rapporto di rappresentanza tra elettori ed eletti, rapporto che una volta era tenuto in considerazione tale che la Costituzione originariamente neppure fissava un numero esatto di deputati e senatori, lasciando che questo venisse di volta in volta calcolato in ragione della popolazione.

    Che il Parlamento rappresenti nella maniera più fedele possibile il popolo sovrano ormai non importa più a nessuno, importa solo che il Parlamento non metta i bastoni tra le ruote al Governo, a sua volta ridotto a mera agenzia locale di organismi sovranazionali secondo alcuni, ovvero a mera estensione del "premier" secondo altri...

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    1. e Basso lo sapeva:

      Francesco Maimone18 aprile 2018 16:48

      Per tornare al tema del post, il Parlamento “non è più l'organo supremo del potere politico, ma si deve far finta che lo sia perché possa continuare a parlarsi di un potere democratico. IL POTERE EFFETTIVO, CHE TENDE A DIVENTARE SEMPRE PIÙ OLIGARCHICO, SI SERVE ORA DI CANALI EXTRA-ISTITUZIONALI per aggirare il Parlamento e PRENDERE LE SUE DECISIONI AL DI FUORI DI ESSO, soprattutto al di fuori del controllo di quella opposizione che rappresenta interessi antagonistici. Questo non significa che il parlamento non conta assolutamente più nulla; è sempre strumento d'intervento ed è una sede di lotta in cui bisogna essere presenti, ma bisogna riconoscere che il sistema opera per svuotarlo anche delle possibilità che gli sono rimaste…

      Con il pretesto di rispettare antiche e venerande tradizioni, si lascia sussistere il parlamento press'a poco come era un secolo fa, e in tal guisa lo si riduce sempre più al ruolo di paravento dall'apparenza democratica, di vernice democratica che viene data su una società la quale tende, viceversa, AD ESSERE SEMPRE PIÙ OLIGARCHICA E SEMPRE MENO DEMOCRATICA…” [L. BASSO, Potere e Parlamento, in Potere e istituzioni oggi, Torino, 1972, 1-27].

      “… La tendenza a trasformare il parlamento in una pura facciata, dietro la quale si consolida un vero e proprio regime oligarchico, è, in forme diverse, in rapido progresso. Un'analisi dei meccanismi in atto nei vari paesi sarebbe di estremo interesse, oltre che d'importanza pratica per una battaglia democratica. Per ora possiamo solo prendere atto di una cosa: la democrazia occidentale ha cessato di essere un modello” [L. BASSO, Il Parlamento come pura facciata?, in Il Messaggero, 12 luglio 1977].

      Non c'è più bisogno nemmeno di distrarre il pubblico; sono denari che €SSI potrebbero risparmiare.

      (Con questi presupposti ben noti, anche il mago Otelma indovinerebbe l’esito delle consultazioni. O forse no? )

      http://orizzonte48.blogspot.com/2018/04/la-ratifica-il-parlamento-al-tempo.html?showComment=1524062918344#c4607081102797432904

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  4. Ringraziamo Francesco per questa boccata d’aria fresca, che ci ricorda la grandissima importanza che aveva la rappresentanza per i costituenti e per chi ne ha inteso e condiviso lo spirito.

    Direi che la rappresentanza è sia bene strumentale, nel senso di garanzia, come diceva il vecchio Lavagna, rispetto alla complessiva attuazione della Costituzione, sia bene finale, in quanto anello fondamentale della complessa catena della “effettiva partecipazione”.

    L’esegesi delle norme procedurali è anche un’occasione particolarmente proficua per cogliere la validità dell’insegnamento ermeneutico secondo cui il diritto non è solo forma, ma “la forma di un senso”, come dice Romano: “La norma — se si può continuare ad usare quest’immagine — deve essere guidata verso la meta, essa coglie nel segno non in maniera logica, ma teleologica. Per questo, per gli atti dell’applicazione della norma sono determinanti quelle rappresentazioni della meta che sono legate alla norma come modello di regolamentazione — cioè, la sua cosiddetta ratio —.” (J. Esser, Precomprensione e scelta del metodo nel processo di individuazione del diritto, ESI, Napoli, 1983, pag. 29).

    Il problema si presenta ovviamente sotto tutti i cieli: “The pages of publications like The Guardian are replete with articles by “constitutional experts”, exploring the various arcane ways in which so-called “democrats” could manipulate constitutional and parliamentary rules and practice so as to frustrate the will of the people by preventing a “no deal” Brexit — and all this supposedly in the name of democracy!” (qui la fonte).

    La funzione dei principi fondamentali è tra l’altro proprio quella di definire quella meta, esplicitandola ed impedendone l’individuazione in “precompresi” e non discutibili presunti imperativi funzionali: assicurare la governabilità ( o la stabilità che dir si voglia), attirare gli investimenti, rassicurare i mercati, fare le riforme, (salvare l’euro), eccetera.

    Questo per dire che l’apparente rispetto delle norme procedurali tale è: apparente.

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  5. "...non resterebbe che andare diritto al voto, ALLA VERIFICA DELLA CONSONANZA POLITICA TRA ELETTORI ED ELETTI: come suol dirsi, della rappresentatività dei rappresentanti…”

    Questo argomento (e lo dico con la morte nel cuore) è debole, perché la formazione delle liste elettorali consiste essa stessa nella stesura di un elenco di soggetti 'amici' da parte di un segretario politico, espressione temporanea di potentati nazionali (schieramento Lega/FDI) o transnazionali (tutti gli altri) organizzati.

    L'unico criterio per la scelta degli eventuali candidati è infatti la percezione contingente del segretario di raccogliere più voti candidando per es. Bagnai piuttosto che candidando Siri o Giorgetti.

    Il tutto risulta poi aggravato dal sistema maggioritario (che per es. non permetterà mai a Casapound o ai comunisti di Rizzo di entrare in parlamento).

    Mancando una via di accesso dal basso alla formazione delle liste elettorali (non ci sono più le sezioni dei partiti di massa), essendo utopia il 'veto astensionistico', sciogliere oggi le camere per 'verificare la rappresentatività dei rappresentanti' rimane in buona sostanza un mero rito elettorale per dare più seggi ai nominati di un partito rispetto ai nominati di un altro.

    Il vero problema è che a nessun segretario di nessun partito politico interessa veramente l'osservanza sostanziale della Costituzione.

    Come per i libri sacri oggi chi legge la Costituzione ci trova solo quello che ci vuole trovare! Voglio dire, un apostata, forse anche esperto di libri sacri, ci dice tutti i giorni che i poveri sono i palestrati clandestini.

    Certo, la Lega di Salvini oggi rappresenta per molti versi il meglio dell'offerta politica, ma siccome CSM, Magistratura, Corte Costituzionale, PdR, Corte di Cassazione, parlamentari etc. etc. sono totalmente PUD€ (con alcune eccezioni che rimangono appunto tali) è perlomeno ingenuo credere che questa 'cupola' (come la definisce Veneziani) possa mai permettere a Salvini di raggiungere la maggioranza parlamentare giocando pulito.

    Possiamo però resistere, svolgendo la nostra azione sociale come in questo magnifico blog, ed aspettare il "crollo dell'impero", sperando che in quel momento ci sarà un nucleo dirigente sufficientemente capace di fare la guerra.

    In fondo l'Italia unita e repubblicana si è fatta grazie a Solferino, Sadowa, Sedan, Caporetto, 25 Luglio/Cassibile/8 settembre (quindi non certo grazie a brillanti vittorie).


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