tag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post1430640471751517243..comments2024-01-26T15:32:41.629+01:00Comments on Orizzonte48: STORIA E DEMOCRAZIAQuarantottohttp://www.blogger.com/profile/06816556453620678760noreply@blogger.comBlogger13125tag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-21652784463865035392019-06-02T08:47:59.809+02:002019-06-02T08:47:59.809+02:00Sindacalisti: recitano il compitino si’, un compit...Sindacalisti: recitano il compitino si’, un compitino che non nasce senza storia come tu scrivi del resto. Una storia che necessita anche di elementi sovrastrutturali oltre che della marcia liberista presa dal PCI a partire dal 1976 (o quando fu il convegno degli intellettuali all’Eliseo) e ben riecheggiata da un Lama l’anno successivo. I quaranta-cinquantenni, quelli oggi attivi, hanno conosciuto il pacifismo come prima forma di mobilitazione. Erano troppo giovani per avere realmente attraversato ‘68 e ‘77 che costituivano una memoria mitizzata condivisa (a proposito di memoria); dalle sconfitte, perché tali furono, di quei movimenti era rimasto loro il desiderio di un modo di vivere « alternativo » che non poteva più trovare espressione nella sfera delle lotte economiche, accusate di generare una violenza ormai tabù; al suo posto c’era in giro l’ambientalismo, vagamente pacificatore, percorso da venature cristiane o arcadiche, e un resto di internazionalismo che si sarebbe poi saldato a un altermondialismo anch’esso epurato di sconvenienti forme rivoluzionarie, tranne in casi molto precisi e circoscritti in atto all’altro capo dell’universo. Langer non era, credo, sindacalista ma è una figura che riassume in sé queste tematiche. In questo contesto molti sindacalisti o che lo sarebbero diventati in futuro (la CGIL ha rappresentato a volte l’ultima organizzazione possibile per chi rimasto orfano di ogni militanza di movimento, ne avvertiva ancora l’esigenza e non voleva tornare in parrocchia) hanno trovato nelle guerre balcaniche un’occasione di impegno attivo nel volontariato a favore delle popolazioni locali che in certe realtà è stato molto forte, duraturo e diffuso, portandoli a partire spesso e ripetutamente per quei paesi. Un impegno, oggi ci è del tutto chiaro, che riassumeva bene tutti e solo quelli che erano rimasti i fronti di opposizione leciti, cioè quelli ammessi dal potere che aveva saldamente ripreso in mano ogni discorso e ogni iniziativa sulla questione economico-salariale interna, ma: « come possiamo preoccuparci noi che abbiamo TUTTO!, mentre a due passi da casa ecc. ecc. ». La UE passava come l’antidoto al nazionalismo, la necessità dell’unione rispetto al trionfo delle nazionalità, con buona pace di cio’ che certi paesi membri avevano fatto per originare il pantano yugoslavo. Si creava una maldestra equivalenza mentale tra ONU e UE, percepite come argini « internazionali » al nazionalismo o all’imperialismo USA all’opera nelle guerre del Golfo, altra vicenda che ha segnato profondamente l’immaginario di quegli anni. Proprio perché la consapevolezza non andava molto oltre quella del compitino, perché la formazione politica era sempre più carente ecc. È questo discorso introiettato negli anni giovanili, mentre ogni seria mobilitazione interna era divenuta impossibile e la guerra si riavvicinava alle nostre ohiohi frontiere reali e mediatiche, condizionando e allo stesso tempo offrendo una valvola di sfogo all’esigenza di agire, sia quella della nuova generazione sia quella ormai repressa della generazione precedente, che ha formato il sostrato di costoro, la loro reattività automatica, la memoria intangibile della giovinezza o della prima maturità, le coordinate interpretative del mondo. Questo spiega anche in parte la odierna diffidenza dei meno smaliziati tra di loro o almeno quella degli ultimi dieci anni nei confronti dei no euro ecc.<br />Certo non spiega le posizioni di un rinnegato come Landini, ormai per lui non c’è altra definizione possibile, se non quella, alternativa ma poco credibile, di una irrimediabile stupidità.<br />Pellegrinahttps://www.blogger.com/profile/03944191771146026592noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-9817315483058944432019-06-02T08:46:08.640+02:002019-06-02T08:46:08.640+02:00Arturo scusami son un po’ di corsa ma per ora ti d...Arturo scusami son un po’ di corsa ma per ora ti dico questo (mi dispiace per l’irruenza, non era diretta a te, come non lo era il « tu » con cui mi indirizzo invece ai docenti particolarmente accademici ed ero già più che certa che tu non fossi tra costoro, infine grazie per la consultazione del Rocci):<br />Ho scritto « a margine » all’inizio del mio commento proprio perché non contesto il senso generale del pezzo.<br />Quando parlo di piagnisteo mi riferisco a una vox populi, absit iniuria verbis, che trova malauguratamente fin troppa eco nel ceto docente o in certo giornalismo con pretese intellettuali. Posizioni che trovo esasperanti nella loro strumentale ottusità. I commenti, inclusa l’osservazione sul moralismo, sono rivolti alle posizioni di costoro e a questa vulgata che trovo, è vero, rischiosa da avvicinare e impossibile da accettare.<br />Siceramente Preve non lo tengo sul comodino. Mi è quindi difficile commentarlo, perché il suo concetto di « comunità sovrana » si presta a più di uno scenario. Se dobbiamo intendere l’Italia pre atto unico come tale, la esistenza del quarto partito, ad esempio, metterebbe in dubbio tale ricostruzione. Cioè mi sembra difficile che l’essere una comunità sovrana (cosa che oggi sappiamo necessaria per motivi che non sto a riassumere) metta ipso facto al riparo dal capitale, o persino dal liberismo.<br />Per il discorso sulle identità: intendo quella definita come bianca e cristiana che si tenta oggi di rappresentare come indissolubilmente legata a ogni coscienza di classe, saldandola quindi alle rivendicazioni costituzionali e di welfare come se ne fosse imprescindibile. <br />Del resto nei commenti a questo blog si discute sempre attorno a questo nodo; perché per il resto dei temi espliciti siam sostanzialmente tutti d’accordo (e con te in particolare modo).<br />Cio’ detto, la ricchezza di documentazione dei tuoi interventi è sempre della più grande utilità.<br />P.S.: per motivi misteriosi non riesco più a commentare su questo blog se non da un pc che è ormai un rottame e assai poco mobile. Blogger non riconosce il mio account google, cosa che invece fa senza problemi su altri blog della stessa piattaforma. La stessa cosa accade su goofynomics (e sui video di facebook cui non sono iscritta). D'accordo che siamo diventati tutti paranoici ultimamente, però chissà se qualcuno riesce a spiegarsi l'arcano in modo banalmente tecnico. Pellegrinahttps://www.blogger.com/profile/03944191771146026592noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-46612256817313189692019-04-27T17:13:18.801+02:002019-04-27T17:13:18.801+02:00«l’ignoranza e la cultura sono questioni sociali. ...«<i>l’ignoranza e la cultura sono questioni sociali. Non morali.</i>»<br /><br />«<i>...Certo anche la tua risposta, che mi pare improntata più a un moralismo di segno contrario che al contrario del moralismo, (“siete voi gli adulti e i docenti, vedete di darvi una mossa”: peraltro io sono sì un adulto, ma non un docente), non mi pare aiuti a fare chiarezza.</i>»<br /><br />Questa dialettica mi ha fatto venire in mente il Galimberti, che sprizza nichilismo nicciano da tutti i pori, e poi si occupa di quello dei giovini.<br /><br />Preve direbbe una filosofia usata come <i>prozac</i>: certo è che il protervo elitismo dei suoi discorsi sulla scuola sono un esempio di «<i>moralismo di segno contrario, non certo il contrario di moralismo</i>»<br /><br />E il contrario del moralismo è proprio un'analisi sociostrutturale che abbracci la totalità.<br /><br />Analisi che sta cominciando a fare la "profonda destra" americana e non la sinistra post-moderna: imprigionata in un estetico esistenzialismo spacciato <i>identitaristicamente</i> a sé stessa, prima ancora che sbraitato agli altri, come suprematismo morale.Bazaarhttps://www.blogger.com/profile/17582168077328386807noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-69813425154426932372019-04-23T12:10:14.091+02:002019-04-23T12:10:14.091+02:00"In questa battaglia di vittimismi l’unico es..."In questa battaglia di vittimismi l’unico esito certo è la proliferazione di una cultura della menzogna opportunistica, della passività aggressiva, della ricerca di scuse, e di contro il deperimento della sfera etica con la sua sempre maggiore incapacità di muovere, animare, vivere e far vivere.”<br /><br />A me non pare che ci sia stata una qualche maggiore proliferazione recente delle menzogne opportunistiche. <br /><br />Ritengo addirittura che tutti i libri 'sacri' ed anche i vangeli canonici contengano menzogne opportunistiche!<br /><br />Se con un pizzico di sano 'materialismo storico' non si riconoscono le menzogne opportunistiche come tali poi si è costretti a forgiarne di nuove, e ad imputare alla pazzia di qualche singolo gli stermini periodici delle minoranze avvenuti in Europa, in medio oriente e nel bacino del mediterraneo negli ultimi duemila anni.<br /><br />Risale a Luca 19.27 e Giovanni 8,44 (I secolo) lo scatenarsi dell'antisemitismo cristiano.<br /><br />Ma le reazioni incrociate all'iniziale antisemitismo cristiano si riconoscono facilmente anche in alcuni passi del Talmud (III e VI secolo), con l'anti-gentilismo giudaico, oppure in alcune sure del Corano (VII secolo) con l'anti-cristianesimo e l'anti-semitismo. <br /><br />Per questo l'odio citato da Pasolini verso i "materialisti" è così vivo.<br /><br />Per certi versi i materialisti sono diventati i migliori conoscitori delle religioni e l'odio verso i materialisti si sposa quindi con l'odio della religione in quanto tale.<br />Luca Cellaihttps://www.blogger.com/profile/00548340320605162401noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-62544796751382967202019-04-22T12:49:34.007+02:002019-04-22T12:49:34.007+02:00Da studente di Storia non posso che apprezzare pro...Da studente di Storia non posso che apprezzare profondamente lo spirito del post di Arturo. <br /><br />Tornando a Braudel, se "bisogna essere stati per essere" si intende da principio qual è il significato di fondo e la forza intima della Storia: la capacità di riallacciare l'esistenza di ognuno al grande movimento dell'Uomo nei secoli. Forza, quella della Storia, che diviene di per sé una potente arma politico-sociale di rivolgimento ed emancipazione di classe.<br /><br />In questo senso la sua demolizione cosciente da parte di €ssi avviene sia dal lato della eliminazione tout-court della disciplina, sia di converso dalla conquista egemonico-culturale della stessa da parte di una precisa corrente storiografica (sic) che di storico... non ha nulla.<br /><br />Parlo appunto della cd. storia globale (per i fighetti global History), che dall'anglosfera ha corroso pian piano le facoltà italiane insieme alla storia di genere. Il risultato è la scomparsa definitiva della storia sociale (e quindi economica) che dalla scuola delle Annales (Bloch, Le Goff, Pirenne, Febvre, e poi Braudel...) aveva magistralmente ritratto la nascita e l'evoluzione del capitalismo.<br /><br />Non è certo casuale, a mio avviso. Distruggere l'analisi storico-economica porta di per sé alla fine di ogni tentativo di emancipazione cosciente dalla dominazione di classe, in un eterno presente fatto di sociopatici reazionari e Gretini vari.<br /><br />Per questo oggi la Murgia può prosperare nei suoi deliri fascistoidi: scomparsa la generazione dei Gentile, la storiografia non avrà altro interesse che divenire l'ancella preferita della narrazione liberale (e già in magna pars lo è). <br /><br /><i>Può un uomo collocarsi fuori dalla sua storia [...]? No, non lo può. Questo uscire dalla storia, adottando una falsa e bugiarda ottica di postero o di cherubino, è un atto caro ai reazionari, e i giornali di destra sono pieni di scrittori che si prestano a simili ascesi, atte a soddisfare il bisogno spiritualistico dei piccoli borghesi (che, sia pure inconsapevolmente, son essi i nefandi «materialisti», oggetti del loro odio).</i> Pier Paolo Pasolini<br />Saludo Andoniohttps://www.blogger.com/profile/09796817795227477405noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-59670468497575790492019-04-21T14:56:43.627+02:002019-04-21T14:56:43.627+02:00Quindi cancellazione no, perché non è possibile; m...Quindi cancellazione no, perché non è possibile; manipolazione sì, eccome, anche perché non riesco a immaginare un progetto egemonico che possa farne a meno (il primo significato di ἰδιώτης sul vecchio Rocci, pag. 907, è “particolare, privato”; sul GI, pag. 936, “singolo individuo, semplice cittadino, privato”; il Liddell-Scott-Jones si può consultare on line: http://stephanus.tlg.uci.edu/lsj/#eid=51329&context=search&type=greek ). <br /><br />Le righe su Manent proprio non le capisco: non stava parlando delle Costituzioni del dopoguerra, ma delle istituzioni europee, o meglio, di uno delle aspetti dell’egemonia ideologica con cui si drappeggiano. <br /><br />Quanto ai sindacalisti, mi pare tu attribuisca loro una profondità e autonomia di pensiero che non possiedono affatto. Recitano solo il compitino che l’epilogo di una traiettoria, peraltro iniziata prima dell’89, li obbliga a recitare. Direbbero qualsiasi cosa e troverebbero, se richiesti, qualsiasi scusa per giustificarsi. <br /><br />Non so esattamente quali particolari “fantasmi” tu ritenga di vedere in quel che ho scritto. Credo però che una lettura più calma potrebbe aiutare a dissiparli. <br /><br />Auguri di Buona Pasqua a tutti. <br /><br />Arturohttps://www.blogger.com/profile/15830204827081561714noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-42348476131325546962019-04-21T14:55:05.812+02:002019-04-21T14:55:05.812+02:00Grazie, Pellegrina, ben ritrovata anche a te.
Dun...Grazie, Pellegrina, ben ritrovata anche a te.<br /><br />Dunque vediamo un po’: trovi inutile “il piagnisteo”. Non potrei essere più d’accordo. Non capisco però dove ne riscontereresti positivamente la presenza nel mio post. Ho descritto un fenomeno, di cui peraltro è facilissimo avere contezza, e ne ho cercato le responsabilità a livello istituzionale, citando un “reazionario” proprio per dimostrare che evidenza e gravità dei fatti obbligano anche lui a mettere sotto accusa il sistema educativo, e gli interessi economici che lo guidano, e non gli studenti (che si limitano ad adeguarsi a “ciò che è stato richiesto loro”). Appunto perché “l’ignoranza e la cultura sono questioni sociali. Non morali.”<br /><br />Sicuramente sarò stato poco chiaro io. Certo anche la tua risposta, che mi pare improntata più a un moralismo di segno contrario che al contrario del moralismo, (“siete voi gli adulti e i docenti, vedete di darvi una mossa”: peraltro io sono sì un adulto, ma non un docente), non mi pare aiuti a fare chiarezza.<br /><br />Do per risolto l’equivoco e procedo oltre.<br /><br />Dici: “che il capitalismo sovranazionale abbia bisogno di mobilità dei cervelli puo’ anche starci, ma alla cancellazione delle identità come progetto articolato e coerente non credo”. Anche qui, nulla da ridire. Se l’identità è una narrazione autobiografica entro un contesto di riferimento (sto più o meno parafrasando MacIntyre), è ovvio che una qualche identità, quella di fan di Miley Cyrus, per esempio, esisterà sempre. Perfino Stirner, col suo Unico, s’era dovuto arrendere davanti a linguaggio e pensiero. Il punto è quale identità.<br /><br />Il senso che volevo esprimere è questo: “<i>in quanto totalità capitalistica che si riproduce sistematicamente e non in base a un piano preordinato di tipo “umano”, il capitale deve distruggere tutte le comunità sovrane preesistenti. Una volta però che le ha distrutte, dal momento che l’uomo non sparisce e continua comunque a essere un animale sociale, comunitario e razionale, il capitale deve agire sui due piani della razionalità e della sociabilità dell’uomo, inestirpabili ma anche manipolabili.<br />Per quanto riguarda la razionalità, si tratta di distruggere il carattere “filosofico”, cioè quello che ricerca la sensatezza nell’insieme olistico della convivenza sociale, per sostiuirlo con una razionalità locale, specialistica, legata unicamente al rapporto mezzi-fini. <br />Per quanto riguarda la società, si tratta di distruggere la sovranità comunitaria incompatibile con il dominio idolatrico delle merce e con il monoteismo del mercato, ricostruendo comunità settoriali sostitutive che possano essere più facilmente ricondotte al suo dominio.</i>”<br /><br />L’autore di questo pezzo però è Costanzo Preve. Mi pareva che avesse più forza usare una fonte “interna” (scontandone, ossia senza accompagnarlo con una chiosa millimetrica, un certo grado di cecità e ipocrisia nella diagnosi), che non ricorrere al buon Costanzo. <br />Arturohttps://www.blogger.com/profile/15830204827081561714noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-42054794587669672652019-04-21T01:42:05.346+02:002019-04-21T01:42:05.346+02:00No, non si voleva il 18 politico in sé. Si volevan...No, non si voleva il 18 politico in sé. Si volevano una scuola e un'università non di classe e la richiesta del 18 politico era un mezzo per denunciare il fatto che si trattava appunto di istituzioni di classe. Constatazione quest'ultima che appunto i benpensanti non erano e non saranno mai capaci di comprendere né di accettare, preferendo al riconoscimento di un dato economico il più rassicurante giudizio morale.<br />Ma quella richiesta ha incontrato come unica disponibilità da parte del potere - anch'esso di classe ovviamente - quella a una revisione al ribasso dei contenuti e dell'insegnamento. Anche perché avere alunni che ripetono le classi costa; inserire le loro famiglie in un contesto culturalmente stimolante costa anche di più; bisogna pagare più insegnanti per più tempo, avere più spazi e più materiale, costruire un tessuto urbano o rurale dotato di strutture culturali attive in permanenza, cioè animate da personale qualificato e remunerato e dotate di fondi adeguati. Ma noi ci stavamo nel frattempo convertendo allo SME, alla indipendenza della Banca d'Italia, al vade retro inflazione - e pure Costituzione...Pellegrinahttps://www.blogger.com/profile/03944191771146026592noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-24813388483269287362019-04-18T23:01:04.884+02:002019-04-18T23:01:04.884+02:00Nel post spira un'aria vagamente ottimista a c...Nel post spira un'aria vagamente ottimista a cui mi associo acriticamente.<br /><br />ps molto bello, grazie ad ArturoNerihttps://www.blogger.com/profile/09507679418712980577noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-88366567374484095402019-04-18T14:00:01.307+02:002019-04-18T14:00:01.307+02:00Non posto più tempo, ma ciò non significa che non ...Non posto più tempo, ma ciò non significa che non continui a leggere il blog! :-)<br /><br />Concordo con ogni parola di questo bel post, che pone all'attenzione una problematica non da poco, ossia la perdita della memoria storica.<br />Ormai da anni (almeno da quando il ministro Falcucci, negli anni '80, propose di eliminare l'insegnamento della storia antica nei licei), siamo bombardati dalla vulgata secondo cui "la storia non serve a trovare lavoro". Serve però, a creare cittadini consapevoli ma ciò è stato -volutamente- taciuto. Del resto, come giustamente osservato, a che serve, nel mondo globalizzato fatto da consumatori senza radici, la consapevolezza storica? E' addirittura pericolosa.<br /><br />Oggi abbiamo un sistema di istruzione, oserei dire, schizofrenico. Da un lato, ci viene detto che c'è il pericolo degli analfabeti funzionali, dall'altro, non ci viene detto che gli analfabeti funzionali di oggi forse sono il prodotto della contestazione di ieri, che voleva il 18 politico alle università e il divieto di bocciatura, e che ha progressivamente imposto un sistema di istruzione primaria e secondaria tendenzialmente rivisto al ribasso e orientato a premiare i mediocri.<br /><br />Ad ogni buon conto: storicamente, non era forse la preoccupazione di ogni regime, quello di intervenire sull'insegnamento della storia per renderla, come dire, 'funzionale' alle premesse idelogiche? Perché quello globalista dovrebbe fare eccezione? Anzi, sembra che in questo caso si voglia andare alla radice: la premessa ideologica, ci dice che la storia è 'inutile'!<br /><br />Gli spunti di riflessione e di approfondimento sottesi a questo post sono davvero tanti. E per nulla marginali, a mio avviso.Lorenzo Carnimeohttps://www.blogger.com/profile/11818883218422786845noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-13341936850691522302019-04-18T01:36:43.098+02:002019-04-18T01:36:43.098+02:00(3 seguito)
Per venire a quel che dice il reaziona...(3 seguito)<br />Per venire a quel che dice il reazionario di turno, che non mi stupisce venga dagli USA perché molte riflessioni sui temi dell’identità riprese in Italia vengono in realtà da quella destra profonda: che il capitalismo sovranazionale abbia bisogno di mobilità dei cervelli puo’ anche starci, ma alla cancellazione delle identità come progetto articolato e coerente non credo. Dopotutto i funzionari degli imperi coloniali si adattavano a vivere ovunque, lavorando per il primo mondo, ma la propria identità di uomo bianco colonizzatore l’avevano ben chiara. E non è che il loro ruolo non fosse quello del servizio al capitalismo liberista solo perché erano legati a ccidentalmente a una particolare nazione. <br />Semplicemente oggi l’insistenza sui tabù sessorazzadifferenza è l’antidoto alla coscienza degli interessi di classe, sia da parte di coloro che sono al servizio dei dominatori, sia dei dominati; è la maniera accettabile dal potere perché resa innocua e sterilizzata, in cui vengono lasciati esprimere conflitti economici non eliminabili né totalmente censurabili. Se volessimo estremizzare, anche la bussola evocata da Bensoussan serve a questo: a nascondere i moventi economici dietro un discorso accettabile perché a venire rappresentato è lo sterminio razziale anziché il dominio economico. In questo senso non è affatto vero che non vengano trasmessi “forti principi etici”: semplicemente non sono quelli che l’autore vorrebbe che fossero. (Ma idiotes non voleva dire “contadino”? Qui non ho il diz di greco.) Mentre sono totalmente d’accordo con l’idea che oggi si penalizzino impegni profondi e più in generale cio’ che richiede approfondimento e tempo (non mi parlate di colui che vuol tirare su un tetto in cinque anni su un edificio di novecento ché trascendo.) Per quanto riguarda Manant non mi pare proprio che le Costituzioni del dopoguerra l’italiana o la francese (preambolo) o il documento del CLN francese del’45 fossero per la democrazia pura avulsa dalla nazione. Se vuol parlare della UE di Monnet, quella è un’imposizione USA esterna non la rinuncia spontanea degli europei a qualsiasi concetto di spazio nazionale. Basti vedere la presa mantenuta sulle colonie, appunto. Men che meno lo scopo era l’innocenza: c’era un programma sociale preciso, c’erano aspirazioni economiche a volte sostenute dai fucili!<br /><br />Io penso invece che le ultime guerre balcaniche antiyugoslavia abbiano segnato un tornante profondo nella coscienza di chi oggi scrive baggianate come l’appello congiunto di quei rinnegati con Confindustria. La loro coscienza del pericolo nazionalista si è formata allora ed è quella che li permea ancora. Cristallizzati in una giovinezza spenta, nello smarrimento post ‘89 e incapaci di oltrepassarli per leggere il presente di oggi. <br />La definitiva sovrapposizione con le istituzioni UE avviene allora: è quello il crogiolo in cui tutto si rifonde e viene instillata, sullo sfondo della pretesa fine della storia, la rappresentazione di oggi. Oltre al nazionalismo è allora che diventa definitivamente tabù ogni accenno alle classi e al conflitto sociale. E loro ci cascano o ci saltano dentro, mutilandosi, diventando capaci solo di elargire un po’di beneficienza, non di sostenere la minima rivendicazione.<br />Le inquietudini sull’identità in pericolo appartengono a tutt’altra sfera. Sono riconducibili a ben altri fantasmi e come sempre in questi casi dicono molto di più su chi ne parla che sulla realtà. <br /><br />48 grazie della pazienza.Pellegrinahttps://www.blogger.com/profile/03944191771146026592noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-30739003902283367612019-04-18T00:41:51.371+02:002019-04-18T00:41:51.371+02:00(2 seguito)
La cosa più bella che mi è capitata è ...(2 seguito)<br />La cosa più bella che mi è capitata è stata quando, alla fine di un corso, hanno cominciato spontaneamente, quasi esitanti, a continuare tra loro il discorso sviluppato nelle ultime lezioni e su cui avevano preparato dei lavori: se li sono corretti da soli e hanno cominciato a applicare ad altri casi quello che avevamo visto insieme. E io ho sentito che potevo piano piano, fisicamente, prima tacere, poi mettermi in disparte e infine sparire. È stata una inebriante sensazione di libertà, per me. Erano cresciuti. Ecco, quando leggo il docente più su non riesco a non pensare che è proprio quest’ultima eventualità che simili tirate vogliono esorcizzare. <br />Altre volte li vedo afferrare il materiale che gli porto, e sono cose strane, insolite, difficili per loro piene di mille barriere: e vedo anche studenti che da quelle cose dovrebbero stare lontano, nell’attuale mentalità, perché studiano per un mestiere poco nobile, per cui certi saperi vengono ritenuti superflui: e li vedo ficcarci il naso dentro, e cercare e trovare e divertirsi. Non importa che non sia sempre quello che vorrei ci trovassero:<br />importa che non siano esclusi da quelle cose e da quel sapere. Poi magari il manager didattico mi chiede un’altra lezione, tra lo stupore dei docenti DOC ordinari, perché ha ricevuto delle reazioni positive, da parte di queste stesse persone che non avrebbero dovuto accostarsi a tali superfluità, perché destinate appunto all’ignoranza dall’istituzione stessa e dai suoi ordinamenti.<br />E di volta in volta m’intestardisco e m’arrabbio, per usare un eufemismo.<br />L’ignoranza e la cultura sono questioni sociali. Non morali. Come sempre. Come sapevano i Costituenti.<br />(Segue)Pellegrinahttps://www.blogger.com/profile/03944191771146026592noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-51200289907706846462019-04-18T00:40:02.493+02:002019-04-18T00:40:02.493+02:00@48: è un commento a puntate. Abbi pazienza, per p...@48: è un commento a puntate. Abbi pazienza, per piacere.<br />Arturo ben tornato.<br />A margine, detto da una che il tema di storia alla maturità l’ha scelto e s’è beccata per questo le contumelie del membro interno e di tutto il collegio docenti: quei temi li’ a meno che non sia cambiato di molto il programma sono infattibili. Il primo è un suicidio bello e buono, qualsiasi ipotesi si voglia sostenere; il secondo è una scappatoia facile nella banalità e infatti risulta quello più scelto; il terzo mi stupisce che lo abbiano saputo affrontare; il quarto è quello più storicamente incoraggiante perché alla prima guerra “ci si arriva” e sul presente be’ s’improvvisa qualcosa. Ma temo con scarsa cognizione di causa: non so quanti diciottenni siano lettori di a/simmetrie :p.<br />Comunque trovo francamente insopportabile, oltre che inutile, il piagnisteo dei docenti sull’ignoranza degli studenti, o più in generale degli adulti nei riguardi dei più giovani. Primo siete voi gli adulti e i docenti, vedete di darvi una mossa perché formare i bambini alla cultura costa tempo, esempio, pazienza e fatica, fantasia e dedizione, oltre che soldi, anziché tornare a casa per accendere la tv o incollarsi al telefonino e nutrire i pargoli a cartoni per farli stare buoni, per poi lamentarsi che non sanno far altro che guardare lo schermo; secondo perché, per quanto riguarda i docenti è il mestiere loro e si rimboccassero le maniche; terzo perché le riforme più devastanti Gelmini inclusa le hanno tutte volute docenti e rettori; quarto perché denota una gran mancanza di fantasia - è una lamentela eterna e eternamente banale (mi ricordo le fantasticherie di un blogger di quel che io chiamo il “secondo giro” del “sovranismo”, grondanti fiele e traboccanti invidia su uno studente sull’autobus che perdeva tempo invece di andare a scuola, una cosa cosi’ smaccatamente falsa e livorosa da essere ridicola) - e una gran fifa di perdere la presa sul proprio tempo; quinto perché non è esattamente cosi’. I giovani o gli studenti sono quello che il mondo intorno gli permette di essere. A me è capitato di insegnare in contesti universitari e quello che ho riscontrato è stato un gran bisogno di sentirsi guidati, nel senso migliore del termine, in maniera non paternalista, almeno, non troppo - io tendo a esserlo un po’ ’ - che sappia alternare complessità e buonsenso, accoglienza e ironia, comprensione delle difficoltà pratiche, elasticità mentale. Ma hanno anche un gran desiderio di trovare chiavi di comprensione del mondo, capacità di impegnarsi su cose del tutto fuori dal percorso di studi. Più degli adulti, anche molto di più. È un rapporto più personale e intimo di quanto non si creda, anche se rimane quasi del tutto inespresso. Se se ne rifugge, difficilmente si sviluppa cultura. (Segue)Pellegrinahttps://www.blogger.com/profile/03944191771146026592noreply@blogger.com