tag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post1587510212084659507..comments2024-01-26T15:32:41.629+01:00Comments on Orizzonte48: DEMOCRAZIA. FEDERALISMO. INDIPENDENTISMO. E ORDINE INTERNAZIONALE DEI MERCATI - 1Quarantottohttp://www.blogger.com/profile/06816556453620678760noreply@blogger.comBlogger8125tag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-36593385199908748652015-11-26T08:49:54.952+01:002015-11-26T08:49:54.952+01:00Molto interessante penso anche al ruolo della ling...Molto interessante penso anche al ruolo della lingua italiana e tedesca nel processo di unificazione nazionale. Entrambe le lingue sono state create a tavolino nei secoli passati e hanno iniziato a diffondersi solo dal 1970 su scala nazionale. Prima ogni land o regione parlava il suo dialetto. La lingua italiana attuale e' molto simile al formato letterario parlato nel 1500Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-84121997123692989872015-11-23T01:09:30.815+01:002015-11-23T01:09:30.815+01:00Sulla questione identitaria trovo molto persuasive...Sulla questione identitaria trovo molto persuasive queste considerazioni di <a href="http://www.juragentium.org/topics/rights/it/preteros.htm" rel="nofollow">Geminello Preterossi</a>: "In questa linea, anche l'intento, in sé condivisibile, portato avanti nelle analisi del pensiero femminista e negli studi post-coloniali, volto a combattere, o comunque a criticare, una politica e un diritto identitari, corrono sempre il rischio di negare il problema rovesciandolo, ovvero di sottovalutare la funzione sociale che la 'costruzione' delle identità svolge, il fatto che comunque certe dinamiche coesive, differenzianti si producono iterativamente anche quando le identità tradizionali sono revocate in dubbio, e soprattutto che anche prassi 'critiche' non possono certo affermarsi nel vuoto di un globalismo senza spazio simbolico e senza progettualità giuspubblicistica, ma solo riqualificando la democrazia, con tutto ciò che questo significa in termini di risignificazione e ridefinizione politica - per quanto in chiave non essenzialistica ed 'etnocentrica' - di nozioni 'istituzionali' come potere legittimo, rappresentanza, mediazione, appartenenza, ordine."<br /><br />Il popolo delle costituzioni pluraliste è *già* un concetto identitariamente non pericoloso, aperto, pluralista, ricco. La stessa unità della comunità è presentata dalla Costituzione in termini problematici, come un programma da realizzare attraverso l'attuazione dei diritti nel quadro di una pratica democratica emancipante (qui sto citando, in ordine vario, oltre ai classici, Luciani, Ferrara e Patruno). *Purché* naturalmente ci sia una certa condivisione diffusa di valori e una piena operatività degli strumenti di partecipazione e intervento pubblici che assicurano la composizione delle differenze. <br />Mi pare evidente che si attaccano le identità nazionali per colpire la politica democratica, sostendo che l'unica politica buona è quella sottratta a qualsiasi dimensione collettiva, anzi, quella che non c'è (o, meglio, che non si vede). "Una neutralizzazione del politico che scava il terreno sotto l'edificio del diritto", come dice Preterossi, ossia che prepara nuovi disastri. Di cui sicuramente incolperanno il "fattore umano". Ne riparleremo.Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-29586202348702738082015-11-23T01:02:18.698+01:002015-11-23T01:02:18.698+01:00Credo che il terzo segmento risponderà ad alcune q...Credo che il terzo segmento risponderà ad alcune questioni. <br />In ogni caso: certamente le scienze biologiche sono utili a spiegare determinate vicende sociali (nessuno, credo, intende proporre l'idea dell'essere umano come tabula rasa). Però: in primo luogo i cambiamenti culturali sono rapidi, quelli genetici lentissimi; in secondo luogo l'ambiente influenza direttamente l'attività dei geni, in particolare del cervello (si parla a questo proposito di neuroplasticità); d'altra parte, il nesso causale può andare anche nella direzione opposta, cioè vicende sociali possono avere conseguenze biologiche: "Human teeth, lack of body hair, digestive processes, malaria resistance, and manual dexterity certainly cannot be understood without realizing that genes responded to the cultural transmission of the use of clothing, fire, agriculture, and tools". <a href="http://www.chd.ucsd.edu/_files/fall2008/Henrich.BoydRicherson.2002.pdf" rel="nofollow">qui la fonte</a>. <br />In sintesi, credo possiamo genericamente concordare che l'elevata plasticità dell'essere umano consente uno studio autonomo della società e il riconoscimento che i comportamenti sociali, anche quelli filogenetici, sono comunque sempre culturalmente mediati.<br /><br />Sono anche d'accordo a sdrammatizzare i rapporti di forza (comunque presenti) nella formazione di quelle che Albertini chiamava "nazionalità spontanee". C'è però un salto di qualità che mi pare difficilmente negabile (fonte, per esempio, Charles Tilly, L'oro e la spada, Milano, Ponte alle Grazie, 1993) fra le nazionalità spontanee e la nazione collegata allo Stato nazione: in quest'ultimo caso c'è una selezione e generalizzazione di alcuni elementi culturali e identitari, attraverso un processo di acculturazione e politicizzazione dall'alto, di cui fette non piccole di popolazione si sono trovate a pagare il prezzo. Prendiamo l'esempio della lingua: per andare fuori dall'Italia, non è certo un fatto spontaneo se oggi tutti i francesi parlano francese o se, più in particolare, il dialetto alsaziano fra i giovani è praticamente scomparso. Tutta la modernità, a ben vedere, è segnata da pesanti processi di acculturazione dall'alto (anche la Controriforma può esserne considerato un esempio: penso ai fondamentali studi di Carlo Ginzburg). Al prezzo, nel caso della nazione si è accompagnato il guadagno di un'attribuzione del fondamento del potere legittimo. <br /><br />Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-28267716206603625982015-11-22T20:30:59.225+01:002015-11-22T20:30:59.225+01:00Dunque, ne desumo che concordi con la nota integra...Dunque, ne desumo che concordi con la nota integrativa che ho apportato.<br /><br />Il punto, peraltro, è la transitorietà dell'etnia se riferita a "un" territorio. <br />Il che non fa dedurre che sia comunque irrilevante. <br />La transitorietà, infatti, concerne la percepibilità in termini di singola vita umana, inclusiva della memoria diretta delle precedenti generazioni: questa può costituire un'identità etnica abbastanza estesa nel tempo; dipende da fattori culturali evidenti: ad es; dal tipo di famiglia allargata e custode di una più ampia narrazione intergenerazionale, peraltro in sè naturalmente autorefenziale. E anche dal sistema di istruzione e eventualmente di comunicazione mediatica...Cose, queste ultime, che nei nostri tempi, agiscono in senso inverso alla continuità inalterata dell'identità etnica "tradizionale".<br /><br />Insomma, l'identità trascende la vita umana nei suoi tempi di consolidamento e può essere al tempo stesso, ed è ai giorni nostri, prevedibilmente instabile: ma comunque è pur sempre limitata, almeno all'interno dell'epoca che viviamo attualmente (ma anche in passato, gli eventi della Storia caratterizzano questa instabilità in vari modi, mutevoli nelle diverse aree geografiche).<br /><br />E questo un bene o un male, in sè?<br />In altri termini, conservare un'identità nazionale può considerarsi sempre negativo o sempre positivo?<br />La risposta è obiettivamente ardua: in termini contrappositivi, peraltro, abbiamo un pointer operativo. <br />Qualsiasi gruppo in grado di solidarizzare in base al fattore linguistico e a comuni istituzioni (normalmente, o tendenzialmente, compresenti) ha il diritto di autodifendersi quando è posto in pericolo il benessere comune.<br />Quel benessere comune che, oggi, nel mondo capitalista e tecnologizzato (sintetizzando), facciamo coincidere nella democrazia sostanziale (cioè pluriclasse e non tesa a conservare-promuovere il potere di un'oligarchia, comunque si voglia legittimare): se non altro perchè non abbiamo traccia di metodi migliori per massimizzare il benessere collettivo (e senza parafrasare Churchill...).<br />Questa è la situazione in cui ci troviamo oggi: e questo, in fondo, ci interessa indagare.<br /><br />Di pari passo al suddetto processo di "continuità instabile", peraltro, si modifica e si altera, sempre in tempi eccedenti la singola esistenza umana, il suo codice di trasmissione più forte: cioè quello linguistico. <br />Il che tra l'altro, ci indica come la difesa di una lingua, in condizioni di minaccia alla democrazia, sia un mezzo di difesa della democrazia stessa.<br /> Beninteso, ciò non implica affatto di non voler apprendere altre lingue, tutt'altro: solo di opporsi alla "sostituzione" autoritativa, da stato di eccezione, della lingua che esprime i fondamenti solidaristici di una democrazia.<br /><br />Segnalo ancora che un codice linguistico, peraltro, può rimanere costante anche per lunghissimi periodi; ma ciò è di solito riscontrabile in gruppi sociali che vivono in modalità di caccia e raccolta, cioè per milieu socio-culturali estremamente divergenti dal nostro. O meglio: da quello affermatosi con la globalizzazione occidentale: che è roba che risale all'espansione mercantilista coloniale europea, e non alla forma finanziaria di liberoscambismo attuale, ovviamente.Quarantottohttps://www.blogger.com/profile/06816556453620678760noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-6162294805059766022015-11-22T19:59:41.372+01:002015-11-22T19:59:41.372+01:00""" ...anche l'etnia è, in defi...""" ...anche l'etnia è, in definitiva, un'invenzione culturale umana,... """<br /><br />La parola etnia se intesa come differenza di razza non rappresenta correttamente il processo evolutivo dell'uomo. Tra uomini non esistono differenze di razza, a meno che non si voglia intendere razza come normalmente la si intende per i cani, cioè relativa alle differenze di caratteri quali; grandezza, morfologia, tipo di pelo, o caratteri mentali quali aggressività, socialità, senso della gerarchia etc etc.<br />Certamente non esistono differenze di razza, il cane sostanzialmente è "uguale" agli altri cani. Ciò che fa la differenza SOSTANZIALE tra animali è la capacità di potersi riprodurre.<br />Ma questo non significa che non esistano differenze. Da un punto di vista sostanziale i cani sono cani e gli uomini sono uomini (anche se l'idea di cane o di uomo, nell'arco di una vita resta uguale mentre nella realtà c'è un impercettibile cambiamento che si manifesta in un arco di tempo che è fuori dalla nostra capacità comprensiva) ma esistono differenze di grado che NON sono una invenzione umana.<br />Difatti è possibile risalire ad alcune di queste differenze dalla lettura del genoma umano ( ma certamente solo dal genoma non è possibile stabilire con certezza la cultura di un uomo).<br />Nonostante questo, i diversi gradi di sviluppo umano ( che portano con se alcuni passaggi culturali generali in senso ampio: per es. dimensione dei gruppi, strutture sociali complesse, burocrazia, religione, basi giuridiche tra classi etc etc) possono essere spiegati dall'aiuto di alcune scienze; la genetica, la biologia molecolare e la biogeografia applicate allo studio delle colture alimentari; più l'ecologia e l'etologia applicate agli animali domestici e loro antenati; aggiungendo la biologia molecolare di virus e batteri, l'epidemiologia, la linguistica, l'archeologia e la storia della tecnica, la scrittura e lo studio dell'organizzazione politica.<br />E' vero che l'uomo di "base" è stato lo stesso, ma ottomila anni c.a. di evoluzione nelle differenti circostanze naturali hanno accelerato o rallentato, o addirittura messo in stand-by i diversi gruppi sociali creando delle differenze ( che viste da un'altro angolo le chiamiamo somiglianze) più o meno marcate anche a livello culturale. <br />Ecco che le differenze dell'immaginario ontologico (e quindi anche dei riferimenti giuridici) dei gruppi è dettato ANCHE dalla natura e dai suoi cicli e non solo dal (ir)raziocinio umano.<br /><br />Non vorrei, come a volte è successo, che si voglia leggere tra le righe cose che non ho affermato.<br />Non intendo avvallare in alcun modo le basi del liberismo darwiniano, anzi, sono stato io tra i pochi, in questo blog, ad aver portato all'attenzione vostra il bisogno di smontare, proprio dalle basi, la filosofia a cui si ispira l'ideologia fondante del liberismo.<br />La qual cosa non è assolutamente semplice, ma è improbabile riuscire a farlo formulando paradigmi che risultano "incompleti" ad un'analisi anche solo puramente intuitiva.<br /><br />Se per Etnia intendiamo: In etnologia e antropologia, aggruppamento umano basato su caratteri culturali e linguistici. Ecco che il risultato non è """...in definitiva, una (sola) invenzione umana.""" <br />L'insieme delle scienze dimostra che non vi è nulla di superiore nella "nostra" civiltà occidentale classica, ma più semplicemente (eufemismo) la "fortuna" di trovarsi quì e non là. Anche questo fatto aiuta a smontare il darwinismo sociale con l'aiuto della natura e della sua continua evoluzione.<br />Un saluto.Sandrohttps://www.blogger.com/profile/08908003861138753027noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-58680055759024750292015-11-22T19:56:00.454+01:002015-11-22T19:56:00.454+01:00Appena iniziato e già trovo un fondamentale: "...Appena iniziato e già trovo un fondamentale: "Insomma, anche l'etnia è, in definitiva, un'invenzione culturale umana, che, come per tutte le ipostatizzazioni sociali (cioè le sintesi assunte come "certezze di giudizio"), è facilmente rappresentabile come espressione di rapporti di forza" <br /><br />Il racconto della cultura occidentale come susseguirsi di invenzioni (radicali, non adattative) non diventerà vulgata ma averlo ben presente sarà di grande aiuto al momento del crollo (se non allora, quando mai?) <br />Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-80737591734613272872015-11-22T08:21:33.567+01:002015-11-22T08:21:33.567+01:00Bazaar e Arturo hanno scritto: una sinistra politi...Bazaar e Arturo hanno scritto: una sinistra politica e culturale che non è consapevole di essere espressione della storica “destra economica” – il cui paradigma sociale è stato rigettato dalle democrazie costituzionali – svolge un ruolo nefasto per la coscienza di classe necessaria a tener viva la carta costituzionale e le conquiste sociali che rappresenta.<br /><br /><br />Infatti per molti della base della sinistra il lavoro non è più un Diritto Collettivo da perseguire con politiche tese alla piena occupazione, attraverso la Banca Centrale come organo dipendente e strumentale del Tesoro, una programmazione industriale, un intervento deciso dello Stato in economia attraverso una Industria Pubblica. Esso deve essere solo un privilegio individuale da esercitare attraverso le proprie abilità individuali. Insomma non più un diritto, ma un premio da attribuire ai più bravi.<br /><br />PS: Complimenti sinceri per il vostro lavoro, grazie.<br />mauro gosminhttps://www.blogger.com/profile/12897423926531954513noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-7138099619226908681.post-6425344455202753572015-11-21T14:11:31.529+01:002015-11-21T14:11:31.529+01:00interessanteinteressanteFULVIO UGO DELUCIShttps://www.blogger.com/profile/08850582178119459192noreply@blogger.com