lunedì 29 giugno 2015

TSIPRAS E LA DIMENTICANZA DELLA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE: DIRITTI DELL'UOMO E LEGGE SUPREMA


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Dopo 5 anni di "trattamento trojka", una disoccupazione passata, nel quinquennio, dall'11 a oltre il 25%, una distruzione di PIL concomitante del 27%, - tutte conseguenze inevitabili dell'adesione alla moneta unica ed alle "restrizioni" (vocabolo che vedremo non è usato a caso) della sovranità da essa derivate-, la Grecia sta come sta.
La "proposta" di nuovo accordo, per la restituzione di un debito pacificamente insolvibile, non farebbe che ripristinare la consueta recessione, con relativi errori, ormai dichiaratamente ammessi e altrettanto ignorati, di calcolo del moltiplicatore fiscale. 
Insomma, nuova recessione e ulteriore disoccupazione e caduta dei redditi.

Allora Tsipras, volendo, e sottolineo volendo, potrebbe pure pensare alla liceità costituzionale, - ovviamente secondo la Costituzione greca- di tutto questo.
Stranamente, invece, sottopone la prospettiva di nuova recessione e di ampliamento della disoccupazione, - con evidenti conseguenze peggiorative dei diritti umani e delle condizioni più elementari di tutela della dignità umana-, a un referendum.
Una simile iniziativa avrebbe il singolare effetto, in caso di accettazione da parte dell'elettorato, di prestare consenso ad una sostanziale abrogazione (o sistematica disapplicazione: l'effetto è lo stesso e in Italia iniziamo, forse, faticosamente, a capirlo) di tutte le clausole fondamentali della stessa Costituzione greca.

Ma gli obblighi fondamentali dello Stato di proteggere la dignità della persona, di garantire la piena occupazione, di accettare  "restrizioni" alla sovranità nazionale solo per un "importante interesse nazionale" e purchè ciò non leda "i diritti fondamentali dell'uomo e i fondamenti del regime democratico", quali sanciti dalla Costituzione cui Tsipras ha giurato fedeltà e osservanza, non dovrebbero essere indisponibili persino al processo elettorale?

Come potrebbe, con un referendum, apportarsi una revisione alla Costituzione ellenica al di fuori delle forme e dei limiti di cui all'art.110?
Insomma, dati alla mano, e Varoufakis li conosce bene e li ripropone nelle varie sedi negoziali, basterebbe che il governo greco rimettesse alla "Corte Suprema Speciale" di cui all'art.100 della Costituzione, (v. più sotto), il giudizio di legittimità costituzionale sulle varie leggi di ratifica dei trattati e su quelle di conversione in norme interne dei vari accordi coi creditori.
Non averlo fatto, e neppure ipotizzato finora, limita molto la posizione del governo ellenico.
Questo stesso governo, d'altra parte, potrebbe ANCHE direttamente sottoporre una votazione al Parlamento in cui enunciasse non solo il rigetto verso il nuovo accordo proprio per la sua palese contrarietà alla Costituzione, ma che ESTENDESSE tale valutazione a tutta la serie di vincoli assunti in nome dell'€uropa. 
Una votazione che, conseguentemente, fosse in grado di far emergere, davanti a tutto il popolo greco, quali forze politiche siano fedeli agli obblighi fondamentali della Costituzione e quali no.

Raggiunta una sufficiente chiarezza sul punto, potrebbe notificare la propria denunzia dei trattati all'UE e convenire, di fronte al Tribunale dell'Aja, le "istituzioni" per gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani...
Eppure solidi spunti in questa direzione non mancherebbero, come si può immediatamente percepire dalle clausole costituzionali greche che riportiamo:



Art. 2. – 1) Il rispetto e la protezione della dignità della persona umana costituiscono l’obbligo fondamentale dello Stato.

2) La Grecia, conformandosi alle regole universalmente riconosciute del diritto internazionale, persegue il consolidamento della pace e della giustizia, nonché lo sviluppo delle relazioni amichevoli tra i popoli e gli Stati


Art. 22. – 1) II lavoro costituisce un diritto ed è posto sotto la protezione dello Stato, che vigila per creare delle condizioni di piena occupazione per tutti i cittadini e per il progresso morale e materiale della popolazione attiva, rurale ed urbana...

Art. 28. – 1) Le regole del diritto internazionale generalmente accettate, come pure i trattati internazionali dopo la loro ratifica da parte della Camera e la loro entrata in vigore conformemente alle disposizioni di ciascuno di loro, fanno parte integrante del diritto interno greco e hanno un valore superiore alle eventuali disposizioni contrarie della legge. L’applicazione delle regole del diritto internazionale generale e dei trattati internazionali nei confronti degli stranieri è sempre sottoposta alla condizione della reciprocità.

2) Allo scopo di servire un importante interesse nazionale e di promuovere la collaborazione con altri Stati, è possibile attribuire, per via di trattato o d’accordo internazionale, talune competenze previste dalla costituzione ad organi di organizzazioni internazionali. Per la ratifica del trattato o dell’accordo è richiesta una legge votata dalla maggiorana dei tre quinti del numero complessivo dei deputati.
3) La Grecia può liberamente apportare, con una legge votata a maggioranza assoluta del numero complessivo dei deputati, delle restrizioni all’esercizio della sovranità, nazionale, purché tali restrizioni siano imposte da un interesse nazionale importante, non ledano i diritti dell’uomo e i fondamenti del regime democratico e siano compiute nel rispetto del principio di uguaglianza ed in condizioni di reciprocità.

Art. 100. - 1) È costituita una Corte Suprema Speciale, alla quale spettano: a) i giudizi sui ricorsi previsti nell’art. 58; b) la verifica della validità e dei risultati dei referendum tenuti conformemente all’art. 44 paragrafo 2); c) i giudizi sulle incompatibilità o la decadenza dei deputati conformemente agli artt. 55 paragrafo 2), e 57; d) i giudizi sui conflitti fra i tribunali e le autorità amministrative, o fra i tribunali amministrativi ordinari, da una parte, ed i tribunali civili e penali, dall’altra parte, o, infine, fra la Corte dei Conti e gli altri tribunali; e) il giudizio relativo alle contestazioni sull’incostituzionalità di una legge formale, ovvero sull’esatta interpretazione delle disposizioni di una legge nei casi in cui il Consiglio di Stato, la Corte di Cassazione o la Corte dei Conti abbiano emesso al riguardo delle decisioni fra loro contraddittorie; f) il giudizio sulle controversie riguardanti la sussistenza della qualità di «norma del diritto internazionale universalmente riconosciuto», secondo l’art. 28 paragrafo 1). 

Art. 110. – 1) Le disposizioni della Costituzione possono essere sottoposte a revisione, tranne quelle che stabiliscono che la forma di governo dev’essere quella della Repubblica parlamentare e quelle degli articoli 2 paragrafo 1), 4 paragrafi 1), 4) e 7), 5 paragrafi 1) e 3), 13 paragrafo 1) e 26.

2) La necessità della revisione della Costituzione è accertata con una decisione presa dalla Camera dei deputati, su proposta di almeno cinquanta deputati ed a maggioranza di tre quinti del numero complessivo dei membri della Camera, in due scrutini separati da un intervallo di almeno un mese. Le disposizioni da revisionare sono specificatamente determinate da tale decisione.

3) Quando sia stata decisa con la menzionata delibera parlamentare la revisione costituzionale, la successiva Camera dei deputati si pronuncia, nel corso della sua prima sessione, sulle disposizioni da revisionare a maggioranza assoluta del numero complessivo dei suoi membri.

4) Se la proposta di revisionare la Costituzione ottiene la maggioranza del numero complessivo dei deputati, ma non quella dei tre quinti dello stesso numero, come è richiesto nel paragrafo 2) del presente articolo, la Camera dei deputati successiva può, nel corso della sua prima sessione, deliberare sulle disposizioni da revisionare; la sua decisione dev’essere presa a maggioranza di tre quinti del numero complessivo dei suoi membri.

5) Ogni revisione delle disposizioni della Costituzione che sia stata votata viene pubblicata nella Gazzetta Ufficiale entro i dieci giorni che seguono il voto da parte della Camera dei deputati ed entra in vigore con una decisione speciale della stessa Camera.

6) Nessuna revisione costituzionale è permessa prima della scadenza di un termine di cinque anni dopo l’attuazione della revisione precedente.
 



22 commenti:

  1. Un referendum in cui si chiede direttamente al popolo cosa pensa è una cosa magnifica, specialmente nell'Unione Europea che è stata costruita dall'inizio da elites che quando sono state costrette ad accettare referendum sui trattati europei li hanno persi (francia, olanda, danimarca, irlanda...) e poi ci sono passati sopra lo stesso.

    Purtroppo il diavolo sta nei dettagli:

    1) Come riportano varie fonti oggi i negoziatori greci stessi fino all 10 di sera di venerdì non ne sapevano niente, hanno letto un twitter di Tsipras. Stavano negoziando convinti di arrivare a qualcosa per lunedì, poi vedono che Tsipras ha scritto un tweet che dice "domenica prossima referendum sull'ultima offerta della troika" e hanno dovuto mollare tutto e tornare a casa. Questo non ispira molta fiducia riguardo al fatto che Syriza avesse un piano, cioè sembra che stiano improvvisando...

    continua
    http://www.monetazione.it/blog/defaultEconomia.php?topicGroupID=1&idr=123591930#123591930

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  2. Esiste una dittatura finanziaria oggi nel mondo (come canta Povia) e in particolare in Grecia, ma senza indulgere in slogan spieghiamo la madre di tutti guai della Grecia, cioè il fatto che se danno default la BCE ha il potere legale di prendere i soldi in banca direttamente ai cittadini greci. Un ateniese va in banca tra un mese e scopre che i suoi 40mila euro sono diventati 20mila perchè la BCE li ha prelevati! Ecco il micidiale meccanismo che è stato messo a punto negli ultimi tre anni senza che i cittadini europei se ne accorgessero.

    1) la Grecia finisce in default verso non solo il FMI ma anche verso i fondi salvastati e la BCE (non stiamo a ripetere come....ma 'nzomma il senso del referendum indetto per domenica prossima da Tsipira è di votare per un default, per non pagare l'assurdo debito di 330 mld che le "istituzioni" hanno assunto dalle banche e investitori privati nel 2011 invece di lasciare che ci fosse un default). Questo è giusto, secondo almeno metà dei commentarori ed esperti finanziari, sia di sinistra che di destra (vedi ad esempio Cochrane o Giavazzi che ad esempio lo dicono anche loro). Bene, ma quali sono le conseguenze ?

    2) come discusso in dettaglio nelle puntate precedenti qui, i Greci hanno portato via dalle banche 40 miliardi da inizio anno e circa 100 miliardi negli ultimi anni ( Nota Bene in questo pezzo correggo anche quanto detto in quelli precedenti perchè mi era appunto sfuggito il punto cruciale che adesso racconto ). In questo modo si è creato un "buco" nelle loro banche, che è stato man mano coperto con finanziamenti della BCE alla Banca Centrale Greca la quale a sua volta girava i soldi alle banche locali greche. Parliamo di 89 miliardi di euro dalla BCE alla Bank of Greece alle banche greche tramite il programma chiamato "ELA" (emergency liquidity assistance). Cosa succede con questi soldi ?
    continua..
    http://www.monetazione.it/blog/defaultEconomia.php?topicGroupID=1&idr=123591943#123591943

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    1. Ok, ma se la Bce ruba i soldi dei Greci dalle banche, comincia il bank run in tutto il resto del sud europa. Non mi pare una buona idea, per "loro". Se invece fanno default potrebbero esserci conseguenze devastanti per le banche europee pari a 10 volte tanto. Una terza via sembra non esserci, ma senz'altro sottovaluto la fervida fantasia dei banchieri della Bce e della Fed.

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  3. Problema che si sta ponendo il movimento politico austriaco "Iniziativa civile: Patria e Ambiente" http://www.volksbegehren-eu-austritt.at/index.php/termine ... gli attivisti austriaci sono preoccupati del fatto che le decisioni "collettive" di politica estera dell'Unione Europea possano essere in contrasto con la Costituzione nazionale. http://it.sputniknews.com/mondo/20150625/625632.html#ixzz3eUZqyRlm

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    1. E fanno bene: certo, hanno (pragmaticamente) cominciato ad affrontare il problema laddove è più palesemente percepibile.

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  4. il referendum è espressione di democrazia diretta , la democrazia diretta degenera inevitabilmente in oclocrazia

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    1. dipende dal quesito referendario e quando il quesito viene proposto , se ciò avviene in momenti opportuni e NON di emergenza, rappresenta un ottima occasione di democrazia e rafforza la sovranità popolare

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    2. Ritorniamo alla tesi (di Scafari, inter al.) per cui ogni opposizione al "nuovo assetto" europeo è di matrice demagogica - populista - nazionalista mentre la "buona" democrazia è quella retta (pardon, guidata) da una "buona" oligarchia? (Che poi a rigore sarebbe un altro regime, ma "fra gente colta ci si capisce" e poi oggi c'è la Cina...)
      Mi pare che in questo specifico caso sia opportuno ragionare per opposizioni, chiedersi a quale forma di potere si contrapponga questo referendum, sia per noi che nella rappresentazione pubblica.

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    3. Per chiederselo in termini riferibili al suffragio popolare occorrerebbe, allora, un altro sistema dell'informazione. Essenzialmente, la democrazia è costretta a lavorare su situazioni emergenziali gravi, le uniche in cui i fatti stessi rivelano ai cittadini che il sistema mediatico ha raccontato balle. Ma anche in questo caso, ESSI, come stiamo vedendo, hanno contromosse propagandistiche ad ampio spettro.

      Sta di fatto, e in punto di diritto, che l'unica certezza non sottoponibile a manipolazione (totale o comunque eccessiva) è la realtà normativa della Costituzione.
      Ma questo presuppone che sia nota, in termini storici, economici e conseguentemente normativi, almeno a chi la invoca.
      That is the question...

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  5. Tutto sacrosanto ma......Siamo sicuri che se Tsipras fosse andato a chiedere questa votazione al suo parlamento avrebbe ottenuto l'approvazione?

    io no.

    l'ala moderata di Syriza, di cui peraltro Tsipras fa parte se ho ben capito, molto probabilmente avrebbe votato CONTRO la rottura con la troika.

    discorso diverso se è il popolo a votare contro.

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    1. Un rigoroso discorso di legittimità costituzionale non mi risulta sia stato mai fatto: il governo in ogni caso, specie di fronte a un voto contrario del parlamento (e in questa ottica non era affatto detto), poteva rimettere la parola definitiva alla Corte Suprema Speciale. Certo, contemporaneamente, poteva anche indire un referendum: ma solo dopo aver chiarito i suoi risvolti costituzionali con un chiaro dibattito.
      Non dimentichiamo che la proposta di svolgere il referendum è comunque passata in paralmento...

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    2. Tsipras è stato eletto dal popolo greco per restare nell'Euro e per chiedere meno austerità. In questo senso almeno non ha tradito le aspettative elettorali. Se si fosse presentato agli elettori mettendo in discussione i trattati europei sarebbe stato eletto?
      Nasce prima l'uovo o la gallina?
      In un'€uropa in cui l'informazione è completamente distorta (come ci hai ripetuto mille volte) è quasi impossibile che un politico riesca oggi a farsi eleggere sostenendo tesi di quel tipo.

      Dopo anni di frustrazioni continue capisco l'entusiasmo (anch'io mi devo mettere le zavorre) di chi intravede la possibilità che un eventuale grexit (non staranno a giocare, vero?) possa servire da grimaldello per scardirare l'€ sistema.

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    3. Nessun entusiasmo e mi pare evidente.
      Il punto è che Tsipras ha mentito: l'austerità coincide con il rimanere in UEM. Non ci sono alternative. Che poi in (difficile) buona fede non lo abbia capito è il motivo delle incongruenze che segnaliamo in questo e nel precedente post.
      Una cattiva informazione genera una cattiva politica: almeno riferita all'interesse del proprio popolo e della sua democrazia

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    4. "Nessun entusiasmo e mi pare evidente." Certo, non era riferito a te :-) ma a tutto l'entourage no euro ...
      Le tue ragioni le conosco e le condivido, nonostante i miei limiti personali. Ma qui rischiamo che prima di tornare alle verità costituzionali si debba passare in mezzo al deserto ....

      Comunque, grazie per la pazienza.

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  6. Carissimi,
    credo che le osservazioni del nostro Ospite -ineccepibili da un punto di vista tecnico-giuridico, almeno per chi ancora conserva la capacità di essere conseguente- non ne escludano altre più squisitamente politiche. E qui il punto politico è: la responsabilità di una scelta chi se la prende? Il Nostro, evidentemente, non se la sente, lo stesso sarebbe per il Parlamento e, a fortiori, per un organo privo di legittimazione democratica diretta come una Corte costituzionale: al proposito basta vedere il comportamento ondivago e compromissorio assunto dalla nostra Corte, pur in situazioni affatto meno drammatiche, spiegabile anche, appunto, con l'esigenza di non sovraesporsi politicamente. L'eroismo non si può pretendere, e la scelta tra una morte lenta per soffocamento (Sì), ed una molto probabile morte veloce per precipitazione (No), è una scelta eroica. Mi pare, dunque, che in questa fase il discorso sulla legalità costituzionale -che comunque, per correttezza, andrebbe fatto- finirebbe per avere un'influenza limitata. Il popolo sceglierà tra due qualità del medesimo male, ovvero l'immediateza o la certezza. Speriamo che i nostri politici non ci chiamino, un domani, a dover fare altrettanto. E che in Italia si inverta la rotta prima che la situazione degeneri ulteriormente.
    Tom

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    1. Ho cercato per anni di far capire che la democrazia sostanziale non è una questione giuridico-formale e che essa trova realizzazione effettiva solo se esiste una Costituzione che, per definizione stabilisca dei limiti POLITICI invalicabili. E poi li affidi ad una Corte che possa svolgere proprio questo compito di limitazione della politica.

      La questione è dunque di salvaguardia della democrazia nei suoi lineamenti irrinunciabili: la "politica" che fa le leggi in parlamento è frutto di un processo elettorale che, a sua volta, è inevitabilmente il riflesso di assetti di forza nel controllo dell'opinione publbica.

      Per questo esistono le Costituzioni, per evitare che i diritti democratici siano arbitrariamente rimessi in discussione dai sopravvenuti rapporti di forza economico-sociale (e di controllo dell'informazione).

      Ogni politico (eletto in base alle regole poste dalla stessa Costituzione e da essa solo legittimato!) ha il supremo dovere di difendere la Costituzione, perchè altrimenti, come osservò Calamandrei, si rinnoverebbe in continuazione lo stato pre-giuridico di dominio dei puri rapporti di forza; e ogni loro correzione a favore della maggioranza schiacciante dei cittadini dovrebbe condurre ad una rivoluzione.

      Ergo: la rivendicazione della legalità costituzionale è l'istanza POLITICA (democratica) per eccellenza, superiore a qualsiasi processo elettorale.

      Credere che il sindacato di conformità a Costituzione, specialmente di trattati internazionali, sia dunque un qualcosa di estraneo alla politica, è non solo un pericoloso ritorno indietro ad una concezione inevitabilmente autoritaria e non democratica della vita pubblica, ma anche, in questo caso, l'abdicazione della sovranità nazionale.

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    2. @Tom: (avevo già pensato di scrivertelo al commento che avevi fatto lo scorso post, ma solo questo bell'articolo di Cesaratto ha vinto la pigrizia ;-) ).
      La situazione della Grecia è certo molto grave ma non escluderei che interventi incisivi di politica economica possano rendere l'uscita gestibile e migliorare la situazione dei ceti sociali più colpiti dalla crisi. Lapavitsas e Flassbeck ne hanno fornito una dattagliata road map nel loro libro Nur Deutschland kann den Euro retten, tradotto in inglese col titolo Against the Troika. La premessa del ragionamento è che ci sono modi diversi dall'austerità per gestire una situazione precaria di bilancia dei pagamenti e che sono parecchie le cose che uno Stato può fare per regolare l'economia a vantaggio della maggioranza dei cittadini, anche se da anni cercano di convincerci del contrario al punto che ci siamo perfino dimenticati di quali potrebbero essere (qui il richiamo al nostro Caffè ci sta eccome).
      Poi se i media vorranno fare terrorismo, lo faranno, va da sé.

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  7. Ho da poco scoperto questo blog, vorrei ringraziare Quarantotto, ma anche i commentatori, per l'enorme mole di informazioni acquisite. Da ignorante me ne sto in un angolo in silenzio a leggere e imparare, però vorrei chiedere una spiegazione, se possibile... Notavo, da questo ultimo post, che anche la costituzione greca, come la nostra, prevede una cessione di sovranità "a patto che non leda i diritti... etc. etc.".
    Questo tipo di articolo è presente in altre costituzioni? Per quali motivi veniva originariamente inserito un tale articolo?
    Dove sbaglio se penso che paradossalmente l'assenza di un tale articolo avrebbe quantomeno costretto ad un ampio dibattito (tanto abbiamo visto che la costituzione se si vuole la si cambia), anzichè consentire di farsi ingannare da falsi profeti?
    Ancora grazie, saluti
    Gianni

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    1. Caro Gianni, please registrati per non finire cestinato come commento "anonimo".

      Questo tipo di articolo è presente nella Costituzione italiana e, con evidenza, è servito da modello a quella ellenica.
      Sul suo vero significato:
      http://orizzonte48.blogspot.it/2014/07/lart11-cost-e-adesione-allue-cosa-dice.html

      E' evidente che non si tratta di "cessioni" - giammai menzionate- ma di "limitazioni" o "restrizioni" (funzionali, quindi condizionate risolutivamente al rispetto di rigorose condizioni).

      E' tutta la costruzione €uropea, ab initio, a essere in "fuori gioco" sul piano della legalità costituzionale rigorosamente (cioè in senso democratico-sostanziale) intesa
      http://orizzonte48.blogspot.it/2014/11/what-cessioni-di-sovranita-una.html

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  8. ...forse mi sono spiegato male. Non è che credo che il sindacato di legittimità costituzionale, tanto più nel caso di cui trattasi, non sia una questione politica. Piuttosto, credo il contrario. Proprio per questo, ritengo che non si troverà una Corte che, se richiesta, avrà il coraggio politico di esprimersi come sarebbe doveroso in base alle norme. Ma vedremo quello che succederà se, e quando, una delle Corti potenzialmente interessate sarà investita della questione, perché poi è chiaro che sarei ben lieto di essere smentito. Fino a quel momento, magari errando, continuerò a ritenere che il pre-requisito fattuale necessario perché una Corte si esprima come auspicato in questa sede sia che, prima, un partito politico abbia conquistato la maggioranza, pure solo relativa, sostenendo tali tesi. E non mi pare sia il caso del nostro, che non ha mai spiegato la connessione inscindibile tra euro e austerità.
    Tom

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    1. Forse anche io mi sono spiegato male (ma nel post lo dico): ogni governo può invocare la contrarietà a norme fondamentali inderogabili della propria Costituzione per illustrare che l'applicazione e gli effetti del trattato determinano una grave e perdurante violazione delle stesse.
      E anche asseverare ciò sul piano del diritto internazionale generale come violazione dello jus cogens, laddove, come nel caso degli effetti distruttivi di reddito e occupazione conseguenti alle regole UEM, possa essere addotta una condizione manifesta di peggioramento della tutela dei diritti umani fondamentali.

      E' poi chiaro che le Corti costituzionali sono influenzabili dal rispettivo "ambiente culturale" socialmente e storicamente determinato: da questo punto di vista, semmai, si conferma l'importanza dei contenuti veritieri e diretti degli obiettivi e delle problematiche abbracciate da una forza politica.
      Posta sul piano della comune conoscenza politica e della diffusa consapevolezza sociale, confermata dal processo elettorale, la scala delle priorità di tutela costituzionale viene sicuramente "aiutata"

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  9. "Mettiamo da parte, al momento, la questione della borsa cinese e del collasso planetario, in probabile preparazione, della finanza globalizzata."
    Divertente immaginare che sia proprio questo il detonatore della UEM.
    Povero zio Sam, tanta fatica per tenere insieme i cocci (dopo aver destabilizzato mezzo mondo) e il problema arriva dal "miracolo" cinese ...
    Che dire, elmetti in testa!

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