domenica 29 novembre 2015

DEMOCRAZIA "DIRETTA" TRA VINCOLO ESTERNO E RAPPORTI DI FORZA PREGIURIDICI

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1. Parliamo della democrazia diretta; cioè, della "grande illusione" non casualmente ricorrente ogni volta che lo Stato di diritto contemporaneo, basato sulle Costituzioni democratiche e sul principio di rappresentatività democratica, viene posto pesantemente sotto attacco dal prevalere delle forze del diritto internazionale privatizzato: cioè dalla liberalizzazione dei capitali e dal connesso liberoscambismo.
In questa condizione, appunto in quanto istituzionalizzata da trattati che pretendono di prevalere su ogni regola delle Costituzioni nazionali, coloro che controllano il processo supernormativo della globalizzazione finanziaria, vale a dire che prestabiliscono a proprio favore il contenuto dei trattati stessi, divengono i detentori del "potere di eccezione" e quindi i titolari sostanziali della sovranità (aspetto che porta alla proposizione di un vero e proprio "potere costituente" dei mercati...senza popolo, come viene illustrato ne "La Costituzione nella palude").

2. Come si è cercato di chiarire nell'intervento al convegno di a/simmetrie a Pescara, la dichiarazione dello stato di eccezione, infatti, consente la deroga incondizionata di ogni livello di regola giuridica in precedenza vigente in un contesto sociale, in funzione della necessità "emergenziale", autonomamente stabilita da chi ha il potere di dichiararlo. Il che individua, in "ultima istanza", il detentore della supremazia istituzionalizzata su una certa comunità sociale: appunto, ciò in cui consiste la sovranità (in senso tradizionale).
E, dunque, questo spostamento di sovranità dal popolo (che le Costituzioni affermano come precedente titolare della sovranità medesima) alle forze capaci di plasmare il contenuto super-normativo dei trattati internazionali, si verifica dal momento in cui questi entrano in vigore; e precisamente, in conseguenza di una preventiva rinuncia dell'assetto democratico costituzionale a riaffermare la propria immodificabilità ad opera di forze esterne al popolo sovrano posto alla base del Potere Costituente. 
E ciò diviene possibile allorquando i trattati "per il mercato", entrano in vigore senza essere sottoposti a filtri di legittimità costituzionale, grazie alla spinta unanime del sistema mediatico ed al conseguente controllo dell'opinione di massa.

http://supervedo.it/stereogrammi-illusioni-effetti/img/illusioni-ottiche/Illusione-ottica-assurdo.jpg


3. Va allora svolta una notazione sociologica e istituzionale che pare sfuggire ai più, in questa fase storica, e certamente a tutti gli acritici sostenitori dell'internazionalismo dell'indistinto: parlare di democrazia diretta in questa condizione di ridislocazione della sovranità, divenuta "processo" e fatto compiuti, è evidentemente un pura illusione.
Il popolo, nella sua interezza di corpo elettorale, si dovrebbe infatti esprimere su ogni possibile decisione di rilevanza generale, ma:
a) le decisioni fondamentali sull'indirizzo politico generale, sono già contenute nei trattati;
b) ogni altro fatto sopravvenuto, di carattere "essenziale", che possa manifestarsi per attualizzare l'esigenza di decisioni fondamentali, è regolato dal potere di eccezione, sempre dislocato all'interno delle forze (economico-finanziarie) che hanno instaurato l'ordine giuridico voluto da tali trattati (per lo più, come oggi, economici e, precisamente, volti a instaurare un libero scambismo internazionalizzato al massimo grado).
Cosa potrebbe decidere il corpo elettorale, nel suo continuo e defatigatorio consultarsi, se ogni decisione realmente essenziale sull'interesse pubblico è già assorbita in tale meccanismo dell'ordine sovranazionale dei mercati?

4. A confermare questa natura illusoria della democrazia diretta, abbiamo gli eventi verificatisi in Italia dal 2011, laddove lo "stato di eccezione" esplicitamente dichiarato dai "mercati" (per il tramite esecutivo della "lettera della BCE"), ha condotto alla formalizzazione della titolarità di tale potere al di fuori del popolo sovrano: quand'anche quest'ultimo avesse potuto esprimersi direttamente, cioè come somma di individui direttamente decidenti, non avrebbe potuto fa altro che o accettare la forza irresistibile dell'emergenza mercatista o respingere il vincolo esterno in modo generico, come s'è verificato col referendum greco. 

Ma il corpo elettorale non avrebbe potuto certo assumere direttamente decisioni contrastanti con quest'ultimo, non avendo soggettività di diritto internazionale. Sul piano sostanziale poi, non avrebbe potuto respingere tale "vincolo esterno" senza prima averlo compreso e dichiarato incompatibile col proprio volere; e questo volere poteva legittimarsi solo IN QUANTO CONFORME AL DETTATO COSTITUZIONALE che configura la titolarità popolare della sovranità in senso democratico.

5. Una cosciente raffigurazione di questa legittimità popolare, (cioè di sovranità conforme alla legalità suprema), è del tutto assente nelle proposizioni di chi oggi sostiene la democrazia diretta, confermando la sua natura illusoria o, più precisamente, cosmetica: cioè l'idea che tutti-tutti abbiano lo stesso peso decidente, addirittura prescindendo dai principi fondamentali della Costituzione, con la conseguenza paradossale che tale democrazia diretta sia legittimata a rimettere potenzialmente e illimitatamente in discussione questi stessi principi fondamentali.  
Se non altro, perchè non si pone il problema di identificare e comprendere la sostanza di tali principi: nella logica della democrazia diretta, l'esercizio del potere decidente collettivo rende irrilevanti questa identificazione e questa comprensione, assorbite nella forza creativa istantanea ed emotiva del risultato che trova in sé, nel metodo, la sua legittimità.
Questa idea  può risultare affascinante, esaltando gli individui che si sentono chiamati a prendere ogni tipo di decisione di pubblico interesse, ma non è parimenti consapevole e connessa alla conquista, propria della Costituzione democratica, della eguaglianza sostanziale.


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6. Le premesse che abbiamo finora svolto consentono di comprendere meglio (se lo si desidera) quanto in precedenza si è detto in sede di commenti
"La democrazia diretta è un indefinibile - indefinibile!- processo decisionale ove i poteri di fatto tendono a prevalere inesorabilmente verso risultati che sfuggono inevitabilmente alla comprensione dei decidenti, facendo prevalere l'istinto autoritario delle oligarchie.
Però di questo abbiamo tanto parlato qui: e in base a quanto, da secoli, hanno elaborato e escogitato coloro che hanno posto le basi della democrazia sostanziale (cioè quella che si pone come sistema di razionale e stabile risoluzione del conflitto sociale e distributivo). E nessuno di questi ha mai predicato la democrazia diretta.
Quest'ultima, invece, riscuote, non poche nascoste simpatie nelle elites che si strofinano le mani al pensiero di come, a livello pre-elettorale, sono in grado di formare l'opinione pubblica, rendendo il voto un PROCESSO IDRAULICO. Cioè a esito predeterminato (dall'assetto mediatico e culturale controllato dalle oligarchie) ove la democrazia scolora nel SONDAGGISMO (che dissimula l'assetto oligarchico)."

7. Relativamente al problema sostanziale per cui non "tutto-tutto" possa continuamente essere rimesso in discussione, lasciandolo all'apparente e illusoria autodeterminazione della somma dei singoli elettori, avevamo anche anticipato gli enormi rischi che a tale idea si connettono:
"...la democrazia sostanziale non è una questione giuridico-formale: essa trova realizzazione effettiva solo se esiste una Costituzione (rigida) che, per definizione, stabilisca dei limiti politici invalicabili. E che poi li affidi ad una Corte che possa svolgere proprio questo compito (costante ed effettivo) di limitazione della politica.

La questione è dunque di salvaguardia della democrazia nei suoi lineamenti irrinunciabili: la "politica" che fa le leggi in parlamento è frutto di un processo elettorale che (come la stessa democrazia diretta), a sua volta, è inevitabilmente il riflesso di assetti di forza nel controllo dell'opinione publbica.
Per questo esistono le Costituzioni: per evitare che i diritti democratici possano essere arbitrariamente rimessi in discussione dai sopravvenuti rapporti di forza economico-sociale (e di controllo dell'informazione).

Ogni politico (eletto in base alle regole poste dalla stessa Costituzione e da essa solo legittimato!) ha il supremo dovere di difendere la Costituzione, perchè altrimenti, come osservò Calamandrei, si rinnoverebbe in continuazione lo stato pre-giuridico di dominio dei puri rapporti di forza; e ogni loro correzione a favore della maggioranza schiacciante dei cittadini dovrebbe condurre ad una rivoluzione.
Ergo: la rivendicazione della legalità costituzionale è l'istanza democratica per eccellenza, superiore a qualsiasi processo elettorale..."
http://www.pensierocritico.eu/images/Manipolazione3.jpg

8. Rimane un interrogativo: ma la democrazia diretta sarebbe "praticabile", cioè sarebbe una forma attuabile e non controllabile, in assenza di un "vincolo esterno"?
Da quanto abbiamo finora detto, questo interrogativo troverebbe già una semplice risposta: è pensabile che la facoltà di "rimettere sempre e tutto in discussione" che caratterizza la democrazia diretta, in una società complessa caratterizzata dal capitalismo tecnologico, possa sfuggire al precondizionamento dell'opinione di massa e quindi del corpo elettorale?
Evidentemente no. Lo stato pre-giuridico del dominio dei puri rapporti di forza (socio-economica e quindi, inevitabilmente, culturale e mediatica), allorchè non ci si attenga allo scrupoloso rispetto dei principi fondamentali della Costituzione democratica, può ben verificarsi pure in una società non costretta dai trattati al free-trade e alla "forte competizione"...tra Stati (come impone l'art.3, par.3, del Trattato UE).

9. Al riguardo, riportiamo, più sotto, quanto detto da Bazaar in un precedente post. 
E va precisanto che, quanto, in tale ragionamento, vale per le "istanze liberali", vale altrettanto per le continue esigenze di rimescolamento sondaggistico in cui consisterebbe la democrazia diretta.
Laddove, appunto, l'agenda delle priorità da sottoporre a sondaggio sarebbe naturalmente, se non inevitabilmente, condizionabile dai poteri economici prevalenti di fatto.
In altre parole, ipotizziamo di svolgere un referendum su tutti i possibili punti di pubblica decisione "rilevanti": ma chi stabilisce il metodo di concepimento iniziale, la priorità e la stessa proponibilità dei quesiti?
Forse può disciplinare questi presupposti fondamentali una massa inconsapevole dei possibili condizionamenti dell'intero spettro mediatico, il quale, in realtà, programma automaticamente (sarebbero sprovveduti se non lo facessero) il controllo dell'informazione insieme con quello della controinformazione?
O forse, li potrebbe stabilire, (auto)affermandosi libero da ogni condizionamento dalle segnalate dinamiche del potere mediatico e dimenticando ogni memoria storica delle lotte per la democrazia nonché le formule istituzionali in cui sono state trasposte, un collettivo di individui colpiti dall'effetto Dunning-Kruger?

10. Si obietta: l'evoluzione storica, sociale e tecnologica comporta sempre nuovi problemi, specie in campo ambientale e di tutela del consumatore. 

Ma davvero è così? 
Davvero, esistono dei problemi che possono prescindere dal tipo di regolazione del mercato del lavoro e dall'azione di intervento politico-economico dello Stato nel promuovere l'eguaglianza sostanziale?
Le tutele del lavoro, della salute, del paesaggio, delle esigenze previdenziali e di istruzione (pubblica) di tutti i cittadini, che la Costituzione impone, perchè non basterebbero a garantire la soluzione anche di problemi che non sono altro che forme aggiornate, ma non nuove, di quelli che avevano ben presenti i Costituenti?
L'anelito alla democrazia diretta non si occupa di rispondere a questi ultimi interrogativi; anzi li ignora proprio. 
E proprio per questo, non a caso, abbiamo visto, le oligarchie continuano a fregarsi le mani nell'ombra (dei media che controllano), al pensiero di poter predeterminare comunque l'agenda che consente di rimettere in discussione ogni caposaldo della democrazia lavoristica. 

11. E dunque, con questi chiarimenti preliminari che abbracciano dal neo-liberismo fino al "sondaggismo" della democrazia diretta, veniamo all'intervento di Bazaar:
"...la particolarità di una democrazia moderna, che, per essere tale "nella sostanza" - come faceva notare Mortati - necessitava un ordinamento lavoristico con una forte Stato sociale. Ovvero, si fondava l'intero ordinamento, con convergenza di tutte le forze politiche, sulla Sinistra economica (in senso contenutistico e non partitico, ndr.): sinistra economica che propugna la necessità della giustizia sociale affinché la democrazia possa essere chiamata tale.

I liberali - ovvero la destra economica - oltre alla "giustizia commutativa" storicamente non chiedono altro: anzi.
Quindi, la domanda che sorge spontanea consiste in: « ma se tutti convergono sui caposaldi storici "socialisti", che legittimità e che spazio hanno nel panorama costituzionale le "istanze liberali"» (in democrazia "compiuta", beninteso, ndr.)?

Risposta: tendenzialmente nessuna.

I liberali alla Einaudi avrebbero potuto difendere gli interessi di classe in una dialettica che avrebbe dovuto escludere la radicalità sostanziale della ideologia storica del liberismo, risultata definitivamente screditata dalla crisi del '29 e dalla seconda guerra mondiale: avrebbero dato un eventuale contributo nel "come" raggiungere gli obiettivi
Non più "quali" obiettivi.

Infatti, a differenza degli stati liberali "classici" come USA e UK, che avevano adottato le politiche keynesiane nel trentennio d'oro senza "obblighi costituzionali", arrivando poi a smantellare tutto lo stato sociale in breve tempo e senza troppi problemi (Reagan e Thatcher), per l'Europa il vecchio ordine (a vertice USA) ha tenuto "un piede nella porta" con la Germania ordoliberista: tramite i trattati di libero scambio dipinti di rosso da Spinelli, Rossi e utili geni del caso, tramite il "vincolo esterno", ovvero il "balance of payment constraint", ovvero tramite SME ed euro, la classe dominante internazionale, con il capitale nazionale "vassallo" e per definizione collaborazionista, si sono avviati a "ricordarci la durezza del vivere".
Perché la democrazia è tale se, e solo se, esiste lo Stato sociale con le sue protezioni (v. Mortati).

Il fatto che, nonostante la scelta unanime verso il keynesismo, Einaudi potesse godere di tali "riconoscimenti", potrebbe essere proprio considerata come il segnale della scelta extra-istituzionale, di un determinato gruppo sociale, di influenzare la politica nazionale al di fuori della legalità costituzionale. Obiettivo poi efficacemente perseguito a livello "tecnico" a fine anni '70."


22 commenti:

  1. Non è un caso che decrescismo, grillismo, fateprestismo, democrazia diretta e controllo totalitario di un'elite vadano di pari passo.
    Quando il dovere dello Stato di produrre e trasmettere cultura e pensiero critico è abbandonato, allora sono i movimenti "dar basso" diretti dalle élite ad averla da padrona.
    Un conto è la tutela del paesaggio e dell'ambiente così come è sancita in Costituzione, un conto è l'isterismo fondambientalista del fateprestismo veicolato da organismi elitari e non democratici come il Club di Roma.
    Mi ricordo anni fa quando assistetti ad una conferenza di Giulietto Chiesa che spaventava gli uditori passivi dicendogli che eravamo di fronte ad una catastrofe globale, che lo sviluppo andava fermato a tutti i costi, bisognava fare presto, oppure il pianeta sarebbe esploso per via della sovrappopolazione e della CO2 industriale. Naturalmente gli uditori rispondevano con un oooooh!, facciamo presto, divulghiamo il verbo.
    Che poi sono gli stessi argomenti di Maurizio Pallante e Serge Latouche.
    E' la creazione di una mentalità in stile setta, catastrofista, in stile calendario Maya, dove “isaggi” hanno detto che vi sarà la fine del mondo ammenochè non ci ravvediamo e cambiamo i nostri costumi peccaminosi, al più presto, senza alcuna analisi razionale, ma solo perché lo hanno detto “isaggi”. Caso strano, lo stesso Giulietto diffondeva tra le folle spaventate dei volantini in cui si diceva che anche Soros stava investendo i suoi soldi per invertire la catastrofe verso cui la società era inevitabilmente diretta.
    La destrutturazione dei governi nazionali attraverso il fateprestismo fondambientalista è chiaramente espressa da Nicola Vallinoto, membro del Movimento Federalista Europeo, il quale afferma: “Partendo da queste considerazioni sarebbe auspicabile che l’esperienza negativa del post-terremoto haitiano porti i governi dei paesi più ricchi, a cominciare dai membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, a prendere le necessarie e conseguenti decisioni.
    Ovvero decidere di delegare una parte della propria sovranità a un governo democratico mondiale sotto l’egida dell’ONU, responsabile di fronte all’Assemblea generale, in quei settori o ambiti nei quali gli stati nazionali divisi hanno dimostrato di non essere in grado di dare risposte efficaci. L’ultima dimostrazione, in ordine di tempo, di tale inefficacia l’abbiamo avuta al vertice sul clima di Copenhagen dove dopo due settimane di incontri e confronti i leader di oltre cento paesi non sono riusciti a trovare un accordo minimamente soddisfacente per ridurre le emissioni di CO2, causa prima del riscaldamento del pianeta.
    La domanda che si pone a coloro che hanno un ruolo di leadership nei partiti politici, a coloro che governano gli stati nazionali e agli intellettuali che riflettono sul futuro del mondo è la seguente:
    «A quante altre disgrazie dovremo assistere, ed anche subire, prima di ammettere l’inutilità della divisione politica del mondo in stati nazionali, solo formalmente, sovrani e di lavorare per superare tali divisioni a favore di integrazioni federali a livello regionale e a livello planetario?»”
    http://www.eurobull.it/Terremoto-ad-Haiti-un-governo-mondiale-per-gestire-le-catastrofi

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  2. Un documento dal titolo State Sovereignty Must Be Altered In Globalized Era di Richard Haass, President Of Council On Foreign Relations, si afferma che:

    “Moreover, states must be prepared to cede some sovereignty to world bodies if the international system is to function...Some governments are prepared to give up elements of sovereignty to address the threat of global climate change. Under one such arrangement, the Kyoto Protocol, which runs through 2012, signatories agree to cap spec
    ific emissions. What is needed now is a successor arrangement in which a larger number of governments, including the US,
    China, and India, accept emissions limits or adopt common standards because they recognize that they would be worse off if no country did. “
    http://www.newfrontiercoalition.com/State_Sovereignty.pdf

    Ricordiamo uno degli assunti di base del Club di Roma:
    "Nella ricerca di un nuovo nemico che ci unisca, c'è venuta l'idea che l'inquinamento, la minaccia del riscaldamento globale, la scarsità di acqua, le carestie e altre cose simili si adatterebbero al caso...Tutti questi pericoli sono causati dall'intervento umano nei processi naturali, ed è solo attraverso la modifica delle attitudini e del comportamento che essi possono essere superati. Il vero nemico, allora, è l'umanità stessa." Pag.75
    https://ia700408.us.archive.org/31/items/TheFirstGlobalRevolution/TheFirstGlobalRevolution.pdf
    Qui l'autorazzismo si tramuta in autospecismo, la visione della razza umana come organismo patogeno, da cui la necessità di una élite posta a protezione. Un élite che considera tutti gli umani, specialmente quelli delle democrazie keynesiane costituzional-democratiche, come dei bambini capricciosi che vogliono solo lavorare e consumare, a cui deve essere posto un limite internazionale, per proteggerli da loro stessi. E' strano, quando si citano documenti ufficiali, avere ancora le risposte di coloro che affermano che noi saremmo “complottisti”. Nicola Vallinoto del Movimento Federalista Europeo lo dice chiaramente che vuole un “governo mondiale”. Non ci vuole molto per capire. Eppure sembra oramai che ci sia un blocco cognitivo tra la gente indottrinata “dar basso” dai vari Grillo e Chiesa.

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  3. In un articolo del Wall Street Journal una serie di eminenti scienziati ci ha detto che:
    No Need to Panic About Global Warming
    Perhaps the most inconvenient fact is the lack of global warming for well over 10 years now. This is known to the warming establishment, as one can see from the 2009 "Climategate" email of climate scientist Kevin Trenberth: "The fact is that we can't account for the lack of warming at the moment and it is a travesty that we can't." But the warming is only missing if one believes computer models where so-called feedbacks involving water vapor and clouds greatly amplify the small effect of CO2.
    The lack of warming for more than a decade—indeed, the smaller-than-predicted warming over the 22 years since the U.N.'s Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) began issuing projections—suggests that computer models have greatly exaggerated how much warming additional CO2 can cause. Faced with this embarrassment, those promoting alarm have shifted their drumbeat from warming to weather extremes, to enable anything unusual that happens in our chaotic climate to be ascribed to CO2.
    The fact is that CO2 is not a pollutant. CO2 is a colorless and odorless gas, exhaled at high concentrations by each of us, and a key component of the biosphere's life cycle. Plants do so much better with more CO2 that greenhouse operators often increase the CO2 concentrations by factors of three or four to get better growth. This is no surprise since plants and animals evolved when CO2 concentrations were about 10 times larger than they are today. Better plant varieties, chemical fertilizers and agricultural management contributed to the great increase in agricultural yields of the past century, but part of the increase almost certainly came from additional CO2 in the atmosphere.
    http://www.wsj.com/articles/SB10001424052970204301404577171531838421366

    Lo scandalo Climategate è pressoché rimasto sconosciuto tra tutti i catastrofisti grillini e decrescisti nostrani che ci vogliono riportare alla società preindustriale dei baratti e dell'agricoltura di sussistenza governata dall'alto da un'élite internazionalista antidemocratica.
    https://www.corbettreport.com/interview-629-tim-ball-on-climategate-3-0/

    Altri siti in Italia, per fortuna, fanno un'analisti critica del fondambientalismo, questo può essere un inizio:
    http://www.climatemonitor.it/
    E' chiaro quale sia il disegno internazionalista per chi è ancora in grato di fare due più due.
    Ma, poniamo che anche tutto quello che avete letto sopra non esista, e ci sia un reale riscaldamento globale in corso, potenzialmente dannoso. La via giusta da intraprendere sarebbe davvero quella di forzare antidemocraticamente la desertificazione industriale abbinata alla denatalità, attraverso un controllo internazionalista dei mercati mondiali? In Cina, ed in altre nazioni, i governi stanno compiendo, in stile keynesiano, dei grossi investimenti in ricerca e sviluppo in campo ambientale, in grado di creare lavoro, benessere e sviluppo a crescenti fasce di popolazione, ed in modo sempre più ecocompatibile. Qui in Italia, per via del vincolo esterno, i nostri problemi ambientali li stiamo risolvendo e li risolveremo sempre di più ritornando invece non già verso la società pre keynesiana, pre '29, ma preistorica, nel vero e proprio senso della parola.

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    1. Non sono uno scienziato, pertanto ciò che posto è da prendere con le pinze...
      Però sia la Nasa che altri diversi articoli dicono che, in merito agli allarmismi climatici, stiamo andando piuttosto all'opposto... Ghiacciai Antartide in aumento, macchie solari in calo, ciò per qualche studioso presuppone che si stia andando verso una piccola glaciazione... interessante anche il ribaltamento prospettiva: non è Co2 a causare riscaldamento terrestre, ma è riscaldamento terrestre a causare aumento Co2 (si dice che Co2 maggiore è in acqua terrestre, e che solubilità Co2 in acqua diminuisce all'aumentare della temperatura)... Questo per dire che questi allarmismi su Co2 possano essere il là per la "deindustrializzazione a tappe forzate" di interi paesi....

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    2. @ Flavio. Interessante l'articolo che hai proposto. Sembra di vivere in un mondo all'incontrario.
      "Le cause di origine antropica vengono ricondotte quasi esclusivamente alle emissioni di anidride carbonica conseguente l’utilizzo dei combustibili fossili, ma questa rappresenta soltanto il 5% dell’anidride carbonica presente in atmosfera (ed è una frazione irrilevante in rapporto a quella sciolta negli oceani ed a quella presente nei sedimenti sotto forma di carbonati o di bicarbonati). L’enorme quantità di fattori rende difficile qualunque proiezione
      futura. Di fronte a questi fatti e ad osservazioni e misure non sempre affidabili ed omogenee vengono proposti scenari e proiezioni, che non sono previsioni, sulla base di modelli e di simulazioni al computer. Ma è noto che ogni modello ha caratteristiche proprie che dipendono dai parametri che vengono usati nel modello e dal peso relativo che a ciascuno di essi viene dato. Se un modello viene proposto, ad esempio, in una discussione scientifica, in contrapposizione ad altri in una “gara” di “bravura” dei modelli, è una cosa encomiabile, ma se
      da un modello deterministico si vogliono far scaturire politiche mondiali che vogliono condizionare pesantemente la vita dell’umanità, allora si scantona in un processo politico, o in scelte politiche, che non dovrebbero essere ammantate da una pretesa di scientificità.
      Oltre all’ipocrisia della veste scientifica, la politica che è scaturita dal protocollo di Kyoto ha prodotto dei riflessi economici notevolissimi, sia incidendo fortemente sulle produzioni industriali, sia dando vita a degli strumenti finanziari che si sono aggiunti alla miriade di
      strumenti finanziari già presenti sullo scenario mondiale, dando adito a speculazioni e a truffe. Vi sono stati dei vantaggi economici notevoli anche per tutti i soggetti che hanno partecipato ai mercati che, direttamente o indirettamente, ruotano intorno alle emissioni di anidride
      carbonica: banche, compra-vendita di titoli di credito di carbonio, produzioni cosiddette sostenibili, energie rinnovabili, ecc..
      Richard Lindzen, che è considerato attualmente il maggior fisico dell’atmosfera ed è stato proclamato “climate scientist” nel 2007 ha dichiarato: “Le generazioni future si chiederanno, con perplesso stupore, come mai il mondo sviluppato degli inizi del XXI secolo è caduto in un panico isterico a causa di un aumento della temperatura media globale di pochi decimi di grado. Si chiederanno come, sulla base di grossolane esagerazioni di proiezioni altamente incerte di modelli matematici, combinate con improbabili catene di interferenze, è stata presa in considerazione la possibilità di ritornare all’era preindustriale”.
      http://www.climatemonitor.it/?p=39601
      Presentazione di IL CLIMATISMO: UNA NUOVA IDEOLOGIA di Mario Giaccio
      di Uberto Crescenti
      * Professore Emerito di Geologia Applicata, Università G. d’Annunzio
      Chieti-Pescara
      http://www.unich.it/sites/default/files/allegatiparagrafo/26-11-2015/locandina_convegno_giaccio.pdf
      Magari conosce Bagnai, stessa Università. E' questa la ricerca di cui abbiamo bisogno, non quella dei Giulietto Chiesa, dei Grillo, del Club di Roma o dell'IPCC

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    3. p.s. naturalmente non ho ancora letto il libro di Mario Giaccio, è la prima volta che sento di lui e di Umberto Crescenti; però sembra promettere bene. Io, da autodidatta curioso della materia (comunque sono laureato in ambito scientifico), avevo già letto altre fonti e dati, tra cui molti scienziati come Lindzen, e sono davvero convincenti le prove che mostrano che, nel caso del climatismo, si sia creata una vera e propria ideologia controllata dagli organismi sovranazionali antidemocratici. Un po come con l'eurismo

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    4. Si bravo, infatti volevo andare a parare proprio sul libro di Giaccio, di cui ne avevo trovato paragrafo anche qui... Io prendo con le pinze... Ma se davvero i ghiacci in Antartide stanno crescendo, se anche i ghiacci Artici non vogliono seguire ciò che dice la stampa, e paiono rimanere in linea di massima stabili o incrementare (lo dice anche Giuliacci!), beh, inizio a pensare che 'sta menata delle emissioni Co2 non sia proprio "il verbo"... Su Giaccio sarebbe da chiedere a 48 se sa se Alberto lo conosce. Concordo infine su quanto scrivi su Lindzen, è ideologia (anche perchè vorrei capire come Greenpeace riesce a trovare i soldi per comprarsi quei fighissimi catamarani con cui abborda le baleniere... provo a indovinare?)...

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    5. Mah...
      http://www.il-cortile.it/news/nel-mondo/1852-chi-finanzia-greenpeace.html
      http://losai.forumfree.it/?t=56220911

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  4. OT: E' arrivata la consueta "smentita di fine anno" sulla famosa "crescita"........

    http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2015/11/29/padoan-terrorismo-rischio-salti-lo-09-di-incremento-del-pil_77cb92cc-235a-4a26-ad20-270526da21a8.html

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    1. "Non dimentichiamoci che influisce anche un rallentamento delle economie di altri Paesi, cominciato ben prima degli attentati", ma "poi bisogna tener conto anche delle misure di reazione decise dal governo, con i 2 miliardi sugli interventi per la sicurezza e la cultura"."

      Quanto a considerare Parigi "una nostra città" (Pinotti, adde), i francesi, decisamente, non sarebbero d'accordo. Ma forse è perchè la storiella di Telecom deve pur essere volta in positivo; come pure l'avvenuta conquista delle griffe del made in Italy. Ora indifferentemente denominabile "made in Paris".

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    2. Più che "al Calippo" (in UK a rallentare gli acquisti sarà "la pioggia", in USA "il freddo", mentre in Australia pare "il caldo") la premiata ditta PoPaRe (Poletti, Padoan, Renzi), perchè poppano dalle tasche del contribuente italiano, meglio che si faccia un esame di coscienza sulle vicissitudini italiane in stile Saeco... altro che ripresa!

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    3. Ma la storia Saeco è veramente molti simile a quella Electrolux (come si sarà evoluta?): e a talmente tante altre che non si sa cosa aspettino a rendersi conto che è una questione sistemica.
      Dentro l'euro, semplicemente non c'è scampo, per il manifatturiero italiano. Questo fa comodo, molto, ai concorrenti esteri (UEM) dello stesso settore. Altro che riforme strutturali del mercato del lavoro: questo è un campo di st€rminio pro-offerta estera!

      E il tutto si converte in una società di lavoratori superprecari nel settore dei servizi - a controllo sempre più estero- e a basso valore aggiunto.

      Come si fa a ignorare in tal modo le precedenti "puntate" della tel€nov€la?
      Ogni volta, le rivendicazioni si fermano alla delocalizzazione, alla generica difesa del lavoro italiano.
      Quando capiranno che non c'è alternativa al lavoro-merce e che il sacrificio della domanda interna significa disoccupazione e deflazione salariale e che non si fermeranno (ESSI) finchè non avranno compiuto la svalutazione che, tutti i giorni, le istituzioni UE, ci dicono essere ancora insufficiente?

      Non se ne può più...Ha ragione Alberto...

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  5. " Fatepretismo" ed " amore o febbre da vincoli": http://www.reggiosera.it/2015/11/aemilia-legacoop-troveremo-risorse-per-fare-il-processo-a-reggio/8910/

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    1. Fanno la colletta per svolgere il processo a casa loro? E la Cassazione in sede di regolazione della competenza che ci sta a fare allora?

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  6. Nel frattempo si chiarisce forse il ruolo della CDP per i NPL banche italiane...

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    1. Garanzia per perdite...eventuali? Quanto eventuali in realtà, visto che il recovery rate potrebbe essere spesso (e quanto?) uguale a zero?

      E dunque con che margini quantificabili di dover escutere la garanzia per la restituzione del denaro investito in tali obbligazioni di "copertura" dell'operazione (cosa che influisce notevolmente sui "normali costi di mercato" della garanzia stessa)?

      Su quali riserve prudenziali conta attualmente la CDP per farvi fronte?

      Ed è quantificabile, in modo da capire se e dove ci saranno casi di ricapitalizzazione in bail-in, il probabile consolidamento di perdite di bilancio per le banche cedenti, a seguito delle vendite dei NPL a prezzi di mercato inferiori a quelli di libro?

      Mica indifferenti le risposte a tutti questi quesiti, una volta che entri in vigore il nuovo sistema (già anticipato, in minus, dal mini-bail in sulle 4 banche locali...)

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    2. Attenzione al colpo di classe propagandistico presente nelle righe conclusive dell'articolo: "E anche l'attenzione della BCE resta elevata: «Le banche devono affrontare anche problemi che sono eredità della crisi del debito sovrano, soprattutto sotto forma di un grande stock di crediti in sofferenza», si legge nel Rapporto sulla stabilità finanziaria pubblicato in settimana, in cui si evidenzia anche come questa situazione «potrebbe ostacolare la capacità delle banche di fornire nuovo credito all'economia reale», rendendo gli istituti «più vulnerabili agli shock negativi»". Insomma, la morale della favola per il paziente lettore è che se le banche private non prestano più soldi ai privati la colpa è del debito pubblico.

      E quali sono i "rimedi" del "savio" Presidente di Confindustria? Più "pressione competitiva interna" e lavoro a cottimo per tutti. Amen.

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    3. Sono ripetitivo, ma faccio man bassa di quanto dice Pizzuti rispetto alla cazzate di Squinzi: "Per produrre un chiodo oggi occorre un impiego di lavoro “infinitamente” inferiore rispetto a 2500 anni fa, ma il tempo necessario ad un docente per spiegare il teorema di Pitagora ad uno studente non è cambiato molto. Se le dinamiche salariali dei lavoratori nei due settori dipendessero dall’evoluzione relativa delle loro produttività, negli ultimi secoli i metallurgici dovrebbero aver goduto di una crescita delle retribuzioni “infinitamente” superiore a quella dei docenti. Naturalmente non è stato così. D’altra parte, il forte aumento della produttività nella produzione dei chiodi è dipeso anche dal fatto che in altre parti del sistema produttivo (e sociale) continuava ad essere insegnato e applicato (anche) il teorema di Pitagora senza aumenti di produttività.
      Il ruolo di settori come quelli dove si produce ricerca di base, innovazione, istruzione e formazione è fondamentale per gli incrementi di produttività dell’intero sistema, ma in essi la misurazione della produttività fisica e la sua specifica attribuzione a chi vi lavora per determinarne i salari è anche più problematica.
      Dunque, la percezione e la misura degli aumenti della produttività non si rilevano necessariamente nei settori dove vengono generati. Collegare ad essi le dinamiche salariali è problematico anche se la produttività è misurata in termini monetari, ad esempio, in termini di fatturato per addetto. Infatti, così facendo, la produttività viene a dipendere anche dall’evoluzione dei prezzi relativi.
      Per il solo fatto che in un settore i prezzi aumentano più che in un altro, il suo fatturato per addetto risulterà maggiormente accresciuto, indipendentemente dalle dinamiche della produttività fisica registrate in entrambi. Ma i prezzi relativi e il valore attribuito alla produzione di ciascun settore e azienda dipendono da numerosi fattori, anche indipendenti dalla produttività.". Vorrei proprio vedere la faccia di Squinzi se uno dei zerbinisti giornalisti gli sbattesse in faccia questa evidente realtà.

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    4. immagino comunque che il lavoro a cottimo, proprio perchè senza garanzia di reddito fisso nè a questo punto di posto fisso, verrà pagato profumatamente e riconoscendo ampi benefit ai lavoratori rapidi ed efficienti.

      No?

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  7. La democrazia diretta presuppone il superamento della delega a gruppi di potere o partiti, il raggiungimento di una consapevolezza attiva delle masse e passa attraverso strumenti controllati e gestiti dalla collettività, criteri regole precise e trasparenti di gestione del processo democratico decise dal basso, partecipazione attiva delle masse ai processi decisionali e legislativi, cosa oggi possibile se si utilizzassero nuovi strumenti informatici organizzati e gestiti direttamente dalla collettività.

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    1. La serie di definizioni e proposizioni condizionali - cioè, "a condizione che..", senza indicare COME si potrebbero verificare le condizioni stesse, che è il problema effettivo- che ci fornisce sono ben note, essendo la corrente vulgata della democrazia diretta fornita da una diffusa corrente di pensiero politico.
      E non certo dalle scienze sociali: sicuramente, di fronte al diffondersi di concezioni del genere, se non altro come fenomeno sociale, dovrebbero prenderne atto e analizzarle, per definire l'essenza di una tale nuova "tendenza", o aspirazione, rispetto alle categorie giuridiche e politologiche già indagate (che costituiscono l'osservazione di costanti della società politica che non sono certo cessate e che rimangono alla base delle possibili dinamiche di organizzazione del consenso e della conseguente individuazione del potere effettivo).

      Ma le precondizioni di validità che lei stesso propone, sono esattamente quelle indicate nel post, e peraltro già indagate da secoli: si tratta quindi di una tendenza formale, nel senso di avente valore descrittivo, che assume esattamente i caratteri utopici, e non culturalmente fondati, sia in senso storico che economico e giuridico, individuati nel post.

      La mera esistenza di "nuovi" strumenti di comunicazione e connessione, non sposta di un solo millimetro il cuore delle criticità segnalate (e non è un caso che siano condivise dalla teoria generale del diritto e dalla stessa scienza della comunicazione):

      "è pensabile che la facoltà di "rimettere sempre e tutto in discussione" che caratterizza la democrazia diretta, in una società complessa caratterizzata dal capitalismo tecnologico, possa sfuggire al precondizionamento dell'opinione di massa e quindi del corpo elettorale?"
      "...l'agenda delle priorità da sottoporre a sondaggio sarebbe naturalmente, se non inevitabilmente, condizionabile dai poteri economici prevalenti di fatto.
      In altre parole, ipotizziamo di svolgere un referendum su tutti i possibili punti di pubblica decisione "rilevanti": ma chi stabilisce il metodo di concepimento iniziale, la priorità e la stessa proponibilità dei quesiti?
      Forse può disciplinare questi presupposti fondamentali una massa inconsapevole dei possibili condizionamenti dell'intero spettro mediatico, il quale, in realtà, programma automaticamente (sarebbero sprovveduti se non lo facessero) il controllo dell'informazione insieme con quello della controinformazione? "

      Non è un caso che nella sua proposizione descrittiva sia del tutto assente ogni preoccupazione sulla struttura sociale e delle dinamiche inevitabili del potere, in una società capitalista storicamente tendente all'oligarchia (finanziaria e mediatica), e ogni inclusione dei valori consolidati della democrazia sostanziale.
      Che non è mai sondaggismo, per quanto perfezionato da mezzi tecnologici...

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