martedì 31 dicembre 2019

UN AUGURIO PER UN 2020 DI BENESSERE E DEMOCRAZIA A TUTTI GLI ITALIANI

http://www.ceredaclaudio.it/wp/wp-content/uploads/2016/07/assembleacostituente.jpg
"...Ed infatti, per i teorici del costituzionalismo politico non esistono i “diritti”, tanto meno fondamentali:
“… “i diritti non sono briscole che mettono sotto scacco il bene comune perché essi hanno senso solo nella misura in cui contribuiscono ad esso e forniscono un ampio ventaglio di opportunità individuali per tutti i membri della comunità” … In quanto intrinsecamente politici, i diritti hanno bisogno di essere costantemente vigilati e protetti da processi politici
Inoltre, questa condizione rimanda al fatto che il dibattito pubblico sui diritti non può accettare una loro qualificazione come beni assoluti, poiché ciò contrasterebbe con l’idea che l’agire politico sia anzitutto mosso dalla volontà di trovare una conciliazione, per quanto temporanea, al conflitto fra diverse interpretazioni. Una cultura dei diritti eccessivamente legalistica rischia di ammantare le rivendicazioni personali di un atteggiamento fortemente atomistico, poco incline al compromesso…” [8].

1. Mi permetto di rivolgere gli auguri di in Felice Anno Nuovo a tutti gli italiani.
Non parlerò di "sfide" che ci attendono: perché le "sfide" sono una categoria utilizzata nel linguaggio delle organizzazioni economiche internazionali, e che aspirano a essere sovranazionali, per significare la creazione di regole sovranazionali che limitano, impoveriscono e ostacolano il benessere dei cittadini, e, allo stesso tempo, per indurli ad accettare questi oneri e queste difficoltà come inevitabili, TINA.
"Sfide" è quindi un termine, apparentemente accattivante, che induce, e spesso costringe, a sopportare nuove regole vessatorie e incomprensibili al senso comune, in nome di vantaggi futuri che sono e saranno acquisiti solo da coloro che "dominano" i mercati
Il meccanismo (psicologico di massa) implicito è che se non raccogli la "sfida", al di là di qualsiasi calcolo elementare sulla convenienza nel farlo, non sei all'altezza, o sei un codardo, o un retrivo, che si oppone a un imprecisato "progresso", calato dalle alte sfere dell'insindacabile tecnocrazia dei mercati, e che, come tale, non si è (ma più) abilitati a porre in discussione.

Le "sfide", - come può constatare chiunque legga un documento programmatico, od un qualsiasi testo che racchiude la presunta "ragion d'essere" di una proposta o di una fonte normativa proprie di un'organizzazione economica internazionale (laddove tale termine è utilizzato ad ogni piè sospinto) -, sono dunque l'artificio retorico per attivare la richiesta di una sottomissione a un peso, a un malessere, a un sacrificio, che normalmente non ha alcuna contropartita e che, più in generale, non trova alcuna base giustificativa nei principi fondamentali della nostra Costituzione democratica.

2. parlerò di altri concetti apparentemente accattivanti ma che dissimulano il proprio contrario: come l'identità nazionale, laddove accoppiata all'idea di un'irreversibile ed accelerata privazione della sovranità nazionale. I due concetti, identità e privazione, ovverosia "cessione", della sovranità, nazionali, sono in evidente ed insanabile contrasto. 
Si tratta di un eloquente esempio (qui, p.2, infine) di "proposizioni usate come se fossero complementari, - ad es. “libero mercato” e “giustizia sociale”, “stabilità monetaria” e “piena occupazione”[8] – mentre, per motivi strutturali, qualsiasi sovrastruttura giuridica non potrà obbligare gli organi di governo ad eseguire entrambi gli obiettivi, essendo per motivi “tecnici” mutuamente esclusivi. Poiché il capitale è naturalmente più forte del lavoro, la spoliticizzazione del governo delle comunità sociali permette di relativizzare l'ordine giuridico in funzione degli interessi del capitale del Paese dominante".

3. Non parlerò, ancora, della coesione nazionale invocata come atteggiamento in qualche modo "dovuto", da parte dei cittadini e dei popoli, quale risposta o reazione collettive, alle "sfide": cioè all'imposizione di sacrifici, privi di contropartita e di legittimazione costituzionale, e alla cessione di sovranità nazionale. 
In un simile contesto, quale indubbiamente si profila oggi per tutti gli italiani, questa coesione nazionale, questo dover essere uniti e criticamente passivi nell'accettazione di "vincoli esterni", si risolve in un imperativo morale al "subire" la privazione del benessere e dei diritti e delle libertà fondamentali garantite dalla Costituzione democratica del 1948.

4. Neppure parlerò, infine, del "bene comune", come obiettivo, altrettanto ambiguamente imprecisato e volutamente sfumato, - in quanto privo di ogni ancoraggio al testo della Costituzione repubblicana -, a cui va asservito ogni diritto e ogni dialettica politica all'interno del popolo sovrano (art.1 Cost.). 
"Bene comune" è un concetto extra-costituzionale e, a rigore, estraneo al diritto positivo nazionale, e quindi extra-giuridico, che legittima come valore, prevalente su ogni altro, quello dell'ordine del mercato temperato dalla volontaristica e spontanea "fraternità", consistente nell'animo caritatevole dei percettori di profitti ed interessi; spontaneo ma, in quanto tale, incoercibile e non esigibile da parte delle norme degli Stati democratici. 
(Cfr; qui, pp. 5-10: "Questo insieme di lodevoli propositi, che certamente presuppongono una sforzo ideale e etico, costantemente ritrovabile nell'intera comunità sociale, (dato che la stessa teoria postula che se anche uno solo se ne tira fuori, rischia di azzerarsi il vantaggio di ogni possibile "bene comune"), viene dunque contrapposto all'interesse pubblico incarnato dalle norme dello Stato: inevitabilmente, se lo Stato limita il "libero mercato", da un lato nega la precondizione di diffusione del bene comune, dato che gli individui non potranno più liberamente esercitare la loro spinta solidaristica coessenziale all'iniziativa economica (secondo questa visione, ovviamente), dall'altro, disconosce il carattere esclusivamente privato, e funzionale al bene comune, della stessa illimitata disponibilità e trasmissione della proprietà mediante il "mercato" (se non altro lo Stato vorrà tassare e appropriarsi di una parte della proprietà delle ricchezza prodotta e deciderà di intestarsi  alcuni beni per ragioni di interesse statale, stabilite da norme pubblicistiche).
...
Riteniamo che siano ora chiarite origini e portata del concetto di "bene comune", e che quindi risulti  verificato, nella coerenza del relativo pensiero, come esso sia alternativo e, in termini molto pratici, oppositivo a quello di interesse pubblico generale incarnato dallo Stato costituzionale democratico". )

5. Parlerò invece, dell'augurio più sentito, per tutti gli italiani, che è quello di ritrovare la democrazia sostanziale, che è in definitiva, nelle intenzioni dei nostri Costituenti, un sinonimo di sovranità democratica.
Riporterò perciò (ancora una volta, perché ce n'è bisogno), le parole di Lelio Basso su questi temi:
(qui, p.4) “…penso che la battaglia per la democrazia nei singoli paesi debba essere prioritaria rispetto ai fini federalisti…ci sono cose che vanno, secondo me, profondamente meditate. A me, se così posso dire, la sovranità nazionale non interessa; però c’è una cosa che mi interessa: è la sovranità democratica... Nella Costituzione abbiamo scritto, nel primo articolo: “L’Italia è una Repubblica democratica”; poi abbiamo aggiunto quelle parole forse sovrabbondanti “fondata sul lavoro”; e poi abbiamo ancora affermato il concetto che la “sovranità appartiene al popolo”
Sembra una frase di stile e non lo è. Le costituzioni in genere hanno sempre detto “la sovranità emana dal popolo” “risiede nel popolo”; ma un’affermazione così rigorosa, come “la sovranità appartiene al popolo che la esercita” era una novità arditissima. Contro la concezione tedesca della “sovranità statale”, di quella francese della “sovranità nazionale”, noi abbiamo affermato la “sovranità popolare” quindi democratica. A questo tipo di sovranità io tengo” [37]. La sovranità costituzionale è tutto. (L. BASSO, Consensi e riserve sul federalismo, L’Europa, 15-30 giugno 1973, n. 10/11, 109.118).
Ed ancora (qui, p.7):
...a) innanzi tutto le limitazioni di sovranità sono consentite solo ai fini di assicurare la pace e la giustizia fra le Nazioni, e sì riferiscono quindi a organismi tipo ONU, tribunali internazionali e simili, ma non ad un organismo, la Comunità, il cui fine precisato dall’art. 2 del Trattato, è quello “DI PROMUOVERE UNO SVILUPPO ARMONIOSO DELLE ATTIVITÀ ECONOMICHE”;
b) in secondo luogo altro è una “limitazione” di sovranità (come può essere la rinuncia alla guerra, la limitazione del diritto di armarsi e anche l’accettazione di controlli reciproci al riguardo, e simili) e altro è invece il trasferimento della propria sovranità ad organi esterni, come il consiglio o la commissione, la quale ultima, come previsto dall’art. 157, avrebbe potuto non comprendere neppure un italiano
 (ndQ: e sull'art.11 rammenterei ancora le profetiche precisazioni di Meuccio Ruini); 
 c) in terzo luogo va osservato che la parola “sovranità” ha un duplice significato: uno riguarda la personalità internazionale dello Stato e significa il diritto di ciascuno Stato alla piena indipendenza nei confronti di ciascun altro; il secondo riguarda invece il modo come ciascuno Stato esercita nel proprio interno il potere sovrano…

Ora pare a me che la “limitazione” di cui parla l’art. 11 si riferisce ai rapporti fra Stati, ma non può intaccare il principio fondamentale della nostra costituzione, secondo cui (art. 1) l’Italia è una repubblica democratica e “la sovranità appartiene al popolo che la esercita”
Attribuire poteri legislativi, senza il concorso e anche contro la volontà del Parlamento italiano, a un consiglio composto da un rappresentante di ciascun governo, o addirittura a una commissione nominata collegialmente dai governi membri, SIGNIFICA SPOGLIARE IL POPOLO DELL’ESERCIZIO DELLA SOVRANITÀ in materia di estrema importanza e, quindi, sovvertire l’ordinamento costituzionale italiano.

Dell’esistenza di questo grave problema l’opposizione è stata cosciente: chi scrive…ha personalmente sostenuto una lunga battaglia in seno alla commissione degli esteri della Camera fino al 1969, ma governo e maggioranza si sono sempre mostrati sordi.

Ora attendiamo la decisione della Corte, ma se anch’essa si pronunciasse in senso contrario a quanto qui sostenuto, il problema sarebbe risolto solo sul piano formale. Si tratta infatti di vedere se un popolo, che vuol essere democratico, può essere governato da norme, che invadono campi sempre più vasti, e che sfuggono a qualsiasi decisione preventiva o controllo successivo di organi elettivi, cioè al controllo della rappresentanza dei cittadini interessati
” [L. BASSO, È incostituzionale l’adesione al MEC ?, Corriere della Sera, 27 maggio 1973].

In nome di questa memoria, di questa limpida versione della legalità costituzionale, mi permetto perciò di dare un senso ai miei auguri a tutti gli italiani.

13 commenti:

  1. Che dire se non quello già espresso .. che sia un ANNO CONSAPEVOLMENTE NUOVO

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  2. La vera “sfida”, pensando alla parte 2 del post:

    Francesco Maimone9 settembre 2016 20:22

    Mi permetto di aggiungere che il Basso giurista, ovviamente in simbiosi con Crisafulli citato dall’ottimo Arturo, in tal senso sottolineava che “… l’aspetto dinamico dell’assetto politico-sociale previsto dalla Costituzione” che “… ha preso il posto dell’immobilismo giuridico codificato nelle vecchie costituzioni liberali. La Costituzione non deve soltanto conservare e garantire un ordine in cui si muovano liberamente gli interessi privati, ma deve fornire allo Stato gli strumenti e gli scopi per muoversi in una determinata direzione, che, nel caso specifico della nostra Costituzione, è una profonda trasformazione della struttura del nostro paese. Assegnando alla Repubblica, cioè allo Stato-apparato, strumento esecutore della volontà sovrana del popolo, il compito di rimuovere i denunciati ostacoli di natura economica e sociale, IL COSTITUENTE HA PRONUNCIATO UNA CONDANNA DEL PRESENTE E INDICATO CON CHIAREZZA I DOVERI PER L’AVVENIRE … Sta in questo forse l’aspetto più originale della nostra Costituzione. “L’elemento di originalità che si è notato le è invece conferito da UN SUO PIÙ PRECISO FINALISMO, da una più chiara consapevolezza della situazione di transizione alla quale la sua regolamentazione si riferisce, del difetto che in essa si verifica dei presupposti necessari al pieno attuarsi del regime di democrazia al quale si voleva dar vita, della necessità di imprimere all’azione dello Stato che sorgeva una funzione di mediazione dinamica tra le forze sociali in contrasto, diretta a realizzare un diverso equilibrio intorno al sistema di fini che si ponevano a base dell’ordine nuovo. “Si è efficacemente interpretato siffatto orientamento costituzionale, questa presa di posizione nei confronti dell’ordine sociale in atto e della sua insuscettibilità di soddisfare l’esigenza postulata, di far concretamente valere per tutti gli uomini, quale che sia la loro condizione sociale, i valori connessi alla persona, la dignità che è ad essa propria, quando si è detto che la nostra Costituzione NON AFFERMA SOLO (come accade per quelle che pongono un ordine nuovo), LA SUA POSIZIONE DI ANTITESI RISPETTO AL REGIME TOTALITARIO che l’aveva preceduta, MA POLEMIZZA CONTRO IL PRESENTE, CONTRO IL SISTEMA DEI RAPPORTI ESISTENTE, CHE ESSA NON PUÒ ELIMINARE, MA CONSIDERA TUTTAVIA INCOMPATIBILE CON LA META DA RAGGIUNGERE… (in nota Mortati, Ispirazione democratica, 407-408)”.

    E richiamando ancora Crisafulli, Basso continua “… La nostra è quindi una COSTITUZIONE DINAMICA, una Costituzione cioè che, come dice Crisafulli, contiene in sé “LA PROSPETTIVA E IL SENSO DI UN MOVIMENTO DELLO SVILUPPO DELLA SOCIETÀ STATALE IN CERTE DIREZIONI SCHEMATICAMENTE PREVISTE DALLA COSTITUZIONE” e “pertanto complessivamente considerata, CI DÀ NON SOLTANTO LA FIGURA ESSENZIALE DI UN MODO DI ESSERE ATTUALE (previsto e disciplinato come attuale) dell’ordinamento considerato, MA ANCHE ED INSIEME LA FIGURA ESSENZIALE DI UN MODO DI ESSERE FUTURO DELL’ORDINAMENTO MEDESIMO previsto, cioè, e disciplinato come possibile ed anzi come necessario ossia come giuridicamente doveroso” (in nota Crisafulli, La costituzione e le sue disposizioni di principio, 1952, 36)”. [L. BASSO, Il Principe senza scettro, Feltrinelli, Milano, 1958, 193-194].

    https://orizzonte48.blogspot.com/2016/09/chianciano-16-18-settembre-e-i-suoi.html?showComment=1473445349771#c6540299427541372145

    tanti auguri a tutti i lettori del blog

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  3. Oggi riflettevo sul senso di identità nazionale, strettamente connesso a quello di lignaggio contenuto alla locuzione madre patria. Bene: questo aspetto socio-antropologico è collegato direttamente ad un aspetto cognitivo e comunicativo determinante: la lingua con cui pensiamo.

    La sovranità popolare non può quindi non essere ontologicamente legata strettamente alla sovranità nazionale, e questa alla lingua madre, ovvero alla lingua patria.

    Va da sé che l'attacco alla democrazia, in questo 2020, sarà un attacco tanto alla lingua quanto alla famiglia.

    Democrazia, progresso sociale, e resistenza, devono trovare la loro difesa in queste due radicali istituzioni.

    Buon anno.

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    1. Oggi riflettevo, come ultima/MENTE mi accade, che la "sòla" LINGUA fosse il COMUNICARE, l'ESPRESSIONE del SENTIRE NOSTRO

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    2. …è il senso d'orgoglio nazionale alieno per noi, proletari coscienti della Grande Russia? Certamente no! NOI AMIAMO LA NOSTRA LINGUA E IL NOSTRO PAESE, e noi stiamo facendo del nostro meglio per far innalzare le sue masse che duramente lavorano (ovvero i nove decimi della sua popolazione) ad un livello di coscienza democratica e socialista…Noi siamo pieni di un senso di orgoglio nazionale

      "Nessuna nazione può essere libera se opprime altre nazioni", dicevano Marx ed Engels… E, pieni di un senso d'orgoglio nazionale, noi, operai Grande-Russi, vogliamo, qualunque cosa accada, UNA LIBERA ED INDIPENDENTE, DEMOCRATICA, REPUBBLICANA E ORGOGLIOSA Grande-Russia, una che basi i suoi rapporti con i suoi vicini sul principio umano di uguaglianza, e non sul principio feudalista del privilegio, così degradante per una grande nazione. Proprio perché noi vogliamo ciò, noi diciamo: è impossibile, nel ventesimo secolo ed in Europa (persino nell'estremo est d'Europa), "DIFENDERE LA MADREPATRIA" in altro modo che non sia l'utilizzo di ogni mezzo rivoluzionario per combattere la monarchia, i proprietari terrieri ed i capitalisti della propria madrepatria, cioè, i peggiori nemici del proprio paese

      La rivoluzione proletaria richiede una prolungata educazione degli operai allo spirito della più piena fratellanza ed eguaglianza nazionale. Conseguentemente, gli interessi del proletariato Grande-Russo richiedono che le masse siano sistematicamente educate a difendere - con la massima decisione, coerenza, forza ed in modo rivoluzionario - completa uguaglianza dei diritti e diritto di autodeterminazione per tutte le nazioni oppresse
      ” [LENIN, Sull’orgoglio nazionale dei Grandi-Russi, https://www.marxists.org/italiano/lenin/1914/12/12-orgog.htm].

      Buon Anno a tutti.

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  4. OSTAGGI DEGLI YANKEE DA 75 ANNI. VERRA' IL GIORNO CHE RICONQUISTAIMO L'ITALIA!

    BUON ANNO, GUERRIERI E GRAZIE

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  5. Nell'estate del 2018 ho avuto la fortuna di leggere "la crisi narrata" del Pedante e il suo "la costituzione nella palude". In autunno seguì "sei lezioni di economia" di Cesaratto e nel 2019 mi sono cimentato con i due libri "divulgativi" di Bagnai. Tra un libro e l'altro, vari documenti "di prima mano", come il rapporto Werner e i resoconti parlamentari completi del dicembre 1978 sull'adesione allo SME. Ho accanto a me, e spero di leggere il prima possibile, l'ultima edizione di "anschluss". Il mio desiderio per il 2020 è di poter approfondire molto di più, con immensa gratitudine e rispetto per tutto quello che Lei e questi autori - a cui certamente si aggiungono innumerevoli pensatori che non ho citato o che ancora non conosco, nonché tanti italiani in cui avete riacceso l'amore per lo studio e per la discussione - avete fatto e state facendo, con saggezza e coraggio, per il nostro Paese

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  6. Il “bene comune”, ne abbiamo parlato, consiste nella favola consolatoria che sia plausibile una coltivazione della socialità indipendentemente da, o addirittura contro, le istituzioni. E’ insomma la faccia “buona” del TINA. Il bersaglio della polemica hegeliana contro la separazione di essere e dover essere, di morale ed etica, spesso presentata in modo confuso, era precisamente questa forma di individualismo metodologico:

    Alla domanda di un padre sul modo migliore di educare eticamente suo figlio, un pitagorico dette la risposta (vien messa in bocca anche ad altri): fallo cittadino di uno stato con buone leggi.” (Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto, Laterza, Roma- Bari, 2001, § 153, pag. 138).

    La faccia “cattiva” del ragionamento veste spesso i panni di un “pensoso” pessimismo “realista”: possiamo forse pensare di correggere il legno storto dell’umanità e sottrarci al dominio di ristrette élite? Riusciremmo solo a sacrificare la “libertà” (via verso la schiavitù). Ci si accontenti quindi dell’appello individuale e ognuno sia il cambiamento che vuol vedere nel mondo (certo, se ognuno di noi avesse la capacità di monetizzare il fabbisogno pubblico sarebbe tutto un po’ più facile, ma suvvia).

    Forse può essere utile dare uno sguardo al presunto padre del realismo: mi riferisco a Machiavelli.

    Qui la ricerca storica ha fatto giustizia di molti luoghi comuni:

    Machiavelli scrisse II principe per dimostrare la sua perfetta conoscenza dell’arte dello stato, nonostante avesse servito la repubblica. Non solo doveva dimostrare di conoscere l’arte, ma di conoscerla meglio dei retori umanisti e dei pragmatici consiglieri dei Medici.

    Eppure, per quanto fosse innovatore, Machiavelli non chiamò l’arte dello stato «politica», o «filosofia civile», né parlò mai del principe che persegue la conservazione del suo stato come di un «uomo politico» o «civile». Se vogliamo vedere come Machiavelli usa il linguaggio della politica dobbiamo lasciare da parte II principe e aprire i testi in cui parla delle repubbliche, primi fra tutti i Discorsi, ma anche le Istorie fiorentine, l’Arte della guerra, e il Discursus florentinarum rerum. E quando parla di politica segue rigorosamente le convenzioni linguistiche della filosofia civile di derivazione ciceroniana e aristotelica.” (M. Viroli, Dalla politica alla ragion di Stato, Donzelli, Roma, 1994, pagg. 94 e 95).

    Ma guarda un po’. Quindi, con buona pace di Pareto e dei suoi emuli, giù giù (e poi ancora un po’ più giù) fino a Scalfari, Machiavelli non si era affatto sognato di separare etica e politica, né di farsi latore di un qualche naturalistico TINA antropologico.

    D’altra parte pure nel Principe (https://it.wikisource.org/wiki/Il_Principe/Capitolo_IX) si lascia andare ad affermazioni di questo tenore: “[…] perché quello del popolo è più onesto fine che quel de’ grandi, volendo questi opprimere, e quello non essere oppresso.”.

    Altro che realista teorico delle élite: temo che oggi il segretario fiorentino non eviterebbe l’accusa di populismo! :-)

    Buon Anno a tutti anche da parte mia!

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    1. In tempi in cui si dissimula la ferocia della restaurazione sotto le spoglie del "costituzionalismo politico", qualsiasi autore pre...Congresso di Vienna, sarebbe qualificabile come populista.

      Mentre qualsiasi autore post Congresso di Vienna che non alimenti la visione Ricardiana e Malthusiana è qualificato come "comunista".

      La restaurazione del capitalismo iperclassista ottocentesco ha questo di peculiare: una volta effettuata una rilettura del '900 come reductio ad Hitlerum e reductio ad Stalinem (inclusiva, più di ogni altra cosa, del socialismo di Rosa Luxemburg e del keynesismo), in assenza di anticorpi culturali e politici che organizzino in qualsiasi modo la classe dei "subalterni", non c'è praticamente più alcun limite alla tendenza irresistibile ai sacrifici umani di massa.

      In fondo, l'essere umano è fondamentalmente "improduttivo" perché nasce come bambino e termina la sua parabola come anziano; ergo, in mezzo, vive solo un periodo transitorio in cui è unità produttiva riottosa e scarsamente efficiente, perché tende a premunirsi contro la "durezza del vivere".

      Questa resistenza, ontologicamente irrazionale, è la misura, e al tempo stesso, il limite della sua (in)utilità marginale; l'essere umano va decisamente perfezionato rieducandolo, con bio-tecnologie ibridative, a essere privo di volontà, poiché è privo di razionalità e la sua volontà è mero elemento di disturbo dell'allocazione efficiente del mercato.

      Elimina
    2. Tra i "gonadisti" delle banlieue ai margini dell'impèro, radio lon(T)ra" comunica che "le fragole sono mature"
      PUNTO

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  7. Ho ascoltato il discorso di mattarella solo poco fa su YouTube e mi sembra che tutti i concetti richiamati in questo post, tranne i beni comuni, siano stati ripresi. Le sfide della dimensione globale, la coesione nazionale... in più forse c’è stata la precisazione moralistica circa l’esistenza di una “Italia vera” e quindi la divisione tra italiani “giusti” e “sbagliati”.

    Ma la parte che mi più interessa evidenziare è quella in cui ha detto che le istituzioni debbano agire per assicurare che le persone mantengano una “ragionevole speranza” perché sia mantenuta viva la democrazia (formale desumibilmente)... e mi sono subito venuti in mente hayek e il meccanismo del reddito di cittadinanza. I diritti fondamentali e il compito della Repubblica di renderli effettivi sono ormai dimenticati e relegati a un passato per cui è sbagliato sentire nostalgia. Il discorso del capo dello stato, nella sua sostanza profonda che io scorgo in questo passaggio, è quindi una sorta di “memorandum” della nostra resa incondizionata, da un alto, e un invito ad essa per chi ancora lottasse senza rassegnarsi, dall’altro. Per i media un discorso da illuminato statista ovviamente.

    E ho pensato all’impatto che avrebbe il pronunciamento di un discorso come quello di questo post sui vari giornalisti mainstream... un discorso pronunciato col linguaggio della Costituzione, che contiene l’augurio più importante per gli italiani: la riscoperta della democrazia sostanziale, per la quale occorre lottare, ripudiando l’idea che questa globalizzazione con cui è incompatibile sia ineluttabile e sia un fenomeno naturale dinanzi al quale non si può far altro che arrendersi.

    Auguro a tutti gli italiani la forza di non arrendersi a una realtà ingiusta narrataci come naturale, di riconoscere come meri ripieghi misure come il reddito di cittadinanza e di pretendere diritti fondamentali con conseguente intervento pubblico perché siano resi effettivi.
    Infine un augurio speciale di buon 2020 ai “compositori” e ai lettori di questo blog.

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  8. Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
    l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
    lo dichiari e risplenda come un croco
    perduto in mezzo a un polveroso prato.
    Ah l'uomo che se ne va sicuro,
    agli altri ed a se stesso amico,
    e l'ombra sua non cura che la canicola
    stampa sopra uno scalcinato muro!
    Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
    sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
    Codesto solo oggi possiamo dirti:
    ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

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  9. Oggi l'imperialismo capitalistico delle grandi multinazionali mira a creare un mercato mondiale interamente soggetto alle sue leggi, in cui poter imporre i valori e i modelli di vita e di consumo che corrispondono agli interessi delle multinazionali stesse. Questo processo mira parallelamente a distruggere le culture nazionali, quindi a sradicare gli uomini dall'humus in cui si sono formati, trapiantandoli artificiosamente in un terreno in cui sono estranei. Nella misura in cui l'uomo ha bisogno di rapporti comunitari (e credo che nessun uomo ne possa fare a meno) la cultura, e la lingua che ne è espressione, sono naturale veicolo di questo rapporto. Uccidere o soffocare la cultura di un popolo significa distruggerne l'identità, distruggere l'identità dei suoi componenti, trasformarli in essere impersonali sommersi nella massa del mondo capitalistico moderno.

    Perciò contro questa tendenza dell'imperialismo, LA RINASCITA DELLE CULTURE NAZIONALI… È UN'ARMA DI DIFESA INDISPENSABILE … credo che la rinascita del sentimento nazionale sia una componente necessaria, insieme al rafforzamento di autentici sentimenti internazionalistici, di quell'epoca di pace cui tutti aspiriamo nella plumbea atmosfera di tensioni e di crisi in cui stiamo precipitando” [L. BASSO, Compagni su due fronti, Il secolo XIX, 5 gennaio 1978].

    E (forse con eccessivo ottimismo) sosteneva che:

    “… Se pensiamo a un tempo in cui il socialismo avrà trionfato nel mondo, penso che proprio il popolo e le minoranze nazionali potranno costituire la vera cellula dell'internazionalismo perché sono, come ho detto, il fondamento reale della vita umana e non una sovrastruttura giuridica strumentale.

    Del resto non è un caso che mentre da un lato si cerca di costruire l'unità europea superando le frontiere degli stati, LE MINORANZE NAZIONALI RISORGONO OVUNQUE CON INSOSPETTATO VIGORE, SEGNO CHE L'UOMO HA BISOGNO DI SENTIRSI PARTE DI UNA COMUNITÀ NAZIONALE e rifiuta di farsi sommergere nell'anonimato di un amalgama comandato dall'alto, che potrà anche diventare realtà domani ma che deve cominciare con il rispettare la realtà di oggi” [L. BASSO, Per la pace oggi, Società, dicembre 1978, n. 19, 5-7].
    Insomma, “… non si può parlare di socialismo in senso proprio se esso non riposa sulla partecipazione cosciente delle masse alla formazione della nuova società. Il massimo sforzo dev'essere indirizzato alla sollecitazione delle energie nazionali per la creazione di nuove istituzioni e di nuovi rapporti sociali che vadano nella direzione del socialismo ma al tempo stesso abbiano radici nella cultura nazionale…LA DIFESA DEI VALORI NAZIONALI IN QUESTO CAMPO È PARTE ESSENZIALE DI UN PROGRAMMA SOCIALISTA…” [L. BASSO, La via non capitalistica al socialismo, Problemi del socialismo, aprile-giugno 1979, n. 14, 9-31].

    https://orizzonte48.blogspot.com/2017/10/internazionalismo-coscienza-nazionale-e.html?showComment=1509380950155#c7424563951503922057

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