1. Le motivazioni della sentenza della Corte costituzionale relative alla legge elettorale "Italicum" saranno rese note "a partire" dal 10 febbraio, com'è noto.
Eppure, sul piano delle proiezioni attuative di tale decisione sulla futura, ed eventutale, attività legislativa (ovviamente in materia elettorale), si possono già trarre delle obiettive conclusioni.
Attualmente, a seguito della pronuncia attuale unita a quella sul c.d. Porcellum (n.1/2014), - prescindendo dalla prorogatio ad infinitum che tutt'ora pesa sul parlamento (e ormai peserà sulla Storia costituzionale italiana...per fine legislatura)- abbiamo due sistemi proporzionali corretti in senso maggioritario; parrebbe, nei termini di questa sola astratta definizione di "tipologie", che dunque un'armonizzazione sia stata raggiunta.
In realtà non è così, in senso tecnico-giuridico: occorre infatti muovere dal presupposto che un sistema proporzionale può essere corretto in senso maggioritario in infiniti modi, basati su meccanismi molto vari e tesi a determinare assetti di maggioranza, e quindi forme di legittimazione popolare dei governi, molto diversi tra loro.
2. Nel caso delle "due" leggi elettorali rivenienti dalle due distinte pronunce della Corte, in effetti, la correzione del proporzionale avviene in modi che, su un piano oggettivo, divergono tra loro.
Vediamo perché, in parole (relativamente) semplificate.
Il Consultellum "1", quello relativo al Porcellum, dispone relativamente al Senato (e già è un primo aspetto di differenziazione strutturale delle due leggi, posto che la Costituzione, art.57, impone che il Senato sia eletto "a base regionale"...): la correzione al proporzionale, in tal caso, si impernia sul concetto di favorire le alleanze (c.d. "collegamento") preventivamente dichiarate all'elettorato.
Infatti, per la lista (per lo più di un unico partito) che corresse da sola si ha una soglia di voto "utile" pari all'8%, non superando la quale non si avrebbe alcun eletto. Se, invece, un partito si presenta alle elezioni all'interno di un'alleanza ("liste collegate"), la soglia di elezione di (almeno) qualcuno dei suoi rappresentanti scende al 3% (ottenuto dalla stessa lista). Non è previsto alcun premio di maggioranza.
3. Il Consultellum "2", invece, tende a privilegiare la forza di una singola lista: non "dissuade" dal correre da soli i partiti, ponendosi un'unica soglia del 3% valida in tutte le ipotesi (liste collegabili o meno) e, invece, prevede un (non trascurabile) premio di maggioranza per la singola lista che ottenga almeno il 40% dei voti.
Teoricamente, quindi, un partito potrebbe pure superare questa soglia ed ottenere, mediante il "premio", una consistente maggioranza alla Camera.
La sua capacità maggioritaria e di "correre da solo" sarebbe però premiata a metà: al Senato non c'è alcun meccanismo che potrebbe garantirgli altrettanta solida maggioranza (saremmo nel campo delle mere "possibilità").
4. Il "mito della governabilità (pp. 2.1.4-2.1.6.)", posto così enfaticamente dalla stessa Corte a presidio della giustificazione costituzionale della varie (e infinite) possibili correzioni del proporzionale, non sarebbe perciò pienamente realizzabile nella congiunta permanenza di questo duplice sistema elettorale.
Da qui, in base alle considerazioni che precedono, tutto sommato abbastanza lineari (nonostante la complessità che possa correlarsi ai meccanismi delle leggi elettorali), deriva che l'indicazione del Capo dello Stato, ribadita subito dopo l'ultima pronuncia della Corte, sia nel senso che non sia opportuno andare a votare senza un ulteriore intervento legislativo che determini una vera armonizzazione; e ciò, trovando adeguati punti di unificazione dei due divergenti sistemi di correzione del proporzionale attualmente sul campo, ovvero una legge elettorale scritta ab imis dal parlamento stesso (es; molto si parla di un "Mattarellum" corretto con l'aumento della quota proporzionale).
5. Dovrebbe essere evidente, perciò, che:
a) o in parlamento si rinviene una maggioranza che abbia già raggiunto l'accordo su questa "armonizzazione" (o su una legge elettorale nuove e costituzionalmente compatibile), e allora si potrebbe andare al voto in tempi ragionevolmente brevi (mentre, peraltro, è pure disinnescata la "bomba" del referendum sull'art.18, facendo venire così meno una ragione di fretta assoluta nell'esigenza di evitare proprio la celebrazione di tale referendum);
b) oppure, questo accordo dovrà essere trovato e ciò richiederà tempi oggettivamente più lunghi: su questa possibilità, gioca un ruolo non trascurabile il maturarsi, al 15 settembre 2017, del diritto dei parlamentari attuali all'indennità "previdenziale" di "prima" legislatura (cosa che coinvolge molti degli attuali eletti...col Porcellum; ma tant'è).
6. A questo punto va introdotto un terzo elemento che corrisponde ad una "prassi", non costituzionalizzata (almeno così dovrebbe essere), ma nemmeno accusabile di illegittimità costituzionale, alla luce dell'attuale orientamento della Corte. Vale a dire, la legge elettorale viene conformata in funzione del vantaggio elettorale della maggioranza che la vota.
E questo vantaggio, in verità, non può che essere "futuro", cioè legato ad una previsione sull'esito delle elezioni successive (in modo da vincerle e arrivare a governare).
Quindi, predicare, da parte di chiunque, un intervento legislativo di armonizzazione delle leggi elettorali, implica necessariamente, alla luce della "prassi" appena indicata, promuovere la formazione di una futura maggioranza di governo.
In altri termini, la maggioranza che voterebbe l'auspicata (da più autorevoli parti) correzione coerente del proporzionale (o un maggioritario costituzionalmente bene accetto), equivale alla maggioranza probabile (in base ai sondaggi elettorali attuali) che dovrebbe governare. Salvo, ovviamente, il caso di un accordo "generale", ascrivibile alla stragrande maggioranza dei gruppi politici presenti in parlamento (nel qual caso, la "prassi", il "terzo elemento" qui segnalato, sarebbe messo da parte: ma su ciò, attualmente, possono nutrirsi forti dubbi).
6.1. Sarebbe infatti del tutto illogico il contrario: cioè che si formi una maggioranza sulla legge elettorale che ponga su fronti opposti e alternativi tra loro, e quindi che svantaggi, anzicché avvantaggiare, - quantomeno nei rapporti reciproci-, le forze politiche che congiuntamente votassero la nuova legge elettorale "armonizzata".
7. Ora lo sviluppo delle linee politico-programmatiche dei principali partiti offre un quadro che si può così sintetizzare: il M5S dichiara di voler correre comunque e sempre da solo e di non voler accettare alcuna forma di alleanza.
I restanti partiti, invece, si stanno aggregando, e non casualmente, data l'importanza storica della questione, sulla posizione pro-euro/pro UE o meno.
Questo è un fatto eclatante che sta balzando prepotentemente agli onori della cronaca partitica italiana.
L'ultimo dato è la già preannunciata nascita di un "polo sovranista", ancora indecifrabile nei suoi esatti confini e programmi, ma nondimeno già esplicitamente così significativa da impegnare i protagonisti a non poter più tornare indietro su tale linea.
8. Ovviamente, sul campo "avverso", possiamo altrettanto individuare più partiti che si dicono favorevoli all'UE, all'euro e alla de-sovranizzazione, sempre più accentuata, che tale percorso "internazionalista" comporta.
Il fulcro di tale ultima linea è di prendere atto del fatto che, anche tenendo conto delle non trascurabili perplessità sull'UE e sull'euro "vivacemente" esternate dalla nuova Amministrazione USA, qualcosa non vada nell'applicazione dei trattati, ma insomma, questi sono comunque da salvare senza alternative; a tal fine si ricorre alla consueta teoria de "l'altra €uropa" possibile (cioè della rivedibilità dei trattati), ovvero alla sua variante più vaga e semplicemente "preliminare" alle soluzioni, ma di maggior presa su un elettorato confuso e mal informato, per cui l'austerità non va ed è la Merkel che l'ha imposta (potendo anche cambiare idea...chissà come e chissà perché e, soprattutto, quando).
9. Il principale di tali partiti è quello che attualmente esprime il sostegno decisivo ai governi che si sono succeduti dalla fine del 2011 e fino ad oggi.
Ma, sul piano del filo-europeismo "senza alternative", - e semmai vagamente foriero di "auspicio" sulla "temperabilità" dei vincoli, ormai estremi, provenienti dai trattati-, possiamo altrettanto individuare una linea prevalente, almeno allo stato, in Forza Italia (sia pure con una certa indecifrabilità che si prolunga da anni).
Di questo abbiamo conferma (ulteriore) in un'intervista odierna rilasciata da Maria Stella Gelmini a "Libero" (pag.9).
La sua visione è chiara e, in sostanza coincide con le varie prese di posizione assunte, - nel corso degli ultimi anni e specie in occasione delle trattative sulla "flessibilità" fiscale concessa dall'UE-M-, dall'attuale partito principale di governo.
10. Vediamo le più significative risposte dell'intervista sul "tema €uropa".
Sulla posizione di Forza Italia (si deve supporre fino a smentita del taglio dato all'intervista) rispetto alla moneta unica:
"La moneta unica non è un valore ideologico, ma lo strumento con cui i padri fondatori dell'Europa pensarono di costruire l'edificio unitario. Non considero un tabù la permanenza o l'uscita dall'euro, ma rilevo che questo potrebbe avvenire solo con una decisione unitaria degli Stati membri, visto che la Costituzione non ci permette un referendum in tal senso.
Più che l'euro, ci ha danneggiato la politica di austerità imposta dalla Merkel"
Sulla "significatività" dell'elezione di Tajani alla presidenza dell'europarlamento, quale "modello per l'Italia" (come suggerito nella domanda), infatti, la Gelmini dice:
"E' stato un errore di Salvini l'aver negato il voto a Tajani: a Roma ha radunato la piazza in nome dell'italianità: in Europa ha negato il suo contributo all'occasione storica di una guida italiana all'europarlamento".
Giocoforza: l'europarlamento, a prescindere da qualsiasi altra considerazione (ad es; i suoi deliberati largamente favorevoli in tema di Unione bancaria e prima ancora, di "fiscal compact", cioè l'austerità, e persino di ERF, cioè del sistema coattivo di realizzazione espropriativa degli asset dei cittadini italiani per rispettare il fiscal compact), sarebbe un luogo dove viene protetta ed esaltata "l'italianità".
Ma questi sono possibili punti di vista sulla valutazione dei contenuti e della sostanza dell'azione dell'europarlamento rispetto all'interesse nazionale.
11. Quel che rileva, più specificamente ai fini delle prospettive dell'approvazione di una nuova legge elettorale, è che questa, nei fatti obiettivi che emergono da plurime e attuali fonti mediatiche, "può" trovare una maggioranza; che questa maggioranza si proietta naturalmente in un vantaggio elettorale condiviso per le forze che daranno vita ad una nuova legge elettorale; che la saldatura di questa maggioranza non può evitare di affrontare la "questione €uropea" e che, date certe prese di posizione allo stato manifestate, la saldatura di questa futura maggioranza di governo ben possa passare per liste collegate tra loro in nome dell'europeismo "irrinunciabile".
E, naturalmente, dell'austerità-brutta, ma sempre fino a un certo punto...
E, naturalmente, dell'austerità-brutta, ma sempre fino a un certo punto...