lunedì 30 aprile 2018

LA TRADE WAR DEI DIV€RG€NTI (CHE CREDEVANO DI ESSERE I "VINCENTI" DELLA GLOBALIZZAZIONE)

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Questa presa di posizione in cui i tre leaders nazionali si autoinvestono della diretta gestione diplomatica della crisi potenzialmente più grave del dopoguerra nei rapporti con l'America, è corredata di una minaccia di ritorsione: "Angela Merkel, Emmanuel Macron e Theresa May ammoniscono gli Usa: non impongano dazi alle merci dell'Ue o l'Unione si difenderà, a tutela dei propri interessi".
Uno degli aspetti più curiosi, ma non casuali, è che il portavoce dell'altisonante dichiarazione congiunta sia un "tedesco", a conferma del detto popolare per cui "la gallina che canta per prima è quella che ha fatto l'uovo". 
Insomma, non solo, quando si giunge al dunque nelle questioni di espansionismo mercantilista, la Germania fa quello che costantemente si guarda bene dal fare, - cioè assumere la leadership attiva e, soprattutto, cooperativa dell'€uropa -, ma si scopre particolarmente attenta (!) alle regole dei trattati internazionali (liberoscambisti), specificando, via "portavoce": "... altrimenti l'Ue sarà pronta a difendere i propri interessi nel quadro delle regole del commercio multilaterale".

Si enfatizza che ciò che esattamente ha chiesto l'amministrazione Trump, come precisa il ministro del commercio USA Wilbur Ross, è che, per protrarre l'esenzione dalle super-tariffe su acciaio e alluminio, nonché, per la verità, anche su "lavatrici" e "pannelli solari", oltre la soglia del 1° maggio,  l'UE accetti delle "quote" (massime) di esportazioni.
La richiesta è sostanzialmente di tagliare le esportazioni al livello del 90% di quelle medie dei precedenti due anni.

2.1. I punti nevralgici, nell'ambito di questo complessivo accordo alternativo all'imposizione dei dazi richiesto da Trump, sono sostanzialmente due: 
a) il primo è "di diritto", in quanto le regole WTO vietano le limitazioni alle esportazioni volontariamente autoimposte; il che non pare riguardare la controversia attuale, poiché è evidentemente riferito a accordi di cartello (tra imprese esportatrici o tra Stati esportatori di una certa merce) finalizzati a tenere i prezzi più alti
b) il secondo, è "di fatto", perché Trump avrebbe preso spunto dalle tariffe su "generi" limitati in questione per cercare di imporre anche una quota sulle esportazioni europee di autoveicoli verso gli USA. Il che tira dentro la Germania in primissima fila, su un settore industriale in cui è assoluta protagonista (come ben sanno, d'altra parte, a proprie spese nei conti con l'estero, tutti gli Stati dell'Ue).

3. Macron in persona si sbilancia, poche ore dopo il meeting-show con Trump alla Casa Bianca (pare che l'alberello, donato dal francese, che i due hanno piantato insieme sia già stato eliminato dal prato della residenza presidenziale) "non discuteremo di nulla con una pistola puntata alla tempia".
La Merkel, per parte sua, ha ammesso di aver fallito, nel suo recentissimo incontro con Trump alla Casa Bianca, nel cercare di ottenere un impegno a dimezzare, nei confronti delle merci UE, le tariffe applicate alla Cina. 
E, peraltro, la cancelliera non aveva offerto alcuna contropartita che non fosse una prevedibile lezioncina sull'irrinunciabile beneficio generale (...sic) del liberoscambio mondiale, come "unica" via alla crescita sostenibile (...per la Germania certamente), condita dalla consueta idea che in una guerra commerciale, alla fine, tutti sono perdenti.

3.1. Addirittura il ministro francese dell'economia, Bruone Le Maire, nell'incontro di Sofia sulla tassazione in €uropa, si lascia andare ad una dichiarazione che, da sola, avrebbe l'effetto di vanificare ogni utilità del clima cordiale del vertice Macron-Trump: "Ho imparato una cosa dalla settimana trascorsa negli USA al seguito del presidente Macron: gli USA rispetteranno soltanto una dimostrazione di forza".
E infatti, l'articolo di Zerohedge sopra linkato, conclude: "E ora la vera questione è vedere chi ha più da perdere nell'imminente trade war tra le due sponde dell'Atlantico, e chi si arrenderà per primo".

4. Per verificare questa prospettiva ci serviamo di alcuni eloquenti dati.
In una guerra commerciale, normalmente, si tende a correggere uno squilibrio nei conti con l'estero, determinato da un eccesso di importazioni verso il resto del mondo o verso alcuni specifici Stati. Questa vicenda, che corrisponde agli interessi economici e sociali più elementari, e fondamentali, del paese "vincolato" dai suoi squilibri esterni, la si può definire "guerra" solo se questa correzione avvenga a fronte di regole internazionali, pretesamente generali (come cercavano di imporre le potenze occidentali ottocentesche al tempo delle guerre delle cannoniere) o convenzionali (come avviene oggi attraverso la menzionata WTO), che considerino il free-trade come un sistema globalizzato giuridicamente prioritario.

4.1. Sappiamo anche che il paese "vincolato" dal suo deficit con l'estero viene normalmente incolpato di aver vissuto al di sopra delle sue possibilità e assoggettato a misure di correzione (mediante legislazione, fiscale e politico-economica, interna) imposte con "condizionalità" funzionali a linee di credito (in valuta accettata per il pagamento del debito estero, di cui evidentemente il paese indebitato non dispone in misura sufficiente) che, per lo più, attualmente, vengono (appunto, condizionalmente) concesse dal FMI (qui, p.9).
Tuttavia, la effettività delle regole impositive del free-trade istituzionalizzato (neo-consuetudinario, come nel XIX° secolo, o da trattato WTO, attualmente), sono soggette alla prevalente regola rebus sic stantibus, cioè alla precondizione (politica) di una sostanziale capacità di imporre i "rapporti di forza" politico-economici e, non secondariamente, militari.
La stessa applicabilità delle condizionalità creditizie, sancite dalle "lettere di intenti" del FMI (o, per i paesi dell'€uropa, dai memorandum della trojka), dipende dalla forza (o debolezza) "politica" della moneta e, ovviamente, prima ancora, dalla solidità della sovranità monetaria del paese debitore.

5. Rispetto ad entrambi i profili appena segnalati, gli USA non paiono essere in condizione di poter/dover soccombere in una guerra commerciale con l'Ue: i rapporti di forza politico-militari sono favorevoli agli USA in modo soverchiante, per cui non è pensabile che siano assoggettati a condizionalità (e, seriamente, enforced da parte di chi?) per effettuare un qualsiasi aggiustamento etero-imposto dei conti con l'estero
Inoltre, gli USA stessi non avrebbero nulla da temere né da un'eventuale decisione arbitrale sfavorevole in sede WTO, praticamente ineseguibile, né (almeno nel medio periodo) da un'inconfigurabile carenza di liquidità in valuta accettata come pagamento nelle transazioni con l'estero (e parliamo ovviamente dell'esorbitante privilegio del dollaro, qui, p.7).
Il dollaro se lo "fabbricano" in casa a piacimento e, per di più, una sua svalutazione consistente è temuta dall'Ue sopra ogni altra prospettiva. Un eurone molto forte vanificherebbe il principale sforzo per tenere insieme la baracca dell'eurozona compiuto col QE di Draghi.

6. Venendo ai dati, questa è la situazione del deficit commerciale USA coi principali partners. Come si vede, l'Ue nel suo complesso è seconda solo alla Cina nel suo attivo delle esportazioni (al suo interno si distinguono la Germania e, peraltro, anche l'Italia, in quanto al traino del modello mercantilista €-tedesco conseguito all'aggiustamento conservativo della moneta unica):
Risultati immagini per US trade imbalance with Ue Germany


7. Quello sottostante è un complessivo riassunto delle relazioni commerciali tedesche coi maggiori partners commerciali mondiali al 2014 (secondo una tendenza sostanzialmente inalterata):

Germany, trade surplus, partners, tarde 2015

L'idea che la Cina sia il maggiore esportatore mondiale verso gli USA è corretta: ma che sia l'area produttiva più mercantilista del globo è peraltro smentito dall'evoluzione più recente, come si evidenzia dalle tabelle e dai grafici sottostanti:
Apr12_China BOP

https://www.actionforex.com/action-insight/special-topics/84001-china-announced-tariff-on-us-soybean-exports-what-next/
8. In sostanza, il problema USA con la Cina è particolarmente evidente (e crescente), ma, data la tendenza di sviluppo che gli asiatici hanno di recente imperniato su una maggior crescita della domanda interna, cioè di retribuzioni e consumi (notare: lo studio linkato è tedesco), risulta essere più strutturale e dovuto alle delocalizzazioni industriali di importanti produzioni o fasi di produzione da parte delle più importanti imprese USA.
Un problema di politiche industriali, fiscali e, non ultimo, di mercato del lavoro (qui, p.2-4), che Trump, come abbiamo visto, cerca di risolvere attraverso un mutamento delle condizioni tariffarie ma che, nella sostanza, ha più a che vedere con la libera circolazione dei capitali e delle produzioni generate dal neo-paradigma free-trade...una volta coinvolta la Cina nel WTO, nel dicembre del 2001: una decisione che, allora, gli USA non disdegnarono di certo.  

Apr12_US CAB

9. Invece, con l'Ue, il problema dello squilibrio si presenta come molto più "classico": un'area mercantilista, dotata di proprie autonome imprese industriali che macinano profitti a scapito di un'altra area, gli USA, le cui imprese private non compartecipano in via principale di un'integrazione industriale vantaggiosa per entrambi i partners coinvolti.
Questo grafico di Handelsblatt rappresenta la situazione, proiettata a tutto il 2018, a dimostrazione della consapevolezza tedesca della propria posizione di vantaggio:

current account balance trade export surplus EU US 02 p51 The United States and Europe 3-01

9.1. Il grafico sottostante lo avevamo già visto parlando del "picco" di Draghi e di come la guerra commerciale mossa dagli USA si connetta anche ad una guerra valutaria intrapresa con la svalutazione esterna dell'euro rispetto al dollaro oggetto di una recente inversione di tendenza, ma che non è l'unica contromossa politico-commerciale degli USA. Per l'appunto.
Euro Area Current Account to GDP
10. In definitiva: l'Ue non può vincere alcuna guerra commerciale con gli USA, contro i quali non esiste la "effettività" di alcun mezzo sostanziale di retaliation efficace, né giuridico né (geo)politico-economico
E questo semplicemente perché l'America non può perdere nel gioco della globalizzazione, almeno nei confronti dell'€uropa. 
Il gioco l'ha inventato e promosso lei stessa e ne detiene la Grund-Norm: cioè, così come ha posto le regole, volendo, le può disfare, nel momento in cui la loro applicazione le creasse uno svantaggio politico-sociale interno troppo elevato per poter indulgere ancora in un free-trade che serviva a "mondializzare" un certo assetto oligarchico del capitalismo finanziarizzato, tirando dentro l'€uropa in un progetto che era, prima di tutto, politico-istituzionale di restaurazione.
Un assetto, però, che negli stessi USA si sta rivelando insostenibile, socialmente prima ancora che nelle sue conseguenza politico-elettorali.
Come aveva segnalato Reich (qui, p.6) e avevamo anticipato e ribadito da anni (pp. V e seguenti).

venerdì 27 aprile 2018

IL DEF E IL "NEGOZIATO" MACRON-COMPATIBILI: L'OPPOSIZIONE INDISTINGUIBILE...MACRON-COMPATIBILE



1. Come appare ormai ben chiaro, quale che sia stato il risultato delle elezioni, e comunque sia esso interpretabile, il governo dovrà, come abbiamo visto, essere Macron-compatibile
E ciò viene detto apertamente...
Arriva il Def "senza impegno". Gentiloni: "Quadro positivo, prossimo Governo prosegua lavoro fatto"

Padoan fissa al +1,5% il Pil 2018, ma "la crescita può andare almeno al 2%". Deficit al 2,3% per le crisi bancarie. Debito scende: "Strategia giusta".

2. Certo, qualche difficoltà a oscurare il "senso" del voto, per addormentarlo nel labirinto istituzionale delle consultazioni, ci può essere, dato che proprio dalle supreme voci €uropee era arrivata la sottostante interpretazione "a caldo" che non lasciava molti dubbi. 
Perché Merkel e Macron sanno benissimo - a differenza del nostro sistema mediatico-istituzionale - che l'immigrazione e la crisi economica, in €uropa, sono sistemi di aggiustamento, rispettivamente, del calo demografico e degli squilibri commerciali, programmaticamente derivanti dal modello ideologico e economico-monetario dei trattati.
Ma, al tempo stesso, l'interpretazione del voto data dai "supr€mi" chiariva pure quello che sarebbe stato il futuro TINA delle trattative di governo. Quali che fossero le parti interessate:

Macron e Merkel: «Il voto in Italia ha scosso l’Ue, paghiamo immigrazione e crisi economica»

...Macron e Merkel sono preoccupati che la marea montante del populismo antieuropeo, che ha toccato la Gran Bretagna e alcuni Paesi del Nord Europa, possa investire anche l’Italia. Perché è vero che nelle ultime settimane i 5 Stelle hanno cambiato toni, mandando in soffitta il progetto di un referendum per uscire dall’euro, ma le critiche rimangono e si aggiungono alla posizione dura nei confronti dell’Europa della Lega. Un’alleanza tra i due movimenti di certo non rassicurerebbe le diplomazie.

3. Ripubblichiamo perciò un antico post del 2014 che ci pare perfettamente consono alle tendenze attuali, esattamente anticipate e compresenti oggi, (mutatis mutandis naturalmente); come qualsiasi lettore consapevole potrà constatare...

"a. Vi ricordate il post sugli spaghetti tea-party?

Vi era citato un passaggio tratto, a sua volta, da riflessioni svolte dopo le elezioni di inizio 2013:
"...non possiamo dire che il PUDE sia in minoranza (adde: abbiamo visto poi in effetti come sia andata). E sapete perchè? Perchè non potremmo dirlo finchè non avremo la certezza che la formula: debitopubblicocastacorruzionespesapubblicaimproduttivabrutto" 
sia essa stessa in minoranza: nel paese, nella consapevolezza della gente della strada..".

b. Nel commentare l'attuale esito della consultazione per il parlamento europeo, potremmo fermarci qui.
In fondo, basterebbe, per "approfondire", aggiungere che l'ordoliberismo, che riafferma il superamento del modello costituzionale di società democratica pluriclasse tramite il "vincolo esterno" €uropeista-internazionalista, ha delle tendenze irrefrenabili, ormai automatizzate.
Infatti, essendo l'ordoliberismo concepito (a tavolino) con l'idea della coessenzialità del controllo mediatico, esso, più si sente minacciato, più utilizza questo controllo mediatico, fino a livelli che solo l'assuefazione al condizionamento non fa scorgere come ridicoli alla maggioranza degli italiani.

c. Se poi l'ordoliberismo ha potuto anche magistralmente sfruttare il metodo del controllo sia dell'informazione che ("in modi indiretti e spesso occultati...") della controinformazione, cioè l'esistenza di una falsa opposizione (anche ciò evidenziato da oltre un anno), il gioco si rivela in tutta la sua rudimentale efficacia: nel gioco mediatico ben orchestrato, l'opposizione non è in pratica distinguibile dal potere ordoliberista-internazionalista sul messaggio essenziale (il caposaldo "debito-pubblico-casta-corruzione...") e risulta differenziata solo come  stravaganza delle soluzioni di austerity, in pareggio di bilancio, che variamente propone.

d. In pratica se la controinformazione-opposizione si riduce a una versione semplicemente più "eccentrica", (nemmeno più "radicale") dello stesso messaggio dato dalla "maggioranza" nelle sue strategie di "rinnovamento" cosmetico, la gente cerca la sicurezza e affluisce sulla posizione più conformista. Inevitabilmente.
Se terrorizzo milioni di pensionati, demonizzo milioni di pubblici dipendenti,  prometto il taglio di 200 miliardi della spesa pubblica, e lascio passare una posizione che sull'€uro è tra l'agnostico e il favorevole ("non è il vero problema"), la gente sceglie il male minore, non il "bizzarro" urlato.

e. Questa opposizione, insomma, avrà in definitiva svolto il ruolo di rendere accettabili - come compromessi limitativi del danno-, a masse mediaticamente condizionate da "debito-pubblico-castacorruzione-spesapubblica-improduttiva-brutto", soluzioni di:
- ulteriore spending review pro-ciclica;
- deflazione salariale reale, in primis nel pubblico impiego, - persino tagli di tale personale, connessi alla destrutturazione indifferenziata di funzioni pubbliche e organizzazione, (sostenuta senza la minima contezza giuridico-economica delle conseguenze sulla qualità di vita dei cittadini): la famosa "burocrazia" causa principale della recessione, id est, del mancato investitore estero...;
- riduzione ulteriore di un sistema pensionistico che in realtà è finanziariamente un "attivo" per il bilancio dello Stato ed uno dei più sostenibili in Europa;
- accettazione, implicita ma necessaria, della irreversibilità del PAREGGIO DI BILANCIO, accreditando l'idea che ogni "grande riforma", tipo l'hayekiano reddito di cittadinanza, debba essere finanziata con pari tagli e tasse, aggiuntivi alla situazione di un'Italia stremata da una crisi valutario-commerciale e (come conseguenza) fiscale, che hanno prima compresso e poi distrutto la domanda interna

f. La potenza, condizionante e attrattiva di consenso, dello slogan-perno suddetto ("debitopubblico...brutto"), impostoci mediaticamente come pensiero unico "edificante" (e addirittura coraggiosamente "impegnato"), ha determinato dunque un connubio-competizione "al rialzo" (su tale stesso perno) tra maggior partito di governo e maggior partito di opposizione.
Ma, simultaneamente, ha altresì schiacciato un'intera forza politica, di ex-maggioranza relativa, che si è trovata nella intensificata ostentazione pubblica di scandali "corruzione-casta" proprio mentre l'ordoliberismo, sentendosi appunto minacciato, aveva accelerato lo spin mediatico totalitario su questi temi.
Diciamo che ci sono state vittime di fuoco se non amico (la facciata di contrapposizione tra principale partito liberista e partito-azienda era durata 20 anni) almeno involontario: o meglio, "senza rancore, stavolta dovevamo farlo, anche se sei stato parte essenziale del nostro sistema di contrapposizione apparente".

g. Il risultato è che l'ordoliberismo del vincolo esterno si è rafforzato, la potenza del condizionamento mediatico totalitario è stata clamorosamente confermata, e si sta passando verso una nuova forma di falsa opposizione che sia più aggiornata sullo slogan-pensiero unico imperante, e meglio controllabile, in quanto versione "improbabile" dello stesso messaggio governativo.

Rimane una cosa che risulta vieppiù bizzarra: la (quantomeno "residua") potenza di fuoco mediatica dell'ex partito di maggioranza relativa (ndQ., eravamo appunto nel 2014 e dopo le elezioni del 2013...) è stata utilizzata, in sostanza per sopire e troncare la denunzia, pur non certo difficile, dei macroscopici punti deboli dell'ordoliberismo a "vincolo esterno". 
Ora il risultato si rivela in pratica per un essersi sparati addosso: vogliono lasciare tutto come sta e continuare a cannoneggiare a salve e di tanto in tanto, sparare una granata nel proprio accampamento?" 

mercoledì 25 aprile 2018

IL 25 APRILE 2018...DEL QUARTO PARTITO: IL REFERENDUM DIMENTICATO E IL VOTO PRIVO DI SENSO

https://www.huffingtonpost.it/2018/04/25/il-25-aprile-fa-scattare-il-tempo-dei-messaggi-distensivi_a_23419754/?utm_hp_ref=it-homepage

1. Siamo alla tradizionale ricorrenza del 25 aprile che, questo blog, cerca di celebrare riconducendola alla sua essenza: la sua appartenenza comune e indistinta a tutti i cittadini italiani in quanto quella "Liberazione" (dall'occupazione militare straniera, sia chiaro) indusse, fortunatamente (o, forse, fortunosamente), l'intero popolo italiano al percorso che portò alla Costituzione in vigore dal 1° gennaio 1948. E di cui, perciò, scade quest'anno il 70° anniversario.
Chiunque può notare, infatti, che non esiste, in coincidenza con i primi giorni di gennaio, alcuna festività e ricorrenza ufficiale altrimenti dedicata alla conquista della Costituzione che fonda la Repubblica sul lavoro e in cui la sovranità appartiene al popolo. A differenza di quanto poterono prevedere le ben più "elargite dall'alto" costituzioni tedesca e giapponese: qui, pp. 8-11.
Il 25 aprile, dunque, è la festa che, per una sorta di attrazione logica, più dovrebbe indurci alla conta di chi, nella vita pubblica, politica ma prima ancora culturale, "crede o NON crede nelle Costituzioni"
Beninteso nelle Costituzioni pluriclasse fondate sull'eguaglianza sostanziale, e quindi sull'obbligo di intervento attivo dello Stato sia nel garantire le prestazioni sociali fondamentali, su tutte sanità e previdenza pubbliche, sia nel perseguire la piena occupazione con l'intervento diretto nell'economia reale del paese e nella tutela del risparmio diffuso (cioè quello cui debbano avere accesso anche e soprattutto i lavoratori). Insomma, quella che Mortati definì la "democrazia necessaria" perchè in assenza di questi elementi fondanti, la democrazia "semplicemente non è".

2. Nella celebrazione del 25 aprile dell'anno che ha preceduto il referendum costituzionale, muovendo dalle premesse sopra riassunte, avvertimmo che "quel" 25 aprile avrebbe potuto essere, rispetto alla sua vera sostanza e consapevolezza, l'ultimo: 
La forma repubblicana, e cioè l'area di intangibilità del modello democratico di tutela dei diritti essenziali, in particolare socio-economici, che caratterizza la nostra Costituzione - e che è il frutto della "concordia" e dell'armonia che in occasione del 25 aprile avremmo interesse a difendere sopra ad ogni altra priorità -, ne risulta sufficientemente determinata, dissipando i dubbi che al riguardo aveva sollevato Calamandrei in sede di assemblea Costituente. Alla luce di questo "diritto vivente" supremo (almeno nella perdurante giurisprudenza della Corte costituzionale), dovrebbe preoccuparci, ora e in occasione della ricorrenza del 25 aprile, che la riforma costituzionale determini un effetto di sbilanciamento sull'Esecutivo di decisioni che non solo sfuggiranno sempre più all'autonoma deliberazione parlamentare e alla indipendenza di giudizio degli organi costituzionali di garanzia, ma che sono assunte, in modo crescente e divorante, in sede sovranazionale, e quindi al di fuori del circuito di deliberazione dell'indirizzo elettorale, democratico e costituzionale... 
3. Sappiamo poi che il referendum di riforma costituzionale è stato respinto da circa il 60% degli Italiani, così come abbiamo cercato più volte di evidenziare che tale esito è stato "metabolizzato al contrario" rispetto al segnale di difesa democratica che avrebbe lanciato e, dunque, presto dimenticato: fino al momento politico attuale, che addirittura lo rende del tutto irrilevante. 
Sì, perché, com'era facile comprendere in base ad un'elementare consapevolezza della portata delle norme di riforma che si volevano introdurre, quel referendum era "proprio sull'€uropa".
E dunque, ove mai fosse stato colto nel suo senso più evidente, l'esito del referendum costituiva un richiamo allo Spirito del 25 aprile, inteso come rivendicazione dell'indipendenza e della volontà democratica dell'intero popolo italiano contro il dominio straniero.

4. E tutto ciò vale, ai nostri giorni, comunque si volesse aggiornare, nelle sue forme, un tale dominio, tenendo conto che "sovrano è colui che ha il potere di dichiarare lo stato di eccezione": laddove, cioè si prendesse realisticamente atto che i trattati raggiungono, deliberatamente e dichiaratamente, effetti equivalenti, se non ancora più insidiosi e penetranti, di un'occupazione militare straniera (qui, p.4 e qui) . 
Un prezzo che si è da lungo tempo considerato conveniente (ma per chi?) di pagare, fino a farlo divenire il tributo di un paese sottomesso ai feudatari dei "mercati" privati che dominano le burocrazie di Bruxelles:






Esito del referendum rimosso, esito delle elezioni reso insignificante, fanno sì che null'altro conti: 1+1+1 fa sempre 3 e quel 3 è l'opposto sistematico dello Spirito del 25 aprile:


5. Tanto che, sulla base della feroce rimozione del segnale dato dall'esito del referendum e della tetragona insistenza nel rilancio dell'€uropeismo, abbiamo sottolineato l'ironia di una nuova "gloriosa Caporetto". Naturalmente, perseguita incrollabilmente dall'oligarchia nazionale che agisce da Trojka incorporata rispetto al quasi inerme popolo sovrano.
Un'oligarchia che è organizzata sull'asse del famigerato Quarto Partito, ma che, come mai prima nella Storia della Repubblica, si è insinuato saldamente in ogni principale snodo istituzionale.

6. Ma messa l'attualità politica in questi termini, le principali conquiste che ha portato la democrazia costituzionale, in esito alle recenti elezioni, sono più che mai in pericolo e, l'irrisolta questione del vincolo €sterno e della religione neo-liberista che ad essa si lega, consente di rimettere indefinitamente in discussione, a fini definitivamente abrogativi, tali conquiste.


7. Questo irresistibile volgere degli eventi, lo avevamo visto qui "a caldo"; volendo trovare una sintesi della vivace discussione di immediato commento dei risultati elettorali, a spanne, l'evoluzione del post-voto fino all'odierno 25 aprile ci porta a questo:
Ammiro il tuo ottimismo della volontà :-)
E fai bene a esercitarlo.
Non solleverò alcuna obiezione.
Solo ti segnalo che...
http://www.huffingtonpost.it/2018/03/06/confindustria-tende-una-mano-ai-cinque-stelle_a_23378100/?utm_hp_ref=it-homepage
http://www.huffingtonpost.it/2018/03/06/sergio-marchionne-i-nuovi-non-mi-spaventano-m5s-visto-di-peggio-renzi-irriconoscibile_a_23378129/?utm_hp_ref=it-homepage
Intendiamoci: può pure essere che "quelli che non credono nelle Costituzioni" siano in grado di sconfiggere il "Quarto Partito": ma sarebbe un inedito, almeno a partire dal 1921...Ben venga, comunque.