mercoledì 12 dicembre 2012

ACCERTAMENTO DELL'IMPATTO REGOLATORIO: LES BARRICADES MYSTERIEUSES DELL'ESECUTIVO

LES BARRICADES MYSTERIEUSES...indicano in realtà, nella filosofia a cui aderì l'autore del famoso "pezzo" (qui linkato in una versione "lenta" ma altamente suggestiva), un'allusione al sistema immunitario dell'essere umano, di cui alla fine del XVII sec. si avevano le prime intuizioni.

L'accertamento dell'impatto regolatorio (AIR), procedimento istruttorio-partecipato delle decisioni principali di "governo", può essere piegato a varie finalità, anche politicamente contingenti: ma laddove comunque garantisca partecipazione degli interessati, e, prima ancora, l'acquisizione di dati oggettivi con l'apertura di un (più o meno) pubblico confronto su questi, costituisce una forma di "sistema immunitario" che previene, nell'azione di un "Esecutivo" democratico, incoerenze e soluzioni distaccate dalla realtà su cui intenda intervenire.
In Italia, il sistema ha trovato una prima disciplina nel d.p.c.m. 11 settembre 2008, n.170, attuativo della previsione dell'art.14, comma 5, della legge 28 novembre 2005, n.246.
La scarna base fornita da tale legge e la fonte prescelta (il d.p.c.m. è un regolamento equiparabile a un mero decreto ministeriale), hanno fatto sì che la possibilità di introdurre una nuova filosofia del "normare" nell'ordinamento italiano (la procedura è variamente estesa e regioni e enti locali da autonome determinazioni di questi ultimi), sia stata alquanto ridotta (eufemisticamente parlando).
Il paradosso è che, a rigore, l'AIR è una procedura "voluta dall'Europa", a livello di prassi della Commissione, in quanto "modello operativo" decisionale, e a livello normativo esplicito, in quanto conforme a un "principio fondamentale dei trattati", sancito dal "protocollo 2" all. ai trattati stessi.

Detto protocollo impone agli Stati, prima di procedere a qualsiasi PROGETTO DI LEGGE (a maggior ragione se "costituzionale"), all'art.5, la valutazione di impatto finanziario nella dislocazione dei poteri di governo sul territorio, per garantire il rispetto dei principi di "sussidiarietà e di proporzionalità".
Tanto che c'è da chiedersi se gli "improvvidi" riformatori del Titolo V della Costituzione, quello che introduce il c.d. "federalismo" e dei cui effetti negativi per legalità e salubrità della spesa pubblica abbiamo visto qui, riformatori che tanto amano l'europa e la sua sussidiarietà, si fossero letti il citato "protocollo 2" . E pare proprio di no.

 Ma se l'Europa pare "volere" su AIR e oggettiva e partecipata stima degli efffetti di quanto decide, la sua "governance" cade poi in marchiana contraddizione, proprio sull'accelerazione delle politiche fiscali e, in generale, economiche, delle varie recenti determinazioni europee di austerity e pareggio di bilancio.
E ciò a partire dalla prima bozza di six packs del gennaio 2011, operata nella "analisi annuale della crescita" da parte della Commissione, momento "topico" a cui si può far risalire tutto l'attuale crisi ad "effetto domino".
Il documento linkato è interessante perchè ci conferma che, quando hanno deciso di esercitate i poteri di coordinamento delle politiche economiche di cui agli artt. 121 e 126 TFUE, lo hanno fatto "sbagliando i calcoli" in modo veramente clamoroso, nel modo che oggi abbiamo davanti agli occhi, pur ostinandosi (tale governance) a negarlo contro ogni evidenza. 
Si pensi solo che tutta questa politica imposta ai governi da Commissione e di fatto, ma in modo decisivo, dalla BCE (tanto che l'FMI ormai prende le distanze dal ruolo di terzo della trojka), risulta fondata su un'idea di austerity che o nega radicalmente, e senza alcuna riflessione consapevole, l'esistenza del "moltiplicatore fiscale", o di quest'ultimo fa una stima che le evidenze e gli "uffici studi" di tali organismi e dello stesso FMI, rivelano essere altamente sottostimata
Basti dire che:
1) esiste un recente studio della BCE (che analizza le reazioni di politica fiscale degli Stati alla prima fase della crisi del 2008-2009) e che ricalcola in aumento il fiscal multiplier (in particolare sull'effetto recessivo dei tagli alla spesa e viceversa) e che non propone affatto conclusioni isolate e “nuove”, (contrariamente alla posizione sostanzialmente negazionista dei vari Giavazzi e Boldrin).
2) Il FMI ha di recente, proprio per l'area UEM, "rialzato" detto moltiplicatore (Blanchard stesso ne parla e la Lagarde...conferma) stigmatizzando come la commissione Ue lo abbia quantificato in una misura da paese del terzo mondo, mandandoci incontro a una recessione di cui era stata colpevolmente sottostimata la misura prevedibile;
3) “in the long run” il moltiplicatore in paesi in situazione di cambio fisso è generalmente indicato come ben oltre 1, da:
- un ben noto studio di Blanchard-Perotti del 2002;
- qui, dal FMI, studio del 2009 ;
- anche qui, dove peraltro si "riduce" l’effetto sui quarter (molto meno "in the long run") proprio riferendosi alla diffusa filosofia di “reprimere”, attraverso tasse e tagli di spese, gli effetti altrimenti largamente positivi sia di "consumption" che di "investment" del governo, in omaggio alla teoria, stupidamente “prociclica”, di ridurre il debito come autonoma misura fiscale (che, come dice lo stesso studio, altera il comportamento “naturale” degli operatori in vista delle scontate manovre di austerity; uno dei pochi casi fondati di "aspettativa razionale" :-)...)
Per tornare alla disciplina "formale" dell'AIR, la Commissione UE ha adottato delle dettagliatissime "Linee-guida all'Impact Assessment" (SEC(2009)92 del  15 gennaio 2009, soggetta a "revisione aggiornativa" biennale).
Al riguardo per i dettagli tecnici delle molteplici metodologie, statistiche ed econometriche, adottabili nella elaborazione dei dati acquisibili (con determinazione di tempi, fonti e alternative modalità ), rinviamo a tale corposo "paper".
Rimane però il fatto che non solo Stati e entità esponenziali dei gruppi di interessi lamentano la scarsa attenzione e "ponderazione" delle posizioni e analisi introdotte nella procedura, a fronte delle decisioni poi adottate dalla Commissione, ma ci si può chiedere: quanto è affidabile e attendibile la valutazione di "sintesi" (sempre che sia effettuata, sulle più importanti decisioni politico-finanziarie), che sbaglia il più importante degli "indicatori" di impatto, cioè il moltiplicatore fiscale?
C'entra qualcosa questa "scarsa attenzione" e questa clamorosa "svista tecnica" con l'adozione e l'"enforcement" che si intende apprestare al tristemente noto "pareggio di bilancio" imposto nell'area UEM?
Si direbbe di sì.
Sul versante nazionale, sempre che si riesca (come attualmente si propone) a rendere più efficace l'AIR con una nuova disciplina (sempre in "stand by"), va sottolineato che una procedura AIR ben fatta si accoppia poi alla "verifica degli effetti regolatori" (VIR), effettuata successivamente, e pur essa obbligatoria per i governi.
Si pensi solo a quanto, tale accertamento preventivo, con stime attendibili e pubblico scrutinio, e la successiva "verifica", avrebbero evitato la stessa adozione della disciplina del "lavoro" imperniata sulla idea, clamorosamente sbagliata, che la "flessibilità" (leggi: precariato), aumenti la "produttività". Quando è vero esattamente il contrario, come noi sappiamo per averlo visto "verificato", con dati attendibili, nel post "La produttività e i tagli. E poi ancora i tagli"
 Ma ulteriori e palesi esempi (oltre a disciplina del lavoro e riforma "federalista" in Costitituzione), li lascio alle capacità intuitive di ciascun lettore.

Per concludere in modo costruttivo, cioè tale che ci faccia capire come si potrebbero fare "bene" queste cose, vi offro un paragrafo sul "modello corretto di AIR", tratto da una più ampia trattazione compiuta da Luciano Barra Caracciolo e pubblicata sulla rivista "giustamm.it" col titolo "L’AIR DALLE SUE ORIGINI ALL’INTRODUZIONE NELL’ORDINAMENTO ITALIANO".
 
       "La proposta di un modello fenomenologico dell’AIR alla luce della sua principale esperienza applicativa.
La necessariamente sintetica ricostruzione finora compiuta ci fornisce il quadro operativo dell’esperienza fondamentale di esplicazione delle procedure AIR e, sempre secondo un approccio fenomenologico, quindi al di là delle differenze istituzionali o ordinamentali indubbiamente riscontrabili, ci consente di tentare la enucleazione di una serie di principi e corollari che caratterizzano, storicamente e sotto il profilo della sua vitalità evolutiva, l’essenza funzionale dell’istituto.
Nell’accingerci alla difficile formulazione di una sorta di “decalogo”, di paradigma, logico ed organizzativo, dell’AIR, utilizzabile sia per la lettura storica, sistematica e comparativa dell’istituto, sia per l’interpretazione delle norme attualmente vigenti, conviene isolare un principio cardine che definisca il fenomeno.
L’AIR si muove tra due tendenze (sociopolitiche) apparentemente opposte che sono:
a) il coordinamento in funzione di unità ed efficacia, rispetto ai suoi obiettivi, dell’indirizzo politico;
b) la ottimizzazione del risultato normativo in relazione al reale quadro socio-economico quale offerto dal contributo informativo degli stessi soggetti “governati” (strumento partecipativo di democrazia diretta).
Il tratto unificatore di queste due tendenze è l’effettività democratica del diritto, cioè la massima capacità dello stesso di avere un’applicazione coerente e certa che massimizzi i vantaggi coscientemente perseguiti con l’azione di governo.
Le norme, nella complessità dei sistemi socio-economici attuali, sono destinate cioè ad avere una vitalità limitata, una imprevedibilità di esiti conformativi, cioè di determinazione dei comportamenti in effetti tenuti dai destinatari, i quali si trovano spesso a difendersi da norme che non corrispondono alle esigenze e aspettative sociali di settore, ovvero a difendersi da norme correttamente formulate ma che non si affermano per la forza persuasiva delle premesse da cui muovono, non adeguatamente evidenziate in termini di necessaria salvaguardia e perseguimento dell’interesse generale.

Ciò detto, questa è la sintesi del modello organizzativo e funzionale che si propone:
I. L’AIR è una procedura che garantisce anzitutto la effettività di un indirizzo politico mediante l’oggettivazione della coerenza degli atti normativi (principale espressione di tale indirizzo) con gli obiettivi dichiarati e programmatici dell’indirizzo stesso;
corollari:
a) l’AIR presuppone coessenzialmente, come si è visto, una organismo centralizzato che verifichi la sua corretta esplicazione;
b) l’organo centralizzato deve collocarsi a un livello di diretto coinvolgimento del vertice dell’Esecutivo -e ciò vale per tutti i diversi livelli di governo territoriale-, per garantire il necessario grado di autenticazione e coerenza degli obiettivi delle singole regolazioni con la linea politica dell’Esecutivo stesso,
c) questa stessa linea politica ne viene arricchita da un continuo e dinamico suo adeguamento concreto, supportato dalla consapevolezza degli effetti oggettivi e riscontrabili delle azioni intraprese, con ciò riconducendo ad una tendenziale unità, in funzione di efficacia ed efficienza rispetto agli obiettivi programmatici che legittimano l’investitura politica, il policentrismo di governo degli ordinamenti ;
d) un organo centralizzato di verifica e monitoraggio, inoltre, garantisce, con la necessaria flessibilità, l’unità, in concreto, delle metodologie utilizzate nella sua esplicazione;

II. l’AIR è simultaneamente una procedura che implica (oltre che una coerenza oggettivata dell’efficacia ed efficienza del perseguimento dell’indirizzo politico) una forma di democrazia “diretta” e comunque “partecipativa”,  correttiva delle crescente complessità e tecnicità delle regole di diritto, e che pertanto rinvia ad un confronto “ragionato” con i destinatari delle norme, cioè, una processo normativo di verifica, con i destinatari stessi, dei dati e delle metodologie utilizzati, sebbene condotto secondo linee predeterminate che vincolano tanto i pubblici poteri che assumono l’iniziativa quanto i destinatari;
corollari:
a) l’importanza di un sistema predeterminato di disciplina della partecipazione che si collochi a valle della fase AIR “propulsiva”, cioè di quella che soprassiede all’iniziativa coordinata dei pubblici poteri titolari del potere normativo, configurandosi come connaturata una prima fase di AIR che sia pura espressione della autovalutazione delle policies da adottare e della expertise propria dell’apparato pubblico (fase propulsiva consapevole e trasparente in quanto poi esposta al pubblico scrutinio);
b) essendo un processo normativo ricco ed articolato ed essendo il momento partecipativo potenzialmente antitetico a decisioni dotate di immediatezza, è particolarmente importante la corretta formulazione sia di criteri di esenzione dall’AIR, sia di criteri, ulteriori e distinti, di eventuale esenzione dalla partecipazione (l’AIR ha un costo elevato e va utilizzata con un oculatezza per non disperdere le risorse disponibili);
c) entrambi questi momenti di esenzione, al di là del complesso problema della loro ottimale individuazione, dovrebbero comunque essere passati al vaglio dell’organo centralizzato di verifica (posto che la decisione al riguardo non può essere lasciata alla mera discrezionalità dell’autorità di volta in volta procedente);
d) alla stessa stregua, l’AIR implica una prima fase “interna” e preliminare e una seconda fase conseguente alla partecipazione, quindi una duplice formulazione sia delle sue analisi che delle norme che ad esse si correlano, entrambe, però, sottoposte al vaglio dell’organo centralizzato di verifica, perché comunque l’indirizzo politico deve trovare realizzazione sotto la responsabilità di un organo che ne detiene il necessario potere di coordinamento, e che abbia perciò l’ultima parola sulla concreta conformazione delle regole (si suggerisce al riguardo di distinguere un AIR  preliminare d’ufficio e un AIR definitivo o meglio  risultante finale della eventuale partecipazione o comunque della dinamica di verifica che in ogni modo l’organo di monitoraggio appresterà);

III. In ragione della sua natura di ottimizzatore della decisione politico-normativa e della sua connaturata connessione con l’apporto dei soggetti del settore sociale coinvolto, l’AIR presuppone una organizzazione dell’apparato amministrativo che sia costantemente orientata alla raccolta e all’analisi dei dati applicativi delle norme da formulare e di quelle vigenti nel settore di competenza;
corollari:
a) ciò implica che la predisposizione e gestione procedimentale dell’AIR debba essere compiuta con il necessario apporto dei dirigenti preposti alle unità amministrative di massimo livello che della normativa di settore abbiano fatto o debbano fare applicazione;
b) ciascuna di queste unità dovrà porsi come obiettivo la ricognizione del patrimonio di expertise disponibile e adatto a utilizzare le metodologie della procedura, formalizzando l’individuazione di funzionari e gruppi di lavoro che possano coadiuvare costantemente il dirigente nella redazione dell’AIR stesso;
c) l’azione di dialogo sull’AIR a fini di coordinamento sarà quindi tanto più efficace in quanto ciascun centro politico-amministrativo, preposto al settore regolato, si rapporti all’organo centralizzato di verifica con un’interfaccia costituito da un organismo stabile e qualificato, a sua volta raccordato al vertice politico di settore, che riunisca sia i dirigenti dei settori applicativi della normativa in rilievo sia i responsabili degli uffici che si occupano tradizionalmente della redazione delle norme, cioè gli uffici legislativi e assimilati."

35 commenti:

  1. Ciao 48, ho scoperto questo blog tramite goofynomics, voci dall'estero e voci dalla germania. volevo farti i complimenti per il tuo lavoro, è davvero molto interessante.

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    1. Grazie Max.
      Mi rendo conto che il discorso che si fa qui richieda un certo "impegno", ma credo che alla fine, vedendolo nel complesso, si scoprirà che ne valeva la pena.
      A risentirci...

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    2. hai ragione è molto complesso, però ritengo che completa il lavoro di Bagnai, di Carmen e di quello che gestisce "voci dalla germania". complimenti ancora

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  2. CIAO 48 un'altra freccia in più all arco della giusta informazione. La seguo con simpatia e ammiro la sua competenza. Volevo approfittare per avere qualche chiarimento se possibile. Ecco, per quale controvalore emettiamo btp ogni anno ?? Per l ammontare dell intero debito pubblico cioè per 2 mila miliardi ? Che interessi paghiamo ogni anno, quelli attuali intorno al 5% quindi 100 miliardi l anno ( su 2 mila miliardi ), oppure adesso stiamo pagando i btp andati in scadenza di 10,5,3 anni fa ?? se per assurdo non riuscissimo a finanziarci, totalmente o in parte, lo stato, uno stato come l italia che non è lo zimbabwe, ha sempre una riserva con la quale far fronte al pagamento stipendi e pensioni, o davvero posssono finire i soldi ??

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    1. Caro Anonimo,
      gli anonimi non vengono pubblicati, ma questa volta la pubblico per fare un chiarimento.
      1. quand'anche lei non fosse anonimo, si rende conto di essere off-topic e di molto?
      2. ma lo sa che lei non fa domande ma per lo più affermazioni e quindi si è praticamente risposto da solo in partenza?
      3. Comunque tutte le questioni poste sono facilmente risolvibili con i dati accessibili in rete (compreso il sito del tesoro sulle varie tipologie emissioni del debito e relativi bollettini e studi periodici)
      4. la domanda finale implica che lei non abbia letto bene i post su questo blog, il blog goofynomics col libro "Il tramonto dell'euro", e neppure gli innumerevoli siti-blog che tutti i giorni parlano di questi problemi e che sono spesso indicati nei blog da me spesso citati (nelle colonne a margine con tanto di aggiornamento sugli articoli più recenti)

      Il tutto mi sa di "presa in giro". Per carità ognuno impiega il tempo come vuole: potrebbe impiegarlo informandosi...e non si affanni a replicare, questa è un'eccezione

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  3. Il meccanismo AIR, per come son riuscito a capirlo (spero bene), mi par molto simile agli strumenti di controllo di raggiungimento degli obiettivi che vengono utilizzati in sede di strategia aziendale. In tal senso ti chiedo: in cosa possono consistere gli strumenti di VIR? In qualcosa tipo sondaggi telefonici, sistemi di misurazione a punteggio(tipo la telefonata che ti arriva dopo e che ti chiede di rispondere con punteggi al grado di soddisfazione nel servizio di call center appena utilizzato)?

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    1. Beh gli strumenti VIR non sono ovviamente "sondaggi" di gradimento soggettivo (non avrebbe senso e il cittadino comune è manipolabile, nella sua percezione, dalla vulgata mediatica). Gli strumenti VIR sono gli stessi dell'AIR (metodologie statistriche e econometriche) solo che i dati, in sintesi, invece di essere "stime previsionali" (AIR), sono "a consuntivo" e sulla loro interpretazione si apre il "commento" degli interessati (enti pubblici, associazioni di categoria e utenti ecc...). Quindi alla fine si può arrivare a una ipotesi normativa di correzione

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    2. Il sistema quindi è un po' quello che in strategia aziendale viene chiamato pianificazione e controllo. Definizione del piano -> attuazione -> raccolta feedback -> correzione del piano -> attuazione.... e così via.

      Sul fatto dei VIR, volevo nel commento precedente ampliare il discorso del mero raggiungimento di obiettivi economici. In sostanza, volendo individuare la pubblica amministrazione come strumento per il soddisfacimento dei bisogni dei cittadini, non sarebbe anche il caso di valutare anche come questi obiettivi vengono percepiti dagli stessi clienti finali? Cioè, si possono raggiungere determinati e coerenti obiettivi economici, ma se poi nel complesso i cittadini non sono soddisfatti cosa ne facciamo degli obiettivi raggiunti?

      Ovviamente col caso del governo attuale e di quello dell'immediato futuro non ci poniamo nemmeno il problema. Gli obiettivi in termini economici non saranno raggiunti ed il malcontento non potrà essere a lungo coperto. Ma noi lavoriamo per il dopo.

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    3. Per capire meglio la specificità dell'AIR e la sua distinzione da altri tipe di "stime di impatto-forme di controllo", vedi la risposta più sotto a S.Moro (l'ultima della serie). L'impatto è REGOLATORIO, cioè quello proprio delle norme (leggi e regolamenti,che possono includere alcune forme e parti di pianificazione). Ma ci tornerò...

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  4. si potrebbe a corollario di questo topic fare un esempio di come dovrebbe funzionare il sistema, nel coordinamento tra il monte (unità governativa centrale) e la valle (settore di riferimento degli interventi esecutivi)?

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    1. Bella domanda. Il problema è che manca (non a caso)una legge che possa far funzionare, in base alla riserva (relativa) di legge ex art.97 Cost., il "presupposto" organizzativo dei "nuclei AIR" di funzionari dotati delle necessarie expertise presso ministeri (regioni, enti locali) e così via.
      Dalla corretta collocazione organizzativa di queste nuove expertise dipende sia la bontà dell'AIR di avvio, sia la efficace gestione della fase partecipativa, (senza che scada in una baraonda o in una "ammuina").
      Ma è pura teoria: come ho evidenziato nel post "la corruzione e il fogno!", le "assunzioni" di professionalità adatte e indispensabili per gestire la "complessità" del nuovo amministrare, sono state da subito sabotate all'indomani di Maastricht, perchè lo Stato è brutto e cattivo, gli impiegati improduttivi e i parametri demenziali del deficit (e del saldo primario) sono una "religione"...particolarmente amata dai giornali, espertologi, e sostenuta con la stessa "tolleranza" al dissenso che avrebbe avuto Stalin o Komheini

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  5. vero.. perché come è stato scritto, questo si fa in azienda dove è quasi normale (per quelle di medio o maggiore livello) dotarsi di ingegnere gestionale e contabilità analitica (quindi con relativo professionista).
    ma nella PA come si fa? abbiamo persone che non sanno usare quasi quasi nemmeno il computer!

    una piccola curiosità.. sono andato ad un congresso di medicina dove la mia ragazza era relatrice.
    immaginatevi 6 ore (pausa di due ore in mezzo) con argomenti letteralmente estranei alle mie conoscenze però ho notato una cosa..
    ogni medico (struttura) è un'entità a sé!
    ogni dato, è un'entità a sé!
    la cosa che mi sono subito chiesto è stata: ma avete un database pubblico (leggasi: struttura che raccolga i dati dei pazienti in maniera anonima e li possa rielaborare dal punto di vista statistico) che permetta di aggregare i dati e quindi di avere statistiche migliori?
    LA RISPOSTA è no!
    chiaramente poi leggi che lavorano per un' "azienda ospedaliera".. azienda?
    non era lo Stato?
    No, non è lo Stato!

    non hanno uno all'interno che gli curi i database, che gli spieghi come interpretare i dati né un coordinatore nazionale sulle tematiche (a livello statistico ovviamente).

    e MI DEVE ASSOLUTAMENTE CREDERE: queste domande e obiezioni le ho fatte (seppure possano sembrare impraticabili la cosa mi pare lampante).
    Ancor più visto che durante la discussione di un caso clinico, un medico si è alzato ed ha spiegato come agire in quel caso!
    ma dico io: basterebbe avere un database (come ce l'hanno i giudici!) per risolvere molto prima queste vicende!

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  6. Scusa Valsandra ma... per quale ragione hai avuto questa impressione? A memo che la tua ragazza non sia specialista in una disciplina altamente "qualitativa" (psichiatria, e poche altre) il concetto di "medicina basata sulle evidenze" risale agli anni '70 ed è ormai dato per acquisito dalla comunità medica.

    Dati epidemiologici ne vengono raccolti, ed anche in notevoli quantità. Dai registri dei tumori, a quelli delle malattie infettive, screening di popolazione, ecc... E che ogni centro non abbia un database interno: vorrei farti vedere il dipartimento di IT del mio ospedale! Persino i medici di medicina generale registrano tutto su PC. Qualunque minima procedura è schedata, così come lo sono le prestazioni erogate dai medici di famiglia e dalle aziende ospedaliere.

    Certamente, resta il "libero arbitrio" sul singolo caso. Ma sui dati "aggregati", non si scappa!

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    1. Il problema dei dati e dei soggetti pubblici che li detengono (o eventualmente "quasi" privati; es; confindustria) è fondamentale per l'AIR. Però la situazione di ogni singolo settore potrbbe essere migliorata proprio attraverso l'uso sistematico in sede decisionale-normativa.
      Però, caro Valsandra, "ad avercene di questi problemi"! Cioè i dati oggi sono punti di partenza usati senza metodo e spesso non usti affatto. LA preliminare rivoluzione organizzativa dovrebbe occuparsi pure di come e quando ISTAT e istituti pubblici di ricerca sinao tenuti a mettere a disposizione quelli posseduti magari facendo ricerche "mirate" su richiesta dei vari livelli di governo. Ma pure questo è un problema da risolvere...

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    2. Il tutto ovviamente presuppone un'amministrazione che sia vista come qualcosa su cui investire (nell'interesse generale) e non sottoposta a linciaggio "interessato" dai media.
      Ma mi pare che siamo ancora molto lontani da questo: perchè, poi, alla fine, "lo vuole l'europa"...

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  7. @ChiccoDM
    Talassemia e anemia falciforme
    ora.. non è che sappia come funziona la realtà medica in Italia (per carità) ma ho chiesto..
    hanno le cartelle dei singoli individui ma stressandola sulle statistiche non mi ha risposto.
    quindi non se le studiano (e nessuno li rielabora).

    ho chiesto pure se fanno confluire i dati presso un data base centrale (nazionale per come la vedo io) e non succede

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  8. @48
    su questo intendevo il discorso con la mia ragazza.. se si segue un particolare protocollo per un certo tipo di pazienti, ad averne di database centralizzati e quindi la possibilità di interscambio!

    ora le racconto invece una cosa meno seria: ATLETICA LEGGERA!
    credevo (10 anni fa) che la federazione fosse seria.. e quindi avesse un centro studi che raccogliesse informazioni e statistiche sugli allenamenti degli atleti più importanti (moltiplicate 10 atleti l'anno per 10 anni e ci sono statistiche per 100 casi!).
    NON ESISTE!
    e quindi una mia richiesta ("accademica") specifica: che gli studi fossero indirizzati sui fabbisogni dei vari coach!

    quindi non può che trovarmi in accordo la sua idea

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    1. Diamoci pure del tu, su questo "libero" blog.
      So che sei troppo preparato per non sapere, tuttavia, che questo genere di disfunzionalità dipende essenzialmente da 20 anni di avanzo primario come religione e dall'idea che il fiscal multipier sia una roba per aumentare le tasse :-)
      Le infrastrutture italiane sono a pezzi dopo oltre 20 anni di mera e sciatta "manutenzione" e l'europa ci sta piombando (a noi proprio) nel più massiccio regresso dai tempi del XVIII secolo.
      Al limite si fanno enunciati e codificazioni sulla "amministrazione digitale", ma sempre a costo zero e con sopradici "progetti" quando si trovano (senza programmazione e per tempi a esaurimento) fondi raccattati dall'UE, di cui siamo pure "contribuenti netti"...

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  9. ma ti do ragione! perché ci sono reparti scoperti di personale, figurarsi se gli ospedali assumano studiosi dei numeri!

    ne racconto una come produttività intesa come qualità non faccia rima con quantità (quando scarsa) di personale e risorse.
    con la mia ragazza abbiamo stimato in 4 controlli al giorno (non scherzo) nell'ospedale di Torino contro i 16 di quello di Catania..
    Secondo voi chi fa più ricerca ed è più preparato?

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    1. Valsandra,

      La talassemia e le anemie sono considerate malattie rare. I dati epidemiologici sono gestiti a livello regionale (in Lombardia se ne occupa l'Istituto Mario Negri ) ed afferiscono al Registro Nazionale Malattie Rare presso l'Istituto Superiore di Sanita'.

      Scusate la puntualizzazione, ma sapete che ritengo la salute un tema particolarmente "caldo" e facilmente esposto alle scorribande degli esponenti anti-"statobruttospesapubblicainefficiente".
      In tutta onesta', ritengo che, se noi medici italiani avessimo un briciolo di orgoglio in piu', andremmo in giro per il mondo ad insegnare agli altri come si gestisce un Sistema Sanitario Nazionale. Invece siamo costretti a subire quotidianamente l'arroganza dei politicanti, e doverci pure sorbire le uscite di Monti sulla presunta "insostenibilita'" del sistema (ma dove?)

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    2. Sono d'accordo con Chicco quando dice: "In tutta onesta', ritengo che, se noi medici italiani avessimo un briciolo di orgoglio in piu', andremmo in giro per il mondo ad insegnare agli altri come si gestisce un Sistema Sanitario Nazionale"

      Non credo ci siano paesi al nostro livello nel campo della Sanità Pubblica: basta andare fuori e sperimentare il sistema sanitario pubblico di altri paesi per capirlo.

      Per quanto riguarda l'informatizzazione della PA non entro nel merito dei data base a disposizione del Ministero della Sanità che non conosco, però posso parlare della mia esperienza in ambito informatico iniziata proprio nella PA.

      Da circa 10 anni ormai I ministeri si sono dotati, ad esempio, dei medesimi ERP (sistemi di gestione aziendale integrati) utilizzati dalle SPA. E qui mi riallaccio al discorso interessante che Valsandra faceva nel post precedente in merito all'AIR: per quanto riguarda la contabilità gran parte degli enti pubblici, sono già in grado di effettuare Controllo di gestione a partire dall'assegnazione di un budget pianificato fino al controllo a consuntivo.

      Nulla vieterebbe l'implementazione di un software ad hoc per l'AIR che potrebbe (in base alla sintesi da lui fornita , ovvero quella di uno strumento assimilabile al controlling.) essere utilizzato e interrogato attraverso tool di B.I. (Sap e Oracle i più diffusi) anche da utenti di medio livello appositamente formati.
      Sarà necessario certamente un cambio di mentalità ma soprattutto come ci illustra benissimo Sofia nel post
      successivo, abbattere il problema monte cioè evitare di privatizzare cercando piuttosto di ottimizzare il lavoro svolto nelle PA. L'enfasi sulle privatizzazioni è figlia come il post mostra dall'eliminazione dei controlli pubblici, perchè se tali controlli ci fossereo sarebbe evidente a tutti che privatizzare comporterebbe un'aumento dei costi e non un vantaggio.
      Chi ci sta derubando ha prima manomesso i sistemi di allarme e le telecamere a circuito chiuso.

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    3. Attenzione, però:
      - una cosa sono i controlli sulla attività gestionale,
      - una cosa le banche dati (che possono avere compiti vari, tra cui anche di controllo),
      - una cosa sono i controlli PREVENTIVI DI LEGITTIMITA' (se formulati bene i relativi parametri sono i più efficaci...e infatti li hanno aboliti),
      - ALTRA COSA è L'AIR che lavora su un campo molto più aperto e difficile da inquadrare conteggiano effetti prevalentemente sui destinatarie su assetti socio-economici, e persino sul "livello" dei diritti fondamentali, difficili da "graduare", (problemi che conseguenzialmente investono la VIR, monitoraggio che prosegue sulla individuazione degli stessi parametri dell'AIR)

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    4. Si è vero , si semplificava usando un'analogia , un modello già esistente di controllo che presuppone la raccolta dati in un database unico , quindi si passava poi all'ipotesi di un softweare ad hoc sempre come semplificazione, ma per arrivare ad un effettivo modello prototipo ad hoc occorrerebbe prima chiaramente un'approfondita analisi di fattibilità tenendo conto di tutti gli elementi specifici caratterizzanti l'AIR.

      L'elemento che mi pareva interessante era quello realtivo all'importanza di un database unico cui eventualmente attingere informazioni (chiaro trattasi di info che per loro natura non conosco quindi uno studio di di fattibilità resterebbe prioritario rispetto alle conclusioni) sul modello di quelli utilizzati per software gestionali.

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  10. @Chicco DM
    ho solo da imparare da lei.. solo che però per me il problema (che ho esposto) esiste perché la mia ragazza non sa (per lo meno non ha uno scambio di informazioni vasto) cosa si faccia "in tempo reale" in Italia!
    ho visto in quel convegno confusione.

    ovviamente la mia risposta è: "potenziamo" queste cose!
    e non è nemmeno giusto che un reparto cos' delicato non abbia uno psicologico..
    ma insomma!
    ecco i tagli cosa vorrebbero razionalizzare: il nulla!

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  11. @Sandra Moro
    sull'analisi di gestione le do ragione!
    oltre tutto però RITORNIAMO al vecchio discorso: non ho detto che mancano i database in quanto tali ma che mancano gli analisti!
    bisogna investire in R&S e personale!
    qualificato e da qualificare

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    2. Mi scuso per i refusi.
      Grazie , Valsandra, l'analisi era ispirata da un suo commento riguardo l'analogia supposta con il controllo di gestione.

      Per l'altro vecchio discorso, io mi riferivo alle mie conoscenze riguardo l'informatizzazione in generale del ministero della Sanità, che sono pari allo zero, ho parlato di database per esigenza di sintesi ma chiaramente non conosco nessuno dei loro strumenti informatici ne essi come vengono utilizzati, su quello le possono essere utili Chicco e la sua ragazza:)


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  12. @48
    vero vero.. solo che ci siamo allargati!
    penso che il senso dei nostri post e quindi delle nostre esperienze è che comprimendo le spese sempre più gioco forza non si investe!
    e non investire non significa solo non comprare macchinari ma anche non fare ricerca!
    Il database di cui parlavo è in sin dei conti ricerca statistica che manca nell'ospedale (e penso in tutta la Sicilia) in cui lavora la mai ragazza.

    così come i gestionali aziendali che permettono di rendere più celere la programmazione e quindi il confronto con la rendicontazione.

    immagino che l'AIR sia qualcosa di diverso e riguardi invece gli impatti delle normative quindi non la mera gestione.

    MA IN TUTTI e tre i casi SERVONO INVESTIMENTI.
    banalmente investire in queste cose conduce a maggiore occupazione e per giunta di qualità!

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    1. Val, tra un pò magari verificheremo, un pò tutti, se si è disponibili a sostenere una prassi di garanzia costituzionale attiva, per il ripristino della democrazia del lavoro (se ti sei perso il post
      http://orizzonte48.blogspot.it/2012/12/alcuni-punti-fermi-ipotesi-frattalica-e.html...mettiti in "pari" :-)

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  13. @Sandra Moro
    non solo il database ma qualcuno che sappia metterci mani!
    il problema è che i colleghi della mia ragazza sono autentici zozzoni nell'interpretare i dati.. non dico che dovrebbero avere psicologico e ingegnere gestionale ma quasi!

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  14. Valsandra,
    capisco, ma il personale va formato, se non si investe in questo... un medico non fa tirocinio per interrogare database, per quello dovrebbe ricevere una formazione adeguata , in quanto è meglio che non interroghino per nulla piuttosto che interroghino male i dati:)

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  15. @Sandra M
    alla mia ragazza ho provato a spiegare come funzionano le divisioni.. mi stava cavando gli occhi!
    penso proprio che sia una guerra persa.. ahahahhaa

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  16. Valsandra,
    ovviamente ti assumi la responsabilità di questa battuta con la tua ragazza:)))
    Io come dicevo a Chicco D.M. ritengo la nosta sanità tra le migliori e non tollero che questi fenomeni da baraccone possano anche solo pensare di privatizzarla.
    I medici oggi devono lavorare come in catena di montaggio a ritmi impossibili, e non credo si possa pretendere che facciano anche autoformazione per l'uso dei pacchetti informatici.

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  17. @Sandra Moro
    ma io le do ragione!
    ho fatto l'esempio tra la sanità catanese e quella torinese perché possiamo capovolgerla con quella tedesca.
    Se il torinese fa 4 visite al giorno ha tempo per leggersi 4 studi, pianificare nuovi protocolli.
    se la mia ragazza (catanese) ha 16 controlli al giorno e non ha (NON SCHERZO.. non hanno un sistema automatico di aggiornamento dei dati! per cui devono scrivere e riscrivere ogni dato) sistemi celeri di reportistica, succede che finisce alle 5 di pomeriggio e ritorna distrutta a casa.
    morale?
    i siciliano passano per poco studiosi.. te credo!

    e privatizzare cosa significa?
    una mia ex (eheheh) sempre ramo medico (ma infermiera) ha preferito andarsene da Siracusa (direzione Veneto) perché lavorare nelle cliniche avrebbe comportato 500 € in meno di stipendio, straordinari non pagati e ferie con il contagocce.
    in più mi ha raccontato lo stato delle condizioni lavorative in tema di sicurezza nelle nostre cliniche..

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    1. Val, in effetti lo "spirito" della tua osservazione si era compreso.
      Ma tutto sommato è un argomento che porta leggermente fuori dalla tematica dell'accertamento di impatto REGOLATORIO (che attiene al momento, politico e tecnico-politico di "conformazione" astratta e generale di un settore sociale). E' poi vero che rilevazioni territoriali documentate rendono utile questo momento istruttorio.
      Ma in definitiva il problema -evidenziato nell'ultimo post- è che comunque l'AIR nella sua sostanza non si faccia.
      E infatti vengono fuori, tra l'altro, le cose evidenziate nell'ultimo post. Tra l'altro, a conferma di ciò, uno dei parametri vincolanti di analisi (Ita ma anche UE), è l'impatto sui "diritti fondamentali", il che ci riporta alla illegittimità della ritenuta comprimibilità, praticamente incondizionata, degli stessi...

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