martedì 20 agosto 2013

USQUE TANDEM? I LIQUIDATORI "ZELOTI" RUNNIN' ON EMPTY

Usque tandem?
Questa domanda è probabilmente la più frequente che si pongono i lettori consapevoli dei vari blog che analizzano la crisi senza le formule preconfezionate e ripetute, sostanzialmente, da oltre 20 anni, che mugugnano su concorrenza globale, competitività, inflazione (monetaria), e, di conseguenza, attenzione esclusiva ed ossessiva al "debitopubblicobrutto".
Questo, a sua volta, viene visto, arbitrariamente, come fenomeno la cui rilevanza è compressa nella dinamica degli ultimi 4-5 anni, e quindi accomunata a quella degli spread, come se fosse da questi ultimi, improvvisamente, che ne sarebbe derivato il problema della insostenibilità.

Ora, l'elemento più macroscopico di questa mistificazione, tutta incentrata sull'occultamento del conflitto sociale, cioè della compressione della quota salari (in generale delle retribuzioni di ogni forma di lavoro), rispetto alla quota profitti e rendite finanziarie, in rapporto al reddito delle varie realtà statali coinvolte, anzitutto in Europa, ha il nome di "euro".
L'euro è certamente un sistema monetario pensato ed applicato per "disciplinare" le dinamiche salariali e riorientare il profitto verso una crescita fondata essenzialmente sulla "competitività", cioè sulle esportazioni, e lo fa in contrapposizione allo Stato, visto come l'inefficiente alimentatore della domanda interna.
Allo Stato, con il solo fatto di articolare le previsioni del Trattato di Maastricht (correttamente inteso), "l'Europa del sogno" imputa di alterare essenzialmente, con il suo intervento di spesa pubblica, il mercato del lavoro; sia appunto sostenendo la domanda interna di beni e servizi presso le imprese private, sia come erogatore di funzioni pubbliche e servizi di interesse generale -che andrebbero nel complesso a costituire il "salario sociale"-, sia come datore di lavoro e calmieratore della disoccupazione, (cioè come disattivatore della leva al contenimento salariale denominabile come "esercito industriale di riserva dei disoccupati").

Ci verrebbe allora più facile dare la risposta alla domanda "fino a quando?" se, e solo se, tenessimo ben focalizzato questo contesto: gli eventi economici "mondiali" cui stiamo assistendo in realtà lo confermano, facendo riemergere la realtà del c.d. "conflitto sociale", che è poi una considerazione naturale, cioè bio-antropologica, del fenomeno dell'essere umano e dei livelli di abbrutimento, vogliamo dire di "non benessere" elementare, che possono essergli imposti. Ed imposti in nome della "competitività" ricercata da controllori del capitale che non possono tollerare una flessione dei profitti programmati.

Tutto quanto sta accadendo conferma questa tensione
, trascurata e rimossa nel tentativo di affermare una competizione mondiale che non tollera ostacoli e obiezioni "culturali": così l'arretramento della crescita della Cina, sull'orlo di una bolla immobiliare, rimodulata in diminuzione su una riconsiderazione della domanda interna, l'atteggiamento giapponese che privilegia nuovamente un obiettivo inflazionistico e la stessa domanda interna, per stimolare investimenti effettivi al di là delle alchimie finanziarie, conducendo all'effetto del deprezzamento della propria valuta, la stessa battuta d'arresto di paesi come India e Brasile, alle prese con crisi fisiologiche da "crescita" del rispettivo modello di capitalismo.

L'Europa, in questa realtà antropologica (e in progressivo rafforzamento) si segnala per la sua distonica ostinazione.
Abbiamo spesso ribadito come la patologia del debito pubblico, in specie quello italiano, abbia una "origine" chiaramente imputabile al "divorzio" tesoro-bankitalia, applicato in spregio di un sistema legislativo al tempo vigente, che, nonostante i "pareri" legali resi ad Andreatta, non avrebbe consentito di realizzarlo: almeno senza una legge parlamentare, di cui si potesse vagliare, oltretutto, la legittimità costituzionale alla luce dell'art.47 Cost. e del complessivo sistema delineato, in materia creditizia, dalla legge bancaria del 1936,. Questa, infatti, prevedeva un indirizzo politico-governativo in materia, di fatto disattivato (nei suoi residui di una prassi a dir poco ambigua), dalle letterine scambiatesi tra Ciampi ed Andreatta.
Ora, nonostante la stucchevole grancassa "€urota" cominciata col divorzio stesso (che si premurava di completare il "vincolo" dello SME, con accenti assolutamente identici a quelli utilizzati oggi per stigmatizzare rivendicazioni salariali e un immaginario "eccesso" di spesa pubblica), in assenza del divorzio, e scontando il calo dell'inflazione che certamente non fu dovuto alle politiche monetariste (come ammisero gli stessi Friedman e Greenspan, che fruirono solo di "good luck" nella simultaneità con un calo dei prezzi delle materie prime), l'Italia di sarebbe probabilmente presentata all'appuntamento di Maastricht con un debito prossimo al 60%.

Basti dire che tra il 1981 e il 1984 l'onere del debito pubblico per interessi raddoppiò dal 4% all'8% (eppure, ribadiamo, l'inflazione stava autonomamente calando), portando il debito dal 58% al 120 nel fatidico 1993 (quello della mega-manovra di Ciampi, post Maastricht, succeduta alla super-manovra di Amato del 1992).

Questo riassuntino ci fa capire che ben poco, da allora, dalla realizzazione di questa grande truffa politico-finanziaria a precise basi ideologiche, è cambiato.

Le parole d'ordine dei governi, specie illuminati e "di €uro-sinistra" sono sempre le stesse: diminuire il costo del servizio del debito pubblico per reperire risorse per fare "investimenti" (supply side) e attenuare il costo del lavoro: ora si riparla degli oneri sociali sullo stesso. E questo, dimenticando che la "fiscalizzazione" fu realizzata, negli anni '70, con successo proprio sulla scorta delle entrate fiscali sospinte dal fiscal-drag su salari indicizzati, mentre la competitività, raggiunta agevolmente col cambio flessibile, consentiva in realtà investimenti produttivi molto più sostanziali e rapidi che nei paesi che, come l'Inghilterra thatcheriana, (e poi la Francia del "secondo" Mitterand), si erano affidati alla ottusa ridda di licenziamenti in massa, deflazione salariale e oscene privatizzazioni in danno dei consumatori ma a vantaggio dei nuovi monopolisti privati, certissimamente lontani dall'idea di erodere le proprie rendite-bancomat con nuovi investimenti in innovazione tecnologica che non sarebbero comunque stati imposti dal progresso anche al gestore pubblico.

Allora: "fino a quando?"
Se la realtà di questo contesto storico (e ideologicamente crepuscolare) non riemergerà nelle coscienze dei cittadini la risposta sarà necessariamente inquietante.
E lo sarà tanto più quanto questa realtà storio-ideologica, causativa dell'attuale disastro, continuerà ad essere celata dai media e, invece, proseguirà la diffusione delle parole d'ordine assolutamente date per scontate da un'opinione pubblica assuefatta e scissa tra questa pseudo-spiegazione truffaldina e gli effetti che trova davanti agli occhi e nelle proprie tasche
.
La apparente irrisolvibilità dei "problemi" seguendo queste ricette, unita alla mancanza di dubbio così diffusa, sulla loro "bontà", causa angoscia ai cittadini (non consapevoli, oltre che naturalmente ai pochi consapevoli, ma a questi, per ragioni opposte); e l'angoscia causa rabbia. Ma molto mal diretta: l'effetto generale è il parossismo giacobino su ruberie e sprechi, fenomeni collaterali determinati dal grande potere che i gestori a designazione politica si vedono assicurare dal sistema normativo "€uropeo".

Lo scopo di quest'ultimo è "affamare la bestia", cioè lo Stato demonizzato e portare compattamente l'opinione pubblica al rigetto per ogni sua manifestazione, fino a che essa stessa non invocherà a gran voce lo smantellamento di questo baraccone, "improduttivo", nefasto e invariabilmente e acriticamente visto come "eccessivo".
Noi sappiamo che questa strategia, proseguita in questi giorni con pervicacia assoluta, porta all'autodistruzione della stessa realtà economica del Paese, in una corsa irresponsabile in cui i suoi fautori continueranno ad accelerare fino a che il "punto di non ritorno", innescherà la reazione del corpo sociale.

Questa appare ancora lontana, in Italia, perchè esiste un paradosso: i disoccupati si appoggiano alle famiglie che intaccano lo stock di risparmio per sopravvivere quasi "comunitariamente, le PMI esportatrici possono in parte fruire della deflazione interna, le PMI di servizi e nel settore della distribuzione si avviano a una lenta dissoluzione. Senza però poter reagire contro le cause efficienti della propria distruzione, avvinte come sono nelle maglie del "vecchio" sistema fatto di evasione fiscale e contributiva, di norme obsolete che garantiscono rendite sempre più affievolite (il caso dei tassisti, ormai asserragliati nelle ridotte di un benessere che "fu", o dei gestori di stabilimenti balneari, che autogestiscono beni demaniali come fossero usucapiti per ab aeterno, categorie semiaffondate, ma ancora galleggianti, come notai e altri professionisti, ancora lontani dal senso di spossessamento della pregressa posizione economico-sociale, e così via).

Quindi, se si guarda ai grandi numeri, che queste commistioni di risparmio da "riserva" e di rendita e illegalità di cabotaggio, ancora in parte consentono, la reazione che renda di fatto non più effettivo il sistema di potere "€uro-liberista" è ancora lontana.
La sicurezza, però, è che, esso stesso, questo €urosistema, ormai preconizza la finale e irreversibile distruzione delle stesse residue valvole di sicurezza che ne hanno, almeno in Italia, consentito la prosecuzione.
Cioè quel minimo di stabilità sociale che non rendeva bisognosa e miserabile la schiacciante maggioranza della popolazione.

Perciò liberalizzazioni...Bolkenstein, privatizzazioni del patrimonio pubblico, abolizioni ulteriori di determinati meccanismi normativi "corporativi", inasprimenti fiscali sulle rendite catastali, ampliamento della disoccupazione sul versante del pubblico impiego, riduzione dei programmi di spesa pubblica conseguenti ad apparenti misure di allentamento dei vincoli di bilancio (tipo pagamenti crediti alle imprese, ripagati con rientri della spesa su investimenti e servizi sociali, a livello locale ma anche centrale), ci portano invece a questa certezza di miseria e insicurezza pandemiche.
In tempi relativamente brevi. Parliamo di mesi, ormai.
Gli attuali zeloti sono ormai convinti che possono durare fino al 2015, potendo giocare sulla stessa impopolarità della crisi politica che fatti giudiziari, del tutto estemporanei, rispetto alla realtà della crisi, potrebbero innescare.
E però ogni giorno in più che gli "zeloti" permarranno al governo, determinerà un avvicinamento all'attuazione delle misure che distruggeranno il suo labile consenso propagandistico (oggi di una compattezza tanto forte da rammentare proprio il "prima della fine" di molte dittature).

I prossimi due anni saranno perciò una corsa verso il baratro, in cui una classe politica cementificata negli slogan della fine degli anni '80, condurrà l'intera Nazione, sbandierando, prima di affondare, presunte richieste all'UEM di allentare l'austerità: ma solo perchè quella che loro considerano praticabile e "misurata" è più che sufficiente alla definitiva degradazione sociale ed economica, mentre far apparire Olli Rehn o Schauble come formalmente "arginati" allunga di qualche mese la presunta legittimazione dei "liquidatori finali".


13 commenti:

  1. ma poi perchè proprio fino al 2015? l'ho sentito anche dire da "loro"...cosa succederebbe nel 2015? la scadenza della legislatura è al 2017 in teoria...

    che sia un quasi lapsus? che si sentano così "al sicuro" da poter lasciar trasparire così che il loro unico interesse è quello di governare per altri 2 anni, tanto è il tempo di cui hanno bisogno per finire di fare a pezzi il paese?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Vogliono arrivare, con un governo avente il crisma di €uro-serietà, alla fine del semestre italiano di presidenza UE (consiglio). Poi, contando di aver agganciato la ripresa e rilanciata l'idea che l'Europa sia una salvezza dalla Cina, presentarsi come "vincenti" e affidabili alle elezioni (avendo nelle intenzioni disinnescato rattamatori attuali e eventuali).
      E' oggettivo invece il fatto che due anni delle politiche di "austerity moderata" attualmente programmate non consentiranno il pareggio di bilancio che dovremmo raggiungere nel 2015, dato che, ammesso si registri una crescita prossima allo zero a cavallo del 2013-2014 (poi stai a vedere come enfatizzeranno i dati trimestrali), nel 2014, per non contraddire la vocazione euro-presidenziale, dovranno lanciare una manovrona...che ponga anche riparo agli effetti recessivi di quel poco che faranno: cioè, utilizzando fondi UE irrisori per investimenti e occupazione, mentre tagliano i dipendenti pubblici e decine di migliaia, la spesa pubblica in automatico per rientrare del pagamento dei crediti alle imprese e aumentare le tasse sui servizi locali per rientrare dell'attenuazione dell'IMU.

      Questa è l'agenda: come al solito non sanno fare i calcoli e al netto delle vicende giudiziarie, si ritroveranno con gli effetti prociclici di una recessione ormai strutturale (triple o quadriple dip :-))

      Elimina
    2. ma io mi immagino questi incapaci quando vanno a parlare a Bruxelles con Merkel e company....quelli che contano gli rifilano due pacche sulle spalle e nel frattempo se la ridono, perchè a differenza dei nostri sanno benissimo che non ci sarà mai alcuna ripresa (almeno per l'europa del sud)...desolazione.

      spero di vederli nel fango in cui meritano di stare prima o poi. anzi più prima che poi.

      Elimina
    3. Ma in fondo ce lo sanno pure loro che non ci sarà nessuna ripresa e che tutto verrà raccomandato-prescritto-condizionato (fino alla riscrittura) dalla commissione, in base al two packs.
      La ripresa che intendono loro è una (continua) operazione mediatica e di rinvio di miracolose future aperture (non facciamo facile spirito...)

      Elimina
  2. Bellissimo post, come sempre e ancor più di sempre.
    Come (quasi) sempre sottoscrivo tutto.
    Un post che con grande sintesi (dote che l' estensore del pezzo ha assai affinato in questi mesi)e chiarezza fa, diciamo, il punto della situazione.
    Un post che pone una "linea" ,un tratto, come infondo ad una addizione, in calce a 30 (34, per la precisione) anni di politiche neo-liberiste, monetario-fanatiche (o come volete chiamarle). Politiche che, è bene ricordarlo, non sono certo solo nazionali, anzi, il disegno, come ormai noto ed evidente ai più rientra in ben più ampio disegno.

    Allora, sappiamo che, al di fuori dell' Europa, c'è una certa rimessa in discussione di CERTI precetti che hanno dominato la scena internazionale a partire da una quarantina di anni fa, dagli USA.
    E come allora, oggi, dagli USA parte questa nuova fase, come è ovvio che sia, essendo quello il vero "centro" del mondo ed essendo quello il luogo preposto a "tracciare il solco" al quale le varie "periferie" del mondo porranno i loro semi.

    Dunque; "Usque tandem" ci dovremmo sorbire la "vecchia narrazione" (integrale e integralista) qua nella "periferia" Italia?

    Purtroppo, come per il "ciclo" precedente saremmo gli ultimi o tra gli ultimi ad abbandonare (forse?) la vecchia cultura dominante.

    Una ipotesi sul da dove potrebbe arrivare il segnale di fine del ciclo, potrebbe essere la magistratura (come già nel '92).

    A noi è ben noto che sarebbe necessaria una sorta di Norimberga, ma, molto più realisticamente, chiedo a 48 -che sicuramente ha strumenti cognitivi enormemente superiori ai miei- è possibile che in un futuro non troppo remoto "salti fuori" (giammai per caso!) un Tonino Di Pietro, che, su episodi relativamente minori, tipo: derivati sottoscritti dal Tesoro negli anni scorsi, garanzie pubbliche concesse a MPS, ecc. (solo per fare due esempi) metta all' "indice mediatico" a mezzo avviso di garanzia un Draghi, un Monti, un Bassanini (sempre per fare degli esempi), innescando un fenomeno di eliminazione di una intera classe POLITICA e dirigente (e intendo proprio i Draghi, i Monti e tutti i maggiorenti nazionali dell' euro-fanatismo)??

    La "precomprensione" a che punto sta? E' minimamente in "evoluzione" in quegli ambienti??
    Esiste una, anche remota, possibilità che qualcuno "di per di la" faccia (o sia spinto a fare?) una "manovra" del genere?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La vedo molto difficile. In realtà, occorrerebbe una cultura realistica e accurata dei fatti economici che non mi pare acquisibile in tempi normali dai giuristi. Nè la loro formazione attuale (accademia in testa) pare predisposta a questa comprensione.
      Attualmente è comunque una frontiera molto lontana.

      Tra l'altro il problema del "livello" delle fonti (es; lettere Ciampi-Andreatta) a modificare norme di legge primaria (se si comprendesse il legame tra credito, sue condizioni e politica monetaria), specie se a copertura costituzionale, pare tutt'ora sfuggire anche a giuristi critici dell'UE.
      Solo la Corte costituzionale tedesca ha assunto un atteggiamento inequivocabile sul punto: e la reciprocità imporrebbe a noi di fare altrettanto. Ma non ci spererei molto, allo stato attuale (vediamo se il "libro" p.v. smuoverà qualche meccanismo...)

      Elimina
    2. L'exordium delle Catilinarie : negli ultimi anni mi viene in mente spesso.

      http://orizzonte48.blogspot.it/2013/05/la-grande-trappola-delleuro-la-germania.html
      Cicerone che accusa il Senato di favorire la pazzia di Catilina...

      Fino a quando ? Spesso (anzi direi sempre) mi sono chiesta cosa spinga gli individui ad accettare situazioni "insane", e la risposta è di una semplicità inaudita : cui prodest? "Fino a quando" ci sarà convenienza, non necessariamente conscia, anche per chi è silente.

      Ora è evidente che i sostenitori dell'euro siano in pieno "effetto Macbeth" : meglio rilanciare e perdere tutto , che fermarsi ed ammettere di avere già perso in parte.

      "Questa è follia, se pure c'è del nesso."

      P.s. 48 sorry c'è stato un problema tecnico, il commento era a questo post.

      Elimina
    3. Lo so e stavo per avvertirti...di là :-)
      Piuttosto, Cicerone, una volta acceduto alle massime cariche con l'appoggio della classe senatoriale, era decisamente mainstream e Catilina, aristocratico decaduto (descritto dai "vincitori" come sanguinario e inconsulto...ma non molto differente da loro), era piuttosto per la redistribuzione delle terre...

      Elimina
    4. :)
      Infatti hai ragione. La sua arte retorica rende l'idea del momento presente, sul passato siamo al "Cicero pro domo sua" :).

      Elimina
  3. A proposito di ricambi d'aria oltreoceano, mi pare utile attirare l'attenzione sul progressivo allontamento di Krugman dal modello neoclassico (cioè dalla versione neokeynesiana del medesimo). Qui, tra una citazione di Kalecki e l'altra, arriva a dire: "if you haven’t been radicalized by recent events, you haven’t been paying attention". E il contesto americano è ben diverso dal nostro. A questo proposito, per quanto sostanzialmente risaputa, ho trovato utile anche la messa a fuoco contenuta in questo paper, segnalato dal summenzionato Krugman, di rapida sintesi e comparazione storica della situazione euro con altri accordi monetari: si chiarisce così che la nostra moneta preferita è una trappola assai più micidiale del gold standard, perché nell'800 i salari erano più flessibili ed erano possibili sia sganciamenti che aggiustamenti nominali, che i paesi periferici alla bisogna praticavano eccome. Qui tentano politiche ottocentesche con una rigidità inapplicata già nell'Ottocento: si respira davvero una certa aria di follia da - ce lo auguriamo - fine di un'epoca.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie delle segnalazioni, come al solito.
      Il rinvio alla "autodenuncia" del von hayek "liquidazionista" mi pare ormai quasi divertente. Quanto al Krugman reloaded oltre la "sintesi" di Samuelson, mi conforta assai. Avevo studiato sul Samuelson e con l'occhio della memoria di tempi...giovanili, mi ero dovuto a malincuore separare dal suo neo-keynesianesimo (conscio che le sue idee sui merit goods erano una sorta di stimolo a superare l'invadenza della politica nell'economia che, all'inizio degli anni 80, un "giovine" non riusciva a non vedere come un baluardo contro un mondo di...raccomandati. E ce ne sarebbero da raccontare).

      Elimina
  4. come possono pensare di arrivare al 2015 se entro pochi mesi saremo in caduta libera ???? ripresina o non ripresina. mi accorgo che il fronte degli scontenti sta aumentando con progressione geometrica....questi al 2015 non ci possono arrivare a meno che non diano una netta svolta autoritaria rspetto allo sconcerto sociale.....mi pare di essere al 3 gennaio 1925 quando mussolini rivendicò l'omicidio di matteotti instaurando di fatto la dittatura !!!!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma da un lato sono più forti, perchè gli "scontenti" non sono degli "affamati"; dall'altro sono più deboli perchè invischiati a tener fede a promesse cui sono totalmente inadeguati e desiderosi, invece, di avere consenso. Solo che da qui al 2015 gli rimarrà solo quello dei media...E non basterà più (anche perchè i giornalisti stessi passeranno ad ingrossare le fila dell'esercito di riserva, nonostante la gara ad essere più realisti del re)

      Elimina