mercoledì 8 gennaio 2014

IL TIMING- 2

1. Il post di ieri mi pare degno di uno sviluppo ulteriore perchè si pone come tappa-registrazione di una traiettoria già preannunziata ed elaborata in precedenza.
Lorenzo Carnimeo ci ha dato lo spunto, con una sua intelligente serie di osservazioni, diciamo "classiche" (non erronee, ma appunto legate ad uno schema di costituzionalismo che appare ormai, purtroppo, superato dagli eventi).
Questa è la puntualizzazione che ne è scaturita (e che, vedrete, era in fondo, del tutto anticipata dalle risultanze del ricco dibattito che seguì al post che riproduco di seguito): 
"...Sul piano pratico, lo sbilanciamento dell'attività normativa verso la sfera dell'esecutivo è un fatto inevitabile quando ci si trova di fronte allo scadimento del livello dei parlamentari, non più culturalmente e congnitivamente in grado di raccordare la scelta politica coi valori costituzionali: e come potrebbero, d'altra parte, esistendo (essi) politicamente all'interno di un discorso che prescinde dal programma costituzionale, ormai dimenticato ex imperio "mediatico" e finendo solo per riprodurre posizioni prefissate da quest'ultimo?

Il parlamentarismo costituzionale presupponeva una vivezza di valori e di possibilità di scelte coerenti, seppure alternative, che era l'essenza della sovranità intesa in senso "necessitato". di cui abbiamo parlato.

Ma detto questo, l'evidenziazione esplicita della shock economy assurta a ragion di Stato emergenziale, nella misura strettamente imposta da finalità €uropee, indica l'avvenuto compimento della istituzionalizzazione dell'ordoliberismo.
Ormai la democrazia come sistema di valori, rappresentativi e giustificativi del patto sociale di solidarietà volta al benessere generale, è definitivamente superata e le dinamiche decisionali si nutrono di ragioni e funzioni extracostituzionali, anzi extrasovrane.
Per cui lo svuotamento sostanziale delle prerogative parlamentari deriva da ciò, più che da una forzatura come quella dell'era fascista: non c'è la ragion d'essere stessa di un parlamento come sede "della volontà politica espressa dalle forze rappresentative del popolo". Quelle forze, per dinamiche che precedono ed assorbono la stessa sostanza della verifica elettorale, semplicemente non esistono più.
Siamo già oltre il fenomeno, che lamenti, di ricorrenza della distorsione fascista.
Siamo all'incontrollabilità-inammissibilità di ogni fenomeno politico-decisionale che non sia strettamente aderente alla volontà ordoliberista incarnata dalla governace europea e dai media che ne sono gli interpreti "neo-costituzionali" di fatto.
E ciò, ED E' QUESTO IL PUNTO SOLLEVATO DALLA MAIL, ormai TRAVOLGE L'ESECUTIVO NON MENO DEL LEGISLATIVO
." Vale a dire, l'intero plesso delle Istituzioni costituzionali responsabili dell'indirizzo politico.
2. Torniamo a questo "presente" espresso eloquentemente dai "considerato" del d.l sul finanziamento ai partiti (al di là del merito della questione), evoluzione della prepotente tendenza che avevamo evidenziato in questo post di sotto riprodotto per comodità (di un discorso pienamente espanso, che si allarga agli interessantissimi, ed ancora attuali, commenti):
Della "manovra dell'euro" sappiamo praticamente tutto. Sappiamo cioè come i suoi effetti economici corrispondano alla attuazione della nuova macroeconomia classica in una forma tanto estrema quanto lo può essere un "opus germanicum"; e tanto quanto aborrita era dai von Hayek-banchieri, in cerca di rivincite, l'idea dello Stato sociale.
Quello che non appare del tutto focalizzato, in mezzo alle discussioni attuali, che infatti continuano ad agitarsi su mistificanti teorie su "come" rilanciare la crescita (con varianti mainstream compromissorie, cioè attente contraddittoriamente all'occupazione), è l'effetto giuridico generale (cioè materialmente costituzionalizzatosi) ormai comunque prodotto.
Mi è balenata questa idea rileggendo le osservazioni di un attento lettore che mi ha scritto per avere suggerimenti su come fare una divulgazione dei problemi giuridico-costituzionali da accoppiare a quella relativa all'analisi economica.
Per facilitare il modo di trovare un punto di partenza e un metodo, credo che sia agevole partire da un qualcosa che in questa sede è stato già divulgato. Ma soffermandosi su un passaggio particolare.
In questo recente post, Calamandrei ci dice, in riferimento all'art.139 Cost (che espressamente esclude dalla revisione costituzionale la "forma repubblicana"):
"...se si è adottato questo sistema per le norme che riguardano la forma repubblicana, dichiarando queste norme immutabili, non credete che questo sistema si sarebbe dovuto adoperare a fortiori per quelle norme che consacrano i diritti di libertà?"
Insomma Calamandrei consigliava vivamente di includere la esplicita non rivedibilità dei diritti di libertà nella supernorma che contrassegnava la irreversibilità dell'assetto costituzionale.
E la vita che poi ebbe la Costituzione chiarì che tali diritti di libertà includevano anche il "principio lavorista", richiamato come cardine della stessa legittimazione democratica da Mortati.
Il principio della "equa retribuzione" di cui all'art.36 Cost. era infatti connesso alla possibilità, per il cittadino in quanto "lavoratore" - cioè il soggetto di diritto detentore primario della sovranità ai sensi dell'art.1 Cost.- di condurre "un'esistenza LIBERA E DIGNITOSA".
In altri termini, nella loro realtà "naturale", e senza bisogno di postulare "diritti di prestazione" verso lo Stato, i diritti di libertà (personale, domiciliare, di pensiero, di associazione e via dicendo) non possono neppure esistere senza il presupposto di un'esistenza libera in quanto legata alla dignità retributiva del lavoro: un disoccupato o un sotto-occupato precarizzato non si cura eccessivamente di difendere la libertà domiciliare non potendo avere neppure una vera abitazione, e nè si cura della libertà di pensiero, essendogli comunque del tutto preclusa dall'esclusione dalla effettiva vita pubblica del Paese, in mano a una oligarchia che detiene il 100% dell'informazione e dell'editoria, e che ha, in più, il potere di imporre lo smantellamento del sistema di istruzione pubblica, ridotto al lumicino da una logica che la riduce alla mera formazione di "consumatori" passivi.
La dignità retributiva e occupazionale sono esattamente ciò che il mainstream della flessibilità salariale, della mobilità e della negazione della stabilità, tendono a negare sistematicamente.
Fatta questa spiegazione di premessa, vediamo qual'è l'effetto giuridico che incide ormai sulle nostre vite.
Ricorriamo ancora alle citate parole di Calamandrei:
"Ma con questo articolo 131 (ora 139, ndr.) par che si introduca una terza categoria di leggi: quelle che non si potranno giuridicamente modificare nemmeno attraverso i metodi più complicati che la Costituzione stessa stabilisce per la revisione.
Dunque, la forma repubblicana non si potrà cambiare: è eterna, è immutabile. Che cosa vuol dire questa che può parere una ingenuità illuministica in urto colle incognite della storia futura? Vuol dire semplicemente questo: che, se domani l'Assemblea nazionale nella sua maggioranza, magari nella sua unanimità, abolisse la forma repubblicana, la Costituzione non sarebbe semplicemente modificata, ma sarebbe distrutta; si ritornerebbe, cioè, allo stato di fatto, allo stato meramente politico in cui le forze politiche sarebbero di nuovo in libertà senza avere più nessuna costrizione di carattere legalitario..."
Trasponendo ai diritti di libertà, e al suo prius logico di "lavoratore in grado di condurre un'esistenza libera e dignitosa"  il ragionamento svolto da Calamandrei sulla "forma repubblicana", identifichiamo il drammatico "effetto giuridico" e la sua portata.
Il lascito di Maastricht-euro-Lisbona è stato quello di aver prodotto non la semplice modificazione (comunque non consentita ex art.11 Cost. stessa), del patto fondamentale democratico, ma la sua stessa "distruzione" nel modo di intenderla e applicarla conformemente al suo Spirito fondativo.
Posto il "lavoro" nella condizione di fattore della produzione alla stregua di ogni altro (ma inferiore a quello del profitto finanziario), affermata la flessibilità incondizionata verso il basso del suo prezzo (la retribuzione), oggi siamo ritornati a quello "stato di fatto, meramente politico", in cui le forze politiche sono veramente "di nuovo in libertà, senza avere più nessuna costrizione di carattere legalitario".
Guardate a quello che è accaduto negli ultimi 20 anni.
Guardate alle ragioni, anche ostentate, per cui si sono votate leggi finanziarie, sul lavoro, sulle pensioni, e persino modifiche costituzionali come quella del Tit V; riflettete su come qualunque attore politico sia lontano persino dal linguaggio che mostri di tenere conto del vero contenuto incoercibile della Costituzione e, anzi, in modo generalizzato, e privo di qualsiasi giustificazione causa-effetto (cfr; ultima parte) basata su razionali analisi dei fatti, invochi proprio ulteriori cambiamenti della Costituzione.
Guardate, infine, al fatto incontestabile che la sentenza della Corte di giustizia europea, in seduta plenaria, del 27 novembre 2012, nella causa C-370/12, ha affermato, utilizzando una implacabile tecnica di non-motivazione che procede per reiterazione di parafrasi (in un crescendo di oscurità che fa impallidire qualsiasi burocratese" italiano), che l'ESM non amplifica i vincoli originari dei trattati e non mette in discussione la certezza del diritto.

Insomma la soglia dello "stato di fatto" è stata varcata senza colpo ferire e giustificata dalla "costruzione europea": d'ora in poi il consolidamento di tale stato di fatto può avvenire anche per via interna, senza l'ombrello UEM, proprio in assenza di qualunque consapevolezza e denunzia pubbliche del problema.
Il sindacato della Corte costituzionale ha potuto fermare questo "effetto"?
No, perchè il suo sindacato, come abbiamo visto in "Costituzionalità delle manovre finanziarie",  è stato compiuto in modo analitico, legge per legge, senza allargarsi al complessivo e coordinato disegno, i cui effetti economici intesi a riplasmare l'intera società, svincolandosi dai limiti posti dalla Costituzione, le sono così sfuggiti.
Non so se, nella mia prosa "involuta", sarò riuscito a spiegarmi e a farvi rendere conto dell'attualità di questa situazione.
Ma è reale, tremendamente reale; e lo "stato di fatto" paventato da Calamandrei avanza, sicchè la forza della pura politica, di qualunque formazione, già oggi si manifesta, e si manifesterà molto prevedibilmente, come "politica della forza"
E quindi contro l'arbitrio dei forti non c'è più un effettivo limite legalitario. Perchè sappiamo dove risieda la "forza" e come questa ci consenta di vivere...e di votare, solo in quanto consumatori, e semmai, contribuenti, espropriati ormai della possibilità di far valere i diritti che la Costituzione ci riconosceva. 

ADDENDUM (ORE 12.10): poichè dal tenore delle prime interessantissime osservazioni dei lettori emerge che occorre chiarire alcuni aspetti della genesi storica e politica "di fatto" che comunque hanno i mutamenti costituzionali (cui fa riferimento Calamadrei), inserisco nel corpo del post, le risposte fornite a Carlo P. e a Mauro Gosmin, opportunamente adattate e integrate:

Abbiamo varcato una soglia in funzione della quale le leggi che PROGRESSIVAMENTE stanno comprimendo quei diritti (incomprimibili) non vengono, nel loro complesso, ritenute incostituzionali (e prima ancora denunziate come tali).
Aggiungo: cosa però astrattamente ancora possibile, manifestando una naturale direzione del "diritto di resistenza" nella cornice costituzionale.
E ho evidenziato che le forze politiche, dimostrandosi all'oscuro di ciò, e anzi tendendo a rafforzare questo processo (che si condensa nella convinzione della inefficienza dello Stato e nella limitazione del suo intervento), proprio prescindendo dalla interpretazione gerarchica e sistematica dei valori costituzionali, danno luogo ad una nuova Costituzione di fatto, sostitutiva della precedente attraverso uno "stato libero della politica" stessa.
Se poi il GRADO di compromissione e di sottotutela dei diritti sia tale da autorizzare il diritto alla resistenza, dipende in effetti dal comune sentire di un popolo.
E' ovvio (o almeno lo dovrebbe essere) che in presenza di "effettività" del sistema elettorale questo diritto di resistenza può ancora passare per le sedi istituzionali rappresentative: ma se queste sedi (parlamentari) non...rappresentano il problema e neppure se lo pongono (per carenze culturali e per intenzionali rapporti di forza affermatisi nei modi spiegati), le cose andranno avanti fino al punto in cui:
- o la Costituzione sarà cambiata in base a forze pregiuridiche a lei estranee, ma poi formalizzate in un nuovo testo sostanzialmente incompatibile con quello del 1948 (e la vicenda Maastricht-UEM ne è già un primo indizio);
- oppure è il popolo che eserciterà direttamente il diritto di resistenza: che non è insurrezionale, attenzione, dato che la rivoluzione è, per definizione, negazione non ripristino del vigente ordine costituzionale.
Anzi su ciò, in buona sostanza, Moro e Dossetti chiarirono il punto in questi termini proprio a Togliatti (resoconto del 3 dicembre 1946), a cui il diritto di resistenza come garanzia ripristinatoria di QUESTA Costituzione, non interessava poi molto. E non a caso.
Spero che ora sia più chiaro. Se del caso, data la suggestione dell'argomento, ci ritornerò ulteriormente;
- in effetti è possibile che, senza traumi epocali, se non quelli economici distribuiti nei tempi della shock economy, si arrivi piuttosto all'affermarsi di una nuova costituzione in sostituzione di quella del 1948. Con l'apparente consenso della generalità delle forze politiche (e quindi dell'elettorato stesso). Consenso però "disinformato": quando gli effetti del nuovo "patto" saranno percepiti, probabilmente sarà troppo tardi.

Riporto infine quanto limpidamente espresso da Mortati, nell'opporsi all'inserimento in Costituzione (di una disposizione pur proposta originariamente da Dossetti)  nel suo intervento risultante dal resoconto della Assemblea Costituente del 5 dicembre 1947:
"Mi pare che in questa discussione si sia manifestata una certa confusione di idee in ordine al significato da dare alla disposizione in esame, in quanto da una parte si è interpretata questa nel senso di comprendere in essa la resistenza contro atti particolari dell'autorità esecutiva ed in questo senso si è espresso or ora l'onorevole Gullo. Ma a me sembra che, intesa in questo senso la portata dell'articolo, non ci sia bisogno di effettuarne il riconoscimento nella Costituzione. I precedenti già ricordati dall'onorevole Gullo hanno dimostrato come in passato sia stato possibile al diritto positivo sancire in determinati casi la legittimità del diritto di resistenza del cittadino contro gli atti dell'Autorità. Naturalmente l'ammissione di siffatto principio non può non essere coordinata con tutti gli altri principî, che regolano l'ordinamento dello Stato e anzitutto con quello della esecutorietà degli atti della pubblica autorità, principio al quale nessuno Stato potrebbe mai rinunciare.
Nell'ambito delle esigenze accennate è possibile alla legge ammettere in singoli casi il diritto di resistenza individuale; sicché una statuizione costituzionale in questo senso non ha ragion d'essere.
Ma vi è un altro significato, con cui può intendersi il diritto di resistenza, ed è quello con cui è stato inteso dal progetto, che parla di resistenza contro l'oppressione.
Con questo articolo si vuole individuare un caso particolare: quello, cioè, in cui i supremi poteri dello Stato opprimono la libertà, quando cioè siano eliminate, o non funzionino tutte le garanzie di carattere giuridico costituzionale. Noi abbiamo creato un insieme di garanzie atte a preservare dalla violazione dei diritti anche di fronte ai supremi organi dello Stato.
Ora quando si verifichi l'ipotesi che tutte queste garanzie siano esaurite e quando la stessa Corte costituzionale abbia convalidato — con la sua sentenza l'atto arbitrario della pubblica autorità, in questo caso il cittadino — secondo il significato della disposizione proposta — non deve acquietarsi alla violazione dei diritti supremi, garantiti dalla Costituzione come inviolabili, ma deve ribellarsi.
Intesa in questo senso la disposizione, ci si deve chiedere: è opportuno che essa sia inserita nella Costituzione?
Circa la sostanziale esattezza e, vorrei dire, la santità di questo principio, nessuno potrebbe sollevare delle obiezioni, e tanto meno noi cattolici, poiché è tradizionale nel pensiero cattolico l'ammissione del diritto naturale alla ribellione contro il tiranno. Ci sono scrittori cattolici che riconoscono la legittimità perfino della soppressione del tiranno. Quindi non è al principio che noi ci opponiamo, ma alla inserzione nella Costituzione di esso, e ciò perché a nostro avviso il principio stesso riveste carattere metagiuridico, e mancano, nel congegno costituzionale, i mezzi e le possibilità di accertare quando il cittadino eserciti una legittima ribellione al diritto e quando invece questa sia da ritenere illegittima.
Siamo condotti con questa disposizione sul terreno del fatto, e pertanto su un campo estraneo alla regolamentazione giuridica."
Abbiamo visto come poi Mortati abbia in parte rivisto questa posizione, riconoscendo il diritto di resistenza come "implicito" più che come "di fatto". Certamente su questa posizione dovette avere un peso la permanente prospettiva della Rivoluzione marxista, incombente fino a che si manifestò la c.d. "guerra fredda".
3. Mi auguro che abbiate avuto la pazienza di seguire il lungo discorso fino a questo punto.
La esplicitazione-ratifica, pretesamente aderente all'art.77 Cost., della circostanza che "da  ultimo,  sono emerse situazioni di  disagio  sociale  che  impongono  un  immediato segnale di austerita' del sistema politico", non è senza  conseguenze pratiche. 
Perchè questo enunciato, prima confinato alle dichiarazioni ed esternazioni della stampa e della stessa "politica", non aveva ancora trovato una collocazione normativa così compiuta e vincolante. 
Il quadro è questo: una crisi economica, in forma di recessione-stagnazione eccezionalmente prolungata, porta al disagio sociale, e su questo non ci sono dubbi; ma le ragioni della crisi sono da individuare nell'assetto monetario e istituzionale impresso dal vincolo €uropeo. Più precisamente nelle modalità "necessitate" (cioè espressive di una "necessità" divenuta urgenza svincolata da ogni legittimazione costituzionale), di correzione degli squilibri delle partite correnti provocate inevitabilmente da tale assetto monetario.
Mi pare essenziale, al riguardo, citare questo passaggio di Alberto Bagnai nella lingua "prescelta":
Since its entry in the Eurozone France, like Italy, or Finland, or Spain, had experienced a steady worsening of its net external lending, and since 2005 it had become a current account deficit country (i.e., a net foreign capital importer). For that reason, France would have been forced to put into practice an austerity policy. Why? Because in the absence of the re-equilibrating mechanism provided by exchange rate flexibility, austerity is the only instrument a government has in order to reduce its external deficit. If the nominal exchange rate does not respond to external imbalances, you need to engineer some unemployment, in order to reduce wages, thereby fostering exports, and cutting imports (as a consequence of the fall in income). As simple as that.
 
Invece di porre in discussione la legittimità di tale assetto e delle modalità di correzione stessa - cosa che parrebbe del tutto ovvia, essendo implicita nel filtro obbligatorio ai sensi dell'art.11 Cost., relativamente ad ogni conseguenza applicativa di trattati di adesione a qualunque organizzazione internazionale- si accelera nella stessa direzione
Cioè si enunzia come "la grave situazione economica del Paese impone con urgenza l'adozione di misure che intervengano sulla  spesa  pubblica", (adesso non guardate al settore che ha dato luogo a questa specifica decretazione d'urgenza: ben altre seguiranno in tutte le forme), e, anzi, si rivendica la "coerenza con la linea di austerita' e di rigore della politica di bilancio adottata in  questi ultimi anni".
Ora è chiaro perchè non avrebbe più senso votare, rebus sic stantibus, al di là di qualsiasi disciplina elettorale?
a- la "austerità" viene offerta come linea unica di direzione della politica economico-fiscale in un modo che non solo non può essere mutato, ma soltanto, semmai, accelerato. La "coerenza" viene rivendicata come salvifica e ne viene ribaltato l'oggettivo segno causale rispetto alla crisi;
b- la questione stessa non soltanto non viene - e non verrà mai più - raccordata alla sua radice causale ma viene negata e scissa da ogni tentativo di connetterla alla questione "vincolo esterno" e, meno che mai, alla  compatibilità costituzionale di quest'ultimo;
c- la totalità delle forze politiche oggi in campo è fortemente concorde su questa linea, in particolare sull'enfasi catartica dell'estensione alla "politica" ed ai suoi costi della "austerità" come chiave decisiva per intensificarla nei confronti del resto dalla popolazione;
d- l'unico apparente dissenso verte sulla possibilità di intestarsi la legittimazione derivante da questa "catarsi", essendovi una rincorsa alla proposta ed alla reciproca recriminazione su quanto si sia capaci di realizzarla con implacabile coerenza, in forme costantemente alimentate dai media, che soffiano sul fuoco dei vari scostamenti da questa linea facendone sostanzialmente il criterio di graduazione di una virtù pubblica che graduerebbe la meritevolezza del consenso (sondaggistico e plebiscitario) attribuibile ad ogni possibile forza politica in campo.

4. A questo punto, poichè il cammino dei prossimi mesi appare tracciato in modo che non consente alcun equivoco previsionale, siamo al punto del "se" l'Italia ha sufficienti risorse culturali per uscire dalla crisi.
Se per "cultura", politicamente rilevante (dato che di questo stiamo parlando), intendiamo l'insieme dei mezzi espressivi mediatici ed accademici, nonchè le posizioni analiticamente (si fa per dire) rappresentate dalle forze associative (ad es; i sindacati o Confindustria), la risposta è oggi fortemente negativa.
Una sola cosa rompe questo quadro inesorabile: la sua notevole capacità autodistruttiva dello stesso consenso "manipolato" di cui si nutre, che fa sì che persino i media-burrattinai arrivino a gettare il sasso ed a nascondere la mano (dopo aver soffiato sul fuoco del pubblico impiego meritevole di ogni degradazione economico-sociale, si ritraggono al pensiero che le truppe cammellate pro-euro che vi si annidano possano avere un sussulto di autodifesa ragionata...), ed il confluire, rapido ed altrettanto implacabile, del collasso francese (qui naturalmente offerto in "versione" debitopubblico-welfare-brutti e causa di ogni male, facendo un involontario autogoal che non potrà che accentuare la visione alterata del lettore italiano, fino al cortocircuito finale). 
Basterà a scuotere, in tempo e dalle fondamenta, il trend del disastro italiano? 
Ecco questo è il problema del TIMING.

25 commenti:

  1. Caro Quarantotto, da un pezzo la tua prosa non è involuta (il libro ringrazia ...): sei stato chiaro su tutti i punti.
    Se non ho capito male sarà il combinato disposto del fiscalcompact (notoriamente inapplicabile) e di questa sentenza a fare il lavoro sporco. (perchè i sindaci piddini vorranno solo prendere atto che il loro comune è fallito).
    Personalmente, sulla riva del fiume "I sits and thinks" in attesa del programma di Water music: Fireworks!

    ps buon anno a tutti

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    1. La sentenza CEDU afferma un principio del tutto ovvio: solo che questo stesso principio (che la riforma del Tit. V, altra parola d'ordine piddina in nome dell'Europa, ora peraltro in odore di pentimento, aveva cercato di dissimulare) è praticamente inapplicabile. O meglio, in pareggio di bilancio -ottenibile solo con un vertiginoso saldo primario- ciò significa corrispondente inasprimento fiscale e/o taglio dei trasferimenti al livello comunale. Cioè par pagare qualcuno, occorrerà sempre e comunque, far pagar ancora di più tutti.
      Col fiscal compact, essendo un titolo autonomo ed aggiuntivo di riduzione del bilancio pubblico, tutto ciò arriva a livelli wunderbar!
      E' insostenibile? Il PD crede di no: infatti, tutte le sue ipotesi di rinegoziazione sono sempre "fermi gli impegni di risanamento presi con l'Europa". Peccato che l'Italia vada "risanata" proprio dagli effetti del vincolo europeo...

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  2. Concordo. Avevo fatto il paragone con la struttura istituzionale "diarchica" degli anni '20/30 del '900 per evidenziare come due fenomeni involutivi potessero presentare, ancorché con diverse premesse e contesti, la stessa "sintomatologia" pratica, ossia un assetto, connotato da forte insofferenza verso il parlamentarismo.
    Questo assetto è in effetti transitorio. E' una prima (forte) inbizione della democrazia parlamentare funzionale all'apertura di una sorta di procedura fallimentare nei confronti della costituzione repubblicana così come la conosciamo. E' forse la prima tappa, o una delle prime tappe, di una fattispecie a formazione progressiva (ed anche qui, l'analogia pratica con il processo, anche questo a fasi successive, compiutosi dal 1922 al 1939 mi riviene alla mente), che porterà -o meglio, dovrebbe portare- alla formalizzazione della costituzione materiale ordoliberista.
    Costituzione materiale che sembra delinerarsi secondo alcuni pricipi:
    1) La crisi economico/sociale come metodo di governo viene "istituzionalizzata" ed il malumore che da essa deriva viene assunto (pretestuosamente), a pretesto per far diventare "ordinario" uno strumento che il costituente concepiva come "eccezionale" (attraverso l'interpretazione estensiva (sostanzialmente "in bianco"), del concetto di necessità ed urgenza).
    2) Quanto precede dimostra una cosa, a mio avviso: un sistema così HA BISOGNO della crisi proprio PER GOVERNARE e sopravvivere politicamente. E pertanto non appare automaticamente interessato a farla realmente finire. Il paradosso è che la grundnorm si riassume in uno stato emergenziale perenne che DEVE DURARE (per forza di cose), perennemente!!!
    3) La democrazia parlamentare viene negata. Il fine, ormai non più tanto nascosto, sarebbe, se non mi inganno, la realizzazione di un modello di "governo finanziario" che pretende di assumere anche la sovranità politica, con eventuali residui dei vecchi regimi democratici mantenuti a mero fine di "facciata" ed una funzione para-ispettiva demandata ad un'informazione del pari formalmente libera e sostanzialmente asservita.
    4) la democrazia parlamentare è del pari presentata come mero costo e storicamente superata in quanto fonte di corruzione e di spreco: si pensi alle tesi in favore della "democrazia oligarchica" di Scalfari e Cacciari, ovvero alla retorica delle aule sorde e grige contenuta nella cosiddetta "anti-politica".
    5) parallelamente alla condanna storica della democrazia parlamentare, si impone, per contro, la negazione di qualsiasi discorso storico funzionale alla critica del liberismo, basata sul (debole) assunto che la storia non si ripete mai in maniera uguale.
    6) si recupera il darwinismo sociale come valore morale fondante per la società (vedi il "recupero della durezza del vivere", teorizzato da Padoa Schioppa, oppure l'uso distorto e pretestuoso delle istanze ambientaliste ed anti-consumiste nella "guerra al benessere"), e si giustificano "naturali" ed anzi, moralmente giuste, le diseguaglianze (con conseguente riduzione dei discorsi sull'eguaglianza su problematiche anche giuste, ma disconnesse dallo stato di bisogno e di natura accidentale: cognome da attribuire ai figli, quote rosa nelle aziende ed in politica (mentre all'operaia incinta ci pensa la flessibilità in uscita), etc.....).

    Ora: la mia personale sensazione è che all'appuntamento con la storia, dopo 30 anni, ci sia proprio l'ordo-liberismo. Un sistema già consolidatosi da 30 anni costretto a ricorrere all'involuzione autoritaria per "difendersi" da un fallimento storico ormai conclamato. Forse ci vorrebbe, "frattalicamente parlando", un "bombardamento di S.Lorenzo", per far aprire gli occhi e rendere vana la propaganda. Che forse si concretizzerà quando la perdita di benessere sarà tale da non poter più essere ovattata dai media. Spero di non dover attendere così tanto!

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    1. Ma facciamo un esempio concreto: adesso come la metteranno per dare copertura, nonostante la retromarcia, sul recupero dello scatto agli insegnanti? Renzi stesso ha fatto la "battuta" e ottenuto un revirement. Ma il problema rimane. Quella norma, infatti, aveva contribuito a determinare il saldo scrutinato dall'Europa (a cui neppure "abbastava"). Credono di passarla indenni, gli insegnanti o in generale i contribuenti?
      E che basterà l'assalto scomposto ai "costi della politica"? Cioè la sedazione che fa a pugni con l'aritmetica e che coapgula ancora il vero populismo (basta con la finanza brutta complice della casta) alle soglie dell'inabissamento economico generale da fiscal compact e, prima ancora, spending review?
      Ho sentito con le mie orecchie in effetti, dirigenti della burocrazia difendere la spending review sugli "sprechi": l'esistenza di un problema di prociclicità accentuata e mortale del tutto non li sfiora neppure.
      E' come se tutti, contagiati dall'odio profuso dai media per gli "altri" - ci sono sempre degli "altri" da odiare in tutte le derive autoritarie-, spreconi, dissipatori del denaro pubblico, fossero pronti a spingere il bottone dell'annichilimento (delle vite intere) di qualcun altro, approssimativamente individuato, senza alcuna remora o problema di coscienza.
      Il problema è che il PUD€ MEDIATICO HA OBBLIGATO LA POLITICA A FORNIRE UN BOTTONE PRATICAMENTE A TUTTI: ognuno ha il suo "altro" e ognuno è arrivato al punto da spingere il bottone.
      TUTTI INSIEME LIVOROSAMENTE!
      Il risultato sarà persino peggio del bombardamento di S.Lorenzo.
      E già esiste e agisce il nero (in senso negativo della "luce" della sapienza) profeta che, nel crescendo dei reciproci sentimenti di distruzione e risentimento, chiamerà tutti al giorno del giudizio..
      Ma tutti tutti: nella sostanza, nessuno si può tirare indietro senza perdere la faccia...
      Non i m5s, non i seguaci del cainano (ai quali il tutto potrebbe apparire come l'apertura di un nuovo Luna Park), non certo i puddo-piddini nella frenesia della "vittoria finale"...

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  3. Carissimo Quarantotto,
    mi sento tirato in ballo sia dai continui riferimenti alla frattalità della situazione, sia da una considerazione che sembra sfuggire ai più (e soprattutto a chi ha preparato/voluto questa situazione diabolica).
    Qui non si tratta solo di essere ottimisti oltre ogni analisi razionale e sperare che, come tante altre volte verificato, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Qui si tratta di analizzare quasi scientificamente (nel senso ristretto e matematico del termine) TUTTI I DATI del problema che stiamo esaminando; tra questi c'è appunto il fatidico TIMING.
    Ebbene, il timing, detto anche "evento", cioè fatto che accade in un momento preciso di tempo (in cui il fattore "tempo" è delicato e importante quanto il "fatto" che accade) è di NATURA FRATTALE.
    Questo comporta una conseguenza gravissima (nel senso latino di "grave", cioè pesante): nella sua puntualità, l'evento è strutturalmente imprevedibile. Quello che è prevedibile (e le mie modeste conoscenze matematiche in materia di prevedibilità di fenomeni caotici, mi permettono di approfondire la questione della prevedibilità, ma eventualmente succederà in altro intervento) è l'andamento nella sua generalità, ma non nella sua puntualità.
    Questo aspetto, che sembra una fregatura per noi, in realtà è una fregatura ancora più grossa per chi è al potere e ha più da perdere. Anzi, proprio chi è al potere e ha minore visibilità di fenomeni microscopici, ha maggiore difficoltà a capire che è in arrivo il disastro.
    Per fare un paragone, è come chi ha approntato delle difese (scogliere artificiali) per proteggere il porto di una città, e guarda con sospetto e attenzione quando il mare tende a burrasca; ma non si preoccupa quando il mare è piatto o tranquillo, quando non c'è vento. E questo gli impedirà, in una giornata di bonaccia, di vedere l'onda tranquilla ma devastante dello tsunami in arrivo. Quando la vedrà, sarà ormai troppo tardi.
    E cosa è lo tsunami? Una massa tranquilla di acqua che si muove tutta insieme. Una massa tranquilla, tranquillissima: fino a quando non tocca la riva.
    Come possiamo dire che siamo in tempi di tsunami? Beh, recentemente un partito è passato dal 2% al 25%: questi sono tempi di tsunami.
    Concordo sul fatto che ormai nono è più tempo di politica, questa ormai non ha più potere.
    Vuol dire che lo tsunami si presenterà in piazza, come una forza immane e pacifica. Certo, per questo ci manca ancora un pò di lavoro. Ma il tempo frattale è dalla nostra parte.

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    1. Beh, frattalicamente sarebbe una novità, cioè una evenienza non perfettamente omotetica, in Italia.

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  4. e intanto alla camera si portano avanti coi lavori (proposito di timing )con una modifica al regolamento che crea una corsia preferenziale per i decreti leggi ( con svuotamrnto prerogative parlamentari quali lei/tu affermavi ), così dandole pienamente ragione sulla isufficienza di risorse culturali per uscire dalla crisi.mi ha fatto molto male la parte del post riservata a Mortati quando afferma che il diritto di resistenza è "metagiuridico " specie dopo averlo visto scritto nelle cost,francesi del 1791 e 1793 postate lo scorso giorno.credo che ne "47 lo si sarebbe potuto positivizzare forti propio delle esperienze che si erano fatte.....ma tant'è,la rigidità dell'art.139 crudamente così come afferma Calamandrei, rende piu agevole lo scavallamento della costituzione in toto e i piccoli mezzucci quali appunti i regolamenti parlamentari indicano che la via è spianata.....

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    1. Sì ma poi Mortati inserì nel mitico "Istituzioni di diritto pubblico" il diritto implicito di resistenza tra le garanzie (menzionandovi la Cost. del 1793). A rigore (di teoria generale), esso è metagiuridico, poichè presuppone per definizione l'inesistenza-incompetenza di organi-istituzioni "di diritto" in grado di dichiararne verificati i presupposti (se esistessero o non lo farebbero mai, perchè segnerebbero in tal modo la propria delegittimazione, o occorrerebbe "giocoforza" ricorrere ad un organo straordinario di cui non si potrebbe preventivare la procedura di attivazione: un bel dilemma, che la Cost. del 1793 non risolveva).
      Il fatto che sia "implicito", dunque, amplia le stesse previsioni-legittimità delle Costituzioni rigide con una clausola di "effettività" della democrazia, la cui applicazione rinvia al corpo sociale, in modo da rinnovare, in nuova forma, l'azione del Potere Costituente originario.
      Il che pone una responsabilità per vigilanza - o omessa vigilanza- a carico dello stesso corpo sociale, che, a sua volta, presuppone un suo sentire unitario compattato dalla "evidenza" e omogeneità di vedute, al di là di ogni possibile divisione ideologica (cioè lo spirito che fu dei CNL).

      Quanto all'art.139, abbiamo già evidenziato come i Costituenti non avrebbero mai potuto immaginare che, fissati i diritti-principi fondamentali, che si ergono per definizione rispetto al resto della Costituzione, occorresse esplicitare la loro priorità inderogabile: Calamandrei si pose questa preoccupazione ma perchè ne scorgeva una lacuna logica, che proprio l'esistenza del partito marxista evidenziava (e specificamente in termini di diritti di "libertà", non a caso).
      Sta di fatto, che attualmente, non abbiamo una presa di posizione operativa della Corte costituzionale che avalli la disattivazione della legalità costituzionale o la sua alterazione incompatibile con la sostanza originaria.
      E, stante il tipo di sindacato incidentale che porta a tale potenziale pronunciamento, ciò si sta rivelando altamente improbabile. Dunque un blocco che è dovuto ad una carenza della attuazione delle previsioni costituzionali più sul piano delle modalità di attivazione del giudizio della Corte (nel libro se ne parla...).
      Data la "sconnessione" dal disegno costituzionale dell'azione attuale dei pubblici poteri (sovrapponendosi 30 anni di vincolo esterno senza colpo ferire), il richiamo ad un più stringente art.139 andrebbe sicuramente fatto. E su questo blog l'abbiamo fatto.
      Per quello che può valere in termini operativi...
      http://orizzonte48.blogspot.it/2012/12/alcuni-punti-fermi-ipotesi-frattalica-e.html#comments (par.2).
      E proveremo a tornarci, sul punto, anche con altre iniziative.
      Per quello che potrà valere

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    2. Beh.... vogliamo proseguire nella linea della memoria storica?
      Dopo le elezioni del 1924, una delle prime "riforme" della "nuova era" fascista fu proprio la modifica ai regolamenti della Camera, che confluirono nel nuovo regolamento del 1925.

      Le motivazioni alla base della riforma erano di impedire " l'arenamento e il turbamento del lavoro legislativo e le sopraffazioni della maggioranza da parte delle minoranze ". Come si vede, siamo sulla base di una "morale" molto simile a quella odierna, che vede il parlamentarismo non come espressione compiuta della democrazia, ma come fastidioso intralcio all'attività del Governo (vedi posizione del Presidente della repubblica sull'emendabilità dei decreti-legge: per impedire gli "assalti alla diligenza" la soluzione è l'inemendabilità? Forse si potrebbe evitare di fare "decreti omnibus" e disomogenei nelle materie trattate, come quello IMU-Bankitalia (ed anche in questo caso: per Bankitalia, serviva il decreto-legge?)......).

      Un breve excursus, si trova qui: http://storia.camera.it/regolamenti/il-regolamento-del-31-ottobre-1925

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    3. Ma in fondo almeno il fine di impedire le sopraffazioni della maggioranza da parte delle minoranze, ancora lasciava in vita queste ultime.
      E poi, una volta affermata la prioritaria efficienza della "maggioranza", si ha automaticamente l'accentramento del potere legislativo nell'Esecutivo e il fastidio per qualsiasi incertezza dell'esito parlamentare: cioè la tenuta della maggioranza dovrebbe essere di legislatura e inflessibile.
      Il che porta ad attribuire al solo esito elettorale, il più maggioritario possibile, una vincolatività che non tollera, moralisticamente, alcuna deviazione. Tanto vale chiuderlo il parlamento, una volta che i voti diano ragione a una certa maggioranza elettorale fondata su un certo programma (i cui dettagli, nel tempo della legislatura, divengono quisquilie secondarie non meritevoli di discussione ulteriore).
      Ma il punto è un altro: questa impostazione esecutivo-centrica, avrebbe pure un senso se fosse raccordata all'efficienza delle poiltiche per promuovere il benessere generale (cioè alla Costituzione). Ma non solo non è così; in sovrappiù il "certo programma" a realizzazione indiscutibile è stabilito e definito altrove, da un'entità ordoliberista non nazionale (e quindi è raccordato solo ai trattati e agli atti applicativi degli stessi).
      E', ripeto, questo il punto: neppure più l'esecutivo è il riflesso di un indirizzo sovrano nazionale...

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    4. Beh, a ben vedere il fine, anche allora, era di cancellarle, le minoranze. Furono lasciate in vita, infatti, per poco. Dopo vennero il delitto Matteotti, l'Aventino e la dichiarazione di decadenza dei deputati dell'opposizione ed il gioco si chiuse. E dopo ancora venne anche l'istituto del... decreto-legge, con la legge n. 100 del 1926 (io personalmente sarei molto critico, nella definizione della costituzione futura, sul mantenimento di siffatto istituto, lo confesso).
      Riguardo alla vincolatività dell'esito elettorale, c'era anche quella che, anzi, venne per prima con la legge Acerbo ed il premio di maggioranza alla Camera (oggi cosa abbiamo? Il premio di maggioranza alla Camera e la volontà di derubricare il Senato ad organo non elettivo (Franceschini docet): non uguale ma.... abbastanza simile!).

      Possiamo dire che l'affermazione dell'indirizzo sovranazionale si serve delle stesse metodologie del passato, come ho detto prima. La discriminante che tracci è chiara: allora il processo aveva una matrice politica "nazionale", ed affondava le sue radici nelle dinamiche della società italiana. Oggi è eterodiretto e riflette addirittura interessi non propri del popolo italiano.
      Io credo che emergano due aspetti da considerare. Il primo, è quello del "timing". La natura non sovrana del processo di involuzione antidemoctatica, che effetti può avere sul "risveglio delle coscienze"? Può accelerarlo (proprio perché l'imposizione promana da da un organismo comunque percepito come "estraneo" laddove il fascismo godeva di una legittimazione effettiva dal basso)? Oppure no?
      La seconda concerne la natura del processo di integrazione europeo. Un processo che abbia, come effetti "visibili", l'involuzione in chiave anti-democratica ed anti-parlamentare dei Paesi che gli hanno dato vita, difficilmente potrà dar luogo ad un ordinamento democratico. Da semplice "uomo della strada", quanto meno un interrogativo al riguardo io me lo porrei. Sempre che la cosiddetta "integrazione europea" non sia già stata derubricata, dalle stesse persone che se ne riempiono la bocca, da principio sostanziale a mero pretesto di facciata........

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    5. Perchè nutri ancora dei dubbi? (Ovvero ancora non hai trovato il libro :-)?

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    6. Purtroppo.... no. Non nutro dubbi, ma tristi certezze.

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  5. Risposte
    1. Siamo alle comiche finali...(anche se il finale è una lunga agonia).
      Sulla Francia, tiè, deprimiti un pò :-)
      http://www.lenouveleconomiste.fr/la-resilience-inesperee-de-la-zone-euro-21145/

      Sull'incredibilmente scandoloso colpo di mano ennesimo che ha come epicentro Bankitalia, in realtà a quanto correttamente detto dal link da te citato, si potrebbe formulare un quesito ancora più clamoroso:
      - l'attuale bankitalia è ancora legittimata a svolgere le sue funzioni pretesamente pubblicistiche, una volta che sia cristallizzato l'assetto proprietario privato e sia lasciato ad esso di stabilire il livello degli utili derivanti da una funzione pubblica (accumulo in passato di profitti da signoraggio, utili da gestione del debito posseduto, costituzione di riserve in valuta e oro derivanti dai passati attivi del CAB)?
      Si tratta della violazione più clamorosa della disciplina sul divieto di gestione "in house" da parte dello Stato itaiano.
      A questo punto, infatti, lo stesso affidamento della funzione di vigilanza e di regolazione del credito dovrebbe passare per una gara pubblica ovvero essere affidato, correttamente, a un diverso ente pubblico completamente privato.
      Ma (avendoci il tempo) ci torneremo.
      Oddio, sarebbe urgente, ma ormai non c'è più limte alla distruzione di ogni minima parvenza di legalità costituzionale

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    2. Eh sul francese non sono ferrato, ho dovuto tradurre l'articolo con le utilities in rete e non c'ho capito molto. Su Bankitalia invece concordo che siamo al limite del ridicolo (se come al solito non ci fosse da piangere, per noi poveracci). Appunto non si vede perchè si debbano dare dei soldi a dei quotisti elevatisi a tale ordine per il semplice fatto del loro passaggio da ente pubblico a privato avvenuto negli anni '90, non si vede il perchè si debba calcolare una quota ipervalutata solo per fare meno di un miliardo di cassa (si sa il perchè, per rispettare il limite del 3% deficiti PIL ad OGNI costo), non si capisce perchè si debba essere i primi a fare la cosa più stupida del mondo (gettare alle ortiche la propria BC), non si capisce quindi perchè e come si debba regalare ai controllati il potere di vigilare (su essi stessi) e di determinare i dividendi a proprio piacimento. Qui proprio non c'è nessuna teoria dietro. E' l'assurdità fatta Governo... Avere i Saccomanni al Ministero dell'Economia fa davvero piangere pensando d'aver perso per sempre i Graziani...

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    3. Ti segnalo questo passaggio di Graziani del 2004, tratto da qui: "...Personalmente, non vedo con favore l'approvazione di questa Costituzione europea, almeno nel testo del Progetto finora divulgato. E questo, prima di tutto, perché intravvedo un pericolo, anche se non sono in grado di valutarlo nella sua portata effettiva: e cioè che la Costituzione italiana possa essere messa - in parte o in tutto - nell'ombra. Mi riesce difficile capire quale potrà essere il valore della nuova Costituzione europea; ma se davvero la Costituzione europea dovesse in qualche misura prevalere, per i paesi che la accettano, sulle singole Costituzioni nazionali, questo significherebbe per noi rinunciare in tutto o in parte a una Costituzione che a me sembra frutto di una stagione politica particolarmente felice, che poi non si è mai più ripetuta. È per questa ragione che essa è tra le più avanzate sia sul terreno politico che sociale: e noi dovremmo tutelarla nel modo più rigoroso. Si tratta, infatti, di norme costituzionali non immediatamente applicabili ma particolarmente aperte, che lasciano intravedere anche la possibilità di ammettere i lavoratori alla partecipazione nella gestione dell'impresa.
      Tutto questo nel progetto di Costituzione europea è rigorosamente soppresso e cancellato, poiché la Costituzione europea in questo ordine di problemi, come si è detto, si occupa soltanto della stabilità monetaria e della Banca centrale europea, che ha questo come obiettivo preminente. E mette incredibilmente in secondo piano - subordinandoli alla stabilità monetaria - tutti gli altri obiettivi (livello di attività, occupazione, stabilità, benessere e distribuzione del reddito). Io capisco che, con l'adozione della moneta unica, la stabilità monetaria possa diventare un obiettivo. Anzi, mi rendo conto che il fatto che l'Italia ha un tasso di inflazione che ufficialmente è fissato al 2,8% (ma tutti sappiamo, anche solo mettendo il naso fuori dalla finestra, che è molto maggiore), oltre a mettere le esportazioni italiane in grande difficoltà, può rappresentare una mina per la stabilità dell'euro: per cui risulta una necessità per tutti quella di attenersi a un tasso di inflazione in linea con quello degli altri paesi europei. Ma resta il fatto che, nonostante i vincoli della moneta comune, l'aver dichiarato che la stabilità monetaria è il primo e dominante obiettivo della politica economica dei paesi aderenti all'euro corrisponde a una visione restrittiva.". Da leggere tutto questo file, io l'ho trovato interessante.

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    4. Ed è esatttamente quanto in lungo ed in largo è stato illustrato, ab initio, su questo blog. Che dire? Volendo, chiunque ci poteva arrivare. Rammenterai come Caianiello avesse focalizzato il punto fondamentale e negato la completezza contenutistica per una definizione anche solo potenziale del trattato come costituzione.
      Ma l'incompletezza dell'area valutaria, quale evidenziata fin dal rapporto Werner, e l'incompletezza "costituzionale" scissa dalla tutela dei diritti fondamentali, vanno di pari passo: sono entrambe orchestrate in partenza, come strumenti per cambiare il modello sociale.
      Se ne era accorto persino Carli (!) nel 1974 "a prima lettura" del rapporto!!!
      http://orizzonte48.blogspot.com/2013/12/euro-dead-tool-walkingtoo-far-2.html?showComment=1388423557723#c3897439194118972999
      Mica solo Sarcinelli
      http://orizzonte48.blogspot.it/2013/12/riflessioni-sulla-unione-bancaria-tra.html#comments (par.1 infine).

      Il problema è che non è più capace di accorgersene nessuno ormai

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    5. E tu perchè credi l'abbia segnalato?!?!? ;) Tanti, troppi, in Italia ed all'Estero avevano ammonito guardando alle dense nuvole all'orizzonte. Il punto focale è: perchè un discreto numero di economisti si (che avevano inteso ANCHE il pericolo "giuridico") mentre così tanti giuristi no (forse uno, Cantaro, anzi due contando te)? Forse per i motivi descritti da Cesaratto qui?

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    6. Nel frattempo correggono leggermente il tiro... che farsa...

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    7. Se ti estendi alla esplicita considerazione dell'aspetto monetario, connesso a problemi come la piena occupazione emergente dai trattati e alla connessa questione del ruolo della BC e del risparmio, alla fine di analisi costituzionali esplicite ne ritrovi soltanto..una ("Euro e o democrazia costituzionale").

      La correzione appare bizzarra: poi dove li trovano i compratori extra-quota massima? A meno che non ammettano il riacquisto non solo temporaneo ma "a regime" (il che porrebbe altri problemi ma almeno limiterebbe il problema incredibile della privatizzazione dei profitti che in tutto il mondo civile spettano allo Stato).

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    8. Dal Sole24Ore: "Il decreto ridefinisce il regime delle partecipazioni al capitale della Banca. A tal fine autorizza in primo luogo l'Istituto a procedere ad un aumento di capitale all'importo di euro 7,5 mld mediante utilizzo di riserve statutarie, con quote limitate a 25mila euro. Quanto ai diritti patrimoniali, prevede che ai partecipanti possano essere distribuiti esclusivamente dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore al 6 per cento del capitale. La platea dei possibili detentori di partecipazioni è individuata in banche ed imprese di assicurazione e riassicurazione, fondazioni bancarie, enti ed istituti di previdenza ed assicurazione, fondi pensione, che hanno sede legale e amministrazione in Italia. È quindi fissato per ciascuna partecipazione, diretta o indiretta, il limite massimo del 3 per cento del capitale. Il dispositivo di legge consente inoltre alla Banca centrale la possibilità di acquistare in via temporanea le proprie quote e di stipulare contratti aventi ad oggetto le stesse, con modalità tali da assicurare trasparenza e parità di trattamento.".

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  6. Ciao Quarantotto, qui si pone il problema di come fermare questa follia, scusa se vado fuori argomento, ma ho letto (Scenarieconomici) che il consigliere economico di Renzi pensa di recuperare dal 3 al 4% di Pil dalla lotta all'evasione fiscale, questo mentre il paese economicamente sta morendo e le aziende chiudono ( forse perchè evadono troppo!!!!) e un altro 4,5% sempre di Pil dal taglio delle pensioni. Se non ho sbagliato a fare i calcoli significarebbe un taglio medio del 26% dell'intero sistema pensionistico considerando che il 4.5% di Pil corrisponde a quasi 70 miliardi e la spesa pensionistica nel 2011 ammontava a circa 266 milardi. Da notare che quasi il 50% delle pensioni erogate sono inferiori a mille euro al mese. Scusami io non trovo nemmeno più aggettivi per qualificarli. Altro che bombardamento di San Lorenzo, questi vogliono bombardare l'intero paese in preda ad una compulsione autodistruttiva. Questi devono stare lontano dalla cosa pubblica. Nella mia ingenuità penso che quando la rabbia popolare esploderà, questa dovrebbe trovare la sponda di nuove forze politiche, che al loro interno abbiano già chiare le cause e il percorso che ci hanno condotto a questo disastro economico, politico, sociale, in modo da poterla indirizzare nella maniera più costruttiva. E penso che tutti i tentativi dal basso per fare nascere nuove formazioni politiche che si rifacciano alla ns Costituzione vadano incoraggiate e sostenute.

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    1. Oddio, non ti far sentire da Alberto, sui "tentativi dal basso" che finisci in aree innminabili dell'anatomia :-)

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  7. Caro 48, ho notato che Flavio ti ha passato il link dell'articolo di Cesaratto su Marx e List: in
    Appendice – Alcune posizioni nella letteratura “mainstream” si trovano alcuni riferimenti a Caselli & Coleman e Alesina & Spolaore (economical side ma meno "caricaturati" da chi proponevo :-) ).

    Il taglio analitico è assolutamente coincidente con l'approccio che proponevo: mi chiedo se nel caso di una nuova "Westfalia" dopo il Grande Conflitto ad est (perché ormai dobbiamo cominciare a dircelo dove ci stanno portando gli USA tramite l'UE) il tema identitario localista troverà più spazio e esplicite tutele nelle Carte future.

    Costituzioni esplicitamente anti-liberoscambiste e anti-globaliste.


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