En México se oculta el 70 % del desempleo y la precarización de los trabajadores a un año de la Reforma Laboral.
Premessa- In un commento nell'ambito del suo ultimo post, Flavio fa riferimento alla critica, proveniente da Jack Lew, attuale segretario del treasury USA, circa l'irresolutezza dell'area euro nell'intraprendere politiche che la conducano al di fuori della stagnazione (per noi italiani, recessione, quale confermata dall'Istat al -03% per il 2014).
1- Da un articolo di Maurizio Sgroi su formiche.net, riportiamo un interessante commento delle analisi sulla "crescita" fatte dalla stessa Commissione UE, in uno studio del 31 ottobre 2014.
Sgroi focalizza un eloquente grafico della Commissione, relativo alla crescita comparata USA- area UEM- area UE "non euro", tra il 2° trimestre 2009 e il 2° 2014, cioè riferito a dati statistici da registrare e non a previsioni (che la Commissione sbaglia regolarmente).
Ecco cosa emerge dall'analisi comparata della Commissione:
"...calcola il progresso del prodotto negli Usa, nell’eurozona e
nell’Europa senza euro dal terzo trimestre del 2009 al secondo quarto
del 2014, isolandone le diverse componenti.
La prima cosa che salta all’occhio è la grande differenza di
risultato. Mentre gli Usa sono cresciuti nel periodo considerato
dell’11,4% e l’Europa fuori dall’euro dell’8,6%, l’euro area è cresciuta
appena del 3,5%.
Ma ancora più interessante è osservare il contributo
delle varie componenti.
Negli Stati Uniti quasi otto degli 11.4 punti di crescita sono
arrivati dai consumi privati, altri due-tre punti sono arrivati dagli
investimenti e altre componenti hanno fatto il resto. Negativo invece,
per un paio di punti, il contributo del consumo del governo e
dell’export netto.
Nell’eurozona i 3,5 punti di crescita sono quasi interamente da
attribuirsi all’export netto, con un piccolo contributo delle altre
componenti e un contributo negativo degli investimenti.
In pratica la
(poca) crescita che l’eurozona ha spuntato in questi anni tremendi è
dovuta alla sua politica sostanzialmente mercantilista, che però ha
finito con l’affossare il prodotto.
Nell’Europa fuori dall’euro si osserva che la crescita del prodotto
ha interessato tutte le componenti del Pil, con una larga preponderanza
del consumo privato, più o meno la metà.
Se facciamo uno zoom e osserviamo lo stesso grafico concentrandolo
nel periodo fra il secondo quarto del 2013 e il secondo quarto del 2014,
vediamo che il pattern cambia poco.
L’eurozona è cresciuta meno delle
altre due aree, 1% a fronte del 2,9 americano e del 3,2 Europa extra
euro, ma soprattutto è crollato il contributo dell’export netto alla
crescita, forse perché nel frattempo la domanda dall’estero dell’area è
diminuita. Di nuovo c’è solo che il contributo degli investimenti è
diventato positivo, anche se minimamente. E ciò basta a spiegare perché
il nuovo mantra delle autorità europee sia che bisogna investire."
2- Descritta questa situazione, va anzitutto sottolineato come FUORI DALL'EURO, gli Stati UE, coi loro modelli costituzionali del welfare, reggano benissimo il confronto con gli USA.
Ma, per la nostra sorte di paese UEM senza altre speranze o alternative, vediamo cosa dice Jack Lew, citato all'inizio, col commento del Sole24 ore, più sopra linkato:
«Il mondo - ha accusato Lew - conta sull’economia americana per
trainare la ripresa globale. Ma l’economia internazionale non può
prosperare solo contando sul fatto che gli Stati Uniti sono gli
importatori di prima e ultima istanza, né può sperare che la nostra
crescita basti a compensare la debole crescita nelle altre grandi
economie mondiali».
La forza relativa degli Stati Uniti rispetto ai concorrenti sta avendo un impatto sui cambi, con il dollaro che si sta apprezzando sull’euro e sulle principali valute dei Paesi emergenti.
Anche questo non piace al Governo americano, che teme una frenata delle
esportazioni. Anche la caduta del prezzo del petrolio in prospettiva
può creare problemi alla fiorente industria dello shale oil, la cui
ascesa sta coronando il sogno americano dell’indipendenza energetica e
in prospettiva può farne un esportatore netto.
La ricetta suggerita da Lew è un mix di politiche monetarie, fiscali e
di riforme strutturali per rendere più competitive le economie.
A
questo proposito, il ministro americano ha osservato come anche il
Giappone abbia rallentato gli sforzi di cambiamento. Delle tre frecce di
Abe (monetaria, fiscale e riforme) «le prime due - ha detto Lew - hanno
contribuito a una crescita più forte nel 2013, ma quest’anno il Governo
ha fatto passi indietro sul fronte fiscale (con l’aumento dell’Iva,
ndr) e la terza freccia non è stata attuata pienamente».
Nessun riferimento esplicito alla Germania, ma è noto che la politica
del Governo Merkel, fatto di indebitamento a zero e di un ampio surplus
commerciale con l’estero, non soddisfa Washington. Il timido piano da 10 miliardi di euro di investimenti pubblici annunciato dal ministro Schaeuble a partire dal 2016 (!) è evidentemente troppo poco per gli Usa."
3- Con dati tratti da qui, (fonte: dipartimento del commercio USA), possiamo trovare la conferma dell'inquietudine di Lew, ma anche del tentativo USA di correggere, con certe specifiche strategie, gli squilibri delle proprie partite correnti:
4- Quindi, nel post-crisi 2009, la correzione è stata quantomeno tentata.
Dal picco di contrazione dei consumi-importazioni dovuto alla crisi (praticamente il metodo "Monti", solo non deliberatamente adottato), si è avuto un rebound negativo e poi un lento miglioramento "medio" che ha puntato sulla moderata ma costante crescita nel settore (esportativo) dei servizi e uno sforzo evidente, dal 2011, nella partita "beni", che, però, ci ritroviamo peggiorata a cavallo del 2013-2014, in evidente concomitanza con le politiche di deprezzamento dell'euro perseguite, - e molto sbandierate-, quantomeno sul piano delle aspettative, dalla BCE.
Dal picco di contrazione dei consumi-importazioni dovuto alla crisi (praticamente il metodo "Monti", solo non deliberatamente adottato), si è avuto un rebound negativo e poi un lento miglioramento "medio" che ha puntato sulla moderata ma costante crescita nel settore (esportativo) dei servizi e uno sforzo evidente, dal 2011, nella partita "beni", che, però, ci ritroviamo peggiorata a cavallo del 2013-2014, in evidente concomitanza con le politiche di deprezzamento dell'euro perseguite, - e molto sbandierate-, quantomeno sul piano delle aspettative, dalla BCE.
Sostanzialmente, la ripresa USA è dovuta ai consumi e ciò ha corretto, in parte la disoccupazione, sapendo cioè che non si tratta di occupazione "buona", ma dovendo, piuttosto, attribuirsi la sopravvalutata discesa del tasso dei disoccupati ad effetti tutto sommato modesti di una enorme liquidità immessa dalle politiche monetarie, e non anche a politiche fiscali realmente espansive:
5- Questo ha portato però, nel "dualismo" del mercato USA - che certo non è risolto con la flessibilità, anzi è il contrario- ad un altrettanto modesto decremento, se non addirittura ad un aumento, della "vera" disoccupazione-sottoccupazione (v.linea blu):
Tant'è che questi sono gli andamenti delle "wage-share" su PIL: quella USA non risulta neppure migliore di quella dell'area UEM, cosa che dimostra che, i consumi riprendono perchè ci sono tanti redditi piccoli-piccoli, ad alta propensione a...consumare, essenzialmente indebitandosi, ma senza una distribuzione sociale della crescita che abbia corretto minimamente le note sperequazioni crescenti. Queste ultime ostacolano, negli stessi USA, sia la creazione di un adeguato livello di risparmio-investimenti, sia, ancor peggio, la stessa stabilità finanziaria (essendoci troppi debitori con troppo poco flusso di reddito per stare al sicuro sui prodotti derivati che "nascondono" tale debito):
6- Ora, poi, col tapering, - ovvero fine del QE e l'inizio di una, per ora, incerta prospettiva di aumento dei tassi di interesse (che potrebbe verificarsi blandamente, id est; sostegno al mercato intrecciato REPO dei derivati, tra USA-UE)-, la situazione del cambio €-$ potrebbe peggiorare, con ulteriore deprezzamento del primo (o apprezzamento del secondo...).
Non solo, ma abbiamo visto che la cuccagna mercantilista della crescita UEM (crescita per modo di dire), per via dell'attivo CAB, starebbe agli sgoccioli, perchè le altre aree hanno i loro problemi e, finito il QE, devono comunque compensare la fuga di capitali.
Insomma, il mercantilismo starebbe alle sue ultime batute - anche perchè la ripresa degli investimenti in area UEM, non appena registrata rischia di abortire ed è comunque largamente insufficiente, a dimostrazione che, senza investimenti, la compressione salariale non è una politica lungimirante, accoppiandosi a una distruttiva disoccupazione.
7- Persino per la Germania i tempi si fanno duri (v. la sua produzione industriale al -4% di agosto), e persino nelle stime sul CAB del FMI:
Al netto della prospettiva del "grande botto" finanziario-speculativo, - e nonostante i proclami di Obama sulla tutela salariale del lavoro, certamente pro-domo propria in chiave internazionale-, gli USA non abbandoneranno il sopra visto mercato del lavoro e la debolezza "indebitata" e finanziariamente instabile della ripresa finora realizzata.
Ne deriva, dunque, che punteranno a rafforzarsi laddove sono già "più forti", sul piano esportativo, cioè nel settore dei servizi: e questo spiega l'urgenza di Lew.
Infatti non possiamo non scorgere, nei toni e nei contenuti non casualmente prescelti, una nota di maggior decisione, laddove esplicita il fermo rifiuto - ecco la novità- di proseguire a servire da "importatori di ultima istanza" del resto del mondo.
E questo specialmente verso l'area UEM, che adotta paradigmi economici che escludono una decisa espandibilità degli stessi USA nei mercati €uropei dei servizi.
E questo specialmente verso l'area UEM, che adotta paradigmi economici che escludono una decisa espandibilità degli stessi USA nei mercati €uropei dei servizi.
8- Il che ci riporta alla già segnalata "logica del TTIP" ed alla vera posta in gioco sottostante, così riassunta in precedenza:
"Il punto debole politico di questa strategia (UEM), però, -quello economico è talmente evidente che non ha bisogno altro che di attendere la catastrofe inevitabile- è l'intrinseca visione mercantilista egemone germanica: che si trova a fronteggiare le diverse esigenze del "liberoscambismo" interatlantico, il quale, ex parte USA, si fonda su una diversa concezione, molto più pragmatica, della stessa piena occupazione.
Quest'ultima, nella visione sostenuta dagli USA, non è un bene sacrificabile quanto lo è la tutela sociale del lavoro.
I
"consumatori", sebbene ora miopemente "astratti" dalla concezione
"fordista" (che accetta che i salari crescano con la produttività e non
debbano essere sacrificati per una gigantesca e contraddittoria redistribuzione, chiamata
attualmente "stabilità dei mercati finanziari"), devono pur sempre
esserci e costituire una massa "matura" di potere d'acquisto, in assenza
della quale neppure la liberalizzazione, per mezzo di un trattato, di ogni possibile servizio (pensioni=fondi finanziari privati e sanità=assicurazioni private) o settore di mercato (magari la stessa difesa), sortirebbe gli effetti auspicati: cioè quelli sui profitti delle imprese che si vedano aperti nuovi "liberi mercati..."
E questo quadro risulta dunque confermato: l'euro stesso può essere sacrificato se si rivela inevitabilmente dominato dalla recalcitrante Germania mercantilista, anche se la cosa potrebbe risultare difficile, ormai.
Ma la questione OMT (cioè la legittimità secondo i trattati e, ancor più, secondo il giudizio della Corte costituzionale tedesca, del "whatever it takes" di Draghi), e la conseguente imminenza della relativa sentenza della Corte europea, potrebbero costituire un provvido "tana libera tutti", e portare dall'insostenibilità dell'euro-zona al nuovo orizzonte del rilancio liberoscambista-TTIP (di cui abbiamo parlato un anno fa), ma...dal volto "umano" (...semplicemente un pochino meno disumano).
Semplificando al massimo, il problema USA si potrebbe riassumere nel modo seguente: "se la politica tedesca, volta all'export ed alla destinazione dei profitti ad una ristrettissima cerchia di persone, dà luogo ad una massa da primo '800 che non ha i soldi per pagarsi un'assicurazione sanitaria, e che va in bicilcletta perché non può permettersi nemmeno l'abbonamento dell'autobus e che non viaggia perché non ha i soldi (e quindi non usa né treni né autostrade), quali concreti guadagni vengono per chi compra azioni delle aziende sanitarie, delle ferrovie, delle autostrade e del trasporto pubblico locale? Per contro, mi ritroverei invaso da merci tedesche. E così non va bene.......".
RispondiEliminaO sbaglio?
Centrato.
EliminaAggiungerei: garantirsi quei crescenti profitti sperati sui settori azionari in questione (finanziario assicurativi+industria della "difesa") non solo creerebbe aspettative per un miglior controllo, in prevenzione, dello scoppio di una bolla da parte della Fed, ma anche la speranza (un po' velleitaria, visti mercato del lavoro e distribuzione del reddito USA) di entrare in una fase in cui non si vada da una bolla speculativa all'altra.
Praticamente la loro "sfida" sembrerebbe quella di evitare di passare da una bolla all'altra mantenendo -come dire- l'impronta liberista dell'ordinamento.
EliminaUn po' come dire: vogliamo la notte senza che il sole tramonti.......
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaRiposto perché credo il precedente commento sia andato perso. Segnalo le dichiarazioni di Putin nell'intervista alla TASS.
RispondiEliminaSugli squilibri mondiali, per me è da sempre fonte "chiara" questa ... a cui aggiungo ciò che dice lo stesso Sgroi (che ringrazio, il suo blog è davvero una fonte inestimabile): “Fra tutti vale la pena registrare la presa di posizione tedesca. La Germania, già all’epoca economia export-led, temeva che la conversione dei dollari in SDR potesse scatenare una fuga dal dollaro verso altre monete di riserva come il marco, la qualcosa avrebbe danneggiato il suo saldo commerciale.
Emerge quindi, sin da allora, una mutua comunità di intenti fra il grande debitore americano e i grandi creditori, europei e poi asiatici, ai quali faceva comodo che lo squilibrio delle bilance dei pagamenti finanziasse sostanzialmente il loro export e quindi, indirettamente, la loro crescita.
… Ed è proprio sulla questione della condivisione dei costi, aldilà della questione più autenticamente politica (la fine dell’egemonia monetaria americana) che si concentra l’attenzione degli economisti. Gli Usa, spiega la Bri, non hanno accettato né accetterano mai di pagare il costo della sostituzione (da dollaro valuta riserva a SDR/DSP). Sarebbe come accettare di pagare finalmente i propri debiti, sulla cui espansione senza freni si è costruita la fortuna dell’Occidente.
Ma è evidente che se tutti contribuissero a pagare il conto, ciò equivarrebbe a una sostanziale resa dei conti complessiva. Una Grande Compensazione. Che però nessuno sembra aver interesse a mettere in campo. Né i debitori né, per motivi opposti, i creditori.
Anche perché a compensazione avvenuta il Fmi potrebbe diventare ciò che doveva diventare, ossia una sorta di banca centrale internazionale.”.
Non era andatro perso: stavo facendo lezione dal mio amico Cesare Pozzi :-)
EliminaEh sì, il trilemma di Triffin è insolubile, politicamente. Per ora...
Scusami, cancello il primo. Cosa ne pensa Pozzi di Hitachi su Ansaldo STS + Breda?
EliminaE cosa vuoi che pensi uno che dice che "gli IDE non si invocano, SI SUBISCONO"? E che tutto sembra meno che una joint venture paritaria, di conservazione delle competenze-investimenti sul territorio?
EliminaPrecomprensione?
RispondiEliminaDiciamo un'anticipazione vanificatrice della stessa riforma. I veri nodi, d'altra parte, passano per altre questioni. Rammento come questo profilo (gravità del fatto sotto il profilo dell'elemento soggettivo, spiegato abbastanza male dal Sole), non era stato neppure da me considerato, nell'apposito post
Eliminahttp://orizzonte48.blogspot.it/2013/01/lart18-e-all-that-jazz-la-colpa-e-dei.html
I giudici di merito - attirandosi strali politici e il malcontento del fronte datoriale- avevano intrapreso una strada restrittiva della legge Fornero: ma rimane sul tappeto il problema della costituzionalità dell'inversione dell'onere della prova, specie nel caso di licenziamento economico (a voler proprio essere pignoli: ma di questi tempi mi pare un lusso)
be' certo l'euro non sta piu' in piedi per vari motivi, anche gli stati satelliti della germania sono alla frutta, oltre agli esportatori di zanzare finlandesi, ci sono gli olandesi che hanno grossi problemi come segnalato(anche) in the walking debt dello stesso Sgroi http://thewalkingdebt.wordpress.com/2014/11/13/il-ritorno-dei-mutui-subprime-in-olanda/
RispondiEliminaper quanto riguarda il ttip pero', volevo segnalare un articolo, non mi ricordo piu' dove (forse il sussidiario di una settimana fa) in cui ho dovuto mettere in dubbio alcune certezze maturate: in sostanza si dice che una volta approvato il ttip dall'europa, pare a dicembre, poi l'area interessata sarebbe talmente grossa, che tutti coloro ch vogliono commerciare con l'area ttip devono sottostare alle leggi dello stesso. Praticamente l'america ancora una volta ci guadagna alla grande, quello che non ho capito se a noi toccherebbero almeno le briciole.
Quindi se ho ben capito:
RispondiEliminaAgli USA non và più bene l' euro a causa dell' atteggiamento ultramercantilista tedesco che distrugge in maniera eccessiva il potere di acquisto del mercato, quindi si smantella e si utilizza il TTIP(che bypasserà le costituzioni e favorirà comunque il capitale) per gestire comunque in maniera liberista il commercio ma si garantirà in questo modo al lavoratore un minimo salario sufficiente a poter essere un consumatore(questo nella loro idea ovviamente)?
Quindi in TTIP, nonostante sia comunque di orientamento liberista e quindi pro capitale sarebbe comunque meglio dell' euro dell' austerity di adesso?
Non sarebbe meglio: inteso esattamente - e letto anche nei concetti che rinviano ad analisi precedenti che sono linkate- il post avverte circa l'assurdità di un "rilancio liberscambista". Ancora più avanzato o almeno "velocizzato", nel senso dello smantellamento del welfare costituzionale, del "rilancio" illogico che si fece nel 1992.
EliminaQuando si uscì dallo SME per entrare nei criteri di convergenza di Maastricht...verso l'euro.
Ora, appurato che questo non sia certo un "meglio", la multiforme potenza condizionatrce del vero governo mondiale, "l'ordine internazionale dei mercati", pare spingere un questo senso.
Ci piaccia o no: il volto sarebbe solo un "pochino meno disumano" solamente a livello cosmetico.
Perchè gli effetti di medio-lungo periodo risulterebbero socialmente traumatici.
Un risultato che l'ordoliberismo a trazione "sogno dell'euro" rischiava di fallire.
E' più chiaro ora?
QUALITA' vs QUANTITA', IL DISVALORE
EliminaIl "mago" Baazar ha riaffermato perni e cardini che trascendono la quantificazione del "pochino meno umano".
Gustosa l'ironia del "pochino meno disumano" di '48.
O si è umani o non lo si è, ma doverose sono le considerazioni di "interferenze" delle mutazioni antropologiche introdotte nel "secolo breve".
Leggo quello che posso.
EliminaGalleria di personaggi. A ciascuno la sua scuola.
Renzi fa il belloccio, Putin controlla la situazione, Obama si mette ESATTAMENTE nella posa che il fotografo esperto suggerirebbe...
Nelle immagini successive la moglie di Renzi viene definita la "first lady" italiana; dunque Renzi ha l'appoggio di Repubblica. Vedi domenicale di oggi. Agilissimo il vecchio bastardo: addio alla superpotenza Europa, Renzi ha avuto il placet di Obama? E allora, cambi l'Europa e via verso il TTIP! L'importante non è la superpotenza, ma il liberismo.
E la democrazia è quello che dice Repubblica: è lì per quello.
Mi permetto di sottoporre all'attenzione del blog anche l'analisi di Bagnai sul TTIP (in un post di oggi).
RispondiEliminahttp://goofynomics.blogspot.it/2014/11/ttip-la-storia-si-ripete.html
Che rappresenta un'interessante chiave di lettura.
L'instaurazione di un nuovo "romanzo centro-periferia" richiama, infatti, la vignetta dei pesci di varie dimensioni dove il piccolo è mangiato dal medio che è mangiato dal grosso. Quando, a seguito della crisi di partite correnti, saranno gli USA a trattare l'UE (e la stessa Germania), come l'UE e la Germania hanno trattato la Grecia cosa faremo? I tedeschi sventoleranno in faccia il Lissabon Urteil a "The United States of America" dicendo che i trattati valgono solo fino a un certo punto?
In questa chiave, poi, potrebbe collocarsi il "liberismo buono" (per definirlo così): se da un lato l'austerità ordoliberista tedesca è risultata funzionale all'americanizzazione delle società europee, eccedere potrebbe compromettere, per l'appunto, il mercato di sbocco.
Collocandosi in questa scia, non mi sorprenderebbe, peraltro, la successiva adozione di un cambio euro/dollaro relativamente stabile (magari introducendo una sorta di SME ristretto....).
Il "liberismo buono", peraltro, postula che un'eventuale crisi "post-TTIP" sulla falsariga di quella dell'euro sia gestita dagli USA diversamente da come la Germania ha gestito quella europea.