1. Nell'ultimo Supplemento al bollettino statistico Bankitalia, datato 20 marzo 2015 e relativo alla "bilancia dei pagamenti e alla posizione netta sull'estero", abbiamo la "buona notizia" che:
"Nei
dodici mesi terminanti a gennaio 2015 il saldo di conto
corrente è stato pari a 30,9 miliardi di euro (1,9 per cento
del PIL), in forte aumento rispetto ai dodici mesi precedenti
(17,7 miliardi). Il miglioramento prosegue una tendenza in atto dalla
metà del 2011 ed è trainato dall’andamento del saldo delle merci, il cui
surplus è stato pari a 50,2 miliardi (3,1 per cento del PIL) da 38,5
miliardi nel periodo precedente."
2. Siccome diamo per buona anche la vantaggiosità della svalutazione relativa dell'euro rispetto al dollaro, come pure - con una certa aleatorietà geo-politico-economica, che, nonostante lo Yemen, i prezzi petroliferi rimangano "freddi", intorno ai livelli attuali, (almeno della prima parte dell'anno e, probabilmente, fino a questa estate), si potrebbe tentare ottimisticamente di ragionare su un mantenimento di tale attivo dei conti con l'estero.
Ipotizzando, anzi, che esso abbia già "scontato" (essendo un dato di gennaio 2015), le difficoltà esportative legate alla ritorsione russa alle sanzioni, proviamo a supporre una cifra tonda di attivo CA 2015, assestabile al 2%; si badi, una simile cosa, naturalmente, implica la sostanziale mancanza di un'immediata reazione valutaria, nel corso del 2015, degli USA, del Giappone e dei BRICS, cioè degli importatori e concorrenti extra-UEM, su cui si può puntare per consolidare un'espansione di export a prezzi più competitivi. O quantomeno una reazione trascurabile di queste stesse aree economiche, in termini di elasticità delle esportazioni europee, e italiane soprattutto, alle variazioni di cambio "difensive" (cioè di svalutazione adeguativa mediante opportune politiche monetarie)
3. Ci rendiamo conto che tutto questo dedurre e supporre, proiettando nell'immediato futuro un fragile ceteris paribus, può essere aleatorio.
Ma, seppure per motivi differenziati, l'interesse generale dell'economia globalizzata è quello di non scuotere la barca, cercando di non accellerare dinamiche esplosive che si annidano sui mercati finanziari; e che ovviamente riguardano i risvolti distruttivi, sul sistema industriale e, più ancora, finanziario USA, legato al settore estrattivo di petrolio e gas, divenuto una pesante incognita per l'insostenibilità degli investimenti e delle produzioni ai prezzi attuali.
Ora, questo insieme di dati aleatori, circa i drives della crescita italiana, può ritenersi grosso modo valevole rebus sic stantibus, cioè in un breve arco di tempo, che potrebbe riguardare il breve periodo, quantomeno quello che ci separa dalla divulgazione del DEF, intorno al 10 aprile 2015.
4. In relazione alle previsioni di quest'ultimo, come vedremo, avevamo già indicato quale fosse, indipendentemente dalla questione della crescita affidabile alla competitività esportativa, l'impatto della manovra di stabilità.
Ad ottobre, avevamo chiarito che la (mera) proroga "a regime" del bonus degli 80 euro (che tecnicamente è uno sgravio fiscale e non una misura di spesa pubblica), faceva registrare un impatto espansivo pari a zero, trattandosi solo della neutralizzazione di un possibile effetto fiscale di tipo restrittivo, dovuto al venir meno di una misura di alleggerimento tributario che sarebbe rimasta una tantum (il non protrarlo avrebbe avuto l'effetto di un aggravio fiscale).
Le ragioni sostanziali della inefficacia espansiva, registratasi con evidenza, di tale misura, erano state qui anticipate e sono confermate anche in altre analisi (utilizzazione per acquisto di beni di consumo...esteri e per pagamento di debiti nonchè tesaurizzazione per futuri aggravi fiscali attesi).
5. Aggiungiamo.
Prima della minicorrezione, - che ha portato entro i limiti della
neo-flessibilità concessa dalla Commissione l'insieme delle misure
contabilizzate dalla legge di stabilità-, (secondo i nostri calcoli, effettuati con l'applicazione di un "prudente" moltiplicatore fiscale di origine FMI, e che distinguevano tagli della spesa dalle misure tributarie, in sgravio ma anche in inasprimento), si poteva calcolare (par.7) l'effetto recessivo della legge di stabilità (appunto al netto della "neutralità" degli 80 euro), in 1,6 punti.
Tuttavia, pur non essendo chiaro quali siano esattamente state le misure variate (in pejus) per adeguarsi a tale flessibilità, sta di fatto che se a un deficit del 2,9 corrispondeva un impatto recessivo della legge di stabilità di circa 1,6 punti di PIL, al minor deficit di 2,65, raggiunto a seguito dell'accordo con la Commissione, dovrebbe corrispondere un impatto recessivo aggiuntivo pari a circa 0,3-0,4 punti di PIL.
Per un totale, dunque, di 1,9-2,0 punti di consolidamento negativo del PIL, dovuti alla manovra fiscale intrapresa da questo governo per il 2015.
Ergo, ceteris paribus, sul piano degli ipotizzati ed aleatori drives della crescita (continuamente sbandierati in questi giorni), sopra elencati e "dati per buoni", appunto attribuendo al 2015 un saldo del CAB pari proprio a 1,9-2,00 punti, la crescita 2015, dovrebbe essere proprio pari a 0 (zero).
6. E invece, senza ben comprendere quali calcoli siano stati effettuati, ci si preannunzia a gran voce che il PIL 2015 che verrà pronosticato dal prossimo def di aprile sarebbe stato ricorretto da +0,6 a +0,7, affermandosi, anzi, che sarebbe una sottostima prudenziale.
E questo sempreche, come è evidente, l'economia USA continui a "tirare" con le sue importazioni: il che presuppone un qualche rimedio alla insostenibilità distruttiva degli attuali prezzi del petrolio e la connessa mancanza di una serie di drammatiche insolvenze a catena su crediti e derivati legati a tale industria estrattiva.
E non solo: ciò presuppone anche che gli USA accettino, senza porvi rimedio, un sostanziale ridimensionamento delle proprie esportazioni core, date da settori industriali come quelli dell'aeronautica e dei macchinari "pesanti" (e ovviamente, pur nella loro, atipicità geo-politica, delle armi), specialmente verso i BRICS (nei confronti dei quali anche il dollaro si sta rivalutando).
7. Si può supporre, invece, che, a prescindere dai concreti strumenti che, a un certo punto, la politica economica USA concretamente adotterà, per ovviare ai problemi finanziari e, specialmente, occupazionali che possono derivare, in una fase così delicata della sua vita industriale, da questa situazione di indesiderato sovrapprezzamento del dollaro, il prezzo del petrolio avrà una forte ripresa nella seconda parte dell'anno.
Questa supposizione nasce da una semplice constatazione: quale che sia la convenienza geo-politica (in chiave, si dice, anti-russa - e magari anche anti-venezuolana- o, per altri versi, da parte dell'OPEC contro la raggiunta indipendenza energetica USA), dell'attuale calo del prezzo del petrolio, gli Stati Uniti non potranno reggere a lungo su questo crinale di rischio sistemico.
8. Ed allora, poichè c'è un TINA di buon senso, a cui nè la Yellen, nè tantomeno l'Amministrazione USA, possono sottrarsi, c'è da pensare che gli attuali drives della crescita italiana, siano, razionalmente considerati, alquanto precari e non scontabili come "certezze" nemmeno nel breve periodo dell'intero 2015.
Ma, se un'attenta considerazione dei veri effetti della politica fiscale italiana attuale - uniti alla questione jobs act (sulla cui incidenza negativa strutturale autonoma rispetto a redditi e consumi, abbiamo detto più volte)- ci porta a una realistica previsione di crescita zero per il 2015, cosa accadrebbe, in realtà, entro l'anno se ciò che è logico supporre "debba" accadere, in effetti accadrà?
Il crinale della realtà, e non dei sogni, fa inclinare l'Italia verso una nuova recessione, addensata nella seconda parte dell'anno, quantomeno: opportunamente dopo le elezioni regionali...
E ciò anche senza la pesante attivazione entro il 2015 delle "clausole di salvaguardia" (un punto di PIL di tasse aggiuntive) previste dalla legge di stabilità.
E noterete che nel calcolo non ho fatto cenno ad effetti espansivi derivanti dal QE di Draghi: non sarebbe stato serio...(anche perchè ci costringerebbe a considerare l'ipotesi di che fine farebbero i mercati finanziari al primo accenno di insolvenza legata alla bolla che tale QE rischia di aggravare in Europa e, non ultimo, negli stessi USA...)
Come sei poco "largo di vedute" Quarantotto... proprio poco europeo ... sono semplicemente ottimisti!
RispondiEliminaCome la mia dolce metà quando parcheggia.