1. Rammentate, tratto dal monumentale studio di Riccardo Seremedi intitolato "Fortezza Europa...", il famoso studio della TNO “Sviluppo di una base tecnologica e industriale della Difesa europea”- finanziato dalla Commissione Europea , quello che terminava con l'enunciazione di questa "linea strategica" nelle euro-politiche della difesa?
“Se
i cittadini sono scettici sulle operazioni di difesa, i bilanci sono destinati
a contrarsi e il reclutamento di risorse umane diventerà più difficile.
Comunque è chiaro che un nuovo attacco terroristico influenzerà fortemente
l'approvazione dell'opinione pubblica per operazioni di sicurezza e difesa”.
In questo post collegheremo questo "inquietante" enunciato programmatico della policy europea con il concetto di "aggiustamento al cambiamento" (c.d. "distruzione creativa") che si connette, secondo l'affermazione di Schumpeter contraria all'intervento statale nella correzione delle fasi recessive, alla vera soluzione delle crisi economiche.
2. Ebbene, lo studio sopra citato, costituisce la fase istruttoria, guidata dalla Commissione, di una svolta nelle politiche europee della difesa che parte, nella sua fase attuale, dalla Comunicazione n.°764 del 05-12-2007 “ Una strategia per un' industria della Difesa europea più
forte e competitiva”.
Con questa prima raccomandazione, la Commissione Europea
enuclea gli aspetti principali legati all'industria delle armi: vengono
elencate tutte le "mancanze" delle politiche nazionali, ree di non favorire un
libero accesso a capitali e partnership esterne, creando “distorsioni e ridondanze”
che non consentono al “mercato” di essere “efficiente” e di allocare le risorse
disponibili nella maniera più soddisfacente.
Emanate, in base a detta Comunicazione, varie direttive UE (c.d. Defense Package) per favorire investimenti, scambio di prodotti intra-UE e appalti nel settore della armi, si arriva ad un'ulteriore fondamentale Comunicazione: la
n°542 del 24 luglio 2013 “Verso un settore della Difesa e della Sicurezza più
competitivo ed efficiente".
Con questa Comunicazione, (dopo il già visto, e più "commerciale" e meramente "incentivante" "Defense Package", la Commissione Europea
introduce il concetto di EDIP (European Defence Industrial Policy). E' oltremodo opportuno fornire un riassunto di questo documento per capire lo
sviluppo futuro degli avvenimenti che – rebus sic stantibus – sarà assai
preoccupante per l'Europa, soprattutto per l'Italia: la Comunicazione si
avvale anche di una relazione accompagnatoria redatta dal Working Staff della Commissione Europea, che illustra lo scenario continentale.
3. Non ripeterò integralmente i vasti - e eloquentemente significativi- contenuti di questo insieme di documenti "fondativi" della European Defence Industrial Policy: maggiori dettagli, (anche sulle implicazioni per i nostri futuri conti commerciali con l'estero) li trovate qui , qui e qui.
Quello che è, in questa sede, importante, è focalizzare su un paio di "linee direttive" enunciate nell'ambito di tale Comunicazione n.542/2013, perchè ci fanno capire come non si tratti di vuote parole, come quelle sulla ripresa nell'ambito UEM, annunciata ogni "tot" mesi come fatto ineluttabile e mai realizzatasi:
I) viene esaltata la Difesa quale industria creatrice di
sviluppo e lavoro, con un giro d'affari di 96 miliardi di euro nel 2012,
fornendo migliaia di posti di lavoro altamente specializzati (circa 400.000
persone), con un effetto moltiplicatore tra 2.2 e 2.4 che genera altri 960.000
lavori indiretti.
Nel
paragrafo 2.3 (pag. 8) si cominciano a intravedere i prodromi di future
criticità occupazionali, alla faccia di tutti i paroloni su crescita e lavoro; il
succo del discorso è che in Europa si spende troppo per il personale e troppo
poco in equipaggiamenti sofisticati. Questo incide sul versante degli auspicati "tagli" del personale pubblico della Difesa.
Per il personale dell'industria privata del settore (di produzione delle armi, ovviamente), invece, oltre agli investimenti addizionali, preferibilmente a carico dei rispettivi Stati, cioè in sostanza mediante un sistema di incentivazione di ricerca e sviluppo a carico della spesa pubblica, la Commissione
incoraggerà gli Stati membri a far uso della flessibilità del lavoro per
supportare le imprese che soffrono di temporanee crisi nella domanda e
promuovere un anticipato approccio alla ristrutturazione;
II) ergo viene prefigurata questa "ristrutturazione", potenziatrice, in premessa, della Difesa europea, sotto l'egida dei desiderata della Nato e rivolta al pericolo terroristico, visto in apertura di post, nonchè, inevitabilmente, contro l'incombente e terrificante “Russian belligerence” che
minerebbe la sicurezza dei nuovi membri della NATO - tutti gli ex-appartenenti
al defunto Patto di Varsavia : Polonia, Bulgaria, Romania ecc. - e la paura di
un Iran dotato di armi nucleari.
E la ristrutturazione assume il nome di CONSOLIDAMENTO: in
quest'ottica, gli ostacoli da superare vengono individuati nelle residue sacche
di sovranità nazionale che ancora esistono in ambito militare, considerando
pregiudizievole la preferenza degli Stati per i produttori nazionali, anziché
verso gli altri fornitori europei e, soprattutto la proprietà statale che è
strettamente legata alle restrizioni in materia di fusioni e acquisizioni,
partecipazioni da parte di investitori stranieri e altre forme di investimento estero (pag 22; si apprende, peraltro, che la
maggior parte degli investimenti in nuovo equipaggiamento e in programmi
militari di Ricerca e Sviluppo, sono legati a importanti progetti promossi dagli
Stati nei decenni
precedenti).
Insomma, la ristrutturazione, come ogni forza di distruzione creatrice che si rispetti, deve portare proprio alla PRIVATIZZAZIONE, affinchè siano rimossi gli ostacoli che incontrano gli Stati ad effettuare fusioni e acquisizioni; e, ovviamente, a consentire la partecipazione di investitori stranieri e "altre forme di investimento estero".
4. Riassumiamo:
a) nel settore della Difesa, lo Stato deve assumere a proprio carico, mediante la spesa pubblica, gli investimenti in ricerca e sviluppo, perchè in questo campo i privati non possono raggiungere, entro il medio periodo, i ritorni-livello di profitti, convenienti in termini operativi. La spesa pubblica va però tagliata laddove "improduttiva" cioè sul personale della Difesa che è, naturalmente "troppo".
b) La proprietà statale dell'industria è (ovviamente) di ostacolo alla crescita dimensionale del settore della Difesa Europea verso gli auspicati (dalla NATO) livelli di...spesa pubblica, - in armamenti "tecnologicamente avanzati", piuttosto che in personale- che consentano di combattere il terrorismo e l'aggressività russa (sic).
c) Ergo, è auspicabile la previa privatizzazione delle industrie pubbliche nazionali della difesa affinchè possano formarsi gruppi multinazionali di grandi dimensioni per vendere armi agli Stati che...hanno venduto tali industrie. Tuttavia, gli stessi Stati, dovranno consentire una forte flessibilità del lavoro specificamente nel settore, rinunciando con ciò sicuramente ai precedenti livelli di occupazione, anche considerando i tagli al personale pubblico della Difesa che si devono accompagnare a ciò;
d) ma non è finita: prima di privatizzare, occorre "ristrutturare", in modo che la (s)vendita agli investitori - esteri, preferibilmente- dell'industria pubblica della difesa (non più "nazionale", ma europea, antiterrostica e anti-russa), sia realmente conveniente per gli stessi investitori privati. Ergo: i gruppi pubblici devono risanare i bilanci e possibilmente rafforzare, con immediata spesa pubblica, i programmi di ricerca e viluppo da passare, come know-how e brevetti- ai futuri acquirenti "multinazionali" (che venderanno le armi agli stessi Stati cedenti il proprio rispettivo ex-settore "strategico").
Questo quadretto, insomma, considerato che è il frutto di un processo che si avvìa nel 2007 (anno fatidico per configurare una "distruzione creativa" in UE), come abbiamo visto e che "grida" alla ripresa nella sua accelerazione del 2013, è un perfetto - e forse il principale- esempio della teoria di Schumpeter che le crisi non sono fatti negativi in sè, ma occasioni di aggiustamenti adattativi al cambiamento, che non dovrebbero in alcun modo essere ostacolati da interventi anticlici dello Stato tesi a ripristinare il livello della domanda e dell'occupazione.
5. E l'aggiustamento così programmato non pare affatto rimasto sulla carta, ma, in piena attuazione, veleggia sicuro verso il suo effetto di DISTRUZIONE CREATIVA: cioè "creativa" di un assetto più efficiente nell'allocazione delle risorse, cioè il "meraviglioso mondo di von Hayek", con Stati assottigliati, lavoro super-flessibile, inflazione "non pervenuta" e un "ordine internazionale dei mercati" a guidare, col suo interesse industriale e finanziario, la più importante e delicata delle decisioni politiche degli Stati, cioè l'intraprendere l'azione bellica.
Capirete come, cosciente di queste dinamiche sia leggermente sobbalzato sulla sedia quando ho letto questo trafiletto su Dagospia:
La decisione è presa: l’americana Drs sarà venduta da
Finmeccanica al miglior offerente. La costosa acquisizione dell’era
Guarguaglini (5 miliardi di dollari e 3 di perdite) è destinata a finire
in soffitta. Mauro Moretti, gran capo di Finmeccanica, ha affidato il
dossier alle banche d’affari, che stanno valutando prezzo e modalità di
vendita.
La scelta
si inserisce con una certa coerenza nel piano che Moretti sta
perseguendo: avere un gruppo più solido e compatto, con meno debiti e
tutto focalizzato su armi ed elicotteri. Così, dopo la vendita a Hitachi
di Ansaldo Breda e Ansaldo Sts, adesso tocca al colosso della difesa
americano, boccone troppo indigesto per piazza Montegrappa.
La nuova Finmeccanica che nascerà da queste cessioni nei piani di
Moretti dovrebbe essere in grado di dire la sua, e contare, al gran
ballo del consolidamento (ndr: curiosamente, si dice proprio "consolidamento", termine utilizzato dalla comunicazione n.542/2013) che aspetta l’industria della difesa europea.
Quanto a Moretti, per se stesso il manager vede sempre la strada di
qualche ministero. E non è un mistero che avrebbe preso volentieri il
posto di Maurizio Lupi alle Infrastrutture."
Ora, il gran ballo del CONSOLIDAMENTO, previa, come vediamo confermato, RISTRUTTURAZIONE, dovrebbe consistere in fusioni, incorporazioni effettuate con la partecipazione di INVESTITORI ESTERI.
La domanda è: QUANDO MAI L'ITALIA E' RIUSCITA AD EVITARE LA PREVIA PRIVATIZZAZIONE DI INDUSTRIE STRATEGICHE CHE VEDONO QUESTE "OPPORTUNITA'" E A CONSERVARE IL CONTROLLO PUBBLICO A SE' FAVOREVOLE, IN FRAGENTI DEL GENERE?
Lo scopriremo presto: vedendo come la ristrutturata (sul core produttivo della Difesa) Finmeccanica conserverà, nei prossimi mesi, una partecipazione di controllo dello Stato e quale sarà poi l'esito, sempre in termini di controllo, delle fusioni e acquisizioni prossime venture (non potendosi dimenticare il caso "Hitachi"...).
Post completo e complesso. Grazie
RispondiEliminaSandro
E io che pensavo che questo post fosse, in considerazione dei precedenti, abbastanza semplice :-)
Eliminail complesso militare-industriale si prepara ad espandersi anche in Europa: le grandi dimensioni di un'unione, sia essa USA o USE, allontanano i decisori dal processo elettorale per avvicinarli a quello delle lobby. Gli USA si preparano così a diventare un esportatore netto di ciò che sanno fare meglio.
RispondiEliminaNaturale corollario del paradigma politico deli liberoscambismo
Eliminahttp://orizzonte48.blogspot.it/2014/11/euro-alla-frutta-e-ttip-alle-porte-il.html
Ma dobbiamo metterci pure il settore finanziario nei servizi
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaUn conto credo siano gli impiegati nell'industria bellica, un altro conto dovrebbe essere la carne da cannone. Da tempo rigorosamente "privatizzata"...
EliminaCiò che sta avvenendo in Ucraina, per cui gli oligarchi diventano la Legge perché dispongono di un loro esercito privato, è assolutamente "interessante", così come è "interessante" ciò che sta avvenendo con il terrorismo dove, grazie al fenomeno della frammentazione, la guerra perde completamente quel connotato di "civiltà" che Carl Schmitt attribuiva all'ordine "westfalico".
Scomparse le sovranità e le identità nazionali grazie alla libertà dei capitali rimane, eccettuando il blocco orientale più o meno sovrano, solo una lotta di classe permanente, come descriveva Orwell quando spiegava il significato di "la guerra è pace".
Si verrà assoldati come i calciatori odierni, non più in relazione ad una più o meno radice geografico-culturale legata ad un club a sua volta radicato su un territorio: chi è disoccupato può essere reclutato e formato in qualsiasi corporation esperta in servizi militari: come nelle magliette dei calciatori ci saranno divise che, a posto di riferimenti alla "bandiera", avranno il brand Nestlè, Coca Cola, Exxon, Gazprom... ecc.
Un giorno il tuo nemico sarà l'ISIS, il giorno dopo sarai reclutato dall'ISIS... l'importante è avere almeno "la razione K garantita".
È il progresso bellezza....
Piccoli Menem crescono.
RispondiElimina“Perché il consolidamento proceda in modo efficace (se possibile, con un’ulteriore accelerazione) è tuttavia necessario superare una serie di barriere significative, tra cui:
•La preferenza degli Stati membri per i loro produttori nazionali rispetto agli altri fornitori europei (l’80% dei contratti nel settore della difesa sono ancora assegnati su scala nazionale);
•Il disallineamento di requisiti e capacità tra i diversi Stati membri;
•La proprietà statale, che porta inevitabilmente a restrizioni sulle fusioni e le acquisizioni, sull’acquisto di quote da parte di investitori e su altre forme di investimento straniero” (Cosi nella relazione della Conferenza interparlamentare per la Politica estera e di sicurezza comune e la Politica di sicurezza e difesa comune, Affari Europei del Senato 2013).
E’ in atto il solito bis-linguaggio, nemmeno mascherato bene; gli ordoliberisti vendono tutte queste frescacce abbellite con discorsi sulla “competitività” e condite da direttive, montagne di carta inutile, rapporti e vertici internazionali a base di champagne. Pseudo economia senza logica alcuna spacciata per la versione ufficiale.
Poi invece c’è la solita solfa (la versione reale) che trapela dal monsieur Moscovici di turno e lanciata dal Gentiluomo, da ultimo, alla fine dell’anno scorso, ovvero che le misure adottate dall’Italia per rispettare i vincoli sul debito pubblico sono insufficienti e che servono scelte di più ampio respiro: tradotto, svendere a prezzi di magazzino il patrimonio pubblico italiano.
Circola su youtube un video sulle privatizzazioni in Argentina dal titolo “Diario del saccheggio”. Anche quello a quanto pare è stato reale.
In effetti, Presidente, il suo post è drammaticamente semplice
avrei pensato che le elite progandassero i maggiori investimenti in difesa usando anche il cavallo di troia della dilagante disoccupazione, favorendo un aumento degli impiegati nelle forze armate e nel bellicismo Libia style
RispondiEliminaDISTRUZIONE CREATIVA: cioè "creativa" di un assetto più efficiente nell'allocazione delle risorse, cioè il "meraviglioso mondo di von Hayek", con Stati assottigliati, lavoro super-flessibile
RispondiEliminaE vogliamo mica dimenticarci i subprime italiani in arrivo?