1. Questa immagine riporta le recenti parole di Monti pronunciate in un noto talk di stretta ortodossia ordoliberista (all'incirca, "a propria insaputa",- pp.1-6- ma ferreo nella coincidenza dei "rationalia" ordoliberisti su cui si fondano, senza arretramenti, le "insidiose" domande dell'intervistatrice).
Un'affermazione, quella di Monti, che in realtà sviluppa, in sintesi, il clou della consolidata ideologia che guida l'inarrestabile restaurazione dettata dall'€uropa.
Il terreno su cui s'inoltra, ormai, l'invariabilità delle politiche perseguite, a prescindere da qualunque esito elettorale (che risulti consentito e comunque presidiato dai media), conduce, come dovrebbe ormai essere evidente, a..."La Resa".
2. Vale a dire, volenti o nolenti, si realizza la seguente situazione:
"Partiamo da un presupposto che potremmo definire di Kalecky-von Hayek.
Il primo attribuisce al liberismo come dottrina economica (non a caso
ammantata da pretesa scientificità oggettiva) un obiettivo
essenzialmente politico: quello del controllo delle istituzioni di
governo per definire l'indirizzo generale in modo da stabilizzare la
potestà decisionale esclusiva della oligarchia
capitalistico-finanziaria. Il secondo ritiene ideale una società
(ri)gerarchizzata, in base alla "naturale" predominanza dei
"proprietari-operatori economici", gli unici dotati di sufficiente
"razionalità" per risultare utili alla società umana, essendo più
facilmente ancorabili a "tradizioni", ritenute sane e funzionali alla
efficiente allocazione delle risorse.
Questa ri-gerarchizzazione istituzionalizzata darebbe ovviamente luogo ad una nuova Costituzione:
di fatto o di diritto (la distinzione, dato lo stato pietoso in cui
versa la stessa sovranità costituzionale intesa come tutela dei diritti
fondamentali "sociali", appare ormai oziosa). Ma almeno avrebbe il pregio della chiarezza: cioè sarebbe definito un quadro non ambiguo ed ipocrita di nuovi valori dotati di effettività e finalmente conformi alla (neo)legalità.
Attualmente la fissazione di questa effettività sui neo-valori è affidata alla costruzione €uropea,
che, attraverso la sua elaborazione teorica, continuamente compiuta
all'oscuro dei nostri procedimenti di legittimazione democratica,
fornisce il quadro concettuale e para-razionale che partorisce le
politiche europee.
L'enorme
vantaggio (sempre paradossale: stiamo parlando di un'ipotesi di "resa"
ragionata) di questa esplicitazione "costituzionalizzata" sarebbe quello
di rispostare in sede nazionale la responsabilità sulla enunciazione e l'attuazione dei neo-valori.
Che, chiariamo subito, "neo" non sono affatto, come pare sfuggire ai
"nuovisti" dell'attuale classe politica che, impegnata oggi a governare,
contrabbanda il superamento della democrazia sostanziale come equazione
nuovo= "de sinistra", operando invece un'ipocrita restaurazione
di tipo reazionario (rispetto ai valori in cui affermano di
identificarsi ma che, tra l'altro, non paiono neppure conoscere ad un
livello storico-economico minimamente decente).
Diciamo che, affidata alle persone titolari effettive degli interessi perseguiti, la restaurazione avrebbe il pregio della trasparenza,
che è certamente termine abusato, e strumento ordoliberista, allorchè
applicato astutamente alla liquidazione dell'interesse generale gestito
da strutture pubbliche, ma che, una volta ceduta la titolarità del
potere istituzionale di governo agli stakeholders effettivi, fa venir
meno la stucchevole ipocrisia degli intermediari politici, - e mediatici-, che devono continuamente rinnovare la impossibile conciliazione tra le contraffazioni verbali vendute sul mercato elettorale e la sostanza della loro azione.
Insomma,
la "resa" con la devoluzione formale e costituzionalizzata del potere
istituzionale di governo alla oligarchia, avrebbe almeno questi pregi
immediati (di cui potremmo poi immaginare le ulteriori ricadute):
a) ricondurre le comunità nazionali al ruolo di centro di riferimento,
(inevitabilmente "attenzionato" ma in modo inequivoco), delle politiche
e degli obiettivi che si vogliono perseguire (per quanto
programmaticamente questi siano "degradanti" della stessa comunità), abbandonando la truffa del perseguimento simulato della "pace" per il tramite delle organizzazioni sovranazionali; ciò depotenzierebbe la stessa necessità strumentale, (tra l'altro sempre più insostenibile nei fatti), di enunciare la superiorità etica del "vincolo esterno", con una chiara riaffermazione dei rapporti di forza che esso sottointende;
b)
reintrodurre come conseguenza di ciò - in particolare della investitura
diretta delle oligarchie (non necessariamente elettorale o quantomeno
"idraulica", data la forza persuasiva del tecnicismo pop) in base alla
negoziazione della "resa"- la visibilità e la accountability delle politiche perseguite.
Infatti, laddove queste si rivelassero frutto di visioni sballate - e in effetti sono tanto sballate!- esporrebbero con immediatezza i nuovi governanti, e senza intermediari dediti alla sopravvivenza personale e dei propri vantaggi
(cioè la famosa"casta di 2° livello e relativi costi, correttamente
assunti come compenso agli intermediari da parte dell'oligarchia
stessa), al rischio della "non effettività", cioè dello scollamento tra investitura e conformazione dei "sudditi" alle regole da essi imposte;
c) come ulteriore conseguenza, praticamente inevitabile, oligarchie oggi incuranti del benessere minimo delle comunità dei governati, - venuta meno la necessità del metodo, tipico del controllo indiretto esercitato mediante una classe politica intermediaria, della shock economy e della "colpevolizzazione"-, dovrebbero rendere "in qualche modo" conto della efficacia rispetto agli obiettivi enunciati e della efficienza rispetto alle capacità di gestione di cui si sarebbero investiti.
Le loro decisioni dovrebbero comunque garantire almeno la sopravvivenza (fisica) del sub-strato sociale, anche nello schema hayekiano più puro. In alternativa, almeno, dovrebbero fronteggiare l'onere di un notevole apparato poliziesco,
per reprimere lo scontento da disperazione, nonchè gli enormi "costi di
transazione" che si incontrano nel mantenere tale apparato e
nell'assicurarsi la fedeltà dei "repressori" (che, altrimenti,
assumerebbero il pericoloso peso dei pretoriani nelle lotte politiche
dell'Impero Romano).
L'insieme di questi corollari, che ci illustrano una serie di trade-off
e costi/benefici tra degenerazione del modello attuale e devoluzione
immediata del potere agli esponenti della Grande Società, porrebbe poi un'ulteriore e fondamentale esigenza, piuttosto vantaggiosa per i governati: quella della selezione concreta della classe dirigente all'intero della oligarchia,
al fine di designare i titolari delle cariche (in fondo, brevemente,
rammentiano che in una società a maggioranza di schiavi come l'antica
Atene, ciò portò a formule istituzionali tutt'ora additate come
ideali...purchè si dimentichi la composizione del sub-strato sociale).
Per meglio comprendere quest'ultimo aspetto basti ricordare quanto detto sulla vera "casta", e sulla sua attuale composizione, per così dire, "sociologica", frutto com'è della burocratizzazione,
evidenziata sia dalla teoria Schumpeteriana che dai
neo-istituzionalisti (tutti pensatori comunque impegnati, in un modo o
nell'altro, alla rilegittimazione dell'economia neo-classica), dei centri di potere economico dominanti.
In qualche modo si arriverebbe al dover fissare criteri di selezione al loro stesso interno: e poichè i conflitti di interesse,
cioè l'alternanza dei vantaggi personali derivanti dal "piegare"
politiche formalmente pubbliche e cioè nell'interesse generale, emergono maggiormente quando non siano perseguiti collettivamente per via di intermediari (come insegna la parabola di B.), all'interno della vera casta oligarchica si attiverebbero inevitabili meccanismi di controllo reciproco.
E questi sarebbero risolvibili solo se i governanti fossero effettivamente collocati in posizione di "arbitro" e non di parte in causa: certo la partita la giocherebbero solo ESSI, ma si tratta pur sempre di una competizione tra interessi che non possono essere costantemente convergenti
(persino i "cartelli" tra oligopoli perderebbero in gran parte la
propria ragion d'essere e, talora, si ripristinerebbe una concorrenza
mortale, proprio allorchè fosse data per scontata l'acquisizione della
supremazia dell'elite oligarchica. La storia dell'Europa feudale ci fornisce un esempio eloquente, senza bisogno di particolari dimostrazioni).
Ed
allora, (sempre ribadendo che siamo all'interno di un paradosso) è
probabile che si arriverebbe, in assenza di interferenze con queste
dinamiche, a una sorta di Repubblica di Platone: si dovrebbe (almeno) proclamare la facciata della Città ideale ed individuare i "Guardiani" (rammentiamo: "guide perfette ed impeccabili che -
ed è questo il punto che sconvolse, secoli più tardi, i borghesi saliti
al potere nell'ubriacatura liberista di matrice teorico-filosofica
anglosassone- dovevano condurre una vita di ascetica rinuncia.
A tali guardiani, ma solo ad essi, badate bene!, era preclusa la proprietà individuale
ed ogni forma di arricchimento, potendo possedere solo ciò che fosse
strettamente necessario per soddisfare i bisogni essenziali.
Ne "La Repubblica"(417 a-b, Laterza, pag 138), Platone giustifica così tale assetto: "Quando
però s'acquisteranno personalmente la terra, case e monete, invece di
essere guardiani, saranno amministratori e agricoltori; e diventeranno
padroni odiosi anzichè alleati degli altri cittadini".)
Insomma, gli spunti di divertimento, per il popolo reso mero "spettatore", non mancherebbero. Certo neppure la miseria e l'umiliazione, l'alta disoccupazione necessitata e la repressione poliziesca.
Tuttavia, come suggerisce l'ipotesi paradossale qui avanzata, anche questi inconvenienti potrebbero essere mitigati se si cercasse una trattativa preventiva e si arrivasse alla "resa" negoziando finchè si ha qualcosa da scambiare,
cioè finchè, attraverso €urocrati e classi politiche di intermediari,
ESSI non avessero esautorato ogni tutela e garanzia di benessere minimo.
E poi da un "punto zero" della democrazia si può sempre risalire e magari, finalmente, con la dovuta irrinunciabile consapevolezza di quanto sia incombente e ci riguardi Elysium."
3. La conferma empirico-politica di questa situazione, sempre più in fase attuativa conclamata - altrimenti l'affermazione di Monti sarebbe parsa gravissima a tutte le massime istituzioni di garanzia dello Stato costituzionale democratico!-, si manifesta già ora in vari aspetti prodromici.
Il problema che si pone alle oligarchie vincitrici, infatti, è quello, abbiamo visto:
a) della non perfetta coincidenza di interessi, all'interno della stessa classe industrial-finanziaria pro-€uropea (che è poi un pro-mercato del lavoro-merce e un pro-smantellamento di ogni effettiva funzione di intervento dello Stato a sostegno del livello di reddito e di occupazione dei lavoratori): esistono diversi gradi di internazionalizzazione della produzione, all'interno della "offerta" industriale italiana "sopravvissuta", e quindi diversi gradi di convenienza a privilegiare una ripresa dei consumi interni (cosa che, per quanto larvatamente, una parte consistente delle imprese di Confindustria non può negare essere legata al potere d'acquisto delle famiglie, quand'anche integrato dal credito al consumo e dalla sua auspicata...solvibilità);
b) del fatto che, assunta in prima persona e senza intermediari (cioè senza più politici aventi un ruolo effettivo di bilanciamento con qualche pur esile interesse diverso da quello "supply side") la gestione oligarchica delle istituzioni, ne consegue il rapido dissolvimento di ogni ruolo residuale del sindacato.
Ma poi, la gestione di governo si indirizza sul livello episodico delle singole unità produttive e sulla capacità dei relativi datori di imporre la c.d. contrattazione aziendale. Per il resto, esiste il "pilota automatico" del mercato del lavoro e della destrutturazione e deresponsabilizzazione di ogni politica economico-fiscale nazionale.
Ma se quest'ultima diviene il segno visibile del successo, la Confindustria stessa perde di "rappresentatività", in quanto non tutti possono affidarsi alla stessa identica spinta alla internazionalizzazione e qualcuno, anzi molti, hanno perdurante bisogno del mercato interno e di un legame stabile della produzione col territorio: ergo con la domanda interna.
4. Da qui il potenziale conflitto tra due tendenze inconciliabili interne alla oligarchia, almeno per la parte di essa che ancora, forse per poco, si voglia identificare come legata al territorio nazionale:
- o la definitiva collocazione nella "competizione sui mercati globali";
- ovvero resistere alla deriva di smantellamento di tutto il testo dell'industria a controllo nazionale, ad opera degli IDE e delle acquisizioni da parte dei competitor globalizzati esteri;
col risultato che, all'interno della classe imprenditoriale italiana, c'è chi vorrebbe politiche per poter sopravvivere - anche se non le sa indicare per l'incapacità culturale più volte evidenziata- e chi, invece, ha mollato ogni identità legata alla "nazionalità" e al territorio.
5. Questo è lo schema generale del conflitto post-"resa" che consente di leggere questo criptico articolo, laddove si parla di questo:
"La Confindustria è letteralmente fuori di sé per Renzi che ormai
abitualmente la snobba per fare comunella con il disertore Marchionne.
Chissà che ieri a Milano- Expo non abbia timidamente cominciato a
palesarsi un nuovo nemico, con Squinzi fin qui aulico zelatore, che —
potenza del lessico — ha accennato a una “manina antimpresa” del
governo...".
A leggere tutto l'articolo, paiono ripicche e personalismi persino un po' bizzarri: ma questo solo perchè si descrivono acriticamente frizioni tra personalità, e solo sul piano di apparenti geometrie e alleanze interne ad una classe (ormai solo formalmente) omogenea.
Insomma, nella ennesima vulgata mediatica, si "narra" di qualcosa che, al lettore, può apparire come il comporsi delle simpatie e antipatie personali all'interno di una grande comitiva, di amici e meno amici, con il consueto formarsi di gruppi più ristretti che si aggregano per ragioni di affinità puramente psicologiche e caratteriali.
E questo accade quando, in una fase di assestamento per l'affermarsi di un nuovo ordin€ ("...internazionale dei mercati", ideologicamente Hayek allo stato puro) si fa cronaca senza saper più inquadrare il paradigma sociale ed economico che, pure, si va costantemente supportando: cioè si riportano i fatti della "comitiva" come se fossimo osservatori in "piazzetta", ma senza spiegare dove risieda la sostanza materiale degli interessi in conflitto.
Al termine della trasmissione (video) la conduttrice ha chiesto:
RispondiElimina“ [...] la sentenza della Corte Costituzionale, che ha giudicato incostituzionale il blocco delle rivalutazioni delle pensioni; questo blocco è stato deciso dal suo governo nel 2011, se ricordo bene. L'ha sorpresa questa sentenza della Consulta?”
“Sì. Mi ha sorpreso. Credo che abbia sorpreso molti. Mai una sentenza in anni recenti della Corte Costituzionale è stata oggetto di così approfonditi ed anche critici dibattiti. Viene la curiosità di sapere come lo Stato e l'Avvocatura dello Stato abbia difeso quella decisione del governo e del parlamento e ci sono moltissimi argomenti che avrebbero potuto essere utilizzati, proprio sul piano della giustizia distributiva giustamente invocata dalla Corte Costituzionale: non è affatto vero che furono colpiti solo i pensionati. Colpimmo tutti per far fronte a quella situazione, quindi rispetto una sentenza che ho difficoltà a capire fino in fondo e peraltro metà dei membri della Corte hanno (sic) avuto difficoltà, tant'è vero che non l'hanno sostenuta.”
L'Europa sta saltando? Giove acceca coloro che vuol perdere....
RispondiEliminaSTANZE DEGLI ORRORI
RispondiElimina(otc .. perifrasi eufemistiche)
Pare sempre più vicino al genere “horror” di Lincol Child nel tunnel alla ricerga di oscuri serial killers che sono ancora tra di noi.
“ .. elli avea del cul fatto trombetta .. “ (Inf. XXI, 139 – Dante)
La perifrasi è quella delle ripetute “flatulenze” pubblicamente dichiarate da nominati & salvatori che richiederebbe – anzi richiedono – una più diffusa consapevolezza civica.
L’elenco degli “incidenti” documentale sono tanti – troppi – anche a carico dei “caligola” che nominano cavalli .. e poi gli asini.
“ Un piatto che lascia a desiderare”
L’eufemismo greco che “suona bene” nell’attualità per mitigare le crudeltà offensive, oscene, brutali rivolte verso comunità democratiche e repubblicane.
Da ultimo – ma non ultimo – in una Repubblica democratica può esso, cioè esso, aver titolo di senatore a vita?
That’s all, folks!
Tanto per riportarsi a antichi vaticini (puntualmente confermati dai fatti)
Eliminahttp://orizzonte48.blogspot.it/2013/03/end-of-democracy-anche-senza-casta-e.html
Leggo questo ennesimo articolo allarmante: Intesa e unicredit si apprestano a cedere le quote azionarie in eccesso di banca Italia. A chi? http://www.ilsussidiario.net/News/Economia-e-Finanza/2015/5/31/SPY-FINANZA-Quell-oro-usato-contro-l-Italia/613081/
RispondiEliminaForse il prossimo anno ci ritroviamo soci in banca italia: goldman sachs, deutsche bank, jp morgan, blackrock, Soros, credit agricole....
posto questo commento, mi sembra opportuno tenere desta l'attenzione sull'argomento; e, stante il livello degli abituali interventi sul blog, se qualcuno(quando ha tempo) volesse far un bel commento pertinente, sollevando il solito Luciano, gravemente impegnato nella stesura del libro...
Elysium è una metafora lacerante, e non a caso si cerca di irridere in tutti i modi il film su youtube, in un modo particolarmente grottesco oltretutto:
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=njvpHo7-Rlc
Ma le forze in gioco cominciano ad essere tante pure nel mondo dei film.
Così ecco il barone von Strucker, niente di meno, e pure Natalia Romanova; la scelta del suono dei nomi è sempre stata un punto di forza di Stan Lee. Ho visto Avengers 2, come si intuisce, film epico standard, un poco chiassoso. Ma, non so ..., è chiaro che si ispira alle vecchie storie della Marvel dei primi anni '60, le quali noi leggemmo più di dieci anni dopo, e cosa mai potrebbero fare adesso questi americani, se non attingere alla tradizione fumettistica relativa anche se con qualche contaminazione tra storie diverse e qualche imprecisione narrativa?
Eppure, cosa posso farci io se, sentendo il suono Cermaniko della voce del barone von Struker, nascosto in un bunker, immediatamente risento il suono della voce del Dottor Stanamore? Stanley Kubrick e Peter Sellers ce li ho stampati dentro e vi sono per sempre indelebili, ma non è per la loro bravura che è emersa alla coscienza questa strana connessione.
Diceva Hegel che nelle leggende e nei racconti si nasconde e si trasfigura lo spirito del popolo, le sue paure e aspirazioni.
Insomma Natasha, la russa Vedova Nera del KGB, è ora alleata dello Shield, servizio segreto americano!, mentre il barone von Strucker, che nel film precisa a Capitan America: “tecnicamente sono uno scagnozzo dello Shield”, e lo precisa un poco correttamente un poco significativamente, è infine sempre il solito infido traditore dell' Hydra, struttura segreta germanico-giapponese. Quando si dice: i fumetti, eh? E pure i film, con la solita: Bomba fine di Mondo!
Chissà …., forse anche in america tutto sommato non riposano troppo tranquilli. Nel film c'è questo sfizioso scambio, che non sono disposto a considerare accidentale, Capitan America: “Da pazzi permettere ad uno scienziato tedesco esperimenti su di se per salvare il proprio paese.”, Maria Hill, sub-comandante dello Shield: “Non siamo in guerra Capitano.”, risposta di Cap: “Loro si!”