https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/17/DOSSIER/912589/index.html?stampa=si&part=dossier_dossier1-sezione_sezione5-h1_h14
1. Per capire se la legge di stabilità sia espansiva ricorriamo alla nota di aggiornamento del DEF approvata il 18 settembre 2015. Da essa traiamo i dati essenziali rilevanti, che sono riportati nella seguente tabella riassuntiva:
Tavola I.1: indicatori di finanza pubblica (in percentuale del PIL) (1) | |||||||
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2014 | 2015 | 2016 | 2017 | 2018 | 2019 | ||
QUADRO PROGRAMMATICO | |||||||
Indebitamento netto (1) | -3,0 | -2,6 | -2,2 | -1,1 | -0,2 | 0,3 | |
Saldo primario | 1,6 | 1,7 | 2,0 | 3,0 | 3,9 | 4,3 | |
Interessi | 4,7 | 4,3 | 4,3 | 4,1 | 4,1 | 4,0 | |
Indebitamento netto strutturale (2) | -0,7 | -0,3 | -0,7 | -0,3 | 0,0 | 0,0 | |
Variazione strutturale | 0,0 | 0,3 | -0,4 | 0,4 | 0,3 | 0,0 | |
Debito pubblico (lordo sostegni e debiti PA) (3) | 132,1 | 132,8 | 131,4 | 127,9 | 123,7 | 119,8 | |
Debito pubblico (netto sostegni) (3) | 128,4 | 129,3 | 127,9 | 124,6 | 120,5 | 116,6 | |
Debito pubblico (netto sostegni e debiti PA) (3) | 126,2 | 126,8 | 125,5 | 122,3 | 118,3 | 114,6 | |
Obiettivo per la regola del debito (4) | 123,8 | ||||||
Proventi da privatizzazione programmati | 0,4 | 0,5 | 0,5 | 0,5 | |||
QUADRO TENDENZIALE | |||||||
Indebitamento netto | -3,0 | -2,6 | -1,4 | 0,0 | 0,7 | 1,0 | |
Saldo primario | 1,6 | 1,7 | 2,9 | 4,1 | 4,8 | 5,0 | |
Interessi | 4,7 | 4,3 | 4,2 | 4,1 | 4,0 | 4,0 | |
Indebitamento netto strutturale (2) | -0,7 | -0,4 | 0,1 | 0,8 | 1,0 | 0,9 |
2. E' evidente, che in esecuzione degli obblighi di perseguimento del pareggio di bilancio, assunti col fiscal compact, prosegua il "consolidamento" fiscale, cioè la riduzione dell'indebitamento netto - cioè del deficit, destinato, in termini contabili, al pagamento degli interessi sul debito pubblico - e l'aumento del c.d. saldo primario, cioè della misura in cui le entrate superano le spese al netto dell'ammontare annuale degli stessi interessi sul debito pubblico.
Quello che, con evidenza, ha fatto il governo, nel corso del 2015, è ridurre l'indebitamento (deficit) di 0,4 punti di PIL (perlomeno come stima "ufficializzata" e, peraltro, da sottoporre alla verifica della Commissione UE), e mantenere il saldo primario più o meno allo stesso livello del 2014, con un lieve incremento di 0,1 punti (di PIL).
La legge di stabilità attualmente proposta, invece, segna un inasprimento del consolidamento stesso, dato che l'abbattimento del deficit nel 2016 sarà nella stessa misura dello 0,4%, mentre però il saldo primario passerà dall'1,7 al 2% del PIL a fronte di un onere per gli interessi sul debito pubblico INVARIATO tra il 2015 e il 2016: in entrambi gli anni è stimato al 4,3.(nonostante il debito pubblico lordo per il 2016 sia stimato in diminuzione dal 132,8 al 131,4 del PIL e nonostante, dunque, gli effetti sui tassi di collocamento dei titoli pubblici del QE della BCE, previsto anche per il 2016, allo stato).
L'aumento del saldo primario potrà pure essere dovuto a maggiori entrate determinate dalla relativa crescita del PIL, ma ciò, necessariamente, cioè aritmeticamente, implica che la pressione fiscale complessiva, sia invariata, se non in aumento.
Infatti, sempre in base del DEF, ecco le previsioni relative all'andamento delle entrate ed alla pressione fiscale (entrambi in aumento) :
3. Dunque si può senz'altro dire che:
a) la legge di stabilità avrà un effetto non espansivo, considerate le misure di cui è composto nel loro saldo complessivo e non selezionandone e isolandone alcune, di maggior "suggestione" (tipicamente l'abolizione della TASI sulle prime case e su altri immobili), ma riduttivo. Questo se alla manovra fiscale attribuiamo effetti sulla crescita del PIL, come nessuno nega, certamente non al governo (nonostante i media abbiano generato l'idea che solo le tasse abbiano effetto depressivo ma non anche i tagli della spesa pubblica);
b) questo effetto complessivo di "austerità" è indubbiamente minore di quello richiesto dall'applicazione del fiscal compact, cioè dai parametri europei quali fissati dalla Commissione in sede di monitoraggio dei conti pubblici italiani.
In sostanza, la manovra è "meno" depressiva di quanto avrebbe voluto imporci la Commissione, ma non per questo può considerarsi espansiva, cioè capace di generare crescita aggiuntiva di per sè. Questo obiettivo, come dovrebbe essere noto, è escluso in presenza del fiscal compact e del pareggio di bilancio stesso, ormai costituzionalizzato.
Questo articolo di Giorgio La Malfa rammenta questi elementari principi che la grancassa mediatico-televisiva nega senza alcun ritegno.
4. La Commissione (e con essa il governo italiano, che ha aderito prontamente al fiscal compact, ratificandolo nel 2012 e introducendone i principi in Costituzione), segue il paradigma, di correzione degli squilibri finanziari e commerciali conseguenti al funzionamento strutturale dell'euro, insito nel fiscal compact: perciò, ritiene che la crescita si ottenga attraverso la compressione della domanda interna, cui è funzionale la riduzione dell'indebitamento pubblico, da cui deriva, da un lato, la riduzione delle importazioni e, dall'altro, un'alta disoccupazione strutturale (conseguente) che avrebbe il "vantaggio" di ridurre il costo del lavoro (cioè il salario reale), stimolando le esportazioni.
Nel corso degli anni seguenti al 2011, anno di imposizione per via di diktat europei, - cioè la lettera BCE "estiva" e, successivamente, l'applicazione del six packs, culminante nel fiscal compact-, e fino a tutto il 2014, si è visto come tale paradigma di correzione sia sostanzialmente fallito, generando una costante recessione: almeno in Italia, essendo l'unico paese che tale correzione per via fiscale ha almeno tentato di rispettare, riducendo costantemente il deficit sotto il livello del 3% per (tentare di) adeguarsi ai vari parametri del fiscal compact.
Altri paesi, in testa la Francia e la Spagna, hanno ignorato qualsiasi approssimata applicazione dei parametri stessi, registrando sì una crescita, ma con deficit costantemente superiori non solo ai vari obiettivi intermedi di pareggio strutturale di bilancio, ma anche allo stesso 3% in precedenza applicabile all'eurozona.
5. Dunque, in termini di "ritorno alla crescita", nessuna prova si può registrare nell'eurozona (incluso il caso dell'Irlanda) che l'austerità espansiva funzioni: chi era tornato alla crescita (appunto, Irlanda o Spagna o Portogallo, o, in diversa situazione, la Francia) lo aveva fatto e lo fa, tutt'ora, mediante forti deficit pubblici e mediante il costante peggioramento del rapporto debito PIL.
Quest'ultimo è notevolmente peggiorato anche in Italia, ma a causa del calo recessivo del PIL connesso alla drastica riduzione del deficit pubblico, che si è rivelato pro-ciclico e non espansivo (cosa che la Corte costituzionale, nella nota sentenza sulle pensioni, non è stata in grado di rilevare, limitandosi a censurare un mero difetto di motivazione della natura di "misure per la crescita" della riforma pensionistica "Fornero").
6. Va peraltro detto che il ritorno alla crescita italiano nel corso del 2015, è dovuto essenzialmente a due fattori, uno principale e uno "secondario".
Quello principale è il QE, che ha determinato, già con il suo mero annuncio nel corso del 2014, sia il deprezzamento relativo del corso dell'euro rispetto al dollaro (valuta principale degli scambi internazionali), - aumentando, anche in concorso col notorio calo dei prezzi petroliferi, la competitività di prezzo delle merci europee e, dunque, italiane-, sia la caduta dei c.d spread, facendo risparmiare l'Italia sull'ammontare degli interessi del debito publbico (pur aumentato in termini assoluti) e, così, consentendo al governo un certo margine di "minore" austerità, potendosi cioè rispettare l'obiettivo di deficit annuale concordato con la Commissione senza ricorrere a manovre correttive, aggiuntive e depressive, in corso d'anno.
7. In questa situazione "eccezionale" (cioè non strutturale e proprio dell'ordinario funzionamento del fiscal compact), il miglioramento del saldo delle partite correnti, dovuto non solo al calo delle importazioni ma anche all'aumento incrementale delle esportazioni, è stato maggiore dell'effetto depressivo della manovra fiscale 2015: nelle nostre previsioni, al netto degli effetti del QE, la crescita del 2015 sarebbe stata pari a 0 o su valori (anche negativi) prossimi ad esso.
Ma, allo stato, e finchè regge la capacità di assorbimento dei mercati extra-UE (e l'effetto positivo dei prezzi petroliferi), il QE ha funzionato come "svalutazione competitiva" e alleggerimento "relativo" della spesa per interessi e ha consentito all'Italia una crescita, senza investimenti, quale tipicamente legata a politiche monetarie "non convenzionali" (cioè non legate alla fissazione dei tassi, da parte della Banca centrale, già ai minimi storici e non utilmente manovrabili, specie in concomitanza di politiche fiscali, nell'eurozona, completamente contraddittorie con gli effetti sperati dei tassi "zero").
8. Potremmo poi, irresponsabilmente, ritenere che gli effetti (valutari e fiscali), intrinsecamente transitori, del QE non siano decisivi e pensare di perseguire una politica fiscale espansiva "reale". Ma questo, permanendosi nell'eurozona, non lo crede probabilmente nessuno in Italia.
Il jobs act, al netto della sua "droga" fiscale consistente nella defiscalizzazione dei nuovi assunti, è, e rimane, una riforma di precarizzazione ulteriore del lavoro e quindi di sua deflazione; il vero dato sulla disoccupazione, correttamente inclusiva di lavori a singhiozzo, scoraggiati, cassaintegrati, e part-time involontari, rimarrà strutturalmente molto elevato.
Quindi la domanda interna sarà caratterizzata da debolezza e, una volta che sia cessato il QE, da contrazione (dei consumi, per l'ampia disoccupazione e il calo dei redditi degli occupati...rimasti); i risparmi e gli investimenti nazionali rimarranno in fase negativa e il gettito fiscale, e quindi i conti pubblici, sono destinati a peggiorare, imponendosi, - sempre in un futuro "fisiologico" dell'eurozona una volta concluso il QE- la consueta rincorsa tra manovre di consolidamento fiscale, sempre più aspre e destabilizzanti, e il dato dei "conti che non tornano".
9. Rimane il fatto che l'attuale manovra è obiettivamente depressiva: solo lo è in misura compromissoria al ribasso. Si cerca di non aggiustare i conti nella misura voluta dalla Commisione (per ogni anno, infatti, la riduzione del deficit era stata stabilita in 0,7 punti di PIL) e non nelle direzioni (deflattive) da essa indicate: questa linea consegue alla famosa flessibilità che la stessa Commissione consente a condizioni ampiamente discrezionali e di volta in volta da negoziare, in un continuo braccio di ferro tra i responsabili economici del governo e i tecnocrati €uropei, entrambi consapevoli, in un balletto grottesco, che maggiore o minore che sia il consolidamento comunque perseguito, questo non funziona per la crescita.
10. La crescita non è proprio raggiungibile e stabilizzabile all'interno dell'euro e il sistema di correzione dell'austerità (non espansiva ma "competitiva-deflattiva" mediante alta disoccupazione strutturale), serve solo a mantenere in vita l'euro.
Al più, in questa ottica, si può traccheggiare invocando, appunto, qualche decimale di tolleranza sulla misura del consolidamento fiscale (e dello smantellamento del sistema del welfare), per via delle "riforme" (cioè della precarizzazione-deflazione definitiva del mondo del lavoro), degli "investimenti", purchè si accompagnino al taglio della sanità e delle pensioni, e magari delle "spese per l'emergenza immigrati", purchè, anch'essa, si risolva nella immissione di nuova forza lavoro che spinga verso la deflazione salariale. Cosa di cui i tedeschi si mostrano perfettamente coscienti, ma che in Italia una rigida censura mediatica tiene accuratamente nascosta.
Ma sempre implicando che queste debbano trovare copertura in pareggio di bilancio, cioè mediante l'introduzione di nuove o più pesanti imposte su altri soggetti, ovvero il taglio della spesa pensionistica e sanitaria (misure che in genere li vedono plaudenti).
A proposito del principio di pareggio di bilancio in Costituzione, a qualcuno può forse servire rinfrescarsi la memoria in merito alle votazioni finali alla Camera e al Senato che hanno portato alla sua approvazione:
RispondiEliminahttp://parlamento16.openpolis.it/votazione/camera/pareggio-di-bilancio-in-costituzione-pdl-cost-4205-abb-b-voto-finale/38220
http://parlamento16.openpolis.it/votazione/senato/pareggio-di-bilancio-in-costituzione-disegno-di-legge-costituzionale-n-3047-b-votazione-finale/38449
Scilipoti era contrario.
Plaudenti si, certamente, ma senza supporto razionale.
RispondiEliminaInsisto, se mi si consente di rappresentare ancora questa posizione, della quale non mi compiaccio punto, con l'intento di percorrere ogni interpretazione plausibile.
Qui è una inclinazione emotiva che fa scaturire l'applauso, una forma di frenesia della libido che vede nei lavoratori la femmina da sottomettere e possedere.
Viene naturale sospettare, osservando questo reiterato godimento vistosamente emotivo, che esso sia dunque un surrogato di una impotenza effettiva. La femmina, quella vera, evidentemente gli si alza dal letto sempre più perplessa, e oramai neanche perlomeno costernata, no!, definitivamente indifferente. Deve essere molto frustrante, e dunque ecco che i lavoratori, devono costituire il risarcimento. Quale altra ragione per una manifestazione così palesemente solamente emotività?
È assente ogni forma di razionalità perché nessun criterio economico può legittimare l'applauso per la disintegrazione del mercato. Inutile, e patetica, l'aggiunta della parola “interno”, quando questo mercato “interno” è un interno universalmente concepito. Se la ricetta delle grandi istituzioni economiche insiste sulla austerità generalizzata, l' “interno” specifico non esiste più, si tratta solo di una logica globalmente diversa.
Ad esempio, è strano che, volendo agire conseguentemente, non si penalizzi la propaganda. Se l'obiettivo è quello del ritorno allo stato della Durezza del Vivere, la propaganda pubblicitaria è una contraddizione completa. Bisognerebbe pubblicizzare la frugalità, la continenza catoniana, non l'esuberanza consumistica. Se non si deve spendere allora si vede che non si deve neanche consumare. Ma se è facile predicare la maggiore casta moralità del bel tempo che fu, è chiaro che quando tornasse veramente la “Durezza” tutto il resto del mondo tornerebbe a quel tempo andato, che bello appare solo nel ricordo sbiadito. Il garage torna stalla, l'automobile il somaro; si producono pere e si mangiano patate. E i Pil che crescono sono quelli che spuntano sul posteriore del somaro per formare la cosiddetta coda.
Senza contare il fatto più rilevante, che, al di sotto di una certa soglia, la “Durezza” viene attraversata solamente da chi ha tutt'altre motivazioni all'esistenza che quelle d'essere in un qualsiasi modo socialmente positivo. Oltre un certo punto diventa forzato dover buttare via anche il bambino, ma il fatto è che la bacinella sempre bagnata rimane, e indovina di cosa?........
Ma di acqua sporca naturalmente!
I predicatori a gli amatori del regresso, regresso avranno. E nulla più!
Amano i vecchi tempi del somaro forse perché trovano con quell'animale inconfessabili affinità elettive?
Ne hai messi di temi insieme: e te ne faccio lode.
EliminaE' pur vero che gli hayekiani vengono lasciati liberi fino a che non si faccia la riforma del mercato del lavoro-merce. Poi ricomincia il peso dell'intreccio tra interessi incompatibili all'interno della stessa oligarchia: questo non dovremmo dimenticarcelo...
L'ordoliberismo cerca di sopire e troncare questa contraddizione tra domanda interna, - in cui intortare i consumatori coinvolgendoli pomposamente nella ipostatizzazione del mercato (una delle più grandi prese per i fondelli della Storia europea)-, e liberoscambismo.
In effetti, ben pochi sono in grado di dominare, a livello (più o meno) teorico, il paradigma nel suo aspetto stop-and-go.
Tutti gli altri, nelle elites, come nei movimenti di massa (ormai divenuti inconsapevolmente autolesionisti), agiscono un base ad un'emotività pseudo-catartica, scollegata dagli interessi materiali dell'esistenza (benessere psicologico e armonia delle pulsioni): potremmo definirlo un caso di isteria collettiva sulla base di un conflitto con se stessi determinato da antefatti eterogenei, ma ad effetti convergenti, di proiezione paranoica.
Una certa spiegazione l'avevamo tentata qui
http://orizzonte48.blogspot.it/2014/01/lautoinganno-del-tecnicismo-pop.html
Caro Quarantotto, letto il post mi frullava un commento del tipo psicopatologia degli eventi reali. Poi ho abbozzato per non ripetere cose già segnalate parecchie volte da parecchi sodali.
EliminaResta comunque il fatto che a esplicitare la realtà si viene sempre più presi per pazzi. E questo è ciò che più mi preoccupa...
Buona domenica a tutti.
Un esempio abbastanza sconcertante di linguaggio pop-cosmetico, per rimanere ai contenuti del post, lo ha fornito Renzi, ieri o l'altro ieri, disquisendo lungamente sulla riduzione delle tasse, come soluzione universale del problema economico, che il Governo avrebbe finalmente, proprio ora, proprio il suo, capito, messo in atto e, udite udite, conseguito. La tabella sopra che contiene la previsione sull'andamento della pressione fiscale nei prossimi anni, prodotta dal suo stesso governo, smentisce quelle comiche affermazioni, le quali naturalmente essendo solo manifestazione di trucco cosmetico non devono superare la serata, non sono pensate per durare due interi giorni, servono solo per la discoteca stasera. E sono trucchi, tutte le donne lo sanno, trucchi per migliorare un profilo, tirare a campare almeno un'ora in più, fino a che, a tarda notte, si sciolgono da soli e nessuno se ne potrà dolere.
EliminaMa vi è anche il risvolto macabro, e sempre rappresentato ieri in TV. Se esistono delle tasse ridotte mirate per alcuni, in presenza di un aumento complessivo della pressione fiscale deve essere che altri saranno gravati per se, come prima e più di prima, e gravati anche delle quote di esenzione per coloro che sono i favoriti. È ovvio no?
Ieri in uno qualsiasi dei telegiornali che vanno in onda sull'elettrodomestico, il gelato la giornalista l'ha messo in bocca alla rappresentante dei “Giovani Imprenditori”, alcuni dei quali si trovavano lì a contornarla, con le loro belle facce giovanili, appunto, e in improbabili gessati, completi e giacche blu dello Zio d'America, e capello lisciato aerodinamico come sempre. I “Giovani Imprenditori” si sa, si riuniscono in branco a date fisse, e vestono sempre in modo compassato, com'è d'uso, come prolungamento della uniforme blu col fioccone delle scuole elementari d'un tempo, e in qualche modo bisogna pur far vedere che ci si distingue nel pop-cosmetico. Ebbene costei, sorridente, come da prassi, s'esprimeva sul gelato, perché ognuno ci ha il suo ruolo preciso, mai edificante, nella commedia e lo esegue con rassegnato scrupolo, dicendo prima di tutto la frase di rito: “Ci aspettavamo di più.” e poi comunicando il tenue apprezzamento e soddisfazione dei famosi “Giovani Imprenditori” intorno a lei convenuti. Soddisfazione sulla cui natura e significato abbiamo parlato appena sopra e riguarda tutti i sessi a quanto pare.
E chi meglio di chi vede pagare le sue tasse da altri? E già!, facile no?
I “Giovani Imprenditori”, ma anche le “Giovani Imprenditrici” a quanto pare, a loro insaputa, sono proprio quelli che più vicini si trovano all'attaccatura dei Pil che crescono nei somari.
A proposito di "contenimento" del perimetro dello Stato.
RispondiEliminaSe non ho capito male, la "vulgata" liberista vuole il banchiere centrale come autorità indipendente e squisitamente tecnica, al fine di impedire una gestione "allegra" del debito pubblico (soggetto esclusivamente alla fiducia dei mercati), e di porre un freno alla politica sprecona e corrotta di questa Italia sprecona e corrotta.
Meno male che c'è il banchiere centrale, eletto quasi ad unica figura in grado di conservare una qualche autorità morale. Del resto, se è solo un "tecnico", come può sporcarsi?
Esaurita la premessa, segue la notizia: http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2015/10/20/visco-indagato-dalla-procura-di-spoleto_b58fbe89-5bce-46e4-a8f3-9f1bd11a74ef.html
La nota locuzione di Giovenale ("Quis custodiet ipsos custodes?") è ancora drammaticamente in auge, ma si fa finta che nel frattempo sia stata sorpassata oppure, e peggio, è divenuta realmente obnubilata.
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