1. Visco a Francoforte, al convegno della European House,- Center for Financial Studies, (organizzato da una nostra vecchia conoscenza, Otmar Issing), ci racconta delle "stime tecniche" di Bankitalia che comproverebbero come, in assenza delle scelte adottate da Draghi e dagli altri membri del board BCE tra il giugno 2014 e il dicembre 2015, sia l'inflazione annuale che la crescita del prodotto sarebbero risultate più basse di circa mezzo punto percentuale nel periodo 2015-2017, nell'area euro complessivamente considerata.
"Il contributo della BCE sarebbe stato ancora più importante per l'Italia, in quanto in assenza dell'impulso monetario, la recessione italiana sarebbe terminata solo nel 2017 e l'inflazione sarebbe rimasta negativa per l'intero arco di tre anni.Visco (come riporta "Il Messaggero" di ieri in argomento, a pag.5), si sofferma sul "legame tra crisi economica, alta disoccupazione e bassa inflazione: "nell'area euro la correlazione negativa tra disoccupazione, inflazione di fondo e tasso di crescita delle retribuzioni contrattate è molto evidente"."In altre parole, la crisi ha reso i salari più legati alla disoccupazione: più è alta quest'ultima, meno crescono gli stipendi. Una tesi confermata dai dati empirici analizzati da Bankitalia, relativi a Francia, Italia e Spagna"."In particolare una riduzione di 3 punti del tasso di disoccupazione avrebbe l'effetto di incremetare le retribuzioni di uno 0,5-1%. Ecco perchè, spiega Visco, "sostenere la crescita e l'occupazione è cruciale per riportare l'inflazione verso l'obiettivo".
2, La crisi ha reso i salari più legati alla disoccupazione?
Ma in realtà i salari sono sempre legati alla disoccupazione in senso inverso e ciò è un importante fattore di variazione conseguenziale dell'inflazione.
Politiche deflattive come quelle perseguite in nome dell'Europa, cioè a partire dall'introduzione del "vincolo esterno", sono quelle che tendono a limitare per via fiscale la domanda, in particolare agendo sulla riduzione del deficit pubblico annuale (maggiori tasse e minore spesa pubblica reale) nonchè agendo sulla flessibilità del lavoro per via legislativa, (politiche note complessivamente come "riforme strutturali"): esse inducono un aumento della disoccupazione e della precarizzazione (che, in termini di potere di contrattare il salario ha effetti del tutto equivalenti).
Questo, secondo l'apposito indice OCSE, è il recupero di flessibilità del lavoro in Italia PRIMA del jobs act e della definitiva abolizione pressocchè integrale dell'art.18. Come vedete eravamo già strutturalmente convergenti sulla flessibilità tedesca, con un performace di flessibilizzazione e di potenziale "disoccupabilità" persino superiore a quella realizzata dalla Grecia, al 2013:
3. L'effetto di tali politiche deflattive, il cui scopo essenziale è l'aumento della competitività verso l'estero, è sempre stato quello di sfruttare il legame tra disoccupazione e calo dei salari reali: cioè un'ampia disoccupazione, indotta da tali politiche fiscali ("vincolate" dall'UEM), determina una crescita salariale inferiore alla produttività nominale (cioè alla stessa crescita del PIL complessivamente rilevata), a meno che rigidità contrattuali, cioè di regime giuridico del rapporto di lavoro, impediscano un'adeguata elasticità di tale effetto: da qui, l'esigenza di ulteriori riforme strutturali. Ma anche il costo sistemico di andare incontro all'alta instabilità economica - e finanziario-bancaria- determinata dall'equilibrio della sottoccupazione.
4. Risultato: l'obiettivo-target di inflazione, posto e mantenuto al 2% anche in costanza della fase successiva alla recessione mondiale - sempre per il mantenimento della competitività, essenziale alla sopravvivenza dei vari paesi all'interno dell'unione monetaria- è la causa implicita (ma nondimeno "istituzionale") della disoccupazione e della minor crescita o della stessa recessione, almeno quella registratasi successivamente all'esaurirsi, per l'€uropa, degli effetti della crisi finanziaria, a epicentro USA, del 2007-2008.
Tali effetti si erano esauriti, in Italia e in gran parte dell'eurozona, già nel 2010 (anno di ritorno alla crescita dopo la recessione circoscritta a 2008-2009): la recessione successiva è stata determinata appunto dalle politiche deflattive, dette di "austerità" e istituzionalizzate in €uropa dal fiscal compact, che hanno mandato la disoccupazione a livelli tutt'ora "fuori controllo", portando il calo della domanda (il potere di acquisto delle famiglie, in particolare i consumi), e pertanto della stessa inflazione, a livelli anch'essi "fuori controllo" (rispetto al target del 2%).
5. L'obiettivo, dunque non dovrebbe essere quello di rispettare un target di inflazione quanto, in termini di comune buon senso economico, quello di ripristinare un certo livello di disoccupazione e di conseguente crescita.
Solo che, e questo Visco non lo ha detto a Francoforte, questa maggior occupazione con conseguente variazione positiva dei livelli salariali reali, avrebbe a sua volta portato a non correggere, e anzi a perpetuare, gli squilibri commerciali e finanziari privati tra i paesi appartenenti all'eurozona, vanificando il funzionamento programmativo dell'eurozona.
Infatti, all'interno di quest'ultima, essendo vietati i trasferimenti a sostegno delle aree (Stati) che risultino indebitati verso altre aree (Stati) della stessa eurozona, allorché i flussi di capitale finanziario privato dai paesi creditori - per finanziare le loro stesse esportazioni ovvero per finanziare attività di investimento nei paesi a più alta inflazione, e dunque a tassi reali più convenienti per i sistemi creditizi dei paesi più "competitivi" (cioè che comunque in precedenza registravano un tasso di inflazione più basso, anche in violazione del target del 2%!)- si interrompano per via di una crisi finanziaria mondiale, come appunto quella del 2008, l'unico modo di ripristinare la solvibilità e la competitività dei paesi indebitati (a titolo privato, commerciale e di finanziamento), è quello di inaugurare una stagione di riforme strutturali accelerate.
E queste sono appunto le riforme del lavoro, in senso flessibilizzante e precarizzante, nonché le politiche fiscali di taglio del deficit pubblico, che determinano un forte calo dell'inflazione relativa, rispetto ai paesi creditori.
6. Una vecchia storia di cui s'è parlato in lungo e in largo, negli anni scorsi, e che Visco ribalta nei suoi meccanismi di causa-effetto, incentrando l'attenzione sull'inflazione quando, invece, la questione è di squilibri commerciali e finanziari interni all'area euro che, come sappiamo, sono preventivati come inevitabili, ma a cui, altrettanto inevitabilmente, si sopperisce tagliando la spesa pubblica e aumentando le imposte, tagliando in definitiva la domanda interna e riducendo così sia i salari che il loro effetto di "spesa", che equivale alle importazioni che, appunto, devono essere limitate fino a portare, possibilmente, in attivo i conti correnti con l'estero del paese debitore.
Del fatto che la faccenda stia in questi termini, e non esattamente in quelli esposti a Francoforte (cioè, improvvisa e quasi "sorprendente" correlazione tra disoccupazione e calo dei salari e quindi dell'inflazione, quando si tratta di un effetto programmativo delle politiche di correzione adottate forzatamente all'interno dell'UEM), Visco appare in qualche modo ammetterlo successivamente in una preannunziata intervista al Sole24ore, che dovrebbe uscire quest'oggi, dicendo:
"In questa unione monetaria imperfetta, penso che alla fine mantenere per
un lungo periodo la moneta senza uno Stato sia impossibile”. (Non a caso, Otmar Issing, sopra linkato, è un deciso sostenitore dell'euro come strumento per arrivare alla denazionalizzazione della moneta, come via perenne alla stabilità monetaria, che sarebbe poi l'assenza di (variazione della) inflazione, in omaggio esplicito alle teorie hayekiane).
Salvo, però, aver prima detto, non senza una certa contraddizione sulla sostenibilità nel lungo periodo (che ormai è in buona parte già trascorso) delle stesse "riforme strutturali":
"La Bce, dice Visco in un'intervista sul Sole 24 Ore in edicola sabato,
dovrà continuare ad agire “con decisione”, a fronte di un'inflazione che
resta lontanissima dall'obiettivo di avvicinarsi al 2 percento,
“comprando tempo” perché la politica fiscale e le riforme strutturali
mostrino i loro effetti."
7. Insomma, l'importante è tenere sotto controllo l'inflazione al target: il resto, occupazione e crescita, sono solo strumenti da dosare sempre e e comunque per non compromettere la stabilità monetaria e finanziaria conseguenti.
Quindi, le riforme strutturali, che liberalizzano principalmente il mercato del lavoro, - dato che, per i restanti settori di mercato, gli oligopoli sono considerati intangibili stakeholders della stessa "stabilità"-, sono irrinunciabili: ma se è così, la crescita e l'occupazione sono perennemente sacrificabili, in nome del mantenimento dell'euro.
Con buona pace della nostra Costituzione, e in buona parte delle altre, che, invece, predicano politiche economico-fiscali di piena occupazione per tutelare l'esistenza libera e dignitosa dei popoli di lavoratori, una volta sovrani e oggi assoggettati all'euro che infatti, secondo Carli (ma nel suo pensiero del 1974) avrebbe determinato quella esatta situazione che, oggi, Visco lamenta, cadendo in insanabile contraddizione (in quanto deve dire tutto e il contrario di tutto):
"Se in questo momento la lotta all’inflazione appare l’obiettivo prioritario, l’Unione monetaria europea non può tuttavia essere imperniata su un meccanismo che tenda a relegare verso il fondo della scala gli obiettivi dello sviluppo e della piena occupazione, cioè ad invertire le scelte accettate dalla generalità dei popoli e dei governi in questo dopoguerra".
8. Ma questa contraddizione non nasce per caso: è la conseguenza del non poter dire mai la verità, sugli scopi dell'euro e sul costo di disoccupazione strutturale, e di controllo "mercificato" del mercato del lavoro e di calo dei salari, che esso è inteso a instaurare.
Come conferma Draghi che individua nelle Costituzioni democratiche l'ostacolo all'adozione e all'efficacia delle "riforme strutturali", consigliando, proprio ieri, ai portoghesi di "rivedere" la loro Costituzione.
Draghi sugeriu revisão da Constituição e das leis eleitorais
Forse, incidentalmente (a quanto pare), una moneta senza Stato per Visco non è indefinitamente sostenibile: ma di certo le riforme strutturali devono andare avanti.
L'insanabile contraddizione segnalata da Carli può proseguire, in nome della pac€ e della fratellanza €uropea, fino al Maelstrom...
Nessun sistema istituzionale ragiona in termini della propria dissoluzione. Come ci ha ricordato in più occasioni Alberto Bagnai, citando Jacques Sapir, "di due cose i cittadini russi erano convinti: che il sistema non funzionasse, e che sarebbe durato per sempre". E più le istituzioni sono grosse, più questa forma pura di bispensiero la fa da padrone: è la ragione per cui vari "pezzi grossi" agiscono in una determinata maniera nel momento in cui si trovano a rivestire una particolare carica, per poi lasciarla e criticare apertamente l'operato dell'organizzazione in seno alla quale hanno attivamente operato in posizione di preminenza per il periodo di tempo in cui vi hanno prestato servizio, stando contemporaneamente ben attenti a non fare il minimo cenno al proprio ruolo nelle vicende contestate, o addirittura provvedendo a incensare il lavoro da essi stessi svolto nel contesto difficile.
RispondiEliminaUn sistema disfunzionale ha in se stesso tante ragioni che ne possano giustificare il crollo, ma alla fine tale crollo si verificherà solo a partire da uno shock esterno in grado di avere un effetto dirompente sui fattori interni. Altrimenti si procederà per inerzia, anche oltre ogni soglia di sostenibilità razionale del sistema in questione. E questa è la ragione per cui in ogni epoca storica si verificano delle tragedie collettive.
Elemento del quadro: il surplus tedesco verso l'Europa in generale e l'eurozona in particolare (Italia inclusa) ha ricominciato ad aumentare. E sta continuando a farlo.
RispondiEliminaCrediti della Germania verso l'estero 2,068 Billioni(europei non americani) o in numeri 2.068.087.000.000 €
EliminaLa Germania non smetterà con la sua Hybris sul Export, tirerà dritto fino al ultimo è si fermerà solo con la forza (non militare). Questo colpo potrà venire solo dai brutti americani. Sugli europei non ci contro più è in primis sui sudeuropei, proprio il sudeuropa che dovrebbe prendere l'iniziativa c'è una totale sudditanza verso la Germania, niente da fare. Il colpo verrà se mai dalle "merde" anglosassoni. Time will tell
L'ultima frase la dice lunga:
"Cosa sarà se l'estero non sarà o non vorrà ripagare i suoi debiti è Cosa sarà se l'estero svaluterà ?
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EliminaIn effetti, l'unica che si preoccupa veramente, e non solo nel proprio esclusivo interesse, di aspetti del genere (eccesso di creditoi diventa un problema per lo stesso creditore), è una tedesca atipica: Frauke Petry
Eliminahttps://m.facebook.com/BastaEuroLegaNord/posts/517563135071792
Tutti gli altri governanti, €tecnocrati e responsabili dei dicasteri economici, sono in preda all'alibi del sogno ("ci vuole più €uropa"); salvo che, i tedeschi, con ciò, intendono politiche e misure esattamente opposte a quelle invocate da tutti gli altri partner, che peraltro di questa incomunicabilità non sono affatto preoccupati (che je frega?).
Il fatto è che la solidarietà di classe tra i vari oligarchi filo-euristi, (sia pure nelle loro gerarchie, che rendono vassalli minori gli spaghetti-€-liberisti) funziona ancora molto bene: al punto che tutti sono sicuri che, comunque, vadano le cose, a pagare i debiti saranno sempre le luride masse di lavoratori, precari, pensionati, vedove, mutuatari, piccoli correntisti e proprietari delle case di abitazione.
Anzi, nella di ESSI, visione più pagano, più vengono riportati alla miseria che gli si addice per legge naturale (liberista), più si realizza una vera giustizia divina (naturalmente il dio è il mercato: con la legge dell'offerta...e dell'offerta)
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Eliminatutti sono sicuri che, comunque, vadano le cose, a pagare i debiti saranno sempre le luride masse di lavoratori, precari, pensionati, vedove, mutuatari, piccoli correntisti e proprietari delle case di abitazione
È qui è il grande errore dei spaghetti liberisti italiani composta dalla maggior parte probabilmente da imprenditori che hanno delocalizato al estero come la Guidi, in Romania, Croazia è India. Un spaghetti liberista che vive dal mercato interno è semplicmente scemo. Ma anche gli imbecilli che producono al estero vorranno rivendere i loro prodotti in Italia, il loro mercato principale con lo stampo "made in Italiy".
I disocupati non sono più in grado di pagare i debiti come le imprese che hanno chiuso o fallito, quei soldi sono persi. Vedi NPL delle banche italiane. In altre parole i spaghetti liberisti stanno distruggendo il loro principale mercato di sboccho, l'ITALIA. Una stupidità incredibile. L'Italia vive dalle PMI, diversamente dalla Germania che vive dalla multinazionali, un sistema completamente diverso. Un sistema basato sulle PMI per mè è molto più sano che uno basato sulle multinazionali. Perciò l'Italia non potrà mai copiare la Germania (Hartz IV). Senza parlare dei costi sociali che in Germania li ha pagati lo stato è le tasse che in Germania durante le riforme Hartz IV furono abbassate per gli imprenditori è in Italia sono esplose. In altre parole in Germania hanno sacrificato il salariato ma protetto la loro industria.
Ma puo anche darsi che i debitori non vorrano semplicemnte ripagare i propri debiti è qui entrano in scena gli USA.
Se gli americani incomiciano a capire che l'euro nuoce alla loro industria è ai loro operai (gli americani sono patrioti) l'euro fallirà subito. Per fare questo gli americani hanno molte leve.
54 mrd. di deficit commerciale del america verso la Germania nel 2015 sta diventando un problema. tendenza in salita. Gli USA non sacrificerà la sua industria o i loro operai per il progetto fallimentare Euro. Never ever.
Comunque sè salta tutto, il conto per la Germania sarà salato, molto salato. Sopratutto per l'operaio tedesco.
PS
In Svizzrea i debiti privati sono a 1.3 Billioni.
Se la Svizzera farebbe quello che sta facendo l'Italia, cioè distruggere la domanda interna, scoppierebbe il putriferio.
Ma la colpa, come in sostanza si è capito ieri guardando Report (eppure la Gabanelli è proprio brava perchè, dico io, non ci arriva proprio alla causalità corretta...) è nostra che:
Eliminaa) non abbiamo fatto le riforme nel timing giusto
b) non abbiamo gli uomini giusti al posto giusto.
Su due piedi è anche un discorso che fila. Ma poi fermandoti a pensare capisci che è un discorso da fessi. E la cooperazione dove la mettiamo? Assieme al cetriolo?
..EL AMOR ES MAS FUERTE
RispondiElimina(otc .. da card. Angelo Sodano – nunzio apostolico – in preparazione della visita del fu Pastor Bonus nel regime cileno di A. Pinochet nel 19876)
C’è sempre da imparare alla messa vespertina di Barba’in’papa quando parla del Papa “senza ori ed ermellino”, insignito quest’anno del Premio Carlo Magno a personalità con meriti particolari in favore dell’ "integrazione e unione" in Europa a fianco dei Martin Schulz, Herman Van Rompuy, .. Wolfgang Schauble, Jean Claude Tricher .. Angela Merkel .. Jean-Claude Junker, per citare alcuni degli ultimi rappresentativi designati dal 2005.
Ci sono da considerare i significati dell’esostazione apostolica “Amor Letitia” che parla del ruolo della famiglia biblica, scientifica, storica e dell’ammodernamento – l’ “inculturazione” – del Magistero della Chiesa perchè “ .. in ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate perché le culture sono molto diverse tra loro, sicché perfino il modo di impostare e comprendere i problemi, al di là delle questioni dottrinali definite dal Magistero della Chiesa, non può essere globalizzato ..." e ancora “ .. le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere, ma non possono assolutamente abbracciare tutte le soluzioni particolari che non si risolvono a livello d'una norma".
Le “stranità” del bis-linguaggio dei periodi distipici richiamano populismi demagogici di ruoli e funzioni che nel corso della storia hanno assunto il significato e il “consacramento“ del pensiero “forte” del potere.
Ci sono da considerare i metodi ingegnati dalla “fabbrica del consenso” nel processo di “cristallizzazione dell’opinione pubblica” sull’utilizzo di “parti terze” autorevol/mente referenti a validazione e consolidamento del “pensiero forte”.
Vabbè .. si sa che “a pensar male si fa peccato ma a volte ci s’azzecca” e il salto di qualità dell'inculturamento sarebbe da meditare anche se sarebbe meglio scolpire il “bianco di Carrara”, dipinger volte e suonar liuti.
Tiremm innanz ..!
"La Bce, dice Visco (…) dovrà continuare ad agire “con decisione”, a fronte di un'inflazione che resta lontanissima dall'obiettivo di avvicinarsi al 2 percento, “comprando tempo” perché la politica fiscale e le riforme strutturali mostrino i loro effetti". La contraddizione di Visco è tale se rapportata al campo della logica, ma, se rapportata a ciò che lo stesso sa essere vero, è annoverabile alla categoria della menzogna. Esponenti della piddinitas nostrana hanno già spiegato agli italiani in modo cristallino che la scelta di una disoccupazione strutturale alta è una DELIBERATA (e criminale) SCELTA dei governi Monti e Renzi (si ascolti il piddino Alfredo D’Attorre alla trasmissione Omnibus del 1 maggio 2015 https://www.youtube.com/watch?v=qEXk_26yyKw). In termini processuali si chiamerebbe confessione, la regina delle prove. Cosa produrrà il jobs act? Precarietà e deflazione salariale, ammette candidamente il piddino. “NOI NEL DEF ABBIAMO SCRITTO CHE LA DISOCCUPAZIONE NEI PROSSIMI ANNI NON SCENDERÀ AL DI SOTTO DEL 12%”, continua il nostro eroe spiegando la logica ordoliberista. Mentre la giornalista, in evidente e colpevole imbarazzo, derùbrica dette affermazioni a semplici “critiche”!!!!! Ormai si può andare in televisione ad ammettere senza alcun problema che un governo della Repubblica adotta politiche contrarie alla Costituzione senza che accada alcunchè. La storia presenterà il conto a tutti quei porci responsabili della violazione della Costituzione e del dolore di tanta gente, è solo una questione di quanti morti dovremo contare mentre la BCE "compra tempo"
RispondiEliminaOcchio domani a Commerzbank è Dexia
RispondiEliminaHeta non vuole ripagare i suoi creditori. Principali creditori sono Commerzbank (Germania) è Dexia (Belgio/Francia).
http://www.bloomberg.com/news/articles/2016-04-10/heta-s-creditors-forced-to-share-losses-by-austrian-regulator-imuocris
PARRESIA
RispondiElimina(dal greco, παρρησία composto di pan [tutto] e rhema [ciò che viene detto] diritto di dire tutto e il contrario di tutto)
Si sa che c’è sempre qualcuno più bravo, più intelligente, più scaltro, più furbo d’altri che le solo ragioni genetiche, fisiche e psichiche non riescono a spiegare e che i rapporti sociali (meglio definibili come rapporti di forza o conflittualità) contribuiscono a comprendere come questi qualcuno (essi, cioè essi o meglio le strette oligarchie autorefenenti) siano superiori d’altri per “elezione divina” o per “ratto” dei diritti altrui provocando un danno alla maggioranza silente, silenziosa, sedata e assopita che non ha ben chiaro – o ha dimenticato - cosa sia la gestione democratica di una comunità civica.
Così come dovrebbe aver ben chiaro che le democrazie costituzionali sono metodi di governo diversi da quelli contemplati nel Codice di Diritto Canonico nel quale “il sinodo dei vescovi [parlamento] è direttamente sottoposto all’autorità del Romano Pontefice” (Can. 344).
Così come si dovrebbe sapere come e perchè la denaturazione dei rapporti sociali, da tempo in corso, abbia raggiunto dimensioni e proporzioni di preoccupante drammaticità.
Entrando in tema di €-riforme strutturali, c’è una recente pubblicazione del BuBe – banca centrale tedesca - che affronta il tema della deflazione salariale tedesca – riforme Hartz dell’agenda rosso-verde degli anni 2000 – da alcuni indicata come causa degli squilibri strutturali dell’euro-zona.
I risultati dell’analisi contraffatuale sono, ovviamente, sorprendenti di/mostrando che non esiste nessuna correlazione tra le politiche salariali tedesche e gli squilibri dell’UE e che quindi la “la moderazione salariale tedesca non ha potuto essere il driver principale degli squilibri esterni dell’eurozona” e, aggiungiamo noi, all’interno delle comunità civiche.
Come a dire, parresia à gogò, quindi moderazione dei toni e - detto da banche centrale indipendenti - mi servite solo a dar parvenza di collegialità, le decisioni ultime sono nostre, quindi cercate – scusate il francesismo – di non romperci il cazzo.
That‘s all, folks!
Il punto è che non ci hanno tutti i torti: la causa prima degli squilibri strutturali è l'euro stesso. Il nazimercantilismo è "nella loro natura"; ed era uno dei maggiori motivi per cui l'Italia non poteva permettersi di rinunciare alla flessibilità del cambio.
EliminaPare che a farci massacrare dalla Germania ci abbiano spinto a "suon di bombe"....
Per fortuna che gli USA non amano imporre agganci al dollaro e con spirito solidale proteggono le industrie concorrenti.
Quindi tranquilli: se saremo fortunati saremo liberati dal TTIP, che porterà generosamente d(r)oni che andranno dalla democrazia al chewing gum.
Insomma: ancora troppa filantropia.
RispondiElimina"Una politica del lavoro giusta (in ogni senso) riuscira’ a creare posti di lavoro secondo la misura del mercato europeo, non soltanto di quello italiano che ne rappresenta una frazione relativamente modesta. Per chi sa prevalere nella competizione la vincita e’ divenuta piu’ alta: attirera’ verso il proprio territorio investimenti, lavorazioni, benessere. Secondo la stessa logica, pero’, una politica errata (ma anche ingiusta, perche’ ostile ai meno fortunati) pur se ispirata a senso di solidarieta’ sociale, peggiorera’ lo stato dell’occupazione invece di migliorarlo. Politiche che considerano lavoratore chi riceve un sussidio senza produrre, che impongono all’impresa vincoli che le sue concorrenti straniere non hanno, che cercano di ridistribuire il lavoro accrescendone il costo complessivo, che ostacolano l’impiego precario o tengono alto il primo salario, sono si’ sostegni all’occupazione, ma a quella dei Paesi nostri concorrenti, non a quella italiana.
[...]
Al pari dell’architettura e della biologia, anche la vita economica e’ governata da leggi: puo’ dispiacere, ma solo rispettando quelle leggi un duraturo benessere e’ raggiungibile. Si usa dire che l’architetto copre i suoi errori con una siepe, mentre il medico li seppellisce. Per correggere gli errori dei filantropi dell’occupazione ci sono state, per anni, la svalutazione del cambio e la finanza facile. Ora non piu’."
(Tommaso "durezza del vivere" Padoa Schioppa, I filantropi dell'occupazione, Corriere della Sera, 2 agosto 1998).