Ma sì...mettiamoceli tutti che ci stanno comunque bene...
1. Come risulta del tutto prevedibile, la stampa mainstream si affretta a ri-raccontare la storia dell'insolvenza delle banche venete in termini di casta-cricca-malcostume, in modo da escludere, agli occhi del suo lettore-tipo, ogni possibile connessione tra l'euro, le politiche fiscali indispensabili per mantenere l'Italia dentro l'eurozona, e la disciplina dell'Unione bancaria. La narrazione è la stessa che c'è stata propinata con riguardo ai precedenti delle "3 banche" e del MPS:
"Consoli e Zonin sono stati travolti dai prestiti che loro stessi hanno concesso, spesso ad amici e senza valutazioni obiettive, perché anno dopo anno si sono trasformati in sofferenze che hanno eroso il patrimonio delle loro banche. Un patrimonio, per di più, che non sempre era vero capitale, perché in non pochi casi le azioni che le due banche emettevano per rafforzarlo venivano sottoscritte dai correntisti finanziati dalla stessa banca. Era solo un circolo vizioso".
1.1. Se ne deduce che se i prestiti fossero stati fatti ai "nemici", o comunque, seguendo non ben identificabili (e diversi) criteri di merito del credito, che avessero prudenzialmente giustificato la "fiducia" elargita in un dato momento storico, nessuna banca, specie quelle "locali-brutte" che fanno gestioni allegre e poco trasparenti, sarebbe incorsa in una procedura di risoluzione.
2. Il credito, sostiene il mainstream, in Italia c'è chi è bravo e onesto nel concederlo e chi no: problemi SOPRAVVENUTI di difficoltà sistemica di restituzione non sono in alcun modo contemplati nelle sue spiegazioni.
E non solo, ma a nessuno viene in mente, in queste occasioni, di parlare di credit crunch e di come, amici-brutti o beneficiari-meritevoli che siano, la situazione delle imprese - e di un numero crescente di famiglie, con mutuo e concomitante perdita o precarizzazione del lavoro- era ed è tale che, senza erogazione o mantenimento delle linee di credito, ogni attività e ogni asset, nel mondo reale, andrebbero perduti.
E infatti, siccome il credit crunch invece c'è, poi accade che, ai suoi effetti di soffocamento senz'altro sistemico, si uniscano le perdite di questa strana categoria mista, che non è certamente casuale ma piuttosto congiunturale: la categoria delle famiglie e imprese che, in quanto beneficiarie di credito (di sopravvivenza), divengono pure azionisti e/o obbligazionisti della banca erogatrice.
A questa erano abituate a rivolgersi, in condizioni fisologiche, come interlocutore territoriale naturale.
3. Ma, nonostante nessuno si interroghi sul perché non ci siano più queste condizioni fisiologiche nei vari "territori", la reiterata spiegazione che viene standardizzata per tutti i casi di insolvenze bancarie, più o meno "risolte" all'€uropea, continua ad essere che non ci sarebbe alcun problema per il sistema bancario italiano.
Perfettamente in linea con questa spiegazione ostinatamente fondata sulla esclusiva efficienza causale della malagestio, Visco di recente conferma:
"E' grave che si parli della crisi del sistema bancario italiano, perché
potrebbe essere strumentalizzato dai mercati. Non c'è una crisi del
sistema bancario, ma una gravissima crisi italiana che ha colpito alcune
banche''. Così il governatore Ignazio Visco in audizione al parlamento
''Ci siamo accorti della crisi banca per banca e una per una abbiamo
informato sempre gli organi giudiziari''.
3.1. E quindi, dobbiamo supporre che la pubblica opinione che si forma sul mainstream mediatico sia fermamente convinta che l'euro, l'austerità fiscale e i suoi effetti sulla domanda e sull'occupazione - quindi sulla solvibilità di imprese e famiglie- non c'entrino nulla.
Con fiera pervicacia, autorità bancarie e espertologia mediatica rivendicano la correttezza metodologica del non interrogarsi mai sull'esistenza di cause sistemiche. E procedono empiricamente, a posteriori: ogni volta è come se fosse una sorpresa, un inconveniente anomalo in cui ci si imbatte e di cui ci si deve rammaricare a posteriori.
4. Ma questa foglia di fico, naturalmente autorazzista e basata sul senso di colpa - ogni male economico e sociale che ci troviamo a fronteggiare, è conseguenza di un modo di essere degli italiani e va corretto con dosi aggiuntive di €uropa-, non dovrebbe accontentare l'italianomedio (a meno che non "sappia di sapere").
4.1. Alberto Bagnai, un anno e mezzo fa, aveva invece descritto con ben maggiore attendibilità il meccanismo in cui si trovavano gli imprenditori (e investitori e azionisti nelle "banche" di riferimento territoriale) "in quanto veneti", ovviamente cercando di far inutilmente capire che questo riguardava tutti gli italiani "in quanto €sternamente vincolati":
"Ai cari amici imprenditori del Veneto, dai quali sarei dovuto andare
oggi, ma mi sono rifiutato di farlo quando ho visto che l'evento
prendeva una piega non costruttiva, mi limito a dire una cosa.
Voi avete difeso finora l'euro per due motivi: uno etnico e uno economico.
Il motivo etnico: purtroppo voi veneti prendete il meglio delle altre
regioni italiane: siete spocchiosi come un fiorentino (prendete me ad
esempio), e piagnoni come un napoletano. Voi credete veramente
che se non vi avesse rovinato Campoformio (pianto), a quest'ora potreste
competere da pari a pari con la Germania (spocchia), e quindi che se
siete costretti a chiudere le vostre aziende la colpa non è del fatto
che l'euro soffoca l'economia italiana, ma dello Stato ladro, dei
terroni, ecc.
Preciso subito una cosa: voi non siete la Germania (perché non avete il
suo peso geopolitico): siete meglio della Germania, e lo avete
dimostrato tutte le volte che avete avuto le mani libere. E allora
perché avete difeso un sistema che vi legava le mani?
Subentra il motivo economico: purtroppo voi imprenditori (rectius: i meno brillanti di voi) siete entrati nel simpatico schema Ponzi che qui descrive un vostro collega:
le banche, pare, vi finanziavano se voi partecipavate alla loro
ricapitalizzazione. Non è mica una novità, succede dappertutto. Sarà la
magistratura a accertare i fatti e la loro rilevanza giuridica. Quella
economica la si può intuire.
Ora, cari amici, vorrei farvi notare una cosa. Per anni avete creduto
che, una volta entrati in questo giro, l'euro vi tutelasse, e questo
perché persone prezzolate dal grande capitale (che non siete voi, e che è
vostro nemico) vi dicevano che recuperare sovranità monetaria vi
avrebbe fatto perdere dall'oggi al domani il 20% del vostro capitale.
Una cosa che non è mai successa: mai e da nessuna parte una svalutazione
è stata accompagnata da un pari crollo della ricchezza in termini reali
(motivo e dati per l'Italia sono qui). Lo capite ora che è l'euro che
distrugge i vostri risparmi, e non il ritorno alla lira? Perché se lo
capite, vi consiglio di dare un cenno concreto di appoggio a questo
progetto. Se invece ancora non lo capite, mi dispiace, ma vale per voi
quello che vale per gli altri: vi meriterete quello che vi accadrà. E vi
accadrà, purtroppo per voi, per i vostri dipendenti, e per noi.
Questo dovevo dirvi, e per dirvelo non ho bisogno di ascoltare le
supponenti menzogne di Brunetta. A voi documentarvi. Qui gli elementi li
avete. Senza il vostro sostegno il paese non può liberarsi. Quelli che
creano il valore di cui le banche altrui vogliono appropriarsi siete
(anche) voi. Siete veramente sicuri che farsi espropriare da uno Stato
altrui per odio ideologico verso il proprio Stato sia un'ottimissima
idea? Perché se avete accettato l'euro è per questo: perché pensavate
che avrebbe costretto lo Stato ladro a disciplinarsi (e per tutelare il
valore nominale di quei risparmi che ora i tedeschi vi hanno detto in
faccia che si prenderanno).
Amici: avete fatto una grossa stupidaggine.
Qualsiasi imprenditore ne fa: solo chi non fa non sbaglia.
Ma solo i grandi ammettono l'errore e si adattano alle mutate circostanze".
5. Eppure, quando non ci si trova di fronte all'immediata esigenza di "risolvere" una specifica crisi bancaria in qualche modo, un qualsiasi modo purché subordinato alla imprevedibile e capricciosa supervisione €uropea, la consapevolezza della dimensione sistemica del problema bancario italiano (quella negata da Visco a tutt'oggi), emerge.
Le banche a rischio travolgimento sotto il "peso abnorme di sofferenze e incagli", come ci dice il Sole 24 ore, sarebbero ben 114 (su 500 banche complessivamente monitorate da uno studio di Mediobanca), la maggior parte delle quali istituti legati al territorio: cioè a quel rapporto fiduciario che lega il credito alla conoscenza diretta della realtà produttiva locale.
Se sono 114, non solo pare un problema molto poco episodico e molto sistemico, ma imporrebbe di interrogarsi sulle cause di questo vertiginoso aumento delle sofferenze e delle difficoltà di restituzione.
5.1. L'Espresso concorda sulla dimensione del problema e parrebbe scartare la spiegazione episodica. Il problema rimane sempre la malagestio ma (almeno) è generalizzato (cioè, più che mai, "colpa di popolo"): infatti a rischio sono "quegli istituti che dovrebbero sostenere l’economia dei territori,
erogando il credito alle piccole e piccolissime imprese. Di fatto le
centinaia di piccole banche sparse per l’Italia sono strumenti di potere
sempre più spesso autoreferenziali e collusi con i partiti, che se ne
servono per alimentare su scala locale i loro interessi
affaristico-clientelari. Ed è proprio la commistione tra banche,
politica e affari (lo stesso tarlo che ha divorato Monte dei Paschi) ad
avere messo in ginocchio decine di piccoli istituti salvati a un passo
dal baratro con i soldi dei contribuenti."
Salvo poi dare un po' di cifre che si compendiano nel dato comune dell'ammontare delle sofferenze:
"Il
66 per cento delle banche del campione è considerato a rischio: un
terzo abbondante a rischio elevato e oltre un quarto mediamente
rischioso
.
Le banche a basso rischio rappresentano il 34 per cento, la minoranza.
Per determinare il livello di rischio, il parametro più frequentemente utilizzato è il rapporto tra crediti deteriorati netti e patrimonio netto tangibile. Quando il rapporto supera il 100 per cento l’equilibrio patrimoniale della banca comincia ad essere compromesso".
Per determinare il livello di rischio, il parametro più frequentemente utilizzato è il rapporto tra crediti deteriorati netti e patrimonio netto tangibile. Quando il rapporto supera il 100 per cento l’equilibrio patrimoniale della banca comincia ad essere compromesso".
6. Prescindiamo ipoteticamente dalla capacità delle grandi banche di riconoscere il "merito" del profilo di rischio, elemento che pure ci fornisce dati non dissimili sull'incremento di sofferenze e incagli (specialmente perché L’80% DELLE SOFFERENZE E’ DELLE GRANDI IMPRESE). Prescindiamone, dunque, sapendo che...
Ebbene, pur facendo questa ipotesi, tutta la versione ufficiale della crisi di "singole" banche si può logicamente fondare solo su una sopravvenuta obnubilazione cognitiva e sensoriale del relativo management circa le condizioni dell'economia territoriale di riferimento e italiana in genere.
Ebbene, pur facendo questa ipotesi, tutta la versione ufficiale della crisi di "singole" banche si può logicamente fondare solo su una sopravvenuta obnubilazione cognitiva e sensoriale del relativo management circa le condizioni dell'economia territoriale di riferimento e italiana in genere.
Ma cosa potrebbe spiegare questo impazzimento collettivo che prolifera, ben distribuito, in ogni ambito territoriale e, dunque, questo subentrare di un'irreferenabile voglia di far "clientelismo & cricca", anche a costo di mandare a rotoli l''impresa in cui si lavora magari da una vita intera?
7. Vediamo la (già vista in precedenza) storia delle sofferenze e degli incagli in Italia.
La crisi del 2008 non c'entra (più) e con ogni evidenza. Basta guardare a questo arcinoto grafico dell'Economist su dati BCE:
I non performing loans scendono tra il 2009 e il 2010, dopo un aumento tra il 2007 e l'inizio del 2009 stesso. L'aumento era stato comunque contenuto e la situazione si avviava ad un certo ritorno alla normalità.
Ma ecco che dall'estate 2010, quando già si concretizzano i six packs e il fiscal compacts, nei vari Consigli europei brillantemente dediti alla soluzione della crisi finanziaria da oltreoceano, iniziano le manovre correttive di Tremonti, che, come ormai dovrebbe essere noto, si moltiplicano e intensificano nell'estate del 2011, fino ad arrivare a Monti.
L'austerità fiscale, nell'arco di pochi mesi successivi all'adozione delle misure "di bilancio", dispiega i suoi effetti (molte disposizioni agiscono sull'anno fiscale successivo a quello dell'adozione delle manovrone). Tra il 2010 e il 2015 i NPLs decollano.
8. Dalla fine del 2011 e fino a tutto il 2013, a sua volta, il credit crunch aumenta, in un modo senza precedenti (e non spiegabile con la crisi dei subprime...).
Tanto da far ragionevolmente pensare che, essendo gli istituti bancari costretti dalle condizioni recessive fiscalmente indotte (un violento drenaggio di liquidità tramite tasse & tagli che serve a correggere il deficit della partite correnti con l'estero, uccidendo la domanda interna), specie a partire dal governo Monti, il credito concesso, e finito in sofferenze, sia in buona parte coincidente con quello, elargito in precedenza all'acutizzarsi dell'austerità fiscale, quando, tra il 2010 e la prima parte del 2011, si pensa che la crisi e la recessione siano state messe alle spalle.
9. Accade poi, come si può vedere da qui, che il fenomeno si stabilizzi, nei primi mesi del 2015: ma il suo livello in rapporto al PIL non scende sostanzialmente, indicando solo che una massa di insolvenze pesano, appunto, sui patrimoni bancari:
9.1. Non a caso il PIL, passando per la crescita praticamente 0 (virgola) del 2014-2015 (che almeno non è recessione), risale nel 2016, ovviamente di poco, sebbene neppure al livello del 2010, anno in cui eravamo sostanzialmente usciti dalla crisi "importata" del 2007-2008 (sono i dati più "ufficiali", cioè governativi, rinvenibili):
10. Ma poi... oggi (e non solo da oggi), ci si viene a dire che la colpa di popolo degli italiani è di crescere meno del resto dell'UE e, specialmente, dell'eurozona. Il nostro governo questo lo sa benissimo:
10.1. Ma forse una ragione c'è: la ragione del differenziale di crescita del PIL è quasi riscontrabile icto oculi. E questa ragione si chiama, proprio nel raffronto con l'eurozona, saldo primario:
Saldo primario di bilancio: Italia ed Eurozona
(% del PIL – Elaborazione Ufficio Studi Confartigianato su dati Commissione europea)
Le sofferenze e gli incagli, dunque, si legano alla crisi fiscalmente indotta per ragioni di correzione dei conti con l'estero: è nella fase di "aggiustamento" che decollano e in relazione a crediti erogati presumibilmente per lo più (ovviamente su scadenze pluriennali) prima che si intraprendesse l'aggiustamento stesso.
11. Ma le sopravvenute insolvenze giungono in concreto a mettere in crisi il nostro sistema finanziario con l'entrata in vigore dell'Unione bancaria (sulla cui escogitazione neo-hayekiana, v.qui, pp.2-4), che obbliga a svalutare i crediti in sofferenza e incagliati, iscritti in bilancio; e tutto questo sulla base dell'ipotesi normativizzata - cioè de iure fiscale €uropeo condito- che, come vuole l'€uropa, gli italiani non possano mai più essere in grado di restituirli.
Chi impone di svalutare i NPLs in bilancio in una misura drastica e repentiva, infatti, sa che "l'aggiustamento" deve proseguire e la domanda interna deve continuare a essere soffocata, in modo da portare la disoccupazione strutturale a livelli tali da completare la svalutazione interna (via salari).
Questo, (nel sottostante grafico, sempre "governativo") infatti, è l'andamento della spesapubblicaimproduttivabrutta.
Nonostante si neghi persino l'esigenza di qualsiasi indagine sistemica sul "perché" dell'aumento e della conclamata impossibilità di restituzione dei debitori, il grafico sottostante ci dice invece come, senza la volgare spesa primaria corrente (cioè al netto di investimenti e onere degli interessi sul debito pubblico), l'incapacità di restituzione non possa che permanere ed aggravarsi.
E, quindi, le 114 banche in potenziale crisi di insolvenza rimarranno tali. Semmai ne aumenterà il numero. E l'intero sistema è sempre più a rischio domino, in modo del tutto ovvio
12. Anzi, a dirla tutta, la futura stretta fiscale, pre-elettorale ma pure, a maggior ragione, quella post-elettorale, dovrebbe, a rigor di numeri autoevidenti, portare ad un nuovo aumento dei NPLs, per la stabilizzazione dell'effetto cumulativo dei tagli di spesa che, prontamente, hanno continuato ad essere effettuati al minimo accenno di crescita, nonché dei tagli ulteriori che verranno acuiti a furor di "sogno €uropeo".
Infatti, non dimentichiamo che la riforma dei trattati va decisamente nel senso di rendere più cogente e sanzionabile, da parte dell'€uropa, la stessa austerità fiscale.
13. Rammentiamo infatti (qui, p.10) che dopo i pronunziamenti favorevoli di Parlamento e Commissione europea, la prospettiva è questa:
"Ferma la "irrealistica" praticabilità di un adeguato bilancio fiscale federale, il massimo che si tenterà di fare, e che Macron è predisposto ad accettare per sua "forma mentis", è un inadeguato bilancio di tal genere: cioè composto con risorse fornite, da tutti i paesi dell'eurozona, in
proporzione maggiorata in rapporto al PIL, rispetto all'attuale
contribuzione, ma senza alcun intervento solidale-compensativo a carico
della Germania.
Questo pseudo bilancio federale - che non avrebbe alcuna funzione di riequilibrio delle asimmetrie interne, ma solo la veste di un'esosa esazione aggiuntiva aggravante la situazione fiscale dei paesi in crisi di competitività -, sarebbe semmai, in
più, farcito di un ESM trasformato in trojka permanente, intenta a
"sorveglianze" di bilancio direttamente sostitutive delle politiche
fiscali residue dei paesi dediti all'aggiustamento (quindi
moltiplicando il "trattamento Grecia" per chiunque non correggesse di
qualche decina di punti percentuali il costo del lavoro, tramite il
dilagare della disoccupazione e la distruzione del welfare) e con un
ministro euro-finanziario fantoccio della "guida" tedesca".
14. E per quanto riguarda il fronte bancario, poi, la "solidarietà €uropea", a guida tedesca, ma col contributo entusiasta della Francia macronizzata, sarà immediatamente orientata a realizzare il rating del debito pubblico come risk weighted asset che, inevitabilmente porta a ulteriori perdite di bilancio, inoppugnabilmente sistemiche, sui titoli detenuti dal nostro settore finanziario (che non sono pochi...):
"Parliamo della proposta della Commissione UE di ulteriore regolamento e (anche) direttiva sui requisiti patrimoniali delle banche
che, in mezzo a un oceano di bla-bla-bla, per cui si vuole uscire dalla
crisi e aumentare la stabilità finanziaria, senza dire una parola sulla
generazione della crisi €uropea da parte della stessa...disciplina
€uropea (e fingendo sfacciatamente di non vedere l'applicazione
discriminatoria e distruttiva, unicamente per Italia, dell'Unione
bancaria), si parla, con nonchalance, di "ridurre i costi di emissione/derivanti dalla detenzione di determinati
strumenti (obbligazioni garantite, strumenti di cartolarizzazione di
alta qualità, strumenti di debito sovrano, derivati a fini di
copertura).
Insomma, si vuol introdurre una graduazione di rischio, una sorta di rating, concernente il debito sovrano, e porre l'intero sistema bancario italiano (o, più o meno, rimasto tale) di fronte all'obbligo di cederne comunque la parte eccedente un certo ammontare "limite", nonché, in aggiunta, di cedere i titoli, deprezzati drasticamente in base a tale indicizzazione di rischio, se non si sia in grado di aumentare in misura adeguata, - e oggi impensabile, senza ricorrere a capitale estero, e quindi perdendo il controllo proprietario del capitale-, il capitale di "garanzia".
15. Intanto Schauble si "avvantaggia" e, appunto, mette il cappello sul nuovo corso, preannunziando il Macron-convergente in una soluzione, drastica e immediata, che non esige neppure di cambiare i trattati:
"Ma il suo Ministro delle Finanze
comune ha altre caratteristiche, no? Lei vorrebbe che avesse possibilità
di intervento sui bilanci.
"Sì, altrimenti non ha senso. E Macron e io la pensiamo esattamente allo stesso modo. Però bisognerebbe cambiare i Trattati europei".
...E non si può fare? Neanche dopo le elezioni tedesche?
"Non è certo un problema della Germania. Il trasferimento di pezzi di sovranità nazionali all'Europa non è mai fallito per colpa della Germania o l'Italia, ma piuttosto della Francia. Il presidente Macron e io siamo totalmente d'accordo su questo: ci sono due modi di rafforzare l'eurozona: cambiare i Trattati oppure farlo con pragmatismo attraverso l'intergovernativo. Modifiche dei Trattati richiedono l'unanimità e la ratifica nei Parlamenti nazionali o in alcuni Paesi addirittura un referendum. Siccome al momento non è realistico, dobbiamo provare ad andare avanti con gli strumenti esistenti, dunque attraverso uno sviluppo del trattato che regola il fondo salva-Stati Esm".
Il fondo salva-Stati Esm deve diventare un Fondo monetario europeo, come lei lo sostiene da tempo?
"Sì, ne ho parlato spesso con Mario Draghi: bisognerebbe rafforzare le istituzioni perché la Bce non debba sempre portare il peso di tutto. Ma ci vogliono cambiamenti dei Trattati. Però non possiamo neanche non fare nulla, perché rischiamo che si disgreghi l'Europa. La seconda migliore soluzione, dunque, è quella di creare un Fondo monetario europeo, sviluppando lo statuto dell'Esm".
"Sì, altrimenti non ha senso. E Macron e io la pensiamo esattamente allo stesso modo. Però bisognerebbe cambiare i Trattati europei".
...E non si può fare? Neanche dopo le elezioni tedesche?
"Non è certo un problema della Germania. Il trasferimento di pezzi di sovranità nazionali all'Europa non è mai fallito per colpa della Germania o l'Italia, ma piuttosto della Francia. Il presidente Macron e io siamo totalmente d'accordo su questo: ci sono due modi di rafforzare l'eurozona: cambiare i Trattati oppure farlo con pragmatismo attraverso l'intergovernativo. Modifiche dei Trattati richiedono l'unanimità e la ratifica nei Parlamenti nazionali o in alcuni Paesi addirittura un referendum. Siccome al momento non è realistico, dobbiamo provare ad andare avanti con gli strumenti esistenti, dunque attraverso uno sviluppo del trattato che regola il fondo salva-Stati Esm".
Il fondo salva-Stati Esm deve diventare un Fondo monetario europeo, come lei lo sostiene da tempo?
"Sì, ne ho parlato spesso con Mario Draghi: bisognerebbe rafforzare le istituzioni perché la Bce non debba sempre portare il peso di tutto. Ma ci vogliono cambiamenti dei Trattati. Però non possiamo neanche non fare nulla, perché rischiamo che si disgreghi l'Europa. La seconda migliore soluzione, dunque, è quella di creare un Fondo monetario europeo, sviluppando lo statuto dell'Esm".
16. Per le banche italiane non c'è alcuno scampo: ma, prima di tutto, perché non c'è alcuno scampo per la sopravvivenza del nostro tessuto industriale "territoriale", (che possa realmente ancora ricorrere o meno al credito).
Tutto ciò è molto sistemico: Schauble lo sa e a lui piace molto. La nostra classe di governo (dei vari settori), NON LO SA: MA GLI PIACE LO STESSO.
Continueranno a credere in episodi di malagestio e a negare il problemino fino alla fine...di tutti noi.
Gli imprenditori veneti sono i più incapaci a capire questo.
RispondiEliminaNon usciranno mai dal paradigma stato ladro.
Non incolperanno mai le istituzioni UE. Mai.
A margine dell'analisi proposta nel post nella quale, ancora una volta, si mostrano oggettivamente le dirette “connessioni tra l'euro, le politiche fiscali indispensabili per mantenere l'Italia dentro l'eurozona, e la disciplina dell'Unione bancaria”, qualche marginale considerazione.
RispondiElimina1. la destinazione delle entrate fiscali del Bel Paese a sostegno dei paesi della EUM – fig. 2 di pag 2 BdI S.O. n. 62 nov 2016 - nel biennio 2012-2013 a garantire il rientro dei capitali tedeschi e francesi prestati alla Grecia che hanno contribuito in modo significativo alla distruzione della domanda interna.
2. Dal Rapporto della stabilità finanziaria, (BdI, n 1 – 2017) oltre le “simpatiche” esposizioni sulla tendenza della crescita (con “significativa riduzione della probabilità di approvazione delle richieste di nuovi fidi), previsioni di diminuzione del disavanzo (vedi Documento di economia e finanza 2017), in attesa di una “bolla” immobiliare in UE, sulla riduzione della vulnerabilità delle esposizioni bancarie, potrebbero sorgere qualche considerazione sull'indebitamento e sulla composizione del risparmio delle famiglie in area UE (progressiva tendenza alla migrazione del risparmio dalla attività produttive verso la speculazione finanziaria), sulla crescita del margine operativo lordo delle imprese (MOL, + 6,4% nel 2016, verrebbe da dire non solo diminuzione degli oneri finanziari ma, soprattutto, dalle politiche governative relative alla “regolamentazione” del lavoro e dei salari .. le “riforme”), la conferma della costante diminuzione degli investimenti delle imprese, la costante riduzione di erogazione del credito alle piccole e medie imprese (il tessuto economico italiano).
3. L'aumento dei CDS sui titoli di Stato italiano aumentano rilevando il problema della ridenominazione del debito derivante da una possibile dissoluzione della moneta unica (euro)
4. l'aumentato interesse sui crediti deteriorati con diminuzione del valore e - ci mancava – l'intervento della BCE a “regolamentare” i flussi e “gestire” le attività bancaria attraverso i “cordoni” del TLTRO2
5. le “diversità” di trattamento con “ampi margini di discrezionalità” (“fair value”, vedi pag. 28) dei sistemi bancari dei paesi UE, ma si sa che le colonie son “figli di un dio minore”.
E' certificato nei rapporti della BdI (alle dipendenze della BCE) l'assalto finale alla dilenza nel Bel Paese e, comunque, la statistica è SCIENZA: l'esposizione con numeri indice e percentuali conduce alla manipolazione dei dati, alla narrazione e suggestione di oggettività parallele quali gli orrori dell'austerità espansiva ( IL DEBITO PUBBLICO DEPRIME LA CRESCITA, 2010: i deliberati errori dei fogli di calcolo di Rogoff e Reinhart ).
"Continueranno a credere in episodi di malagestio e a negare il problemino fino alla fine...di tutti noi."
RispondiEliminaTra i tanti 'problemini' c'e' anche la crisi della GDO che, come termometro sociale, risulta molto piu' sensibile del PIL.
Le vendite della GDO ci si aspetta che crescano stabilmente, sia perche' il numero dei residenti e' in crescita a seguito dell'immigrazione e sia perche' la piccola distribuzione sta lentamente estinguendosi.
Quindi se anche le vendite della GDO calano e' difficile sostenere che si tratti di malagestio.
http://www.repubblica.it/economia/rapporti/osserva-italia/rilevazione-settimanale/2017/06/05/news/consumi_bloccati_il_fatturato_gdo_torna_a_scendere-167305969/
Probabilmente i dati di Giugno azzereranno il residuo saldo positivo da gennaio 2017: gli acquisti post prima rata IMU non credo che possano essere cresciuti.
Beh, ma la GDO è una congrega di piazzisti di beni sostanzialmente importati: l'aggiustamento passa anche di lì. E la disoccupazione-precarizzazione aggiuntiva anche.
EliminaGli scaffali sono sempre meno ricchi di tipologie diverse di prodotti; e una ragione c'è. Si (ci) preparano...
Il vero obiettivo è creare una società di working poors incapaci di preoccuparsi delle "risoluzioni bancarie" e persino del bail-in (e persino della inconsistenza totale della garanzia dei depositi fino a 100.000 euro), nonché, ovviamente, della distruzione del capitale fisico nazionale.
Per totale indisponibilità dell'oggetto.
Come dire; per l'art.47 Cost. gli è troppo difficile sostenere che sia stato abrogato, come pure sostenerne ANCORA una lettura funzionale al pareggio di bilancio (cioè la deflazione protegge il risparmio, secondo i più prestigiosi pensatori di neo-diritto, neo-costituzionale, conseguente alla neo-lingua).
Ergo, la via più breve per la Grande Società è CANCELLARE IL RICORDO del flusso e dello stock di risparmio e, con esso, la categoria dei "risparmiatori": l'art.47 Cost. diviene ad oggetto impossibile e il conflitto sociale è risolto...
Senza risparmi - ossia senza investimenti - si raggiungerà presto l'equilibrio malthusiano, nonostante l'invasione berberica con cui la classe egemonica occidentale sta seppellendo migliaia di anni di storia e milioni di persone.
EliminaPraticamente con I=S=0 abbiamo la formula per il metodo di governo scelto dalle nostre filantropiche ed illuminate élite: la shock doctrine sempiterna.
(Chi vota oggi PD alle amminstrative ci vuole morti. Punto)
La soluzione per ESSI è investimenti dall'estero (acquisizione e riesportazione di know-how e marchi) e investimento ALL'ESTERO del surplus (realizzato dalle fabbriche cacciavite nazionali a proprietà estera...e ci mancherebbe)
EliminaL'unico surplus possibile nella attuale situazione è quello derivante dall'introduzione del lavoro schiavile.
EliminaPer quello che riguarda lo stock di risparmio occorre valutare la probabilità di esproprio.
Essa è massima per il contante, perché costituisce una obbligazione di una entità privata senza stato (BCE).
Quando cadde l'Impero di Austria Ungheria il valore delle banconote venne a dipendere dalla nazionalità di coloro che si presentarono per cambiarle con quelle di nuova emissione delle nuove banche centrali.
Furono fissati dei limiti e la tosatura media per quelli che poterono dimostrare di esserne in possesso legalmente fu del 15%.
Per altri la perdita fu totale.
Comunque la velocità di esproprio del risparmio (dover attingere ad esso per pagare le spese correnti quando cessano i flussi di reddito) è massima con l'Italia imprigionata nell'eurozona.
Generazioni di totalitarismo liberale, con la sua propaganda antistatuale e autorazzista, non hanno lasciato nulla di umano da conservare: come ci siamo già detti più volte nel corso degli anni, l'abbruttimento etico dei subalterni, e di quello estetico dei dominanti, rende i popoli delle colonie meritevoli di essere sterminati.
RispondiEliminaÈ un abominio.
L'abominio dell'illusione di un manipolo di inetti che crede di gestire arbitrariamente il potere che concentra spropositatamente e cede loro la tecnica. Più morti degli apparati e delle organizzazioni che credono di controllare.
Sono gli apparati e le organizzazioni che controllano loro, e non lo sanno, nel loro personale delirio greed & fear.
L'orrore del mercato che prende vita e divora i mercanti.
Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire: ossia non c'è maggior ottusità di quella di chi ha vizi morali.
Se Gesù, secondo la parabola, aveva "un terzo" delle probabilità di vedere trasmessa la propria Parola, bè, qui abbiamo a che fare con frazioni scoraggianti.
Circondati da eserciti di zombie incapaci di articolare un pensiero.
Distribuirei una copia di Anschluss di Giacché a tutti gli amici veneti, così si rendono conto di cosa è l'ideologia del Bruno Leoni di cui sono infarciti.
Che si godano il nuovo Pinochet in sedia a rotelle. Ha già un cv da far invidia ai grandi generali sterminazionisti della Storia.
(mi sto leggendo contemporaneanente Malthus e Pareto, per farmi del male: in Malthus poi si evince chiaramente. Il desiderio sterminazionista dei rentiers verso i subalterni nasce con la Rivoluzione francese)
Brevi dal cinema tedesco (...aspettando streaming SUB-ENG:))
Eliminahttps://m.youtube.com/watch?v=9LeKaLeHgqw
Guarda, da colonna sonora, fotografia e attori truccati come "da colonna sonora", ti posso assicurare che i sottotitoli in inglese ci sono già.
EliminaMmmmm: « The drunken pair [Marx and Engels, ndB] stagger along the streets of Paris, Marx throws up in the gutter, and then slurs: “You know, I think I’ve understood something. The philosophers have only interpreted the world, in various ways. The point, however, is to change it.” This is the most embarrassing scene in the entire movie. »
Elimina« This scene is ambiguous. It can be interpreted as a critique of Marx’s struggle for programmatic and theoretical clarity. Peck, as is clear from his film, has nothing in common with those who make Marxism responsible for the crimes of Stalinism. However, in a comment on the film, he also expressed his mistrust of “all dogmas, including ‘Marxism’” —without specifying what he means by “Marxism” in quotation marks. »
« It is also striking that the film ends—to the music of a Bob Dylan [il neoliberista sessantottino Bob Dylan!] song—with a rapid sequence of images of catastrophes, key events, political figures and protests of the past 100 years. It features images of Che Guevara, Patrice Lumumba and the Occupy movement, but not of Lenin and Trotsky and the October Revolution. In this way, Peck glorifies precisely the type of petty-bourgeois politics that Marx, as the film vividly shows, entirely rejected. »
Insomma, pare che Peck glorifichi il movimentismo sorosiano, dal piddinismo al grillismo.
Comunque, rimane la speranza, secondo il "socialista critico" ("critico", nel senso di critico di film):
« If the film, despite its weaknesses, encourages young people to study Marxism, it will fulfill an important task »
Giovani di tutto il mondo, studiate! :-)
(Speriamo)
Grande BAZAAR! Ti ringrazio per aver condiviso la curiositá...la tua considerazione su Dylan mi ha fatto venire in mente un bell'articolo di Gianfranco Pala che ti dá perfettamemte ragione...se hai tempo:
RispondiEliminahttp://www.contraddizione.it/pesi_morte.doc
Art. 47 Cost. e tutela del risparmio? Per il Luigino nazionale il bail in era un atto di fede in tempi non sospetti. La grancassa era il solito Corriere:
RispondiElimina“… non è possibile escogitare una norma qualsiasi la quale valga ad impedire un male – fallimenti bancari – il quale deriva da cause molteplici, SOVRATUTTO PERSONALI E SEMPRE IMPREVEDIBILI. Ogni vincolo aritmetico perturba e fa più male che bene. Se in un giornale non fosse impossibile e fuor di luogo parlare di dottrine pure economiche, sarebbe il caso di mettere in luce come questo sia uno dei tanti casi che provano la verità della teoria dell’equilibrio economico, che forma il vanto di insigni scienziati che hanno nome: Walras, Pareto, Edgeworth, Marshall, Fisher, ecc. Del resto i pratici da tempo avevano già detto che nei problemi economici tutto si lega, che non è possibile di risolvere un problema senza farne sorgere altri dieci o venti, che un rimedio empirico applicato ad un male non lo toglie, ma lo maschera soltanto nel luogo medicato, salvo a provocare altrove manifestazioni più gravi.
Con che si vuol dire che è inutile affannarsi a cercare avvedimenti aritmetici per sorvegliare i depositi. Essi non potranno curare il male; ma unicamente sopprimerne i sintomi. Se qualche risultato si vuole ottenere occorre migliorare l’organismo. Dico «migliorare» e non «risanare»; perché il curioso di tutta questa faccenda è che nessuno ha ancora dimostrato che vi sia un male da guarire… Od almeno non vi è nel campo dei depositi a risparmio, dei depositi minuti che si vogliono sorvegliare. OGNI TANTO CAPITA QUALCHE FALLIMENTO; ma la proporzione delle somme perdute in confronto colla massa dei depositi è lievissima. Se in tutte le altre industrie e commerci la proporzione dei fallimenti fosse altrettanto lieve, l’Italia potrebbe essere considerata come il paradiso dei creditori…” [L. EINAUDI, Per un istituto di revisione bancaria, Corriere della Sera, 1 giugno 1913]. (segue)
Eh già, Presidente, è proprio vero che i “dolori” delle crisi bancarie derivano sempre dall’imprudenza, dal malcostume e dalla cattiva amministrazione. Altre spiegazioni non sono contemplate ed ognuno si arrangi come può:
RispondiElimina“… La miglior tutela deve essere la prudenza e la oculatezza del risparmiatore; e queste qualità non sono in alcun modo sostituibili dalla prudenza e dalla oculatezza di sorveglianti governativi. Lo stato non può tutelare al cento per cento i risparmi se non dando la propria garanzia per il rimborso. Il che fa già colle sue casse postali di risparmio; e non è opportuno faccia per i risparmi depositati presso enti semi – pubblici o privati indipendenti dall’amministrazione governativa. Perché «garantire» per conto altrui, impone l’obbligo di sorvegliare, guidare, ordinare, ossia sostituirsi agli amministratori delle casse e delle banche; nel qual caso meglio gioverebbe – se non fosse per altri motivi assurdo e dannoso – proibire senz’altro a tutti di accettare risparmi, avocandone il monopolio allo stato.
Lo stato non solo non può «garantire» i risparmi, ma non può nemmeno esercitare una sorveglianza siffatta che implichi una qualsiasi sua responsabilità nella gestione degli istituti sorvegliati. Dappertutto dove gli stati sorvegliano, si è avuto cura di sorvegliare in modo che la sorveglianza non significasse affidamento dato ai risparmiatori che i loro denari sono siffattamente tutelati dallo stato da non correre più nessun pericolo. Siffatto affidamento, qualora si radicasse nella mente dei risparmiatori: 1) implicherebbe una responsabilità, almeno morale, dello stato nelle eventuali perdite; 2) indurrebbe i risparmiatori a non esercitare essi quella prudenza che sola è massimamente efficace; 3) confonderebbe gli istituti buoni coi cattivi, tutti egualmente sorvegliati, e darebbe modo ai poco onesti di accaparrare i risparmi degli ignari, mettendosi quasi sotto l’egida della tutela dello stato …
… IL FALLIMENTO È DOVUTO DI SOLITO AL FATTO CHE I DIRIGENTI HANNO AMMINISTRATO MALE il capitale piccolo ed i depositi grossi; ed avrebbero ugualmente amministrato male il capitale grosso ed i depositi scarsi. La vera garanzia dei depositi non sta nell’esistenza di un notevole capitale; poiché il capitale può essere stato ingoiato da male speculazioni e da cattivi affari, così come furono ingoiati i depositi. Ma sta nell’esistenza di attività sicure, di buoni valori d’impiego contro ai depositi e contro al capitale; ed è tale garanzia codesta che dipende DALLA CAPACITÀ E DALL’ONESTÀ DEGLI AMMINISTRATORI…” [L. EINAUDI, La Tutela del risparmio e i precedenti legislativi italiani, Corriere della Sera, 22 maggio 1913]. (segue)
Lo Stato brutto, faccendiere e socialista non deve impicciarsi:
RispondiElimina“… Quale portata infatti ha la «garanzia» chiesta al governo? Questa e nient’altro che questa: che se le attività della banca, oggi stimate 100 per pagare la percentuale concordata ai creditori, saranno realizzate solo per 80, la differenza sarà pagata dallo stato, ossia dai contribuenti. Si può fare l’inviluppo di frasi che si crede più opportuno, si può dire che è dovere dello stato tutelare il credito nazionale, si può rimproverare all’on. Bonomi una asserita contraddizione per aver prima tentato di frenare il panico dei depositanti, ossia salvare la Banca e per non voler più oggi dare i denari del pubblico allo stesso scopo. Tutti questi sono rigiri di parole, i quali non mutano un ette al sugo della questione: è vero o non è vero che i creditori chiedono allo stato di garantire il realizzo delle attività della Sconto ad un dato valore? è vero o non è vero che, ciò facendo, lo stato corre il rischio di far pagare la differenza ai contribuenti? Non è certo che tale condotta è inammissibile moralmente, economicamente e politicamente?
Garantendo concordati di banche private, lo stato non difende il credito della nazione, ma lo distrugge. Pone un pessimo precedente, in fondo al quale è l’abisso. Chi garantisce una volta, non c’è ragione non garantisca dieci, cento, mille volte, se il garante si chiama «stato» e deve quindi essere imparziale per tutti. Garantir le banche e le imprese private, grossissime e piccolissime, vuol dire spingere alla spensieratezza, allo spreco, alla rovina. Vuol dire anche imporsi il dovere di sorvegliare i garantiti; ossia è sinonimo di stato banchiere, di stato industriale e faccendiere universale. Codesti avvocati e deputati che denunziano governi e diffidano deputati, senatori e partiti politici a non mettersi contro alle loro mostruose pretese, riflettano alla portata dei loro ordini del giorno: coi quali in parole povere si chiede l’instaurazione della peggior forma di socialismo, quello che protegge gli inetti, gli stravaganti, gli avventati. Chi farà le spese di questa caricatura del socialismo?” [L. EINAUDI, L’assemblea ed il voto dei creditori della Banca di Sconto, Corriere della Sera, 16 febbraio 1922].
Luigino: indefessa icona del PUD€