domenica 11 giugno 2017

E VOTA IN FRANCIA E VOTA IN ITALIA. NESSUNA RISPOSTA (E NEMMENO LE DOMANDE)

http://www.pr3.it/wp-content/uploads/2014/10/DOMANDE-GIUSTE-QUESTIONS-RIGHT-www.pr3_.it-www.corsodivendita.com-oliviero-castellani.jpg

1. Oggi si vota in in 1004 città per un totale di 9.172.026 elettori (teorici). Un gran bel sondaggione pubblico un po' meno orientabile di quelli "privati". Ovviamente, nei comuni più che mai, l'esito del voto non potrà mai cambiare il quadro del patto di stabilità interno e le politiche che i sindaci e le giunte sono obbligati ad attuare (qui, pp. 9-10).
Ed oggi si vota anche in Francia per le legislative, dove si prevede un trionfo di Macron e una già anticipata sonora sconfitta del Front National, indebolito dalle divisioni interne.
Ma anche in Francia, poiché la vittoria di Macron è una vittoria della predeterminazione €uropea dell'intero indirizzo politico, l'esito del voto non farà alcuna differenza sulla militaresca attuazione del "Piano di Macron". Le forze sociali che, contro i loro stessi interessi, si affidano a Macron perché gli pare qualcosa di nuovo, sono le più malleabili da parte dei media perché prive di qualunque coscienza sociale (grazie all'incessante lavorio dei media, in un giro euristico che, in €uropa, pare impossibile interrompere...per ora).

2. Abbiamo più volte detto che gli USA costituiscono il paese che anticipa al suo interno le tendenze politiche che, successivamente, si estenderanno al resto dell'Occidente (cfr; per una formulazione estesa di questo fenomeno di induzione e retroazione tra USA ed €uropa, e per le sue implicazioni, qui, par.V-VIII).
Ripetiamo, per l'ennesima volta: una globalizzazione istituzionale non è altro che una gigantesca Ghost Institution, cioè una costituzione materiale transnazionale che svuota quelle formali, sovrane, dei singoli Stati, senza che i rispettivi popoli sovrani se ne accorgano. 
Di fatto, le regole del diritto internazionale privatizzato impongono, a nostra insaputa, una democrazia idraulica governata dall'ordine internazionale dei mercati, e dunque, il voto o va come "deve" andare o questo "ordine dei mercati" scatena uno "stato di eccezione" tale da ripristinare il proprio stretto controllo istituzionale.

3. Per l'Italia, in particolare, c'è un'idea ossessiva di base che proviene dagli ambienti USA "che contano", e che viene accolta acriticamente e fanaticamente dai vari tecnocrati €uropeisti, tedeschi, francesi o, in modo ancor più rigido, italiani: 
"l'Italia continua ad essere vista come un paese socialistoide-anarcoide gravato da un marchio irreversibile di pelandroneria dei suoi lavoratori e di "levantinismo", corrotto e sprecone, della sua classe politica, (al più macchiavellica, volendo l'analista USA nobilitare il luogocomune utilizzato); un marchio appena mitigato dal riconoscimento della creatività dei suoi imprenditori, accettabile però se predicata come settoriale e, possibilmente, delocalizzatrice da un lato, e aperta agli IDE, cioè all'acquisizione estera, dall'altro.   
Alan Friedman e Luttwak, probabilmente i più ascoltati commentatori ufficiali delle cose italiane, esprimono questa visione, immutata da decenni, avendo spazi mediatico-televisivi praticamente illimitati e, specialmente, incontrastati (più il primo dei due, in verità), allo scopo di radicare il frame dell'autorazzismo (nei nostri pedissequi commentatori autoctoni): questa etichettatura ossessiva agisce efficacemente come un "mantra", accuratamente svincolato dai dati economici relativi persino alla struttura dell'offerta italiana ed al suo effettivo mercato del lavoro, ammettendo piccolissime varianti".
4. Essendo questo quadro immutabile, almeno nel panorama delle "risorse culturali" italiane, la cosa beffarda è che "le riforme" che gli USA e l'€uropa vogliono ossessivamente imporre all'Italia, non solo quest'ultima le ha già introdotte in grandissima parte, ma lo ha fatto molto più di quanto non sia accaduto negli stessi Stati Uniti!
Ma questi ultimi, in verità, sono partiti avvantaggiati; non mi riferisco all'esorbitante privilegio del dollaro, sorretto da portaerei e sommergibili con testate nucleari multiple.
Mi riferisco alla loro Costituzione federalista, che ha da sempre consentito loro di riformare a piacimento il mercato del lavoro e di ridurre il welfare al concetto di beneficenza sedativa delle possibili "sollevazioni" delle masse impoverite, tipico della tradizione anglosassone: una sedazione neppure ben riuscita, come evidenziano fin troppi fatti di cronaca.

5. Ed è perciò con un certo interesse che mi sono imbattuto in un articolo a firma di Anne-Marie Slaughter (cognome non troppo rassicurante dato l'argomento...), sul FT di venerdì 9 giugno (pag.9). 
L'autrice è "presidenta" (dovesse mai offendersi) della "New America", un think tank che inevitabilmente vuol fronteggiare le "nuove sfide" (inclusa quella "global gender"), e si occupa, molto, di limitare il debito pubblico attraverso la riduzione del deficit pubblico, anche se vuole tanta istruzione per tutti, ma in modo da facilitare l'inserimento dei gggiovani nel mondo del lavoro.
La Slaughter, dopo un inizio entusiasta su Macron, come uomo nuovo fuori dall'establishment partitico (!) e portatore di nuove politiche (!!!), arriva però a un passaggio interessante:
"Sento tuttavia frequenti lamentele sui partiti Repubblicano e Democratico e sull'incapacità degli USA di governarsi in un modo che rifletta il sentire dell'elettorato. Il desiderio di un'alternativa politica effettiva è palpabile, avendosi il 57% degli americani che, in un sondaggio Gallup di settembre, ha risposto che fosse necessario un "terzo" partito. 
Il 42% degli americani si sono identificati, nelle ultime elezioni di Novembre, come politicamente indipendenti, con una percentuale sostanzialmente maggiore dei circa 30%, rispettivi, che si identificano coi due maggiori partiti."
5.1. Viene poi citato un politologo, Lee Drutman, che ritiene inimmaginabile l'auspicata (dalla Slaughter) coalizione centrista: 
"La ragione...è che l'elettorato americano è suddiviso in sei fazioni con riguardo a specifiche questioni e alla complessiva filosofia politica: labour/left (Sanders/Warren democratici); progressisti (democratici clintoniani); Whigs (repubblicani tradizionali); libertari; populisti nazionali (repubblicani di Trump); e conservatori (Paul Ryan/Ted Cruz, repubblicani)."
La Slaughter, data anche la natura ideologica del think tank che presiede, - dato che poche cose sono precisamente connotate dal punto di vista ideologico quanto la tecnocrazia globale e implicitamente mercatista-, non si accorge di un effetto che, a rigor di logica, risulta quasi comico: e cioè che, tranne che per la prima "fazione" (labour/left), le restanti elencate da Drutman rappresentano varie forme di neo-liberismo, più o meno orientate ad attribuire allo Stato americano un ruolo di mero guardiano notturno ovvero, nel caso opposto (clintoniani e repubblicani tradizionali) di attivo propagatore di regole e istituzioni intese a condizionare e sottomettere le altre aree del mondo.
5.2. Tuttavia, - ed è questo il punto interessante (forse motivato dal diretto interesse a promuovere un "terzo partito"...) -, la Slaughter ne fa poi discendere una serie di quesiti quasi stupefacenti:
"Nessun partito ha le risposte alle grandi domande che pone l'elettorato. 
Cosa accadrà dell'occupazione? 
Come potranno sopravvivere gli invecchiati baby boomers al collasso del tradizionale sistema pensionistico? 
Come potrà sopravvivere il sistema di benefici USA, fondato sulla contribuzione a carico dei dipendenti, alle schiere velocemente in aumento dei lavoratori part-time e "autonomi" (free-lance)? 
Come potranno sopravvivere le famiglie al collasso delle retribuzioni della middle class?"
6. La risposta della Slaughter si aggira sull'esigenza del superamento del bipartitismo attraverso svariate possibili riforme "costituzionali", di tipo elettorale, nei singoli Stati, che consentirebbero di superare la scelta limitata dei rappresentanti eleggibili nelle varie circoscrizioni, oggi monopolizzata dai due principali partiti. Conscia della estrema complicatezza di tali sistemi e dei quesiti referendari che ne deriverebbero, finisce per auspicare che sia 
"prima creato un terzo partito e poi siano convinti gli elettori che sia possibile mettere da parte gli altri partiti" (divenuti incapaci di dare risposte).
7. Ma rimane di fondo che quei quesiti, riportati sul Financial Times, indicano che anche nei think tank "che accettano la sfida delle nuove tecnologie e del global gender" (per capirsi), si comprende che l'epoca in cui si possa solo parlare di "riforme" e di misure supply side è al tramonto.
La cosa curiosa è che questo "sentiment" da oltreoceano è praticamente ignorato in €uropa, dove le riforme continuano ad essere propugnate con l'urgenza e la convinzione fanatica del mantra di una setta votata al suicidio collettivo.
La distruzione del welfare, cioè salario indiretto (assistenza e istruzione pubbliche, sanità pubblica universale) e salario differito (sistema previdenziale pubblico, non privatizzato e, quindi, "collassabile" con le crisi finanziarie periodiche e non riversabile a carico dei soli decrescenti salari dei lavoratori precarizzati), in €uropa non è ancora del tutto compiuta.
8. Ma mentre negli USA ci si rende sempre di più conto che l'aver portato a compimento questa opera pone l'intero sistema politico-sociale sull'orlo del precipizio, in  €uropa si va convintamente nella direzione opposta, cercando anzi di accelerare.
Certo non sarà Trump a dare agli americani "quelle" risposte; ma almeno le domande se le pongono. E, in vista delle presidenziali del 2020, Reich pare sempre più aver azzeccato la sua previsione: v. qui, p.6.
Nelle elezioni francesi e, nella inutilità pratica delle elezioni comunali in Italia, invece neppure questo.
Ma, prima o poi, neanche tanto tardi, ci saranno delle sorprese...inevitabili.

19 commenti:

  1. @ "Le forze sociali che, contro i loro stessi interessi, si affidano a Macron perché gli pare qualcosa di nuovo, sono le più malleabili da parte dei media perché prive di qualunque coscienza sociale".

    Ma non è proprio ipotizzabile che, in qualche misura, quella dell'elettorato francese sia una consapevole scelta collaborazionista? Oggettivamente sappiamo che i presupposti (e pure i precedenti) ci sono, e, oltre a essere, al punto in cui siamo, abbastanza intuitivi, mi pare si stiano sempre più esplicitando in corso d'opera.

    Certo, che dall'altra parte, considerata l'indole dei destinatari, l'offerta possa essere considerata appetibile è tutto da dimostrare. Ma una volta rinunciato allo scontro aperto per idiosincratico rigetto del condottiero all'uopo disponibile, ripiegare (più o meno illusoriamente) sulla speranza di un trattamento compassionevole e di un rancio migliore in cambio di un aiuto a tenere a bada il resto dei prigionieri mi sembra un'opzione talmente archetipica da non poter essere esclusa a priori.

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    1. Le due ipotesi sono perfettamente compatibili: sono masse manipolabili perché prive di coscienza sociale e proprio PERCIO' possono fare una scelta collaborazionista (solo parzialmente) consapevole.

      In un precedente dibattito, abbiamo evidenziato come il governo di Vichy ottenne la fiducia del parlamento francese "rifugiato" con una maggioranza bulgara.

      Il collaborazionismo, sempre privo di coscienza sociale, è certamente almeno consapevole della cura egoistica di un proprio vantaggio individualistico di breve termine (in quel caso la sopravvivenza di facciata di una certa continuità della vita piccolo borghese, a fronte della minaccia della distruzione della guerra e dell'occupazione fisica tedesca).

      Si tratta di una vantaggio per lo più illusorio, peraltro. Ma certamente compresente nella scelta dei componenti, tra loro slegati, della massa che la compie.

      Più volte ho visto articoli, sullo stesso FT e sul NYT, in cui si riportavano interviste a uomini e donne "della strada" francesi, ove la motivazione del voto per Macron era espressa prevalentemente in termini di "abbiamo visto all'opera gli altri, proviamo Macron che almeno è qualcosa di "nuovo"".

      Una motivazione che rammenta da vicino quella che fa affluire voti al M5S e che, al contempo, - se ci fosse stata almeno una minima informazione sugli effetti sociali delle politiche economiche programmate da Macron (e qui dettagliatamente illustrate)-, ha oggettivamente il "fiato corto" (come lo ebbe nel 1940).

      Ne riparliamo tra un annetto; o, al massimo, due...

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    2. In parte lo è. Lo votano i professionisti economici, diversi studiosi (ma molti lo esecrano, spesso quelli venuti dal '68 e rimasti più attaccati a quell'esperienza, ovviamente non tutti) ma ci sono anche medio borghesi che lo votano convinti della favoletta della società civile, della rottura, del cambiamento ma con juicio, della moralizzazione (una legge è allo studio per stabilire incompatibilità di cariche, durata e numero dei mandati ecc.) senza capire che sarà la loro rovina. La solita propaganda insomma, diretta a gente che è sempre stata moderatamente progressista, diciamo con un po' di buonsenso e molto perbenismo.

      Nel frattempo la pressione è ubiqua. Una personalità politica straniera viene a invocare l'esercito UE, maggiori fondi per la UE in cambio manco tanto velato di finanziamenti "UE" ai progetti scientifici; il tutto in un consesso tale che si resta basiti dell'assoluta mancanza di reazioni, almeno in pubblico e almeno per i profani.

      Insomma tra i consenzienti appare più adesione convinta tra simili da un lato e ingenuità ottusa dall'altro che collaborazionismo consapevole. Del resto chi lavora per multinazionali più o meno estere di varia natura, cosa dovrebbe considerare collaborazionismo?

      La propaganda, almeno su qualche stazione radio, è semplicemente imbarazzante. Non passa mai per le parole, o quasi (più difficile una denuncia o un reclamo?) ma per il tono di voce, il ritmo del discorso, le interiezioni, le interruzioni, le ripetizioni, le riprese... tattiche in buona parte pubblicitarie portate a un'intensità inverosimile, da videogioco.

      Speculare la denigrazione sistematica di Trump: non credo di aver mai sentito un presidente occidentale trattato cosi', a torto o a ragione che fosse (dico occidentale perché non so come si sia parlato di Saddam o di Gheddafi).

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  2. Be' in fondo anche in Italia hanno prima spinto per il bipartitismo con il maggioritario con vari cagnolini opportunamente uggiolanti o ringhianti attorno e poi creato un terzo partito.

    Comunque niente male l'idea che "si" crei un terzo partito su indicazione di un politologo.

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  3. Conscia della estrema complicatezza di tali sistemi e dei quesiti referendari che ne deriverebbero, finisce per auspicare che sia

    "prima creato un terzo partito e poi siano convinti gli elettori che sia possibile mettere da parte gli altri partiti" (divenuti incapaci di dare risposte)

    direi che questo è IL passaggio fondamentale: questa signora, nientemeno, sta proponendo il partito unico (della globalizzazione). Che poi non è un'idea troppo lontana dal Partito della Nazione "nostrano".
    Del resto, tutti i sistemi politici occidentali hanno dovuto, negli anni recenti, stringersi a coorte contro l'avanzata dei "populisti" (ossia dei partiti e movimenti, almeno a parole, non pregiudizialmente antipopolari), con lo strumento della grandi coalizioni. Persino l'Inghilterra rischia di vederne una (ovviamente in chiave anti-Brexit)...

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  4. Debbo dare atto a chi ha inventato "En Marche!" di aver fatto un capolavoro di marketing politico, visti i risultati.

    La grande sconfitta: la sinistra francese. In tutti i sensi.
    Hanno voluto fare i macellai sociali col grembiule rosso convinti di salvarsi, aggrappati in maniera infantile a un ideale europeista astratto e scollegato dalla realtà: il liberismo li ha usati per implementare il suo programma bruciando la loro credibilità politica, come un parassita che divora l'opsite dall'interno. Poi, come "Alien" che esce fuori dal corpo della vittima, "En Marche" è uscita fuori dalla morente sinistra francese e si è presa il governo del Paese.

    Per il resto, penso che basti sedersi lungo il fiume e aspettare. Aspettare che l'amico Macron cominci ad aggredire sul serio l'elefantiaco carrozzone del settore pubblico francese e vedere i soliti "insegnanti", "intellettuali" e "maitre a penser" scendere in piazza a manifestare stupore e sdegno.........

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    1. Rimane comunque sullo sfondo la perdita di credito del FN presso la classe operaia, i sottoccupati e i coltivatori diretti della provincia profonda, frutto della ambiguità sull'euro della parte finale della campagna elettorale; mossa poi aggravata dalla retromarcia con scuse dopo il ballottaggio.

      Un errore di valutazione indotto da polemiche interne al partito, che ha mostrato così limiti di tenuta e di coerenza, e che ha depotenziato la capacità di differenziarsi sia dal vecchio FN che dall'ambiguo trattativismo di Melenchon.

      Sapendo (con un obiettivo senso della realtà) che sarebbe stato impossibile vincere alle presidenziali, a MLP conveniva puntare ad essere un'opposizione forte e completamente alternativa, senza preoccuparsi di formule come il referendum: bastava attendere rafforzando la rivendicazione sul mercato del lavoro e sulle politiche industriali nazionali.

      Ora la vedo difficile riconquistare credibilità su questo terreno...

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    2. "Elefantiaco carrozzone": du pur Macron! sul serio: piacerebbe molto a Macron e ancor più ai suoi mandanti (ammesso che possano essere scissi) questa espressione, peraltro falsa. Insegnanti e personale ospedaliero sono sempre meno, chiudono le strutture e i servizi sul territorio, si eliminano le classi nelle scuole; lo stesso nel settore dei beni culturali.

      La Francia aveva salari e servizi pubblici decenti e dignitosi, tutto qui. Una delle ragioni per cui tanti hanno scelto questo paese nella speranza di una vita migliore.
      Ma si', parliamo pure di "elefantiasi" del servizio pubblico, diamo una mano al boia EUroliberista: alla natura non si comanda.

      Povero nobile animale, forte e intelligente, strumentalizzato cosi'.

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    3. Comunque non riesco a non stupirmi ogni volta di quanto il sistema francese sia distorsivolta del voto.
      Col 32% delle preferenze si conquista il 70% dei seggi.
      Ma en marche...partito nato da meno di un anno...chi manda in parlamento?
      Sono curioso...fuoriusciti da altri partiti o un amalgama di tecnici banchieri e imprenditori come scelta civica qui?

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    4. già, è molto distorsivo, e merita in pieno la definizione di "golpe permanente" data a suo tempo da Mitterand. Credo che adesso il PD riproverà a tornare alla carica col sistema francese ("L'unico che garantisce governabilità") e non è detto che berlusconi non sia d'accordo. Ma non passerà. E quindi, se non succede un miracolo, rischiamo di andare in prorogatio oltre il limite naturale della legislatura, come già osservato in passato. Giusto per il tempo necessario ai quisling per uccidere il paese, naturalmente, poi si potrà votare anche con due leggi diverse per Camera e Senato...

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    5. Sì, in effetti il ballottaggio non connesso all'aggiuntiva attribuzione di un premio di maggioranza, è sopravvissuto alla sentenza della Corte cost:

      "È necessario sottolineare che non è il turno di ballottaggio fra liste in sé, in astratto considerato, a risultare costituzionalmente illegittimo, perché in radice incompatibile con i principi costituzionali evocati.
      In contrasto con gli artt. 1, secondo comma, 3 e 48, secondo comma, Cost. sono invece le specifiche disposizioni della legge n. 52 del 2015, per il modo in cui hanno concretamente disciplinato tale turno, in relazione all’elezione della Camera dei deputati.

      Il turno di voto qui scrutinato – con premio assegnato all’esito di un ballottaggio in un collegio unico nazionale con voto di lista – non può essere accostato alle esperienze, proprie di altri ordinamenti, ove al ballottaggio si ricorre, nell’ambito di sistemi elettorali maggioritari, per l’elezione di singoli rappresentanti in collegi uninominali di ridotte dimensioni. In casi del genere, trattandosi di eleggere un solo rappresentante, il secondo turno è funzionale all’obbiettivo di ridurre la pluralità di candidature, fino ad ottenere la maggioranza per una di esse, ed è dunque finalizzato, oltre che alla elezione di un solo candidato, anche a garantirne l’ampia rappresentatività nel singolo collegio.

      Appartiene invece ad una logica diversa – presentandosi quale istanza risolutiva all’interno di una competizione elettorale selettiva fra le sole due liste risultate più forti, nell’ambito di un collegio unico nazionale – l’assegnazione di un premio di maggioranza, innestato su una formula elettorale in prevalenza proporzionale, finalizzato a completare la composizione dell’assemblea rappresentativa, con l’obbiettivo di assicurare (e non solo di favorire) la presenza, in quest’ultima, di una maggioranza politica governante. Se utilizzato in un tale contesto, che trasforma in radice la logica e lo scopo della competizione elettorale (gli elettori non votano per eleggere un solo rappresentante di un collegio elettorale di limitate dimensioni, ma per decidere a quale forza politica spetti, nell’ambito di un ramo del Parlamento nazionale, sostenere il governo del Paese), un turno di ballottaggio a scrutinio di lista non può non essere disciplinato alla luce della complessiva funzione che spetta ad un’assemblea elettiva nel contesto di un regime parlamentare".
      http://www.giurcost.org/decisioni/2017/0035s-17.html

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    6. Ma il passo più clamoroso della sentenza n.35 del 2017, - che comunque è già una licenza di ballottaggio entro un sistema maggioritario a collegi frazionati (alla FRANCESE, per intendersi)-, è il seguente, ove in modo del tutto extratestuale si costituzionalizza la "governabilità" come valore-guida dell'ordinamento (!):
      p. 9.2.
      ...
      "Il legittimo perseguimento dell’obbiettivo della stabilità di Governo, di sicuro interesse costituzionale...".

      Lo Stato monoclasse, col suo sommo "valore" ex parte principis, è servito e l'Assemblea Costituente superata d'un colpo, senza neppure il rischio di un passaggio parlamentare per la revisione.

      Ormai a modificare i principi fondamentali della Costituzione basta l'evocazione "implicita" (inconscia? Automatica come un riflesso condizionato?) dei trattati...

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    7. Purtroppo, Presidente, è venuto meno proprio l’abc del senso delle previsioni costituzionali (sovranità popolare e stato pluriclasse ovviamente su tutte). Che tale elusione provenga dalla Corte - la quale dà per implicitamente come ammissibile un sistema maggioritario - è fatto grave, risultando inspiegabile che non si riesca a capire quello che sta sotto all’operazione ideologica:

      … La soluzione adottata nel testo costituzionale non ha accolto formalmente strumenti volti a spostare l’asse dei rapporti fra parlamento e governo verso quest'ultimo, proprio perché si avvertiva l’esigenza di superare l’autoritarismo intrinseco alla forma di governo dello stato liberale, nella quale il c.d. dualismo derivante dalla triangolazione dell’esecutivo (di cui oltretutto il re era “capo”) con il parlamento ed il monarca costituzionale connotava istituzionalmente la ripartizione di potere politico tra le sole classi alte, con un parlamento subalterno all’esecutivo nell’apparenza di un’autonomia caratterizzantesi nel fatto che la “camera rappresentativa” era divenuto il centro di incubazione e formazione della classe dirigente per una selezione favorevole all’alternanza di uno dei vari “gruppi di potere” con cui si esprimeva la frantumazione del “blocco industriale-agrario”, gruppi disposti ad ogni compromissione trasformistica pur di continuare ad escludere le forze sociali considerate estranee alla “omogeneità” della società civile.

      Scoprendo su tale premessa il velo che copre le analisi sulle forme di governo contemporaneo, rappresentato dall’oscuramento del nesso tra “pluralismo sociale” e “pluralismo politico” proprio dello stato democratico-sociale realizzabile correttamente con il metodo elettorale “proporzionale puro” … in antitesi al metodo “maggioritario” (semplice o a due turni), si viene ad apprezzare il reale contenuto dei caratteri differenziali delle forme di governo denominate parlamentari e interpretate in modo acritico e con riferimento a dati dogmatici che non tengono conto dei nuovi aspetti di quello che pure si è chiamato “stato dei partiti”, eludendo cioè il senso delle novità – rispetto alla fase del costituzionalismo liberale – che chiamano in causa il passaggio dalla sovranità dello stato-apparato, alla sovranità popolare dello stato-comunità nel quale le alternative tra la società “omogenea” (tipica della Gran Bretagna e degli USA) e la società “eterogenea” (qualificata approssimativamente con l’antitesi stato monoclasse/stato pluriclasse) vengono assunte e interpretate in modo opposto, a secondo di quale criterio c.d. tecnico della rappresentatività venga adottato, come prova il fatto che nella dottrina giuridica e nelle stesse forze conservatrici si ammette anche oggi la genuinità del metodo proporzionale almeno nella elezione delle assemblee costituenti in quanto non rapportabile alle esigenze della c.d. “governabilità
      …[S. D’ALBERGO, Dalla democrazia sociale alla democrazia costituzionale (un percorso dell’ideologia giuridica), in Costituzionalismo.it, 9]. (segue)

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    8. Già, sovranità popolare e Stato redistributivo e pluriclasse. Se ogni tanto la Corte leggesse chi la Costituzione l’ha scritta…:

      … La prima difficoltà è il vero punctum dolens di ogni democrazia: da un lato è evidente che in ultima analisi la volontà statale dev’essere volontà unitaria, ma dall’altro, se questa volontà statale deve coincidere con la volontà popolare, essa deve risultare dalla sintesi delle molteplici e diverse volontà degli individui che formano il popolo. Questo non significa immaginare una sovranità parcellare distribuita in tante frazioni infinitesime quanti sono i cittadini che formano il popolo, e non significa neppure negare che il sovrano, unitariamente concepito, debba avere una volontà unitaria; significa soltanto che l’unità della volontà non può esser data a priori, sostituendo al popolo reale un’entità metafisica, ma che dev’essere unità nella distinzione e nella differenziazione, cioè il punto terminale di un processo decisionale complesso attraverso cui si raggiunge una sintesi di tante volontà diverse. Si tratta di un processo decisionale che richiede strumenti delicati e complessi, e per giunta di non facile attuazione: il principio maggioritario, a cui solitamente si ricorre, non è, a mio avviso, altro che un metodo ancora rudimentale, che è lungi dal soddisfare le esigenze di un’autentica vita democratica. Ma, quali che siano i metodi e gli strumenti che si vogliono scegliere per attuare questo processo decisionale, una vera sintesi è possibile solo a condizione che tutti gli elementi siano presenti nel corso del processo…

      … Per chi consideri l’articolo (art. 3 Cost., NdF) nella sua globalità, mi pare che il senso di tutte le sue parole sia chiaro. Abbiamo già osservato che nell’articolo in questione l’accento non cade sul diritto di associazione, ma sul diritto dei cittadini di determinare la politica nazionale attraverso una pluralità di partiti politici. L’importanza del verbo “concorrere” è stata già sottolineata in dottrina, particolarmente dal Sica che ha mostrato come l’art. 49 richieda la pluralità dei partiti come momento essenziale e costituzionale dell’ordinamento democratico. Abbiamo quindi l’esplicito riconoscimento della pluralità partitica COME PROIEZIONE DELLA ETEROGENEITÀ INTERIORE DEL POPOLO SOVRANO: quel che attraverso il verbo “concorrere” si mette in rilievo è il momento della differenziazione, della varietà, che caratterizza il popolo reale.

      Ma se in questo modo la Costituzione rifiuta il vecchio concetto dell’unità del sovrano come un apriori, che era implicito invece nella concezione della sovranità nazionale o statale, essa non può tuttavia misconoscere che in ultima analisi la sovranità del popolo deve esprimersi come volontà unitaria. E il momento dell’unità si trova espresso nel concetto di “politica nazionale”, dove l’aggettivo “nazionale” accentua appunto questo carattere unitario. Mi pare infatti molto giusta l’osservazione del Crisafulli che non ritiene le espressioni “popolo” e “nazione” come pienamente coincidenti nel testo costituzionale, dove la parola “nazione” farebbe piuttosto riferimento “a quel che di permanente e di unitario vi ha al fondo della collettività popolare”: così all’art. 9, secondo comma (“patrimonio storico e artistico della nazione”), all’art. 87, primo comma (il Presidente della Repubblica “rappresenta l’unità nazionale”), all’art. 98, primo comma (“i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della nazione” intesa unitariamente e non di un partito o di una classe)
      . (segue)

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    9. In altre parole l’art. 49 indica come deve articolarsi il processo decisionale del sovrano collettivo: PARTIRE DALLA PLURALITÀ, DALLA VARIETÀ, DALLE DIFFERENZE REALI CHE ESISTONO E CHE DEVONO ESSERE PRESE IN CONSIDERAZIONE ATTRAVERSO LA MOLTEPLICITÀ DEI PARTITI e arrivare ad una sintesi unitaria che costituisce in ultima analisi la politica nazionale, la quale non può quindi essere espressione soltanto di una parte, sia pure maggioritaria, ma dev’essere la risultante del concorso di tutti.

      Anche sotto questo profilo è significativo che l’art. 49 segua immediatamente l’art. 48 il quale pure indica una via analoga: il voto eguale di tutti i cittadini, ciascuno secondo il proprio libero e differenziato convincimento, per arrivare all’elezione di un parlamento in cui si esprimerà, nelle forme previste dalla Costituzione, una volontà unitaria. Ma questa via, che è la via puramente parlamentare, potrebbe condurre alla frammentazione eccessiva e addirittura all’atomizzazione della collettività, e per ovviare a questo pericolo la Costituzione indica la sola via possibile e necessaria, che è quella del pluripartitismo.

      L’articolo 49 dice in ultima istanza quello che i costituenti vollero effettivamente dire, e cioè che in una democrazia moderna, in cui il supremo potere decisionale spetta alla collettività popolare, l’iter necessario per estrarre l’unità dalla molteplicità, la decisione sovrana dal contrasto e dal confronto delle diverse volontà dei cittadini, è il concorso di una pluralità di partiti: IN QUESTO STA L’ESSENZA DEL METODO DEMOCRATICO.

      L’espressione “con metodo democratico” nell’art. 49 potrebbe quindi esser considerata in un certo senso pleonastica, perché il metodo indicato dall’articolo è già per se stesso il metodo democratico: averlo tuttavia aggiunto significa aver voluto sottolineare in modo espresso quello che sarebbe stato altrimenti sottinteso, vale a dire il collegamento fra l’art. 49 e l’art. 1. In sostanza scrivendo che “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”, la Costituzione afferma semplicemente che questa è la via maestra per dare pratica attuazione all’affermazione contenuta nel primo comma del primo articolo che “l’Italia è una repubblica democratica” . Così come un’altra via maestra è quella indicata dal capoverso dell’art. 3: modificare la struttura economico-sociale del paese per permettere la libera e cosciente partecipazione di tutti i cittadini all’esercizio della sovranità ...
      ” [L. BASSO, considerazioni sull’art. 49 della Costituzione, Istituto per la documentazione e gli studi legislativi, Indagine sul partito politico. La regolazione legislativa, I, Milano, 1966, 131-151].

      Siamo ritornati in pieno clima ottocentesco

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  5. "Ma mentre negli USA ci si rende sempre di più conto che l'aver portato a compimento questa opera pone l'intero sistema politico-sociale sull'orlo del precipizio, in €uropa si va convintamente nella direzione opposta, cercando anzi di accelerare.". Ma no dai non è vero! Non è mica vero che il modello USA è un fallimento su tutta la linea, con più 46milioni di persone che ricevono aiuto governativo attraverso i food stamps, con 1 bambino su 5 la cui famiglia ne fa utilizzo e circa 43,1 MILIONI di poveri... Il modello americano, the American way of life, è ancora vivo e lotta con noi. E gli Eurocrati lì ci porteranno, che ci piaccia o meno... o no?

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  6. E ricordo che i francesi han sempre sforato i parametri con la benevolenza tedesca,cosa che non sottovaluto in questo quadro.E sappiamo anche che,per lo meno,in Italia,con moltissimi sacrifici ha avuto esportazioni migliori dei transalpini.

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  7. Credo Berlusconi. Ma il peggio è che tali maltreattamenti, più che a disinnescare o scoraggiare improbabili (e non accadute) inversioni politiche da parte di personaggi che sappiamo non averne nè la consapevolezza, nè l'intenzione, nè l'interesse materiale per attuarle (e che onestamente non possiamo mettere sulle loro sole spalle), più che a tutto questo, tali maltrettamenti sono funzionali alla mistificazione generale e alla creazione di finti bersagli su cui indirizzare la frustrazione e il perbenismo delle masse pseudo-colte. Personaggi come Trump e Berlusconi, al di là del perseguimento di interessi familiari (per lo più in chiave difensiva) e di possibili singole iniziative politiche positive per le loro nazioni, finiscono per essere soprattutto gli "utili idioti" di destra.

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  8. LIQUOR VACUI

    Eh .. si, è proprio la mancanza (dire assenza sarebbe troppo in quanto l'evaporazione delle stato liquido del rachide allo stato aeriforme è condotta in modo efficiente ed efficace da decenni) di contenuti, di forze interiori, di pensieri ingabellate dalle “nuove” preoccupazioni indotte a zia TINA per comprenere i risultati delle amministrative 2017.

    Le motivazioni e ragioni – fin troppo limpide e chiare a quanti seguono l'analisi di '48 – dovrebbero essere chiare e limpide ma il commentario globale proposto alimenta (come non altrimenti ..!!) un ulteriore innalzamento della temperatura (globale e di CO2 notoriamente avverso alla biologia vitale) e quindi funzionale al processo evaporativo.

    Quanti speravano nei “galletti” l'avvio di una riscossa delle coscienze civiche (smentite e compresse nell'affondamento bilaterale deli vascelli di Melenchon e MLP) avranno da ricredersi.

    Quando il ravvedimento di quanti, colti in investigazioni entomologiche, dovrebbero aver modo di rinnovate considerazioni dei principi della termodinamica sociale.

    Parimenti, sarebbero interessanti approfondimenti sulle correlazioni tra la stabilità degli esecutivi ed i benefici sociali raggiunti – anche limitatamente nel Bel Paese – per confrontarsi con metodologia scientifica al mito della stabilità di fare cioè che ESSI vogliono.

    Cara zia TINA: non è mai troppo tardi .. almeno finchè si respira ripartendo dall'affluenza decembrina > 65% che ha confermato i principi della costituzione con > 59% e da qui si parte.

    That's all, folk

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