1. Riprendo questo commento di Gianni Pinelli all'ultimo post e vi ragguaglio brevemente sul disegno di legge costituzionale di revisione dell'art.38 Cost., in materia di pensioni, proposto sia dall'on.Mazziotti che dall'on. Ernesto Preziosi. Interessante è comunque sapere che:
Il ddl a prima firma Preziosi è stato firmato da tredici parlamentari del Partito democratico, il disegno di legge a prima firma Mazziotti (Cl) è stato firmato da trentacinque deputati di diversi partiti, dal Partito democratico a Fratelli d'Italia, passando Per Forza Italia e Area popolare.A parte qualche differenza di drafting, le due proposte di riforma costituzionale sulla questione pensioni coincidono pure "lessicalmente", come viene spiegato dall'Ansa.
2. Vediamo la relazione di accompagnamento di questa nuova iniziativa volta a modificare la Costituzione in uno dei suoi aspetti più essenziali.
Cominciamo dalla fine. Questo è il testo (appunto "lessicalmente" coincidente nelle due iniziative obiettivamente convergenti) del proposto nuovo quarto comma dell'art.38 (su cui si appunta la revisione):
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
ART. 1.
1. Il quarto comma dell’articolo 38 della Costituzione è
sostituito dal seguente: « Ai compiti previsti in questo articolo
provvedono organi e istituti predisposti o integrati dallo Stato secondo
princìpi di equità, ragionevolezza e non discriminazione tra le
generazioni ».
3. Esaminiamo e commentiamo i passaggi giustificativi fondamentali della Relazione di accompagnamento (che potete leggere per intero qui), cioè quelli che fondano come presupposti dimostrativi il resto delle affermazioni:
"Perchè questa proposta di legge
Il rapporto Pensions at Glance 2015,
diffuso dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico
(OCSE) il 1° dicembre 2015, mette in luce in maniera molto netta alcune difficoltà del sistema previdenziale italiano."
Commento: dunque, come invariabilmente accade da qualche anno - o meglio decennio- a questa parte, le riforme costituzionali devono appoggiarsi su qualche esigenza o problema che emerge da una qualche organizzazione internazionale di natura economica che, in qualche modo, si preoccupa di monitorare e dettare l'agenda politica italiana, fino al punto da incidere sulla Costituzione nei suoi principi fondamentali.
4. Ci vengono poi riportati una serie di numeri e di dati che si compendiano nella consueta affermazione che, quanto alla spesa pensionistica, "l’incidenza sul PIL è cresciuta di 0,2 punti percentuali, dal 16,97 per cento del 2013 al 17,17 per cento del 2014".
Tuttavia, come già abbiamo visto seguendo gli studi del più attento economista italiano nella materia, sulla base dei dati correttamente assunti, sovrastimati dalL'Eurostat, così come dall'OCSE, le cose stanno in modo diverso:
"In tutti i paesi europei, tranne l’Irlanda,
la voce di spesa più importante è la previdenza (15,1% nell’EU-16);
questa voce in Italia è pari al 18,8%, in Francia al 16,5% e in Germania
al 13,6%.
La superiorità del nostro dato previdenziale di 3,7 punti
rispetto alla media europea è tuttavia viziata da diverse disomogeneità
presenti nelle statistiche.
Ad esempio, l’Eurostat include nella spesa
pensionistica italiana i trattamenti di fine rapporto (pari all’1,7% del
Pil) che non sono prestazioni pensionistiche.
C’è poi che le spese
pensionistiche sono confrontate al lordo delle ritenute d’imposta, ma le
uscite pubbliche sono quelle al netto.
Tuttavia, mentre in Italia le
aliquote fiscali (sulle pensioni) sono le stesse che si applicano ai redditi da lavoro,
per un ammontare trattenuto pari a circa il 2,5% del Pil, in altri paesi
spesso sono inferiori e in Germania sono addirittura nulle, cosicché i
confronti operati al lordo sovrastimano i nostri trasferimenti
pensionistici che, in realtà, non sono affatto anomali.
In ogni caso,
dopo le riforme del 1992 e 1995, fin dal 1998 il saldo tra le entrate
contributive e le prestazioni previdenziali nette è sempre stato attivo;
l’ultimo dato, del 2011, è di ben 24 miliardi di euro. Dunque, il
nostro sistema pensionistico pubblico non grava sul bilancio pubblico,
anzi lo migliora in misura consistente (pari a sei volte le entrate Imu
sulla prima casa!)".
5. Probabilmente il dato di Mazziotti sconta già la sottrazione del trattamento di fine rapporto (le due indicazioni sulle prestazioni puramente pensionistiche tendono a coincidere sul 17 e qualcosa rispetto al PIL).
Ma come al solito si evita di considerare la prestazione al netto dell'imposizione diretta, il cui prelievo porta al consistente attivo sopra visto (circa 24 miliardi di euro) e smentisce in partenza qualsiasi problema attuale di insostenibilità.
Tanto più che, nella stessa Relazione, l'aumento del numero di prestazioni pensionistiche è distrattamente ammesso
come puramente transitorio, senza esplicitarne le cause: cioè la
prolungata recessione €uroindotta per l'aggiustamento dei conti con
l'estero, da cui l'esigenza di piazzare gli esuberi dei settori
desertificati dalla crisi, nonché i pensionamenti anticipati dovuti alle
norme-ponte di salvezza per coloro che erano prossimi alla pensione e,
avendo maturato i requisiti ultrattivi del vecchio regime, hanno
concentrato in pochi anni le richieste di quiescenza per salvaguardarsi dall'entrata in vigore della rifoma "Fornero".
6. Il problema, infatti, e lo dice pure l'OCSE citato da Mazziotti, non è la sostenibilità finanziaria "di sistema", ma la sostenibilità della vita dei pensionati futuri, cioè gli attuali giovani.
Qui è il punto chiave che fa crollare tutta l'impalcatura logica delle due proposte di revisione dell'art.38:
"Come avverte l’OCSE, è forte il rischio che i lavoratori più esposti al rischio di una carriera instabile, a una bassa remunerazione in lavori precari non riescano a maturare i requisiti minimi per la pensione contributiva anche dopo anni di contributi elevati.
Più semplicemente, come ha affermato il Presidente dell’INPS, Tito Boeri, i trentenni potrebbero essere costretti ad andare in pensione a 75 anni
per ricevere, se matureranno i requisiti, una pensione inferiore del 25
per cento rispetto a quanto ricevono i pensionati di oggi. Sul fronte
contributivo, poi, giovani e donne potrebbero scontare in maniera molto
più pesante di altre categorie periodi di assenza dal lavoro,
disoccupazione e inattività".
7. Come si vede, nè l'OCSE nè Boeri, a saper capire il senso delle loro affermazioni collegano in alcun modo l'ammontare delle pensioni future dei giovani all'eccesso di prestazioni attribuite ai "vecchi", come invece insinua la relazione di Mazziotti che, su questo aspetto, giustifica la "disuguaglianza".
Il problema è esclusivamente dovuto al combinato del nuovo regime del rapporto di lavoro dipendente, del tutto flessibilizzato e precarizzato, per il sovrapporsi delle note riforme supply-side, cioè pro-impresa, "a ondate" volute dall'€uropa, e del simultaneo innalzamento progressivo dell'età pensionabile dovuto alle altrettanto continue riforme pensionistiche, che si basano su un aumento delle aspettative di vita che si sta rivelando, oltretutto, piuttosto fallace, via via che, come ci dicono dati accuratamente trascurati dai neo-legislatori costituzionali, si smantella la sanità pubblica rispetto ad una platea crescente di working poors.
Cioè la violazione della parità di trattamento è dovuta al Legislatore, €uro-osservante e "austero", e non a comportamenti abusivi o moralmente riprovevoli delle precedenti generazioni.
Il Legislatore ha peggiorato irragionevolmente la condizione di lavoratore e, di conseguenza, la base di retribuzione su cui applicare i contributi e ricavare la futura pensione: nel far ciò ha violato sia l'eguaglianza sostanziale (art.3, comma 2, Cost.) che il parametro dell'adeguatezza della prestazione (futura ma già deteminabile), cioè l'art.38 Cost (e, prima ancora, l'art.36, durante la vita lavorativa di tutti i dipendenti, da almeno qualche decennio). Invece di rimediare a queste storture con una legge, si tende a sanare la illegittimità costituzionale, di quanto fatto in nome dell'€uropa, aggiustando il parametro costituzionale!
Cioè la violazione della parità di trattamento è dovuta al Legislatore, €uro-osservante e "austero", e non a comportamenti abusivi o moralmente riprovevoli delle precedenti generazioni.
Il Legislatore ha peggiorato irragionevolmente la condizione di lavoratore e, di conseguenza, la base di retribuzione su cui applicare i contributi e ricavare la futura pensione: nel far ciò ha violato sia l'eguaglianza sostanziale (art.3, comma 2, Cost.) che il parametro dell'adeguatezza della prestazione (futura ma già deteminabile), cioè l'art.38 Cost (e, prima ancora, l'art.36, durante la vita lavorativa di tutti i dipendenti, da almeno qualche decennio). Invece di rimediare a queste storture con una legge, si tende a sanare la illegittimità costituzionale, di quanto fatto in nome dell'€uropa, aggiustando il parametro costituzionale!
8. Dunque, su queste basi logicamente labili e confuse si vuol forzare il principio di eguaglianza (Ma non si può considerare equo un Paese nel quale il sistema
pensionistico discrimina fra pensionati di generazioni diverse. Viene
meno un caposaldo della Costituzione, il principio di uguaglianza), per giustificare il taglio delle prestazioni in godimento, e delle aspettative basate sull'attuale ed effettivo livello contributivo dei "vecchi", in nome della non discriminazione tra le generazioni?
Ma la discriminazione è avvenuta per via del peggioramento legislativo e €uro-osservante, cioè deflattivo e competitivo, del mercato del lavoro!
La sintesi di tutto ciò è che, come al solito, si vuol giustificare l'espropriazione della condizione previdenziale legislativamente sancita delle precedenti generazioni, in quanto conforme a Costituzione, per appiattire tutti sulla condizione peggiorativa delle generazioni future determinata da una sopravvenuta disciplina palesemente incostituzionale del mercato del lavoro!
E si vuol sanare il tutto introducendo una nuova norma costituzionale che, nella sostanza, introduca illimitate restrizioni retroattive della condizione dei pensionandi e dei pensionati, in nome del principio di eguaglianza!
9. Trattandosi della già vista mistica della solidarietà intergenerazionale, richiamiamo quanto detto in proposito (qui p.6), segnalando la gigantesca contrarietà al modello costituzionale lavoristico (artt.1, 3, comma 2, 4 e 36 Cost.) di questo "curioso" concetto:
[Nel caso del disegno della Costituzione del 1948] (qui, p.4) si tratta della redistribuzione ex ante che
implica l'intervento dello Stato per rimuovere gli ostacoli che
impediscono la piena parità di ciascun cittadino nell'esprimere appieno
le proprie capacità.
Lo Stato, perciò, interviene con l'istruzione pubblica (gratuita), il sistema delle borse di studio, e, più in generale, col sostegno al reddito delle famiglie dei lavoratori, e quindi alla loro effettiva possibilità di risparmio, realizzato tramite redditi aggiuntivi indiretti, tipica l'assistenza sanitaria pubblica universale, e differiti, tipico il sistema previdenziale pubblico alimentato da prelievi sia sul salario che sul datore di lavoro.
Tutto ciò non
ha nulla a che fare con la solidarietà intergenerazionale invalsa sotto
il regime €uropeista, e accettata dalla nostra Corte costituzionale, fondata sull'idea della scarsità delle risorse conseguente alla privazione della sovranità monetaria statale.
Questo euro-concetto di solidarietà intergenerazionale, corrisponde in essenza a una revanche del neo-liberismo che si "riprende il maltolto":
essa, infatti, si concretizza in forme di prelievo a posteriori sul
reddito previdenziale o sullo stock di risparmio delle classi
lavoratrici, prelievo giustificato da limiti di bilancio
istituzionalizzati per favorire la "stabilità monetaria".
Questo tipo di prelievo è dunque teso a riappropriarsi, espropriandoli, del reddito e della ricchezza derivanti dalla precedente redistribuzione ex ante, per finanziare
la carenza di reddito delle più giovani generazioni dovuta
essenzialmente all'effetto del regime di mercato del lavoro conforme
all'obiettivo della stessa "stabilità monetaria".
10. Ma se tutto quanto abbiamo visto risulta illogico, privo di giustificazione nei dati economici e improntato al ribaltamento o alla grossolana incongruenza ricostruttiva dei rapporti causa/effetto, il problema è che si tratta:
a) di proposte, abbiamo visto identiche e convergenti, ampiamente bipartisan: perciò, ove mantenuta la rappresentatività dei partiti proponenti anche in prossime legislature, siamo e saremmo in presenza di condizioni politiche tali da rendere probabile il compimento del disegno;
b) di un modo per alterare in via indiretta, cioè agendo addirittura su parametri offerti cosmeticamente come "equità" (che manca a monte nel regime del mercato del lavoro, contra Constitutionem) e "non discriminazione tra generazioni" (che sul piano pensionistico è la diretta conseguenza di questa disciplina del lavoro incostituzionale e peggiorativa), i principi fondamentali dell'obbligo di attivazione dello Stato ex artt.3, comma 2, e 4 Cost., che non sarebbero altrimenti assoggettabili a una lecita revisione;
c) nella sostanza più brutale, originando tutto questo dalla idea di scarsità di risorse pubbliche, determinata dalla privazione della sovranità monetaria e fiscale della Repubblica italiana, di un modo (surrettizio, ma nondimeno efficace) di costituzionalizzare l'euro, (prima ancora che siano riformati i trattati nel senso voluto dalla Merkel).
famo err parrtito (€uro)sovranista
RispondiEliminaSe ci metti tutte queste "erre" pari più Celentano quando faceva (malissimo) "Er più" o un parmense che cerca di imitare il dialetto romanesco :-)
Eliminasono calabrese per la verità ed in effetti gestisco male le erre
EliminaIn questo Parlamento vi sono pochi che consapevolmente e dolosamente lavorano per eseguire i dettami ferocemente classisti imposti dall’Europa, gli altri – del tutto privi di quelle risorse politiche e culturali che invece non mancavano nella vituperata prima repubblica – aderiscono e votano in base a suggestioni demagogiche (“equità intergenerazionale!”), o sulla base del principio di emergenzialità permanente che caratterizza da almeno 15 anni la nostra legislazione (il “fate presto” applicato ai più diversi settori, ma sempre in stretta aderenza alle esigenze europeiste di tagli ai bilanci pubblici e di impoverimento crescente dei cittadini). Non stupisce la presenza di Fratelli d’Italia fra i firmatari del progetto di modifica dell’art. 38, giacchè la principale iniziativa di questo partito (sedicente eurocritico) nell’attuale legislatura è la proposta di legge volta al ricalcolo contributivo (con effetto retroattivo) di tutti i trattamenti pensionistici in essere (C 1253), sulla quale la Commissione lavoro della Camera ha poi riferito in aula in senso contrario. Anche la lettura della relazione a quel testo è assai indicativa di un certo modo di fare politica, che cerca di afferrare qualche voto seminando odio sociale, mentre evita accuratamente di analizzare le cause reali che sono alla base del disastro sociale ed economico imposto da Bruxelles.
RispondiEliminaForse non tutti hanno notato che prima della Meloni tutti gli "eredi di AN" erano impegnati praticamente solo nella spartizione del 'tesoretto di AN'.
EliminaLo stesso AN (che nasce nel 1995)e' quel partito che nella persona di Fini impresse la svolta decisiva che porto' all'elezione di Ciampi nel 1999 (la candidatura Ciampi fu preliminarmente proposta da Fini in direzione e se non ricordo male fu approvata con un solo voto di scarto).
In prospettiva storica possiamo oggi apprezzare il processo ed il ruolo dei personaggi chiave che hanno distrutto la matrice nazionale/patriottica del MSI ed assimilato tutto alla ideologia ordoliberista.
I dirigenti che si sono affermati in questi ultimi 25 anni (a differenza dei fondatori del MSI che, anche se fascisti, avevano una ben piu' profonda cultura), pure se animati da buoni propositi, rimangono molto ignoranti, e come la stragrande maggioranza dei parlamentari non hanno ancora capito cosa e' successo e quindi sono in pratica dei minus habens neppure in grado di comprendere le conseguenze sociali di quello che propongono.
Nel caso della Meloni un amico fidato mi ha riferito (Roma e' una citta' MOLTO interconnessa) di averle spiegato le conseguenze di certe proposte legislative e di come 'cadesse dal pero'.
Quindi convincere qualche decina di parlamentari a firmare una proposta di legge scritta in sede sovranazionale e' oggi come rubare le caramelle ad un bambino.
Per sventare la catastrofe non resta che avvicinarli uno ad uno (per chi puo') e spiegargli che cazzo hanno firmato...
Sessanta anni di propaganda ordoliberista non si cancellano presto.
Comunione e liberazione è sempre avanti a tutti nel realizzare la "durezza del vivere"per gli altri."Il ddl a prima firma Preziosi è stato firmato da tredici parlamentari del Partito democratico, il disegno di legge a prima firma Mazziotti (Cl) " non l' ho mai sopportati a giusta ragione
RispondiEliminaCome potranno pagarmi la pensione ,ci andrò tra 7 anni,con i contributi dei ragazzi che ,se lavorano,hanno contratti precari con stipendi penosi
RispondiEliminaPrenderemo nota dei firmatari uno x uno.Tutyi questi criminali devono ricordare che questo è un parlamento illegittimo.Ma il PdR nota queste cose o ancora dorme?
RispondiEliminaIl sogno americano:
RispondiElimina“… Su un terreno simile può essere dimostrato che NESSUNA SOCIETÀ PUÒ FARE UNA COSTITUZIONE PERPETUA, o addirittura una legge perpetua. Nessuna generazione può contrarre debiti maggiori di quanto possa pagare nel corso della propria esistenza. LA TERRA APPARTIENE IN USUFRUTTO AI VIVENTI … I DEFUNTI NON HANNO NÉ POTERI NÉ DIRITTI SU QUESTO … Nessun uomo può per diritto naturale vincolare le terre che egli occupa o le persone che gli succedono in quella occupazione al pagamento di debiti da lui contratti. Poiché se egli potesse farlo, potrebbe esaurire durante la propria vita l’usufrutto delle terre per diverse generazioni a venire, e allora le terre apparterrebbero all’estinto e non ai viventi …Quanto vale per ogni membro della società individualmente è vero per tutti collettivamente ” (così nella lettera che Thomas Jefferson scrisse a James Madison il 6 settembre 1789).
Direi che il costituzionalismo politico della Commissione di Venezia (alla Sunstein, per intenderci), rispecchi abbastanza tale pensiero.
Ed è interessante quanto afferma Jefferson in relazione alla situazione francese dell’epoca:
“…essendo in realtà l’interesse del debito nazionale della Francia …una parte su duemila della propria rendita, il suo pagamento è abbastanza praticabile; e così diventa una questione puramente di onore e di opportunità. MA RISPETTO AI DEBITI FUTURI, non sarebbe saggio e giusto per quella nazione dichiarare nella costituzione che si sta redigendo che né il corpo legislativo né la nazione in sé possono validamente contrarre un bebito maggiore di quel che possono pagare durante la propria esistenza …? …”. (segue)
I due firmatari di FdI hanno ritirato le firme. Domani conferenza stampa.
RispondiEliminaNemmeno Hume, da questa parte dell’oceano, ci andava leggero:
RispondiElimina“… il nostro moderno espediente, tanto largamente adottato, consiste nell’ipotecare le pubbliche entrate, confidando che i posteri assolveranno gli impegni contratti dai loro antenati; e quelli, avendo davanti agli occhi un così buon esempio dei loro saggi padri, hanno la stessa prudente fiducia nei loro posteri, che infine, per necessità più che per libera scelta, sono tenuti a riporre la stessa fiducia in una nuova posterità… Aprire crediti a un figlio prodigo in tutte le banche di Londra, non sarebbe più imprudente di DARE AD UN UOMO DI STATO IL POTERE DI EMETTERE, IN TAL MODO, CAMBIALI A CARICO DEI POSTERI…” [D. HUME, in Opere filosofiche, trad. di M. Dal Pra, Bari, Laterza, vol. 3, 1987, 358-359]
Mi pare che sia complessivamente l’ideologismo della solidarietà intergenerazionale al quale vogliono attenersi i nostri eroi nazionali del PUD€. Peccato che questi deficienti non si accorgano che le superiori argomentazioni potrebbero semmai giustificarsi, come già sappiamo, solo in presenza di un gold standard, ovvero una moneta avente come sottostante terra ed oro (il mito della scarsità delle risorse, come sottolineato nel post), e non in presenza di una moneta fiat (sovranità monetaria). Ormai non possono nasconderlo nemmeno a Francoforte che un paese a moneta sovrana non ha di questi problemi.
(Vista l’ampia convergenza politica, non è da escludere che la modifica costituzionale venga approvata con le maggioranze qualificate, magari in una stellata notte di mezza estate. Niente referendum costituzionale. Così gli italiani imparano a votare no e, soprattutto, cominciano ad abituarsi all’abolizione prossima ventura del suffragio universale costoso e brutto)
I ciellini... quest'intreccio tra finanza e religione, quest'inciucio tra politica e ierocrazia, questo caldo abbraccio tra plagio dei giovani e culto di don Giussani (che deve aver proprio fatto fare un sacco di soldi a tanta gente visto l'enorme tomba - quanto orribile, lì, ingombrante e tracotante, in prima fila - che gli è stata dedicata al Cimitero Monumentale).
RispondiEliminaMa non è che la riscrittura della Costituzione viene fatta per massacrare ulteriormente gli italiani, per asservire alle élite la salad bowl sradicata che farà posto alla patria della cultura occidentale; non viene fatto per assicurare malthusianamente una smisurata rendita ai figli di queste classi egemoni che hanno periodicamente trasformato in un orrore l'Europa, che hanno svilito l'enorme creazione di valore delle sue genti per conservare il vacuo ed inane mecenato consentito dal privilegio strutturale; non è che sono eversive riforme spinte da forze di reazione che nulla hanno di nobile ed aristocratico se non il conservare l'estetica vanesia del loro contributo storico: il nulla, un non essere che glorifica se stesso, con il suo codazzo di cagnolini slinguazzanti.
No: tutto ciò viene fatto per il sogno di un paradiso in terra, irenico e kantiano, così come descritto nel Manifesto di Ventotene.
(Quello a cui non accederanno i nostri figli: figli dello Stato-nazione e delle democrazie fasciste e totalitarie.
D'altronde è risaputo, l'unico familismo amorale è quello delle élite occidentali)
Prima di tutto un'informazione.
RispondiEliminaLeggendo l'articolo, mi sono attivato per saperne di più e mi hanno detto da fonte FdI che si tratta effettivamente di un errore e che domani stesso faranno una conferenza stampa per annunciare il ritiro delle firme.
La fonte è degna di fede, ma ovviamente personalmente non sono in grado di confermarlo con certezza.
La seconda parte del mio intervento la dedico ad un'osservazione.
Quando per ridurne l'importo, hanno perorato la causa delle pensioni contributive, l'hanno fatto sostenendo che ognuno deve avere da pensionato ciò che ha versato da lavoratore.
Ciò tuttavia è tecnicamente falso, perchè non esiste un cassettino dove ciascuno di noi aggiunge nuove quote di denaro mensilmente e così quando va in pensione, apre il cassettino e se li ritrova.
in realtà, come sappiamo, noi paghiamo la pensione agli attuali pensionati, ed avremo pagata la pensione mediante i contributi di chi lavorerà a quel tempo.
Questa precisazione alquanto ovvia è importante sia perchè esclude che le pensioni contributive siano in assoluto più eque di quelle retributive, e quindi la scelta è sostanzialmente discrezionale cioè politica, sia perchè chiarisce che quando Boeri ci dice che i giovani di oggi non potranno contribuire abbastanza da pagarsi la pensione, dice una cosa errata. Il disavanzo previdenziale rischierebbe al massimo di esserci per coloro come me che sono prossimi alla pensione per la presente crisi occupazionale, ma per i giovani di oggi c'è il buio più assoluto sul loro futuro che non può essere assicurato da una loro attuale contribuzione, ma soltanto dallo stato del conto previdenziale ma in generale del bilancio pubblico quando avranno a loro volta maturato il diritto alla pensione.
Dico insomma che non trovo granchè sensato preoccuparsi della pensione di chi c'andrà tra trentanni e più, visto che a questa distanza temporale le previsioni divengono troppo aleatorie.
Che si tratti di un errore (nel prestare la sottoscrizione al ddl costituzionale, non sul fatto che sia stato firmato), lo preannunzia anche un precedente commento delle 11.07, più sopra.
EliminaNe prendiamo atto, positivamente: vedremo cosa verrà detto nella conferenza stampa...
Ma è ottimo!
RispondiElimina"Senza discriminazione fra le generazioni"!
Quindi tutti col retributivo no??? E perché no? Neanche così abbiamo disparità.
E se poi vogliamo livellarle ancora...estendiamo i contratti nazio
Dicevo...estendiamo i contratti collettivi a tutti...anche ai giovani neoassunti...niente più stage...con salari ricalcolati in blocco per rapportarci alla quota salari di quando i 60enni di oggi avevano 20 anni.
RispondiEliminaE ancoriamo il tutto alla scala mobile.
Meno disparità di così!!!
E sarebbe perfettamente costituzionale anche dopo la modifica.
Spiace notare come un osservatore esperto e competente come chi scrive l'articolo, non tenga conto 1) del bilancio dei diversi fondi Inps (lavoratori dipendenti, autonomi, agricoli e della Gestione Separata) e non sottolinei che il FPLD è attivo 2) la mancata separazione di fatto tra previdenza ed assistenza (maternità, congedi, pensioni di invalidità non sono previdenza e quindi non devono essere computate) 3) l'incorporazione dell'Inpdap che di fatto non ha mai tenuto un bilancio perché giustamente le prestazioni degli impiegati pubblici devono essere comunque garantite, ma ha evidenziato un buco gestionale di circa 3 mld/anno.
RispondiElimina1) non si spiaccia: qui ci rifacciamo allo studio del Prof.Pizzuti e se si vogliono dati di dettaglio lo si può consultare;
Elimina2) non è la prima volta che parliamo dell'argomento - e non occorreva nell'economia del discorso riprodurre tutti i post integralmente: della mancata separazione, derivante dall'inattuazione di previsioni di legge che portarono a soluzioni pasticciate (già dalla legge n.88/89), ci siamo già occupati: personalmente sarei per la soppressione dell'INPS, per farne più direzioni generali (o al più delle "agenzie") del Tesoro;
3) il buco "Inpdap" è dovuto notoriamente alle esigenze di gestione di cassa del bilancio dello Stato, successive ai limiti fiscali introdotti con il trattato di Maastricht: i contributi sono stati prelevati dai lavoratori mentre per la parte incombente sui "datori", cioè le stesse p.a., le varie precedenti gestioni separate li hanno solo figurativamente imputati (come può constatare ciascun dipendente dalla sua busta paga), ma non effettivamente liquidati e trasferiti, prima all'Indpap (dal 1994, appunto) e poi all'INPS.
Un caso di debito con se stesso trattato in modo spericolato perché "lovuolel'europa". E comunque, sarebbe improprio parlare di "dissesto" per l'evidente coincidenza tra creditore e debitore-datore.
E comunque, anche in tal caso, il deficit era tale rispetto solo alle prestazioni lorde, prima del prelievo Irpef (che invece, naturalmente, è sempre stato regolarmente effettuato e incassato: sulle pensioni erogate).
Questo per ritardare gli effetti contabili di cassa e far risultare, via via, - e ciò vale praticamente per tutti i pagamenti delle p.a.-, un miglior andamento dei conti pubblici.
Ma si tratta di aspetti di dettaglio e tutti irrilevanti sul punto che il post intende evidenziare.