Nella prima metà dello scorso marzo, sarebbe dovuto uscire un mio nuovo libro dedicato alle "politiche economiche di salvezza", praticabili dall'Italia pur all'interno delle regole dell'eurozona (naturalmente sfruttando dei margini normativi concessi dai trattati che finora l'Italia non ha inteso attivare...).
La pubblicazione del libro è stata però rinviata a causa delle notorie difficoltà che, certamente non per il solo settore editoriale, sono insorte nel proseguire l'attività produttiva e di distribuzione.
Questa fase di "stasi", peraltro, ha reso sia opportuno che necessario por mano a una nuova "Parte", introduttiva del tema affrontato nel libro, che tenesse conto e aggiornasse le prospettive economiche e sociali italiane alla luce della subentrata crisi economica determinata dal lockdown e dalla ancor permanente emergenza sanitaria.
Nel capitolo 3 di questo nuova parte introduttiva, si affronta, in un apposito paragrafo, il tema della tanto "attesa" sentenza della Corte costituzionale tedesca del prossimo 5 maggio. Ve la anticipiamo, anche per comprendere come e quanto sia arduo definire l'evoluzione dell'eurozona nella tempesta sia economica che istituzionale che sta ora attraversando e che rischiano di travolgerla; a causa delle molte, e per lo più insormontabili, difficoltà,
...
8- Un’analisi preliminare delle eventuali conseguenze di una sentenza della
corte costituzionale tedesca che dichiarasse delle condizioni restrittive, non
previste dalla decisione della BCE, in assenza delle quali i programmi di
acquisto non risulterebbero conformi alla Costituzione tedesca.
La Corte tedesca, secondo le aspettative
che si stanno addensando, dovrebbe ritenere legittimi (per la Costituzione
tedesca) i programmi di acquisto secondo condizioni che, come nel caso
dell’OMT, sarebbero talmente restrittive da renderli privi di utilità pratica;
la Corte, cioè, potrà fare tutto un conto e chiudere la partita della
"solidarietà" finanziaria tra Stati dell'eurozona che, vietata
dall'art.125, si tenta di far rientrare dalla finestra della violazione, tacita
e de facto, dell'art.123.
In prima battuta, secondo il “metro” del
senso comune, non rigorosamente giuridico, la decisione di una Corte nazionale
di tal genere implicherebbe, per coerenza logica e giuridica (di diritto
interno), che la Germania debba, mediante il proprio rappresentante all’interno
del Board BCE, ritirare il proprio
consenso alla deliberazione, già presa, in ordine ad un programma di acquisti
che non fosse conforme alle condizioni considerate legittime (dalla Germania,
appunto, ed in base al proprio diritto costituzionale).
Ma risulta che tale
rappresentante avesse già manifestato, a settembre 2019, il proprio voto
contrario sul nuovo QE che può essere inteso come “il lascito di Draghi”..
E, per quanto riguarda la deliberazione
successiva, relativa all’allargamento del programma di acquisti in via
emergenziale, c.d. “pandemico” (PEPP) occorrerebbe verificare, in astratto (poiché, giuridicamente,
come vedremo, le conseguenze in concreto non sono affatto scontate) se
la maggioranza necessaria alla sua adozione sarebbe raggiungibile anche nel
caso della sopravvenuta “revoca” dell’eventuale voto approvativo tedesco
(ipotetica “prova di resistenza”).
Si tenga conto che, ai sensi dell’art.10,
paragrafi 10.2 e 10.3, dello Statuto del SEBC e della BCE, protocollo 4
allegato ai trattati, la deliberazione nella materia in questione dovrebbe
essere adottabile a maggioranza semplice.
Peraltro, dato il principio dell’indipendenza, della BCE e delle banche centrali
nazionali formanti il SEBC, dai governi
(cioè dagli organi complessi che, sul piano dei rapporti internazionali,
rappresentano gli Stati ed attuano, se necessario previo coordinamento coi
rispettivi parlamenti nazionali, le sentenze delle proprie corti
costituzionali), - principio sancito dall’art.130 TFUE nonché dall’art.7 del
suddetto Statuto -, la revocabilità
dell’efficacia del voto e comunque, (a maggior ragione), della operatività
della pregressa deliberazione del consiglio direttivo della BCE, non è una
conseguenza né automatica (derivante dai principi del diritto dei trattati
internazionali), né comunque prevista dallo Statuto: si tratterebbe di una
manifesta violazione del principio dell’indipendenza della BCE (e della stessa
Bundesbank, in quanto articolazione del SEBC, organo regolato dal diritto
europeo).
E dunque, poiché tale principio di indipendenza
postula l’irrilevanza delle sopravvenute prese di posizione governative
statuali, derivanti da qualsivoglia applicazione (o interpretazione ex post, quale quella che sarebbe resa
dalla Corte di Karlsruhe) del diritto nazionale, la funzionalità giuridica, e
la (perdurante) validità dell’attività deliberativa, della BCE, quale organo la
cui azione è per definizione rapportabile al solo diritto dell’Unione europea,
dovrebbe, a rigore, rimanere intatta.
Certo, l’influenza tedesca all’interno
delle istituzioni Ue, e il ruolo fondamentale che, sul piano politico, spetta
alla Germania nel dar vita e nel mantenere in vita la moneta unica, aprirebbe
la via ad una crisi, appunto primariamente politica, di esiziale importanza.
Senza precedenti nella storia della costruzione europea a partire dall’Atto
Unico. La Germania, infatti, su un piano pratico molto incisivo, porrebbe in
discussione quel superamento della teoria
dualistica dei rapporti tra diritti nazionali e diritto dell’Ue, che la
Corte europea aveva raggiunto affermando una (mai ben spiegata) teoria monistica; che peraltro la
Germania, a partire dalle sentenze Solange
e Lissabon della sua Corte, si era
sempre riservata di contestare, quantomeno sul piano della prevalenza del suo
diritto costituzionale[1].
Non di meno, la principale conseguenza
della sentenza tedesca, a fronte del fisiologico mantenimento in vita di
deliberazioni di un organo dell’Unione economica e monetaria europea contrarie
al diritto costituzionale tedesco, dovrebbe essere quella della dichiarazione di illegittimità
costituzionale delle leggi federali tedesche che hanno, a loro tempo,
introdotto l’euro come moneta avente corso legale all’interno della
Germania (e/o eventualmente autorizzato la ratifica della decisione di entrare
nella moneta unica).
In pratica, non potendosi, per via di una sentenza di diritto nazionale,
ottenere effetti caducatori e
abrogativi degli atti di un organo dell’Ue, legittimi alla stregua
dell’ordinamento giuridico europeo (i programmi di acquisto
sono stati già ritenuti legittimi dalla Corte di giustizia Ue, con sentenza dell’11
dicembre del 2018), la conformazione della
Repubblica federale tedesca al dictum
della sua corte costituzionale, dovrebbe (giuridicamente) indirizzarsi verso la
sua uscita dalla moneta unica.
Karlsruhe potrebbe dunque tentare di
liquidare entrambi i censurati "espedienti" (il QE e la sua indiretta
funzione di finanziamento strisciante,
a vocazione discrezionale e condizionale, operato dalla BCE) che, dal punto di
vista della Germania, “aggirano” le norme dei trattati, violandole.
Peraltro, la gravità e la imprevedibilità
della crisi che seguirebbe sul piano politico, potrebbe aprire una fase di
difficoltà decisionale e di instabilità funzionale interna alla BCE, che
potrebbe arrivare a paralizzarne l’operatività o, quantomeno, a provocare un forte
disorientamento dei mercati finanziari rispetto ai titoli del debito pubblico
denominati in euro.
Un altro aspetto va segnalato: l’analoga vicenda dell’OMT, poiché
quest’ultimo istituto, non ha poi trovato più applicazione (sia per la sua
vanificazione dovuta alle condizioni che ormai lo caratterizzano, sia perché il
sostegno della BCE si è orientato ad agire attraverso i vari QE), non ha obbligato a uno showdown tra Corte europea e Corte di
Kalrsruhe, per stabilire quale linea interpretativa e regolatoria, tra quella
Ue e quella nazional-germanica, dovesse prevalere.
Il caso dei programmi di acquisto BCE è,
nei fatti, nettamente diverso, dunque, dal “precedente OMT”: i programmi di
acquisto sono in vigore e in piena applicazione; e, anzi, ritenuti fondamentali
nell’economia delle risposte alla crisi per i paesi dell’eurozona.
Pertanto, la crisi “politica” - che
nell’applicazione dei trattati porta normalmente all’attivazione di negoziati,
in questo caso in un clima drammatico - dovrà, nell’attuale frangente, trovare
una qualche composizione. Ci saranno cioè dei vincitori e dei vinti e possibili
prese di posizione “traumatiche” da parte degli Stati che sono gli stakeholders principali dell’eurozona.
Questa precarietà politica di contesto
in cui si collocherà presumibilmente l’azione della BCE, fintanto che non si
chiariscano le conseguenze della crisi aperta dalla Germania tra gli Stati aderenti
alla moneta unica, potrebbe anche favorire un nuovo assetto dell’eurozona: più favorevole alla garanzia del debito pubblico da parte della banca
centrale comune. E ciò in connessione ad un disimpegno della Germania (e forse
di Olanda e Austria, “a seguire”) dalla moneta unica.
Si deve infatti rammentare che la fuoriuscita dalla moneta unica, l’adesione
alla quale non è obbligatoria, ai sensi dell’art.3, par.4 del TUE e del
combinato disposto degli artt. 139 e 140 del TFUE[2], non implica in alcun modo un recesso dall’Unione ai sensi dell’art.50
del TUE: la condizione di Stato-membro Ue, con pieno accesso al mercato
unico, permarrebbe.
Ma non si può ignorare che un riassetto di
tal tipo, esigerebbe una fase di “assestamento” che potrebbe durare dei mesi (e
forse degli anni); e ciò potrebbe condurre a un drammatico innalzamento degli spread, a seguito dell'indebolimento del
pur “sottile” ombrello della BCE, costringendo l'Italia a scegliere tra il “trattamento Grecia”, immediato e senza pretenziose finzioni di eccettuazione, per via
dell’accettazione dell’intervento dell’ESM nella sua piena condizionalità, e l'assumersi la responsabilità di attivare
il potere spettante allo Stato membro, anche dell'eurozona, in base all'art.65 TFUE...
[1] Sul
punto si veda Luciano Barra Caracciolo, “Euro e (o?) democrazia
costituzionale”, 2013, Parte II, capitolo 1, pagg.211 e seguenti.
[2] Sulla
non obbligatorietà, ex trattati, a carico degli Stati-membri dell’Ue, di aderire
alla moneta unica, in un’interpretazione letterale e sistematica dell’art.3.4
del TUE, cfr; Luciano Barra Caracciolo, “La Costituzione nella palude”, 2015,
pagg.285-300, ove è riportata la conforme analisi di Guarino.
In generale sui rapporti Corte di Giustizia – BVerfG può essere interessante leggere un autore di cui vi ho già parlato, Gunnar Beck, che conosce bene entrambe:
RispondiElimina“When told the Pope thought Stalin should stop repressing Catholics under his yoke, Stalin infamously asked, ‘The Pope? How many divisions has he got?’ Stalin wished to emphasise, of course, the limited power of normative, that is, purely moral, religious or legal authority in the absence of coercive political or military power or popular support where it can be effectively politically organised. The FCC’s pre-Lisbon approach suggests that, notwithstanding its entrenched doctrinal claim to be the ultimate praetor in any conflict between EU and national constitutional law, in practice it will seek to avoid ‘battle’ for as long as the cause of further integration still commands the greater political battalions and political opposition in Germany to ‘ever closer union’ remains insufficiently strong and politically largely inarticulate. If the current financial upheavals and the crisis of confidence in the Euro cannot ultimately be contained, then, of course, for the first time, it is at least possible that a fundamental shift in popular and political attitudes could sustain greater constitutional nationalism by the FCC. In such unlikely although no longer far-fetched circumstances, however, the very conditions that would favour a more assertive approach by national constitutional courts would probably also make it unnecessary, as the new political realities would be reflected in the attitudes not merely of the judicial but also of the key political actors and authorities both at the level of the EU institutional and national governments which, for the moment at least, command the divisions that matter.” (G. Beck, The Lisbon Judgment of the German Constitutional Court, the Primacy of EU Law and the Problem of Kompetenz-Kompetenz: A Conflict between Right and Right in Which There is No Praetor, European Law Journal, Vol. 17, No. 4, July 2011, pag. 494).
In effetti nel frattempo lui è diventato europarlamentare di AfD, e su twitter ci anticipa questo: https://twitter.com/gunnar_beck/status/1256907990898282497
Per l’occasione rispunta anche il nostro vecchio amico Issing: https://twitter.com/gunnar_beck/status/1257008349889155072
Vedremo.
Grazie: interessantissimi spunti.
EliminaSi scorge una "leggera" visione monistica, ma invertita. L'integrazione tra ordinamento tedesco e quello Ue, funzionerebbe, per il nostro, nel senso che quello tedesco debba prevalere. Sottinteso: solo quello tedesco, in quanto unico avente piena dignità di...diritto (e di governo, essendo tutti gli altri un inammissibile intralcio).
Temo tuttavia che anche un minimo "condizionare" da parte di Kalrsruhe, ad es; escludendo la facoltà della BCE di detenere i titoli fino alla scadenza, stavolta porterebbe la Germania ad un conflitto politico "finale"; dal quale le risulterebbe difficile uscire senza assumersi responsabilità che rivelerebbero i vantaggi che si è presa. Senza ammetterlo e anzi lamentando continuamente l'opposto.
Prima o poi, il "chiagne e fotte" viene scoperto
Scusate se insisto, ma ho trovato un altro refuso.
RispondiElimina«che può essere intero come “il lascito di Draghi"»
Mi par di capire che la parola giusta fosse "inteSo".
I giudici di Karlsruhe hanno sì sancito che il piano di acquisto di titoli pubblici della Bce non viola il divieto di finanziamento monetario, ma hanno decretato che la Corte Ue non ha valutato adeguatamente se il piano della Bce abbia rispettato il principio della proporzionalità tra i benefici attesi – spingere consumi e investimenti, far salire l’inflazione vicino al 2% – e gli effetti collaterali.Hanno ragione !!Il dato dell' inflazione è stato per il 2019 del 0,6% quindi serviva proprio il contrario di quanto auspica la corte di Kalsruhe ,maggior ragione e serve ora,con ciò che sta ancora accadendo, e a tutti i membri dell' eurozona ,Germania compresa.Lo scopo della sentenza è condizionare la Bce con l' aggiunta d' un "simpatico" ultimatum"Tre mesi". Bagnai ricordo che aveva riportato l' affermazione d' un ospite tedesco ad un convegno si Asimmetrie ,per la quale per farsi ascoltare dai propri connazionali ,in ogni trattativa "europea",si deve appoggiare la pistola ,carica,sul tavolo.I nostri attuali inviati tutt' al più appoggiano sul tavolo una scatola di "Baci Perugina"
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