Per capire la Costituzione occorre "sapere" di economia politica e avere memoria (o cultura) storica.
Non basta essere un giurista, specialmente se non si utilizza il naturale criterio della interpretazione sistematica (e, appunto, storico-economica) per un articolato complesso; ancor meno basta essere un improvvisato esegeta (nella migliore delle ipotesi "politologo") dedito alla "estrapolazione" di singole norme, in base ad una "precomprensione" superficialmente orientata, come accade sempre più frequentemente ai nostri giorni.
Ovviamente a maggior ragione ciò vale per la "Costituzione economica", la quale, però, e non finiremo mai di ripeterlo, va letta come una parte organicamente connessa ai principi fondamentali, come attesta anche (oltre che la normale metodologia dell'interpretazione sistematica), il fatto che essa è ricompresa nella parte I della stessa Costituzione, cioè fra i diritti e i doveri dei cittadini.
Questo dato ci fa capire che la Costituzione economica è una naturale specificazione, cioè concretizzazione, dei diritti stessi (che trovano base negli iniziali "principi fondamentali"), di cui si formula un programma di preordinazione e di sviluppo per la realizzazione di un assetto sociale che li rifletta come "effettivi". E questa parte di "sviluppo" non solo non poteva mancare, per dare una chiara "direzione" alla scelta politica prioritaria (su ogni altra, se non si vuole disapplicare la Costituzione) compiuta con l'enunciare i "principi fondamentali" (artt.1-12 Cost.), ma non può che risultare "essenziale", cioè costitutiva del modello di società che la Carta impegna le istituzioni e realizzare.
Questo dato ci fa capire che la Costituzione economica è una naturale specificazione, cioè concretizzazione, dei diritti stessi (che trovano base negli iniziali "principi fondamentali"), di cui si formula un programma di preordinazione e di sviluppo per la realizzazione di un assetto sociale che li rifletta come "effettivi". E questa parte di "sviluppo" non solo non poteva mancare, per dare una chiara "direzione" alla scelta politica prioritaria (su ogni altra, se non si vuole disapplicare la Costituzione) compiuta con l'enunciare i "principi fondamentali" (artt.1-12 Cost.), ma non può che risultare "essenziale", cioè costitutiva del modello di società che la Carta impegna le istituzioni e realizzare.
La domanda che occorre porsi, dunque, è perchè la nostra, come le altre Costituzioni democratiche contemporanee, ha questa attenzione ai diritti e limiti "sociali" che sono la fonte di un obbligo di attivazione, cioè di intervento o di autolimitazione, a carico sia delle istituzioni democratiche che di categorie di cittadini considerate per la rilevanza della loro attività.
La risposta è semplice: perchè tutta la fase fondativa delle Costituzioni, cioè l'attivarsi del potere costituente, è caratterizzato dalla assimilazione delle effettive e reali vicende storiche del modello capitalista; quindi non dalla mera assimilazione del capitalismo, facendolo assurgere ad un "valore in sè", come vogliono intendere i lettori interessatamente semplificatori del nostro tempo. Ma, appunto, regolazione calibrata sulla conoscenza critica-esperenziale delle sue vicende storiche: conflittuali, traumatiche e periodicamente distruttive. Cioè, "ciclicamente" ricorrenti, e che infatti la società, per due secoli, circa, prima delle Costituzioni sociali (e purtroppo anche ora) ha dovuto affrontare.
La conoscenza di queste caratteristiche del capitalismo ha permesso una selezione dei caratteri dello stesso, al fine di prevenire, quanto meglio possibile, i danni che il popolo detentore della sovranità (ammesso che lo si voglia ancora oggi riconoscere come tale), ha ciclicamente subito dalle dinamiche economiche.
Quindi le moderne Costituzioni democratiche pluriclasse - che cioè attribuiscono la sovranità al popolo inteso come insieme indistinto di cittadini di pari dignità e capacità politico-sociale- individuano gli elementi del capitalismo che vengono considerati compatibili con gli interessi popolari.
E questo con una rimarchevole omogeneità tra loro, che ne fa conseguire tale carattere costante come "universale"(cfr. ultima parte post. cit.: appunto l'affermazione attiva dei diritti fondamentali), che è poi la vera dimensione dell' "internazionalismo democratico".
E questo con una rimarchevole omogeneità tra loro, che ne fa conseguire tale carattere costante come "universale"(cfr. ultima parte post. cit.: appunto l'affermazione attiva dei diritti fondamentali), che è poi la vera dimensione dell' "internazionalismo democratico".
Queste vicende si sono senza alcun attendibile dubbio - nel senso che nasconderlo è un'operazione di inutile e ipocrita delimitazione della comprensione- manifestate, com'è inevitabile, sul piano del conflitto lavoro-capitale.
Che sia così è facile ricavarlo dalle vicende storiche degli ultimi 2 secoli (più o meno), anche se ora i suddetti "semplificatori" tendono a far finta di niente.
Siccome, nel suo evolversi, il modello capitalista ha portato a differenti "versioni" del suo esplicarsi, le Costituzioni , - a meno che non siano precapitaliste/pre-borghesi (cioè precedenti l'affermazione dell'assetto produttivo industriale moderno), caso in cui invero non si poneva neppure il problema della loro natura e formulazione, ovvero dichiaratamente alternative al capitalismo (cioè marxiste)-, sono essenzialmente un modo di proporre un modello armonico di capitalismo alla luce dell'esperienza che si sono registrate nella Storia; ma sempre letta in termini di sue precise e non generiche dinamiche macroeconomiche.
Modello armonico non significa poi "libro dei sogni", ma solidaristicamente conciliativo di interessi contrapposti che non si possono ignorare.
Ignorare questi interessi democratici storicamente evolutisi, e quindi non genericamente riscopribili solo per ipocrite frasi "fatte"ad effetto, porterebbe non a vanificare le Costituzioni, nel loro unico e attuale fondamento di legittimazione, concretizzatosi nel "potere costituente" generatore delle stesse, ma, nella sostanza a riportare gli esseri umani al continuo stadio primigenio pre-giuridico in cui prospera la lotta politica priva di "limite legalitario" (secondo Calamandrei), l'arbitrio e la prevalenza del più forte a danno del più debole.
Una prospettiva che per il "capitalismo sfrenato", incarnato da Von Hayek è certamente congeniale, ma altamente instabile e distruttiva per la società intera. Esattamente come le crisi (da avidità egoistica) ciclicamente prodotte dal capitalismo.
Una prospettiva che per il "capitalismo sfrenato", incarnato da Von Hayek è certamente congeniale, ma altamente instabile e distruttiva per la società intera. Esattamente come le crisi (da avidità egoistica) ciclicamente prodotte dal capitalismo.
Chi crede dunque che le Costituzioni siano datate figlie del loro tempo, vive a Paperopoli: cioè in un mondo in cui Rockerduck e Paperone si scontrano grottescamente tra loro, "buffescamente" ma in modo innocuo, in uno slap-stick irreale, senza coinvolgere pesantemente chi li circonda, come se questi ultimi fossero degli innocenti Qui, Quo e Qua che, al limite, si possono crucciare delle esagerate fisime dei contendenti.
La natura distruttiva del capitalismo, rispetto all'intera società, quale evidenziata da Keynes, Kaldor, Kalecky,è piuttosto incarnata dalla metafora, oggi non a caso ricorrente nel cinema e nei telefilm, dei Vampiri e dei Lycans: la spietata parassitazione condotta dai primi finisce inevitabilmente per provocare la reazione furente e incontrollabile dei secondi, che trascende nella natura ferina presente in ogni essere umano, sia pure accanto alla sua capacità spirituale e solidaristica, che non conviene mai calpestare con noncuranza.
E' pur vero, dunque, che il capitalismo storicizzato e selettivo delle Costituzioni del secondo dopoguerra risente, oltre che dell'avversione al totalitarismo imperialista negatore dell'autodeterminazione dei popoli, della minaccia degenerativa del marxismo-leninismo incombente nei carri armati di Stalin.
Ma questa reazione disumanizzante, a produrre una spinta (contro)distruttiva, non ha costituito nè la prima nè l'ultima forma di reazione all'ingiustizia che investa un'intera società, per generazioni e masse di uomini privati delle loro speranze e dignità.
Quindi le Costituzioni sono sì "vettori" programmatici di tutela dei diritti fondamentali, ormai universali, storicamente contestualizzabili, ma rimangono uno strumento che, finora, rispetto ai meccanismi economici in cui siamo ancora coinvolti, non ha alternative. Si può pensare di cambiare una Costituzione, ma non per ignorarne la funzione essenziale, rendendola impotente a regolare il conflitto sociale, quanto piuttosto per aggiornarla, cioè per rendere più efficace ed attuale questa sua funzione. Il che si può realizzare solo ignorando e non facendo finta che tale conflitto persista e possa riproporsi in forme distruttive.
Per verificare la logica "illuministica" di questo discorso, basta vedere ciò che hanno in proposito detto i più grandi pensatori di politica e di economia. Tenendo bene in vista gli eventi della Storia.
Facciamo alcuni riferimenti significativi:
- Popper, non certo un "nipotino di Stalin", ci dice: "...una volta che riteniamo possibile l'esistenza dei sindacati, di contrattazione collettiva, di scioperi, evidentemente i presupposti dell'analisi non sono più applicabili e l'intera costruzione profetica (di Marx) crolla.
Secondo la stessa analisi di Marx, noi dovremmo aspettarci o che uno sviluppo del genere sia completamente soffocato o che equivalga a una rivoluzione sociale.
Infatti la contrattazione collettiva può contrapporsi al capitale instaurando una specie di monopolio del lavoro; essa può impedire al capitalista di usare l'esercito industriale di riserva per tenere bassi i salari: e in questo modo può costringere i capitalisti ad accontentarsi di minori profitti. Noi ci rendiamo conto del perchè il grido "lavoratori unitevi!" fosse, dal punto di vista marxiano, la sola replica possibile a un capitalismo sfrenato.
Ma ci rendiamo anche conto del perchè questo grido debba aprire tutto il problema dell'INTERVENTO DELLO STATO e perchè debba verosimilmente portare alla fine del sistema sfrenato e alla creazione di un NUOVO SISTEMA: L'INTERVENTISMO, che può svilupparsi in diversissime direzioni.
Infatti, è quasi inevitabile che i capitalisti contestino ai lavoratori il diritto di unirsi, sostenendo che i sindacati finiscono per mettere in pericolo la libertà di competizione sul mercato del lavoro.
Il non-interventismo si trova così di fronte al problema...: quale libertà deve proteggere lo Stato? La libertà del mercato del lavoro o la libertà dei poveri di unirsi?"
Anche mentre celebriamo la “vittoria” del capitalismo siamo consapevoli dei problemi e delle crisi attuali di quello che una volta fu il capitalismo di grande successo del periodo post bellico. Mentre i capitalismi degli Stati Uniti e dell’Europa Occidentale sono stati davvero società di successo nel corso dei primi venticinque anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, i loro risultati negli ultimi quindici anni sono molto al di sotto della norma raggiunta precedentemente. Il Giappone, che sembrava essere scampato a molti dei problemi nei quali sono stati immersi gli Stati Uniti e l’Europa Occidentale negli ultimi dieci anni, oggi sembra subire lo stesso destino. Aggiungiamo due domande alla nostra lista:
4) “Quali fattori hanno attenuato il successo del capitalismo post bellico?”,
5) “Perché gli stati sociali [welfare states] del mondo post bellico sono oggi in crisi?”.
Una delle ragioni per le quali il capitalismo ha vinto e la versione sovietica del socialismo ha perso è stata che la versione del socialismo di Lenin e Stalin consentiva per esso una sola forma, quella di un modello di comando lineare altamente centralizzato, mentre, come l’invito a questa conferenza riconosce, il capitalismo si presenta in molte forme. 3
I capitalismi che ebbero successo a partire dagli anni ’50 e sino agli anni ’70 non erano gli stessi capitalismi che avevano fallito negli anni ’30.
In generale, un sistema che possiamo caratterizzare come un capitalismo nel quale lo Stato ha un ruolo marginale, vincolato dal sistema aureo e non governato [small government gold standard constrained laissez-faire capitalism] fu sostituito da un capitalismo nel quale lo Stato ha un ruolo rilevante, flessibile grazie al contributo della banca centrale e governato attivamente [big government flexible central bank interventionist capitalism].
Come Kalecki e Jerome Levy evidenziarono, il disavanzo finanziario dello Stato [government deficit] è l’equivalente degli investimenti privati dal punto di vista del mantenimento dei profitti delle imprese."
Straordinariamente omogenee queste "versioni" no? Eppure scritte in tempi diversi.
- Come, ancor prima, Fanfani, in sede di lavori preparatori della nostra Costituzione, aveva detto: "Il problema del controllo sociale della attività economica è certamente complicato dal fatto che oggi — e non soltanto in Italia, ma in tutti i paesi del mondo, meno uno — si vive in una economia di trapasso, non si è più in un'economia i cui dirigenti, i cui regolamentatori o legislatori credono al principio individualistico, liberistico; ma non si è nemmeno arrivati ad un'economia in cui totalmente si è abbandonato il criterio individualistico e liberistico.
Tentativi diversi, fatti in parecchi paesi, ora dal punto di vista di un'ideologia totalitaria di tipo fascista, ora dal punto di vista di un'ideologia democratica di tipo più o meno liberale, fanno vedere come, da circa trentacinque anni a questa parte, per motivi di guerra, per motivi di passaggio dall'economia di guerra all'economia di pace, o per le conseguenze dell'economia di guerra, si è tentato a varie riprese di risolvere il problema — che a qualcuno sembra insolubile — di controllare, dal punto di vista sociale, lo sviluppo dell'attività economica, senza accedere totalmente ad un'economia collettiva o collettivizzata, e senza d'altra parte lasciare totalmente libere le forze individualistiche, ma cercando di sfruttarle, disciplinandole e regolandole ai fini di raggiungere determinati obiettivi sociali che, abbandonata l'ideologia di Adamo Smith, si è ritenuto non possano essere raggiunti, qualora le forze e le iniziative individuali siano totalmente libere".
A questo punto dovrebbe (forse) essere chiaro che le moderne Costituzioni, democratiche e basate sui diritti fondamentali "universali", hanno scelto un tipo di capitalismo, tra i vari possibili, per una necessità storica, socialmente ed economicamente consapevole.
E' inutile che i "nipotini di Von Hayek" (che a questo punto potrebbero chiamarsi anche "Qui, Quo, Qua") invochino a gran voce "Concorrenza! Forte competizione!" finendo per ignorare la realtà immaginifica di quest'ultima e finendo per rendere applicabile la pura legge della domanda e dell'offerta al solo mercato del lavoro: e facendosi paladini del "labor welfare" (cioè dei sussidi ai disoccupati e del reddito di cittadinanza), al posto del "vero" welfare (diritto al lavoro, alla equa retribuzione, alla pensione "adeguata", alla assistenza sanitaria pubblica, all'abitazione). Perchè di questo si tratta quando si parla delle "riforme strutturali" dei vari Draghi, Commissione UE, Olli Rehn, Eurogruppo, Bundesbank & co.
E' inutile che credano che la banca centrale indipendente "pura" sia una garanzia di "lotta all'inflazione"; e al clientelismo politico. E magari alla corruzzZzione.
Perchè tutto questo non solo non solo non è scritto nella Costituzione, "nelle costituzioni" democratiche sorte sulle ceneri della seconda guerra mondiale, dei totalitarismi e del capitalismo "sfrenato". Ma è incompatibile con esse. E senza molti dubbi con la Costituzione del '48. Ma è scritto nei trattati UE-UEM che però rimangono dei trattati internazionali, subordinati alla Costituzione.
Ovviamente, inserisco i links affinchè, per chi volesse capire a fondo, si ritrovino le puntuali trattazioni di alcuni passaggi. Ma se qualcuno dovesse trovare quanto qui detto "sorprendente" per il suo senso comune, o addirittura "controintuitivo", sarebbe preoccupante...per lui. Magari, senza esserne consapevole, è divenuto un "nipotino di Von Hayek".
Ovviamente, inserisco i links affinchè, per chi volesse capire a fondo, si ritrovino le puntuali trattazioni di alcuni passaggi. Ma se qualcuno dovesse trovare quanto qui detto "sorprendente" per il suo senso comune, o addirittura "controintuitivo", sarebbe preoccupante...per lui. Magari, senza esserne consapevole, è divenuto un "nipotino di Von Hayek".
"Si può pensare di cambiare una Costituzione, ma non per ignorarne la funzione essenziale, rendendola impotente a regolare il conflitto sociale, quanto piuttosto per aggiornarla, "
RispondiEliminaL'hanno modificata per inserire il pareggio di bilancio che di fatto impedisce investimenti. Ma non comprendono che in in fase di recessione senza investimenti non c'è crescita. Se il privato non investe chi può e deve farlo è lo Stato.
Creare occupazione (quindi far ripartire consumi e crescita) è fondamentale (quel comunista di Ford lo aveva intuito.)
qui si assiste invece alla svalutazione dei salari.
Fanno anche i fighi , vogliono andare in Europa, mica per pretendere parità (art 11. Cost.) . Non sia mai. Sempre "Con che stassi un mendico sofferto Per mercede nel suolo stranier".
L'esercito di riserva è servito. Il Capitalismo ringrazia le sinistre europee.
P.s. Ho visto il video di Bagnai dai Monarchici. 'mazza quanto parli:)
Grazie 48!
RispondiEliminaSempre più chiaro.
Infatti vogliono cambiare la Costituzione, questi omuncoli, ma d'altra parte lo chiede anche JPMorgan... "la Costituzione italiana e l’euro non sono compatibili"
http://www.forexinfo.it/JP-Morgan-la-Costituzione-italiana
Qui tutto lo studio, non so se è già stato citato.
https://random-thoughts-on-investments.googlegroups.com/attach/243626285e18f68b/JPM-the-euro-area-adjustment--about-halfway-there.pdf?part=7
Vogliono tutto, adesso, grazie alla shock economy.
Anche per "dopo".
Le persone sono deboli, isolate, preoccupate, impaurite, devono parare i colpi della crisi, e questi si preparano alla "soluzione finale". Per democrazia e diritti.
Sono criminali.
Ma c'è sempre maggiore consapevolezza.
Ricordiamo il diritto alla Resistenza: "...la reazione popolare di cui si parla in tanto può trovare posto nella presente trattazione delle garanzie della costituzione in quanto si riferisca ad esigenze di conservazione dei principi istituzionali informanti la costituzione vigente. Si deve trattare in altri termini di movimenti che emanino dalle forze politiche (non necessariamente "partiti", dacchè "forze politiche" siete pure voi quando vi organizzate democraticamente per far sentire la vostra voce, ndr) agenti a sostegno della costituzione materiale, contro tentativi di sovversione effettuati da chi, assunto al potere di governo, si rivolga contro il regime (democratico ndr). Il popolo, insorgendo, assume una figura che si potrebbe assimilare a quella del "negotiorum gestor"
http://orizzonte48.blogspot.it/2012/12/alcuni-punti-fermi-ipotesi-frattalica-e.html
Vi aspetto il 22!
sil-viar@virgilio.it
Non vorrei dire ma la tizia mi ha copiato il titolo... http://gondrano.blogspot.it/2013/06/la-costituzione-italiana-e-leuro-non.html. :-)
EliminaGiusto per segnalare che ho aggiunto due righe per rimandare a questo ottimo "antidoto" :-)
JP Morgan e...Nicola? Check it out, it's fun
Eliminahttp://it.linkedin.com/pub/nicola-draghi/63/35/63b
Prometto di leggere questo post domani,non appena ne avrò il tempo;intervengo solo per segnalare che anche noi cominciamo a uscire dalle fottute pareti
RispondiEliminaSo' ragazzi simpatici che ogni tanto si affacciano su quel lido. Pure Bottarelli, ad es; che richiama persino le teorie frattaliche. Ma non sono ancora in maggioranza "ivi"...:-)
Elimina"Quanta strada nei miei sandali" e se "prima parlava strano e io non lo capivo", ein '48 Ubermensch ha ora tutta la potenza "poderosa" della comunicazione della verità.
RispondiEliminaL'intervento di oggi è non solo sintesi delle ragioni civiche della resistenza necessaria, vitale, obbligata, è la lirica umana da diffondere nei sentieri, nei carruggi, nei corsinn e viali .. nel palazzo.
Tanti sanno leggere queste "note" e hanno voglia di suonarle ..
with compliment, knight
Ma grazie...zazzarazaz!
EliminaIn ogni modo, ora molti mi dicono che capiscono meglio a prima lettura (dicono) e imputano ciò ad un mio sforzo di maggior semplificazione del linguaggio.
Eppure se ti rileggi post di qualche mese fa, ti parranno altrettanto "digeribili" senza (troppa) difficoltà...
La verità è che se un ha la pazienza e l'interesse a seguire, alla fine acquisisce (magari senza accorgersene) una certa padronanza con un sistema concettuale altrimenti un pò ostico...Ma molto utile per difendersi dai colpi bassi del PUDE (anzi proprio per accorgersi che te li tirano i colpi bassi)
Anche quando parlava strano "qualcuno" lo capiva: gli "scalzi" della repubblica dei "filosofi" con il solo "muscolo" della memoria "accorta" ;-)
Eliminaps: il 22 forse se ne ho "voglia".
E viè co' l'amici, nun te fa sempre prega'! :-)
EliminaProvo a sintetizzare per la mia piccola mente.
RispondiEliminaSiccome le teorie neoclassiche ultraliberiste non generano lavoro (anzi spostano la ricchezza dal lavoro alla finanza) sono contrarie ai principi della nostra costituzione. La logica prevederebbe di bandire queste teorie, invece si ribalta la questione dicendo che le costituzioni non sono moderne e vanno cambiate. Questo è diabolico!
Spero solo si generi una massa critica consapevole per contrastare tutto questo, altrimenti siamo fritti!