L'interessante dibattito, (molto teorico e molto "compassato", considerando la portata degli eventi che incombono sulla realtà socio-economica italiana), sulla via "keynesiana" all'euro-exit, concretizzatasi in una sorta di "euro-Bancor" sorretto da una "International Clearing Union" (che è poi sostanzialmente un soggetto bancario "speciale", molto speciale), evidenzia uno snodo cruciale.
E cioè: se una rinegoziazione multilaterale, - con paesi portatori di interessi divergenti e in posizioni di forza contrattuale differenziate-, così difficile come quella del Bancor "reloaded" debba essere intrapresa, non è più semplice negoziare con un "congruo" numero di paesi dagli interessi affini la reintroduzione dei cambi flessibili, rifacendosi al realismo di Meade?
Che una negoziazione, cioè un accordo internazionale, ci debba essere, al riguardo, è concordemente visto come la via più razionale per attenuare gli effetti dell'euro-break. E' pacifico che quest'ultimo sarebbe altamente problematico in caso di "disorderly exit": lo ha detto Bagnai nel "Tramonto dell'euro" e lo ribadisce Sergio Cesaratto in un suo recentissimo paper.
E, nonostante ciò, il recupero dei cambi flessibili rimane, in ogni sua versione, la prospettiva "migliorativa" di medio-lungo periodo con maggior certezza di esito, per il complesso dell'attuale euro-area.
Tranne che per i tedeschi, ovviamente: ma preoccuparsi della loro "sensibilità" alla vigilia della rielezione della Merkel e del conseguente "attacco finale" di colonizzazione bismarckian-hayekkiana che si appresta a lanciare, è francamente oltre il limite della ragionevolezza, persino per un "internazionalista-€uropeista-sognatore-hayekkiano-"per fessi".
Il paper di Cesaratto lo consigliamo come integrale lettura, data la misura e la concretezza (anche politica) con cui illustra i problemi sul tappeto, connessi alle varie possibili soluzioni. E neanche ci sentiremmo di tacciarlo di pessimismo.
Quello che ribadiamo è che la "stanza di compensazione" del Bancor, col relativo sistema concertato di sanzioni a carico dei paesi in squilibrio, sia in deficit che surplus, non risultò tradotta in un trattato con clausole e meccanismi istituzionali che la rendessero interamente percepibile nel suo concreto funzionamento.
Sta di fatto che "l'autorità" indiscussa e prevalente di quella fase del diritto internazionale (gli USA) non lo accettò: e così, da sempre, funziona il diritto internazionale. Esso ratifica assetti corrispondenti ai rapporti di forza: anzi, persino nelle sue spinte c.d. "evolutive" (ad es; il concetto di "autodeterminazione dei popoli", quello di jus cogens, inclusivo dei "delitti contro l'umanità", come pure, e non a caso, la contrastante dottrina dell'intervento militare umanitario), il diritto internazionale gioca un ruolo rafforzativo dei rapporti di forza che si affermano di fatto nell'ordine mondiale.
Ora, prevedere che si accettino prelievi-sanzioni sui paesi in surplus, aumenti degli interessi pro-quota sugli investimenti esteri di questi ultimi, ovvero, sempre a carico degli stessi, aumenti di salari nominali e reali, appare, al di là della soddisfazione teorica dell'adeguamento della teoria del Bancor ai tempi e modi dell'Europa contemporanea, alquanto irrealistico.
Sul piano negoziale, l'accettazione di limiti e prescrizioni di questo tipo, da parte di chi è abituato, da 30 anni, a imporre agli altri vincoli unilateralmente (cioè senza bilateralità dei vantaggi), e nel proprio interesse "mercantilistico" espansivo, è una prospettiva tanto praticabile quanto quella di chiedere a costoro l'Unione politica e la creazione di un governo federale che gestisca un bilancio di "trasferimento", alquanto consistente: non diciamo quel 20% del PIL (dell'eurozona), cui fa riferimento Minsky parlando della golden age del capitalismo USA post Bretton Woods, ma forse neppure il 5% ipotizzato da Cesaratto (misura che, a detta di Sapir, non avrebbe sufficiente capacità risolutiva e di di correzione dell'attuale crisi €uristica).
E se parliamo di negoziazione necessariamente fondata sui rapporti di forza (cioè i trattati internazionali), l'unico modo di rimetterli in contestazione e, dunque, di "riaprire i giochi", è quello di coagulare gli interessi di chi si trova in posizione di deficit (o meglio di accumulo di posizione estera negativa, a seguito dell'euro), e che si trova a dover correggere svalutando la propria competitività (per farla breve). Ciò, almeno, avrebbe il pregio della chiarezza anche rispetto alla pseudo-solidarietà di alcune parti dell'opinione pubblica tedesca.
E sarebbe certo difficile, ma non così tanto.
Al riguardo, ci limitiamo a sottolineare come, acutamente, Cesaratto evidenzi la stessa sopravvenuta approvazione di Mundell circa gli esiti finali della scombinata €uro-OCA, la single currency "adespota"; essa starebbe per raggiungere quel risultato di disciplina dei salari e dell'inflazione, che in ultima analisi, è al suo acme proprio in questo momento. Per quanto gli effetti di back-fire possano colpire la stessa Germania (i neo-classici, come evidenzia Minsky, vagheggiano sempre equilibri e "crescite" puramente e costantemente immaginarie), la consonanza e la compattezza delle classi dirigenti di tutti i paesi coinvolti, fanno ritenere che la direzione delle future politiche UEM sia quella di un'accentuazione di questa soluzione del problema del "conflitto sociale".
E se tutti quelli che contano, sul piano politico ed economico, si sentono "vincitori", una volta adottate le coordinate esplicative di Kalecky (e non la contabilità nazionale e del PIL, in cui perdono esattamente quelli che "devono" essere sconfitti), perchè dovrebbero "mollare" nella dirittura finale della loro marcia trionfale?
Poichè questa criticità vale su tutto lo spettro delle soluzioni, almeno si può preferire quella più lineare e che, al contempo, implica il maggior risveglio democratico nei popoli interessati.
Interessante come gli europeisti di Priscinbecco abbiano una particolare predilezione per i fogni e per le utopie...
RispondiEliminaOra prendere come soluzione "realistica" qualcosa che non è mai stato sperimentato, come se fosse la via per l'Europa alternativa a quella dei banchieri e dell'austerity, fa cadere le braccia! A me pare ne più ne meno che il contraltare patetico del più Europa piddino. Curioso, che l'ICU venga adottata come ultimo bastione contro la deriva verso il "nazionalismo autarchico" proprio da gran parte dei marxisti dell'Illinois(categoria dalla quale escludo tassativamente Cesaratto, anche se suppongo che Sinn abbia mire diverse dalle sue quando paragona Target2 all'ICU, forse questi è conscio più di Cesaratto dei rapporti di forza internazionali), i quali vorrebbero mettere la faccia di Keynes davanti le loro inutili e tardive proposte. Almeno a me ultimamente è capitato di sentirne tanti trincerarsi dietro a Keynes pur di sfuggire al nazionalistico ritorno ai cambi flessibili.
PS a me sembra che anche Lafontaine condivida ciò pur senza ammetterlo francamente.http://vocidallagermania.blogspot.it/2013/06/lafontaine-torniamo-alle-valute.html soprattutto in questa risposta: "C'è bisogno di un nuovo sistema monetario che non produca le forti tensioni causate dall'Eurosistema attuale. Sono due dispositivi molto diversi. Uno lo chiamiamo Eurosistema, con gli errori di costruzione che prima o poi lo porteranno all'implosione. L'altro dispositivo lo chiamiamo sistema monetario europeo. Dovrà essere un meccanismo sicuramente migliore rispetto a quello messo in piedi da Schmidt e Giscard. Fu creato per promuovere l'integrazione europea, non certo per impedirla."
Nel precedente post, su Lordon, ho evidenziato come la proposta fosse nel senso ripristinatorio (in via di soluzione politica con "riserve mentali", cioè sapendo quale sarebbe l'andazzo), dell'egemonia francese. La posizione di Lafontaine conferma ciò, indicando come un tedesco sufficientemente colto e politicamente accorto, comprenda molto bene come il sistema si presti alla perpetuazione della supremazia "core" (ridotta all'essenziale: antiitaliana)
EliminaNel frattempo, gli eurocrati continuano a ragionare nelle loro torri d'avorio.....
RispondiEliminahttp://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2013/09/02/Stabilita-testo-priorita-Confindustria-sindacati-_9234935.html
Inevitabili "investimenti a 360°", e inevitabile "vera" spending review con l'ennesima riforma della p.a. (da 30 anni "avviata come priorità" per la "efficienza")
EliminaNessuno che si ponga il problema che i tagli degli investimenti pubblici e della stessa spesa corrente (aspetto culminato nei mancati pagamenti della p.a. che ancora non gli hanno insegnato nulla) vanno avanti da 20 anni e i risultati sono esattamente opposti a quelli che ottusamente continuano a perseguire.
Ma l'efficienza, i "livelli ottimali", la sussidiarietà (verticale, orizzontale e...diagonale) non gliele avevano già date Bassanini e co.? E non ritenevano il Titolo V un federalismo indispensabile contro lo "statalismo centralista" e in spirito autenticamente europeo?
In pratica, tutti insieme, convinti (i sindacati!) delle sole supply side, invocano "più recessione"!
E gli effetti del mercato del lavoro "flessibilizzato"?
Il fatto è che sono loro stessi ad aver montato il baraccone e non possono far altro che rilanciarlo...fino alla morte...per maastricht
Ma infatti, portando un esempio pratico.....
EliminaTaglio delle odiatissime "auto blu" (premesso, a scanso di equivoci, che è giusto che vengano usate da chi ha davvero necessità e per soli fini istituzionali): a seguito del "taglio", imprese come la Savarent, secondo Letta & Co, assumeranno o licenzieranno? Di sicuro il loro fatturato diminuirà, ma se nel mondo piddino del contrario quando il fatturato crolla un'azienda assume, allora ci possiamo pure stare......
E pensa che, adesso, alla ricerca di "coperture", invocano una politica di tagli di spesa e di fantomatico alleggerimento fiscale sulle "fasce deboli" (disoccupati che non hanno proprio il presupposto di imposta?), come il "fare finalmente qualcosa di sinistra"...
EliminaGli effetti recessivi del taglio della spesa non gli entrano proprio in testa e pensano sul serio che il pareggio di bilancio sia una "cosa di sinistra" (magari con la lotta all'evasione). Esattamente come confindustria e sindacati credono che la "riforma della p.a.", con ampi tagli del personale, sia una misura per la crescita.
Il governo attuale non cadrà perchè voteranno su questioni penalistiche in un modo o nell'altro: a prendere tempo saranno bravissimi e, anzi, gli consentirà di distrarre i lettori di Repubblica e Corsera, magari appassionandoli alla legge elettorale o al nuovo segretario PD (hayekkiano con fagioli all'uccellina).
Ma il tempo, liberal-neoclassici a pensiero unificato come sono, gioca pesantemente contro di loro: in un rigurgito di "amatismo" (credono che dopo "monti", funzioni ancora come merito agli occhi dell'elettorato), faranno una legge di stabilità da almeno 10 se non 15 miliardi.
E sarà l'apocalisse recessiva: la Commissione li "commissarierà" lo stesso, pur avendola assecondata, perchè la flessione del PIL 2013 sarà ben oltre il 2%, e il 2014 vedrà un maxisforamento del deficit. Con effetti recessivi sul prossimo anno, non attenuati dal fuoco di paglia dei pagamenti alle imprese, la cui liquidità sarà estinta nel pagamento dei loro debiti.
Al netto del "nano", eppure per gli stessi motivi dell'estate 2011, sono in un "cul de sac" (il "cul" però è il nostro)
Segnalo che è appena uscito lo lo studio di Sapir e Murer sui possibili scenari in seguito a una dissoluzione dell'euro (si può scaricare gratuitamente in formato pdf: sono 85 pagine), in cui tratta anche la questione moneta comune. Gli ho dato solo una scorsa, ma riporto questa frase: "La constitution d’une «monnaie commune» venant s’ajouter aux monnaies nationales pourrait être une solution logique, dans la mesure où elle n’interfèrerait pas dans la possibilité de flexibilité des changes mais en réglementerait la modalité d’application."
RispondiEliminaEcco appunto...
EliminaE' il "en reglementerait" il problemino; ma mi conforta che anche Sapir vada subito al punto. Cioè: non impedimento della flessibilità e regolamentazione chiara in tal senso...che poi, ove fosse, renderebbe priva di vantaggio agli occhi delle oligarchie la questione, specie se viene meno il super-principio della BC indipendente "pura"
per la scuola austriaca colui che possiede capitale è il cittadino, colui che non possiede il capitale ma che può solo contare sul proprio lavoro, cioè sul proprio tempo e sulle proprie capacità fisiche e mentali, è merce da prezzare sul mercato del lavoro, in quanto il suo essere è necessariamente mezzo di produzione della merce "lavoro". Quindi mi pare di capire che quando gli austriaci parlano di cittadini non includono tutti gli esseri umani facenti parte di un determinato Stato, ma solo i capitalisti.
RispondiEliminaIn essenza i suoi diritti di "libertà da" sono ristretti ai proprietari (produttori): in concreto, la sua visione dinamica è che questi neppure possano essere troppi. La diffusione dell'impresa e della proprietà, come ad es; oggi in Italia, sarà vista come un fenomeno patologico dovuto all'intervento dello Stzato. Questi proprietari-produttori, marchiati di infamia genetica, devono falllire e consentire al mercato di agire e formare la grande società, dove i soggetti "degni" si misurano su un mercato internazionale aperto e sono necessariamente un numero ristretto di eletti.
EliminaMa il fiscal compact, di cui si dimentica (volutamente) l'agire inesorabile, provvederà in tal senso.
Se il peso aggiuntivo della "manovrotta" è di un paio di miliardi di minore spesa (1a rata IMU), entro un mese, ad es;, in cerca di "coperture" (bene supremo della Repubblica €uro-sognante), dovranno aggiungere altri 4 miliardi (di tagli creativi), per coprire la 2a rata, l'eventuale mancato gettito IVA (che esiste solo nelle menti di Bruxelles), la cassa CIG e il rifinanziamento delle missioni militari (queste ultime salvo imprevisti...)
a me cadono le braccia nel leggere interventi di Cesaratto in cui ancora si descrive la situazione italiana come "bloccata da Berlusconi"....ma oramai non penso ci creda più nemmeno lui a questa visione.
RispondiEliminadel resto, anche se fosse, cosa starebbe bloccando? la volontà di Bruxelles?
@ Quarantotto
RispondiEliminaIn questi ultimi post ho visto che fai riferimento al gettito IVA, suppongo dopo gli aumenti passati e futuri (?). Mi sembra di capire che tu ritieni tale gettito in aumento comunque. Nel grafico al link si mostra che il gettito IVA dopo l'ultimo aumento è diminuito (http://www.soldionline.it/pictures/20130807/gettito-iva-semestrale.jpeg) e non mi ci raccapezzo.
ps scuse anticipate dal mio unico neurone funzionante. Lui farebbe egregiamente il suo dovere se non fosse che sto cercando di forzarlo a potenza maggiore di quella di progetto
Mitico Neri,
Eliminasarà la mia prosa "involuta", ma in effetti ho detto e ridetto proprio il contrario.
Tra l'altro nel post precedente ho messo il link (prego controllare) al post di qualche mese fa dove citavo la fonte Corte dei conti (e pure ministeriale obtorto collo) che dava atto che dopo il (duplice) precedente aumento il gettito era calato. Ovvio che un prossimo aumento di aliquota non potrebbe che accentuare questo effetto: da cui la proposizione, che speravo fosse chiara, che solo a Bruxelles possono conteggiare il mancato aumento dell'aliquota come una perdita di gettito. E i "nostri" Puddini scodinzolando si adeguano...Il bello è che, come ribadisco più sopra, proprio dando le coperture ai saldi come immaginati da Bruxelles, si sforerà sia il deficit 2013-2014, sia qualsiasi limite di riduzione del debito.-
Per cui ci commissarieranno per aver obbedito, non per aver trasgredito: aprendo la via al definitivo "trattamento Grecia". Che, concetto fondamentale, sarà motivo di crisi politica (quand'anche non avvenisse direttamente, la recessione da "facciamo contenta l'Europa", sarebbe in triple deep-dip) molto più seria del "papoccio" incandidabilità
Neri, l'IVA è un imposta sui consumi. Se aumenti l'imposta, il consumo cala (perchè c'è disoccupazione e redditi non sufficienti) e di conseguenza pure il gettito. Paradossalmente, se la tagli invece, il gettito aumenta. Ma aumenta anche l'import. Ed in un paese con un piccolo problema di bilancia dei pagamenti come l'Italia l'IVA è sostanzialmente una barriera all'import. Come ben dice 48, i puddini intransigenti non si rendono nemmeno conto che se anche l'aumentassero al 35% il gettito sarebbe inferiore alle attese e non darebbe le coperture necessarie: proprio perchè questa è una misura recessiva, una sorta di "protezionismo" mascherato. (se era questo che intendevi quandi dicevi di non raccapezzarti). Comunque tranquillo, Padoan ci conferma l'ennesima luce in fondo al tunnel...
EliminaGrazie amici grazie.
EliminaEro finito in un vortice fenomenologico (l'unica attenuante è che non ci volevo credere).Ora va meglio.
come ha spiegato cesaratto in un commento successivo su keynesblog una qualsivoglia forma di clearing union che si basi sui prestiti (il riciclaggio dei paesi in surplus) è inefficace, se non si abbattono gli SQUILIBRI STRUTTURALI tra i vari paesi. d'altro canto chi ha aquisito un vantaggio competitivo, è il capitalismo bellezza!, farà di tutto per mantenerlo e quindi la strada per la desertificazione produttiva per l'Italia e i PIIGs è segnata. ma nemmeno la fuoriuscita dall'euro, sic et sempliciter, è efficace. se gestita nella situazione attuale, con la libera circolazione dei CAPITALI E delle MERCI ( e i lavoratori aggiungerei..) e con il VINCOLO della bilancia dei pagamenti,non potendo fare affidamento sulle esportazioni INTERNE, non c'è garanzia che le le esportazioni..esterne siano successful, bisognerebbe puntare tutte le fisces sugli ANIMAL SPIRITS nostrani, andare avanti con la deflazione salariale, e continuare a remunerare i reinter per evitare la fuga dei capitali.c'è poco da fare, se non si mette in discussione il liberoscambismo, la riduzione della quota salari sul pil non potrà che andare avanti. ricordo che a cavallo degli anni50-60, l'italia ebbe il boom economico in presenza di cambi fissi ma di relativo protezionismo economico e finanziario
RispondiEliminaCommento già letto.
EliminaMa a me pare che il punto non sia esattamente quello sollevato da Sergio: i "prelievi" della ICU sui paesi in surplus avrebbero, come tutte le sanzioni in senso lato, un carattere preventivo e, perciò, conformativo. Cioè potrebbero disincentivare, con la loro incidenza automatica, i free raiders stile germania-hartz.
E lo stesso potrebbe dirsi delle altre misure complementari previste dall'idea keynesiana: tipo interessi variati in aumento sugli investimenti esteri dei paesi in surplus, e livelli salariali indicizzati sui surplus stessi (in modo che non siano tenuti sotto gli aumenti della produttività...da export, idea ripresa da Brancaccio).
L'obiezione qui mossa, è più profonda: ammesso che il meccanismo, nel suo complesso, risulti efficace, esso richiederebbe una forte motivazione negoziale nei paesi mercantilisti e, in genere, che contano su differenziali inflattivi vantaggiosi (cioè tassi di cambio reale che, nei cambi fissi, si svalutano).
Siccome di una motivazione negoziale in questa direzione non c'è traccia (in Francia e Germania) da 30 anni, e il festino ha un menu fisso (il maialino Italia, cotto in tutti i modi), è altamente improbabile che un trattato di diritto internazionale con clausole complete che riflettano questo assetto "efficace" e funzionale alla parità-reciprocità, sia mai effettivamente concluso.
Ed è questo il pericolo molto concreto, sia chiaro: che l'ideona prenda piede e, come già per maastricht, noi si sia trascinati in un nuovo trattato le cui clausole concrete riflettano un assetto disfunzionale per noi, e non percepito, in tempo (prima di effetti disastrosi), come non corrispondente al modello keynesiano.
Mancata percezione e capacità negoziale che, con una classe politica come quella italiana, e una stampa che gioisce nel colpevolizzarci di differenze invece "strutturali", sono pressocchè assicurate.
Mi "ho" spiegato "più" meglio?
io la metterei così. porre al centro della politica economica internazionale l'obiettivo del pareggio delle bilancie dei pagamenti inter-statali è la stessa cosa che volere l'eutanasia del rentier, cioè la fine del capitale..monetario.e questo perchè non v'è più strada per l'assorbimento ESTERNO dei surplus. in tal caso per garantire la riproducibilità dei sistemi economici bisognerebbe praticare l'assorbimento INTERNO del sovrappiù, ma allora i capitalisti correrebbero il rischio che si realizzi la progressiva socializzazione dell'investimento (keynes), la piena occupazione, la fine del LORO comando sulla forzalavoro e su come e quanto investire. e questo vale sia nel regime della moneta-unica sia nel caso delle divise nazionali. il potere disciplinante nei confronti dei lavoratori sta a monte, nella libera circolazione , che vuol dire delocalizzazione, bassi salari ecc, ecc. naturalmente l'euro con la sua carica ideologica (lo vuole l'europa!) e la gara a fare tutti come la germania ha amplificato grandemente tutto questo.
EliminaBeh questa è la spiegazione di scenario che ci da l'articolo di Cesaratto. E tu ne trai una conseguenza macropolitica coerente con la visione di Kalecky. L'external compact in effetti, nel lungo periodo avrebbe effetti del genere. Ma mantenenrlo su un'area delimitata, per quanto importante, oltretutto, non garantisce la sua sostenibilità: rinvio a quanto esposto da Cesare Pozzi sulla "circolazione delle conoscenze" e sulla direzione che il capitale assume in funzione dei ritardi e attriti che si manifestano in questa circolazione http://orizzonte48.blogspot.it/2013/06/produttivita-falso-mito-della.html.
EliminaD'altra parte, si può avere, nel complesso dell'europa, pareggio di bilancio nei rapporti reciproci e problemi di bdp verso l'esterno (il che non vorrebbe dire affatto crescita complessiva estesa a tutti i paesi.membri): surplus in caso dell'attuale mercantilismo (verso l'esterno) o deficit per motivi...più vari. L'ipotesi di keynes rigurdava l'intero sistema internazionale...
Ciao Quarantotto. secondo me la ns classe politica non saprebbe nemmeno negoziare il mantenimento dei propri piccoli privilegi, figuriamoci se saprebbe difendere, attraverso accordi internazionali l'interesse del paese e delle sue fasce più deboli.
RispondiEliminaLa cosa più probabile a mio parere è che l'euro salterà alla prossima crisi internazionale ed il suo breakout sarà gestito dalla stessa classe politica che ci ha portato dentro questo inferno.
Leggendo quello che scriveva Kalecki, 70 anni or sono, mi sembra adesso di essere precipitato nel medio evo della ragione.
Nel lontano 1979 all'esame di maturità ( fatto come lavoratore/studente) il tema era il "sonno della ragione genera mostri", quanto attuale è questa frase.
Tutto congiura per la previsione che fai in tema di eurobreak. Sulla futura sopravvivenza di questa stessa classe politica, però, ci potrebbero essere delle ampie sorprese, specie se si innescherà una nuova crisi aggiuntiva a quella della "euro-mattanza". E a cui l'euro-stupidità non sarà affatto estranea (influendo sul resto del mondo in senso prociclico). Ma siccome gli USA sono lanciati nel tentativo di disciplinare la Russia tramite la...Siria, non si vedono grandi prospettive che possano evitare la conferma della legge di Murphy!
EliminaCaro 48, avrei voluto risponderti nel merito, ma devo dire che sinceramente questo post è un po' deludente. Mi sembrano un po' di chiacchiere messe in fila pur di dire "non c'è altra soluzione". E' un atteggiamento speculare a quello dei Perotti: "L'austerità sarà pure sbagliata, ma non c'è altra strada". Logica TINA, da una parte e dall'altra, non trovi?
EliminaPeraltro vorrei farti notare che quando si parla di Euro-exit e qualcuno solleva il problema del "che fare?" dopo, di solito si risponde "abbiamo un piano" e si elenca una serie di misure iperprogressiste da far invidia al programma massimo dei partiti socialisti e comunisti. Ma questo piano prevede cose che l'attuale classe politica e imprenditoriale non è neanche lontanamente disposta a concedere. E allora, chi è che si illude?
Ah! Ah! Ah! Caro Lord John Maynard, quanta poca fiducia nel risveglio democratico degli italiani. E' in effetti, dato il depauperamento culturale perseguito in nome dell'Europa da 30 anni, non è irrealistico (cifre alla mano di istruzione, università e ricerca, specie nel prestigioso quadro "europeo" di quest'ultima, in cui siamo contribuenti netti, incassando la metà di quanto versato).
EliminaPerò, preferisco di gran lunga deluderti, piuttosto che farmi prendere per l'ennesima volta..."in giro" da una soluzione negoziale che toglie le castagne dal fuoco alle oligarchie e poi viene rifilata agli italiani come la nuova frontiera del "sogno", da preservare ad ogni costo.
Ho come l'impressione che un pochettino di cultura costituzionale (che non è una cosa che si possa improvvisare o manipolare per "sentito dire") non farebbe male a chi pensa che la democrazia sia una tabula rasa senza passato, affidata al puro spirito di "creatività" macroeconomica.
Sarà per questo che ciò che la Costituzione "obbliga" le istituzioni democratiche ad attuare e perseguire, viene visto come "misure iperprogressiste"? Si tratta della legalità costituzionale. Quella suprema. Ma capisco che, nel "sogno" europeo (internazionalista), appaia come un dettaglio da poco...
E John Maynard, quello vero, si rivolterebbe nella tomba a vedere quel che sarebbe scritto "veramente" in questo bel trattato.
Con cordialità
premessa: ovviamente JMK del precedente commento sono io, quando ho commentato ero linkato con il gmail del blog.
EliminaRiguardo la tua risposta: il mondo è pieno di "soluzioni negoziali". Tra queste, la Costituzione a cui tieni tanto (e ci tengo anche io).
Se il "mondo fosse pieno di soluzioni negoziali" vorrebbe dire che tutti sono nella stessa posizione di forza. Ma, e se avessi letto il post avresti capito il punto, il diritto internazionale è, per unanime riconoscimento di tutta la dottrina politica che lo studia da secoli, il luogo dove tale parità non si verifica per eccellenza; e dove, quindi, non c'è alcuna "pienezza" di soluzioni negoziali (i margini sono ristretti al riflettere gli assetti di forza).
EliminaA meno che non si mutino, in via politica, i rapporti di forza stessa: e questo, come ignori liquidando in "chiacchiere" ciò che è esposto nel post (il che è poco educato, non essendoselo letto con attenzione), è il percorso che suggerisco.
Cioè la coalizione dei paesi "debitori" sulla base dei rispettivi convergenti interessi nazionali, costituzionali e democratici, elemento che metterebbe automaticamente in difficoltà la Germania e pure la Francia (che gioca ambiguamente su due tavoli, una volta Vichy una volta "debitrice").
Quanto al tenerci alla Costituzione, non c'è bisogno della condiscendenza nè della "partecipazione" di taluno che dimostra di conoscerne molto poco il significato (oltretutto, considerandola una soluzione "negoziale", laddove è il principale esercizio della sovranità)
Amico knight,
Eliminalascia agli "scalzi" le risposte al "ciarpame" del "drago": a ciascuno secondo le proprie possibilità e attitudini.
Credimi, è la Storia che indica altre priorità, la consapevolezza democratica calpestata da riaffermare, rispetto all'osservare i fuochi fatui: sono spento quando li vedi e senza neppure l'intervento degli "scalzi"
:-)
Direttamente da UK il nuovo modo di concepire i diritti dei lavoratori: io datore ti do una quota azionaria della mia azienda (lo 0,0000..?!?), in cambio tu mi dai i tuoi diritti, perdendo:
RispondiElimina- diritto al risarcimento in caso di licenziamento ingiustificato
- diritto alla cassa integrazione
- diritto di richiedere la flessibilità
- diritto allo studio o alla formazione.
Una genialata degna dell'avvocato del diavolo.
Sì ma acquisisci il diritto di partecipare - a pagamento- al Bail in: vuoi mettere la soddisfazione?
EliminaIo voglio uscire perché questa unione monetaria non mi porta più alcun vantaggio e c'è chi non rispetta il contratto.
RispondiEliminaLo so che il format c: fa paura ma quando il sistema operativo è perduto non rimane altra soluzione. Tentare di ripigliare un'installazione, lo sanno quelli che hanno Windows, non risolve nulla e i blue screen of death aumentano.
Uscire. Soprattutto avendo a che fare con una sinistra il cui motto è: "In dubio pro euro".