— massimiliaNO (@natolibero68) 10 febbraio 2017
1. Parliamo spesso della "manovra mediatica".
Abbiamo cercato di illustrarne le origini ideologiche e gli obiettivi programmatici.
Ora, però, occorre mettere in luce un meccanismo applicativo che spesso viene dato per scontato, ma che per poter essere tangibilmente compreso nella sua sconcertante portata, va scandagliato con metodo.
Si tratta del paradosso mediatico per cui editoriali dei quotidiani e, più ancora, le trasmissioni televisive di "informazione" rivolgono, come sappiamo, e con inesorabile ripetitività, il seguente messaggio: la burocrazia pubblica è fonte di corruzione, ogni struttura pubblica è sovradimensionata e ragione di spreco, ogni forma di intervento pubblico è sempre e comunque mal condotto e di ostacolo alla competitività e, perciò, le uniche politiche possibili sono quelle tese ad abolire o a limitare questo intervento, (tagliando la spesa pubblica: "che ve lo dico a ffa'?").
2. Questo ossessivo messaggio di tipo orwelliano è tale perchè utilizza una tale ripetività, - entro formule ormai accuratamente messe a punto, da costituire un linguaggio delimitato: esso cioè depriva il linguaggio di massa fino al punto da non ammettere la stessa negazione di presupposti, dimostrazioni e conseguenze della sue affermazioni.
Nella più efficace concretizzazione "reale" del bis-linguaggio del Grande Fratello, lettori e teleutenti giungono ad essere deprivati persino delle parole, "socialmente" disponibili, per esprimere non dico il dissenso, rispetto a questa descrizione della realtà, ma persino lo stesso dubbio. E senza le parole i processi cognitivi sono bloccati: se non esiste il "significante", non esiste neppure il "significato", cioè il fenomeno della realtà a cui connettere l'espressione di dissenso e dubbio.
3. Per avvalorare questi slogan ossessivi, ora come non mai, vengono chiamati degli "esperti" a dare giudizi inappellabili, cui, in sede televisiva, ogni altro interventore in sala, accuratamente selezionato, o fornisce pronta adesione ed entusiastica conferma, oppure si limita a contestare dei passaggi dimostrativi e delle asserzioni che, regolarmente, rendono inconstestabili i presupposti di tali giudizi.
Tutto ciò rafforza ulteriormente gli antecedenti (para)logici che rendono certi sviluppi inevitabili, circondano di sacralità il giudizio degli "esperti", e restringono e canonizzano ulteriormente il bis-linguaggio funzionale agli effetti voluti.
4. Ma chi sono gli esperti?
In genere, e preferibilmente, "giornalisti" (il che fa dubitare della loro qualificazione, visto che al più possono essere esperti di come "comunicare una descrizione" dei fenomeni, non di come questi "siano"), professori universitari e personaggi espressione della "economia" (imprenditori, spesso non ben precisati nella loro attività, consulenti e executives degli ambienti finanziari, ecc.).
Ora, questa evidenza, inficia già in partenza la scarsissima attendibilità degli "esperti lottatori" contro la burocrazia, la sfera del pubblico e, in generale, contro ogni manifestazione dei principi fondamentali della Costituzione, - la vostra Costituzione-, nell'ambito delle politiche pubbliche.
Non solo non si comprende come e perchè si arrivi alla scelta di questi "esperti", ma in più "essi" (da non confondere con ESSI, che tendono, almeno prevalentemente, a rimanere nell'ombra) danno giudizi senza contraddittorio.
Cioè, l'espressione del giudizio ha una funzione essenzialmente accusatoria, come la requisitoria di un P.M:, e gli "accusati", (se non sono dei potenti politici, ma proprio) i burocrati, - o meglio ancora, in generale i pubblici dipendenti, sotto accusa a priori-, non hanno alcuno spazio paritario e simmetrico, per precise scelte dei conduttori, per esprimere concetti, parole e ragionamenti in contrapposizione alla accuse.
5. Ma non è evidenziare questo meccanismo orwellian-kafkiano che mi preme, ora.
Tale meccanismo ci serve come premessa perchè ci consente di trovare un metodo di "difesa".
Fermo restando che "può" difendersi solo chi "vuole" difendersi.
"I pubblici impiegati sono al servizio della Nazione" dice l'art.98 della Costituzione. Se tradiscono questo mandato sono indagabili dal pubblico ministero e dalla Corte dei conti, per illeciti penali e "erariali". E punibili con le relative condanne di legge.
Inoltre, per l'art.97, comma 3, Cost. "Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge" (quest'ultima eccettuazione, dovrebbe essere soggetta alla clausola dell'art.3, comma 2, della stessa Costituzione, cioè correlarsi a "ragionevolezza" e ad esigenze di rimozione di ostacoli sociali che impediscono la piena partecipazione di tutti i cittadini alla vita politica, economica e sociale del Paese"...).
Ma insomma, degli accusati sappiamo a quale fine rispondano, o dovrebbero rispondere, a pena di gravi sanzioni, (che peraltro vengono continuamente invocate): l'interesse della Nazione, quale precisato dagli obiettivi politici fissati e programmati nei principi fondamentali della Costituzione. E questo perchè essere al servizio della Nazione rende immediatamente riconoscibile chi li abbia assunti, come, e per realizzare quali (teoriche) finalità. E con immediata facilità si può anche sapere quanto siano pagati, (ovviamente lo dovrebbero essere solo da enti pubblici che li hanno selezionati in base a criteri legalmente noti e prestabiliti).
6. Ora applichiamo questo stesso test di qualificazione agli "accusatori-senza-contraddittorio-odiatori-dello-Stato-brutto". Non si comprende infatti perchè chi si erge a "accusatore" e, allo stesso tempo e automaticamente, a giudice, pronunciando gravi condanne, non debba anch'egli (o "ella"), essere soggetto allo stesso rigore usato per gli accusati, nel verificarne la legittimazione.
Per far ciò occorre capire:
- al servizio di CHI sia in concreto l'esperto di volta in volta impegnato a dare giudizi;
- e, dunque, da dove ritragga la parte prevalente, se non esclusiva, dei suoi redditi;
- quanto elevati tali redditi siano, in base a certificazioni fiscali attendibili;
- in base a quali criteri siano stati selezionati da coloro che, nel settore privato, li hanno, in qualche forma, assunti.
Il test è ancor più facilmente applicabile a chi si dichiari esponente di qualche "centro studi", associazione pro/contro-laqualunque-altisonante. Basta chiedersi CHI, VERAMENTE, FINANZI TALE THINK-TANK O FONDAZIONE.
Curricula più o meno dettagliati, e frequentemente di per sè eloquenti, sono normalmente disponibili in rete. Così come, -ma non sempre in modo trasparente-, l'elenco degli "sponsor" delle varie associazioni, fondazioni e think tank.
Fare queste ricerche, biografiche, professionali e finanziarie, dovrebbe essere il compito dei capi-redattori, degli autori del programma e dei conduttori in genere.
Ma siccome non sappiano se le svolgano, perchè comunque, stranamente, di questi dati così essenziali, quando si tratta di un esperto chiamato ad attaccare lo Stato, non ci dicono nulla (con qualche rara eccezione), allora FATELO VOI.
7. ATTENZIONE: seguendo un criterio di attendibilità della fonte, non sto parlando di ciò che emerge da articoli di stampa contenenti a loro volta giudizi o cronache selettive dei fatti. Tali fonti sono già "di secondo grado" e rispondono inevitabilmente, in larga parte, al frame cui sono tenuti a conformarsi. In altri termini, se la "notizia" è nei media, essa è stata già filtrata sul "come" e il "quanto" e il "perchè" divulgare una ben precisa selezione di fatti.
La fonte migliore, invece, è proprio quella che proviene ufficialmente dagli interessati, dalla loro autopromozione professionale, dalla ostentazione del "chi siamo", con interessantissimo elenco di sponsor e "garanti" e, ovviamente, finanziatori.
Insomma, rammentate che "la confessione", cioè la dichiarazione del fatto compiuta dal diretto interessato, è "la regina delle prove". Il rimescolamento nel torbido è invece compito dei "manipolatori", fin dai tempi di Maupassant.
In ogni modo, basta provare con sufficiente spirito sistematico.
Ne scoprirete invariabilmente delle "belle".
E più si scava, nelle tracce che proprio ESSI, inevitabilmente hanno lasciate in rete, più sono "belle"...
8. In sintesi: i conduttori muovono sistematicamente accuse al settore pubblico e cercano essenzialmente "soltanto" di dimostrarle; tra le prove a carico raccolte in modo unilaterale, acquisicono il parere di esperti, come se fosse una CTU, disposta da un giudice imparziale che "dovrebbe" consentire un pieno contraddittorio; ma gli esperti, a verificarne attentamente il "profilo", invece di essere a loro volta imparziali, risultano molto spesso in "conflitto di interessi", rispetto alla tesi che dovrebbero esaminare imparzialmente.
Ma non sarà che conduttori, giornalisti, editori e reti televisive, soffrono a loro volta di un "leggero" conflitto di interessi rispetto al bacino di utenza degli inserzionisti?
8. In sintesi: i conduttori muovono sistematicamente accuse al settore pubblico e cercano essenzialmente "soltanto" di dimostrarle; tra le prove a carico raccolte in modo unilaterale, acquisicono il parere di esperti, come se fosse una CTU, disposta da un giudice imparziale che "dovrebbe" consentire un pieno contraddittorio; ma gli esperti, a verificarne attentamente il "profilo", invece di essere a loro volta imparziali, risultano molto spesso in "conflitto di interessi", rispetto alla tesi che dovrebbero esaminare imparzialmente.
Ma non sarà che conduttori, giornalisti, editori e reti televisive, soffrono a loro volta di un "leggero" conflitto di interessi rispetto al bacino di utenza degli inserzionisti?
Ah.
RispondiEliminaBasta leggersi la biografia del babbo di Paolo Mieli.
"Uscito dal PCI, adottò le idee degli economisti ultraliberisti Friedrich von Hayek e Ludwig von Mises, fortemente avversi a qualsiasi forma di socialismo".
EliminaHai ragione, basta leggersi questo tralcio.
Caro Luciano non a caso sono più attendibile alcuni Blog che la logorroica TV. Infatti più si accentua l'interattività più è difficile "imporre" un pensiero discutibile, di parte o, peggio ancora, falso.
RispondiEliminaL'avanzata continua ci stanno accerchiando e addirittura vorrebbero fregarsene dell'esito del referendum 2011. Occorre preparare le barricate. http://www.confindustria.toscana.it/notizia/panucci-servizi-locali-aprire-privati
RispondiEliminaVa notato inoltre che certi comportamenti che nel pubblico rappresentano corruzione o sono comunque illeciti, nel PRIVATO, pur se fonte di inefficienza, sono perfettamente LECITI. Mi riferisco a:
RispondiElimina-Selezione del personale: nel pubblico avviene tramite concorso, nel privato ogni Ufficio risorse umane sceglie in base a criteri propri
-Selezione dei fornitori: nel pubblico avviene tramite appalto, nel privato ogni Ufficio acquisti sceglie in base a propri criteri
-Sprechi e spese ingiustificate: nel pubblico possono costituire abuso d’ufficio, nel privato sono eventualmente problemi interni
Per cui se un sindaco assume un parente è uno scandalo, se lo fa un dirigente d’azienda è perfettamente lecito; se un assessore dà lavori agli amici è uno scandalo, se lo fa un dirigente privato è perfettamente lecito; se un presidente regionale spende 5000 E. per una cena è uno scandalo, se lo fa un dirigente privato è un benefit che gli spetta ecc.
La liceità comporta inoltre la non-pubblicità e non-trasparenza: Striscia o Report ci informano quotidianamente delle inefficienze del pubblico, ma tacciono completamente sulle inefficienze del privato. Anche se sempre più pubblico e privato offrono ai cittadini analoghi servizi. Ne consegue che privatizzare un certo settore probabilmente farà aumentare questi comportamenti anziché diminuirli…
E possiamo aggiungere che la tendenza alla illiceità "asimmetrica" è tanto più forte quanto più si vuole privatizzare la forma di gestione della pubblica amministrazione: con esternalizzazioni, appalti di servizi, pretese società "in house", o anche no, e, naturalmente, la costellazione delle società pubbliche.
EliminaIn pratica quanto più forte è il modello rganizzativo "lo vuole l'Europa", dilagante dopo Maastricht (incluso il "terzo settore" cosmeticamente no-profit oggi nell'occhio del ciclone, in omaggio alla sussidiarietà "ordoliberista").
Ma pare che nessuno sia capace di accorgersene e di fare questa ovvia analisi. Stella-Rizzo continuano a stigmatizzare un'idea della gestione pubblica - dalli alla "burocrazia"!- che semplicemente non c'è più, attribuendogli quella corruzione politico-amministrativa che, invece, discende proprio dal tipo di gestione cui si perverrebbe dando retta a loro...
Comunque è dura...
RispondiEliminathe avoidance of reality...
EliminaLa cosa che lascia più sconcertati è l'assoluta incapacità della "intellighenzia" liberale di fare un minimo di auto-critica. Nel momento in cui emerge (e sta di fatto emergendo), che l'applicazione integrale delle dottrine liberiste rischia di pregiudicare la stessa essenza sostanziale del meccanismo democratico, dovrebbero essere gli stessi liberali a fare auto-critica ed a lanciare l'allarme, in quanto è un "loro" problema culturale.
RispondiEliminaL'unico documento che attesta questa coscienza critica è -a mio avviso- la lettera della Tatcher a V.Hayek. La premier britannica, infatti, rifiutava quanto meno la dottrina del vincolismo, mantenendo -in linea di principio- in capo al popolo sovrano il potere ultimo di reversibilità della scelta. Per il resto, non è che si veda molto. Eppure, l'attuale crisi economica sta al neo-libersimo come la caduta del muro stava al socialismo reale. Il neo-liberismo è, di fatto, storicamente fallito ed il fatto che i suoi teorici non lo accettano......non cambia i fatti!
Vorrei vivere fino al prossimo secolo solo per sapere come gli storici del futuro inquadreranno i tempi attuali. Secondo me, il giudizio sarà assai duro......
Forse è una crisi irreversibile. Ma di certo in Italia siamo nel vagone più arretrato d'Europa, dato che la nostra convenienza a certificare tale crisi sarebbe in teoria la più elevata (per vantaggi comparati rispetto ad altri).
EliminaDiciamo che l'Italia è allo stesso livello di incapacità di reagire che hanno gli USA, intesi come popolo che si autocondanna incredibilmente, in nome di un'oligarchia, alla decadenza. Solo che loro almeno conservano la sovranità.
E vedrai nel prossimo post (appena pubblicato) come questo sia un dettaglio ostinatamente trascurato.
Probabilmente ti divertirà (nei limiti della tragica sintomatologia) :-)
Un'analisi epistemologica che sistematizzi e ristabilisca un paradigma culturale fondato sull'Uomo potrebbe arrivare proprio su questi schermi...
EliminaE sarà un contributo "aperto".
Stay tuned.
p.s.
Velleitari si nasce :-)
Ma non me ne parlare che ho appena finito di scrivere "Uomo" a raffica in saggio su Esortazione "economica" di Papa Francesco! Magari se sono coordinabili ne facciamo un unico libro :-)
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